ADOLESCENZA E MENTE MODERNA

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21 dicembre, 2012 - 17:59

di Anna Lunetta, Caterina Vecchiato, Elisabetta Olivieri

 

"Poiché siamo come tronchi nella neve. In apparenza essi vi stanno appena adagiati sopra, lievemente, e non dovrebbe bastare che una minuscola spinta per smuoverli via. E invece no, non ci si riesce, perché aderiscono saldamente al terreno. Ma attenti: anche questa è soltanto un’apparenza!"

(Frank Kafka, Gli alberi, 1903-1904)

 

Anche gli adolescenti, come alberi sulla neve: "…apparentemente posati, in realtà radicati, ma non abbastanza saldi.".

Si tratta della condizione umana. Nell’adolescenza, tuttavia, in un tempo artificiosamente dilatato, in quanto invenzione e mito della nostra contemporaneità, enfatizzato e negato (non esistono riti di passaggio certi e riconoscibili), è il paesaggio che cambia: indefinibile, mosso da luci che mutano all’improvviso, animato da suoni familiari ed estranei, disarmonici, talvolta avviati (senza partitura) a precipitare nel silenzio.

Adolescenza, dunque, come crisi che è etimologicamente separazione, scelta, giudizio, evento, risoluzione, lotta, contestazione, spiegazione, interpretazione.

Leggiamo in Jaspers, a proposito della pubertà: "lo sviluppo ineguale delle funzioni e delle direttive dell’esperienza interiore, la disarmonia del nuovo, le oscillazioni fra gli estremi nel tendere verso tutto ciò che è smisurato, portano al fatto che l’individuo non comprende sé stesso e il mondo gli appare problematico, però egli diventa cosciente di questi fatti".

Ciò che peraltro conferisce "razionalità" alla crisi, anche a partire da Jaspers, è proprio l’acquisizione della dimensionalità della coscienza, anzitutto come autocoscienza: inevitabile snodo esistenziale ma anche approdo virtuale (e insicuro) di una modalità di pensare che fa del pensiero stesso l’oggetto principale della conoscenza.

Nella consapevolezza dell’adolescente, quindi, che attiene ad una riflessività aliena dal principio di non contraddizione (classico fondamento della razionalità), possono in un certo senso rintracciarsi i modi paradossali, le oscillazioni e la indecidibilità del pensiero moderno.

"La discussione di Foucault sulla moderna epistemologia, si legge, ad esempio in Rossi Monti e Stanghellini (1999), che accostano l’iperiflessività del pensiero moderno alla percezione schizofrenica del pensiero, mostra come questi due modi di sperimentare la propria mente (soggettivamente e oggettivamente), siano profondamente interdipendenti, come la sistole e la diastole dello stesso processo riflessivo.

Il movimento riflessivo, il volgersi verso l’interno, ha il potere di sostenere la condizione e la contraddizione della doppiezza: poiché per quanto ci si focalizzi sul mondo, esso sembrerà il mio mondo, ma per quanto ci si focalizzi direttamente sui pensieri o sui sentimenti sembrerà che questi esistano al di fuori e a parte. E così nel regno della pazzia come in quello moderno troviamo strettamente intrecciati, da un lato un solipsismo che eleverebbe la mente e renderebbe irreale il mondo, dall’altro una auto-oggettivazione che priverebbe il soggetto del suo ruolo trascendentale come centro di potere e di conoscenza.

Questo parallelismo di paradossi non è una semplice coincidenza: in entrambi i domini si rintracciano infatti i paradossi caratteristici della riflessività, contraddizioni generate dalla alienazione e dall’iper-autocoscienza che sono al centro della mente schizofrenica così come della mente moderna".

Ma anche nell’autoconsapevolezza riflessiva del turbamento adolescenziale può venir meno il "pensiero intuitivo" (che non oggettiva se stesso alla stregua di oggetto meccanico): può accadere che il mondo, riprendendo una espressione degli stessi autori, non pulsi più all’unisono con il potere costitutivo della mente.

Viene, inoltre, sperimentata una sorta di perdita di ovvietà: la perdita dell’ovvio infantile.

Facciamo quindi riferimento all’adolescenza come ad una condizione mentale sospesa tra norma e patologia, in quanto temporaneamente "alienata", tesa alla ricerca, vissuta come nuova, del senso comune, del jaspersiano senso dell’essenziale, inconsapevolmente orientata alla riconquista di un sentimento fondante di sé e del mondo, quale che sia tale sentimento.

Ciò che presenta forti analogie, suggeriamo, con il riappropriarsi problematico dell’ "ovvio naturale" di Blankenburg, del quale egli diffusamente evidenzia la perdita nelle situazioni schizofreniche. "Nessun Weg senza Umweg": la diversione non sopraggiunge al cammino, essa lo costituisce, lo traccia addirittura, scrive Derida nel suo Spèculer-sur "Freud".

La riflessività dell’età evolutiva può essere, dunque, intesa nel significato attribuitogli da Gouldner (1976, cit. da Stanghellini), come "capacità di rendere problematico (in termini filosofici, ma anche esistenziali, diremo noi) ciò che fino a quel momento era stato considerato come un dato, di portare alla riflessione ciò che era stato soltanto utilizzato…."

Eppure come sottolinea Stanghellini in un suo scritto, se privati del mito moderno della conoscenza attraverso l’auto-conoscenza (Foucault), allora i paradossi, le tensioni, le contraddizioni, esitano nella impossibilità del pensiero ad operare una sintesi; forse, potremmo aggiungere, nella percezione di un noto sempre meno conosciuto, oppure non conosciuto, ma solo ripetuto.

Galimberti parla di una vita cadenzata, oggi, in Occidente, dal "ritmo della tecnica", che non ha in vista altro scopo ed altro senso che il proprio potenziamento, e di un mondo giovanile che, in assenza di criteri per rifondare un tempo, concretamente insiste sul presente, come nella musica rock, che ha nel corpo il suo semplicissimo ritmo e nella ripetizione incessante, fino allo "sfinimento", la valenza di una domanda non più teorica, ma corporea.

E la ripetizione può anche assumere connotazione patologica, al punto da inibire la crisi, differirla o vanificarne le spinte evolutive.

Il consumo adolescenziale e massificato di droghe stimolanti, ad esempio, testimonia di un viaggio esistenziale che non è più percorso ma arrivo, non più esperienza ma cortocircuito (R.C. Gatti).

"L’ipercinesia prodotta dalle sostanze stimolanti, si legge in Ecstasy e Nuove Droghe, sta a significare una difficoltà a risiedere in un luogo, cioè a dire la impossibilità di abitare uno spazio per renderlo luogo dell’esperienza….i moderni migranti della notte, il popolo della transumanza a tutta velocità, vive la frattura fra casa e territorio non come la distanza che separa il privato dal pubblico….ma come una lacerazione insanabile, contraddittoria e antitetica, in cui la transumanza è la negazione dell’abitare…."

Nella implosione del tempo, così caratteristica del cocainomane e del consumatore di ecstasy, nell’orizzonte contratto che delimita lo scenario dei "nuovi riti", l’azione si fa coazione.

Analogamente, sia pure con opposte modalità, nella discussa "sindrome da dipendenza" Internet Addiction Disorder o IAD, precocemente ipotizzata e concettualizzata negli ambienti on-line, dove appare immediatamente riconoscibile l’urgenza emotiva sottostante di un esasperato bisogno di "connessione" a distanza.

Il "reale" viene allora sperimentato attraverso convenzionali aspetti relazionali (come nelle chat o e-mail) e questi consistono nel presupporre comunque, tramite parametri immaginativi, la presenza di un altro "dall’altra parte", come nella psicoterapia, per certi aspetti.

In modo profondamente diverso che nella psicoterapia, in realtà, laddove la effettiva possibilità di produrre coscienza e memoria risulta ancora oggi fortemente congiunta con il senso della "presenza" in uno spazio sensoriale simultaneamente condiviso, al di qua delle operazioni mentali di creatività e immaginazione, ma per ricercarne i presupposti.

Ci troviamo qui alle soglie del mondo vissuto narcisista, schizoide, isterico (basti considerare la facilità di accesso nella grande scena della "rete"); in prossimità di contesti facilitanti una sorta di squilibrio esistenziale che può presentare analogie con il disturbo borderline di personalità, non a caso individuato da Callieri come "il prototipo dell’evoluzione psicopatologica di non pochi giovani degli anni novanta".

 

"….Così giunse infine al punto verso il quale si sentiva attratto. Suo padre l’avrebbe espresso all’incirca così:-se si lascia che uno faccia sempre tutto quello che vuole, dalla confusione finirà per dar del capo nei muri- Oppure:- chi può concedersi tutto ciò che gli piace, presto non saprà più cosa desiderare-" (Musil. L’Uomo senza qualità).

Il capolavoro di Musil prospetta in modo illuminante una dimensione "intellettualizzata" della ricerca di sé già destinata ad un progressivo ritiro nonostante le superiori caratteristiche del suo protagonista, eccezionale eterno adolescente impegnato nel lavoro della mente e delle idee.

Infatti il panorama socio-culturale dell’inizio del ‘900 esprimeva appieno le tendenze grandiose delle idee "forti" ma anche il tema dell’incertezza e in nuce quanto, poco più avanti elaborato in concetti tipo pensiero debole…

Queste ancor oggi costituiscono di massima le conflittuali dinamiche entro cui naviga chi approccia i freudiani compiti impossibili: curare e insegnare.

Il contesto, la cornice culturale entro cui i confini vediamo giovani adolescenti svolgere la loro ricerca di identità e di ruoli accettabili, ci paiono oggi più impegnativi e fuorvianti che mai nel passato. Una progressiva maggiore indeterminatezza dei ruoli sociali insieme a straordinarie possibilità di "scelta" rispetto a modelli esistenziali, aprono orizzonti un tempo impensabili rispetto alle possibilità di individuazione e di sviluppo personale.

Tali prospettive sono tuttavia, com’è ovvio, per lo più esclusivamente teoriche mentre dalla grande varietà ne risulta spesso un impoverimento di valori e profondità che in particolare subiscono soggetti più vulnerabili.

E’ senz’altro il caso dei giovani presi in esame nella presente ricerca.

Qui interessa sottolineare l’esigenza del terapeuta oggi di integrare:

  • La conoscenza approfondita delle varie spinte culturali, del "nuovo" in cui si animano le storie dei nostri giovani;
  • Un elemento di tendenza che va a recuperare attraverso modalità più vicine alla ricerca del benessere corporeo una interiorità che vuole riavvicinarsi a ritmi esistenziali più armonici soprattutto rispetto ad una più consona regolazione di affetti ed emozioni
  • La precisa valutazione dei punti cruciali, delle difficoltà che la nostra società incontra nel recuperare, nel dare un’altra chance, cioè a contenere e curare soggetti (malati o non) che abbiano vissuto situazioni traumatiche soprattutto in età evolutiva.

Il presente lavoro ha posto, quindi, l’attenzione sulla situazione dell’adolescenza come stato della mente oltrechè come momento evolutivo del percorso esistenziale. Si è tentato inoltre di mettere a fuoco il fattore "crisi" in adolescenza rispetto al vissuto del tempo nelle sue fisiologiche connotazioni di precarietà, discontinuità e frammentarietà. Sono state infine valutate alcune analogie con il pensiero moderno nelle declinazioni di interesse psicopatologico allo scopo di rendere evidenti alcuni snodi cruciali nella contestualizzazione mediatica.

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