Intervista a Giuseppe Fazzari sull'ECT

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23 novembre, 2012 - 19:26

FRANCESCO BOLLORINO: Ieri c'è stato questo simposio dedicato all'Elettroshock, c'era più gente di quella che conteneva la stanza, era quasi impossibile entrare. Come ti spieghi tanto per cominciare questo interesse così forte nei confronti di questa terapia tuttora così discussa?
GIUSEPPE FAZZARI: Un discorso analogo l'ho potuto notare all'interno delle lezioni che faccio all'Università a Brescia, fino a pochi anni fa quando si parlava di ECT un 90% dei ragazzi si riteneva assolutamente contrario. Una piccola indagine che ho fatto con loro negli ultimi anni ha mostrato che nessuno di per sé era contrario, a patto che le indicazioni fossero precise, a patto che non si parlasse di pazienti particolarmente rari. Credo che la motivazione principale è, soprattutto attraverso i mezzi di comunicazione, internet, queste cose, che è molto più facile arrivare alle linee guida internazionali, e nel momento in cui vediamo che tutte le linee guida internazionali prevedono ad un certo punto, a un certo step la possibilità dell'elettroshock, questo sia sicuramente la convinzione che sia risolutivo rispetto a una possibile inabilità.
FRANCESCO BOLLORINO: Proviamo un pochettino a fare un percorso, non storico perché la storia è lunga e più o meno la conosciamo, nasce a Genova, per cui abbiamo anche un aspetto storico nostro. Io credo che varrebbe la pena provare a ragionare sulla storia più recente dell'ECT, cioè c'è stato indubbiamente uno snodo molto importante nel momento in cui sono finalmente comparsi dei presidi terapeutici migliori rispetto a quelli che erano presenti nel momento in cui venne proposto. Questo sicuramente da un lato ha diminuito obiettivamente diciamo il range di azione, dall'altro c'è anche una storia di ECT, almeno in Italia, come dire, molto collegata, dal punto di vista emotivo per le persone all'istituzione manicomiale. Io ti chiedevo di inquadrare un attimo il momento di crisi dell'elettroshock, per poi parlare dopo del discorso collegato alle visioni più attuali. C'è stato un momento in cui l'ECT è entrato in crisi. Secondo te perché?
GIUSEPPE FAZZARI: Secondo me è stata una convergenza probabilmente casuale, però interessante e importante, erano tre elementi: uno , io per esempio sono nato nel 78 per cui queste cose le ho vissute in prima persona, la legge 180, è un prevalere ideologico di quel momento, probabilmente molto di più rispetto al numero di militanti di psichiatria democratica, in quel momento PD aveva sicuramente una dominanza ideologica molto di più rispetto ai suoi iscritti, e questo aveva un senso rispetto al rifiuto di tutto quello che veniva vissuto come aggressivo e violento, e che era stato utilizzato come violento, che si chiamasse utilizzo dei farmaci in un modo, o contenzione. Questo è un dato. Dall'altro un cambiamento, la scissione della psichiatria dalla neurologia e un orientamento della psichiatria che si staccava dalla neurologia come prevalentemente "psicodinamico", psicologico, quindi le persone che hanno cominciato ad insegnare psichiatria avevano una formazione di tipo prevalentemente psicologico. Un altro elemento su cui secondo me bisogna riflettere è che contemporaneamente in quegli anni, nel 1980, sono usciti i farmaci per la prima volta non più efficaci di quelli presenti, ma molto più costosi, e quindi è subentrato anche un grosso interesse delle case farmaceutiche all'informazione a noi psichiatri, cosa che prima, coi costi che avevano,per esempio i tipici, non c'era, e questo secondo me ha influenzato tantissimo un certo tipo di informazione/formazione degli psichiatri, e li ha allontanati dai vecchi presidi terapeutici. In realtà anche prima c'erano farmaci molto efficaci, ma l'ECT si faceva lo stesso. Guarda caso si è smesso di farlo pochissimo tempo dopo la legge 180 ma anche quando subentrano i farmaci non più efficaci forse ma meglio tollerati e sicuramente molto più costosi.
FRANCESCO BOLLORINO: Ecco, per quanto riguarda le indicazioni attuali dell'ECT, proviamo a entrare nel merito: nel senso che ci sono le linee guida internazionali su cui val la pena ragionare. Ci sono tutta una serie di tipologie di malati per i quali vi è un'indicazione come possibile malattia. Vogliamo un po' inquadrare in maniera precisa quali sono le tipologie di malattia in cui a livello internazionale è segnalata la possibilità di usare l'ECT?
GIUSEPPE FAZZARI: Allora, sicuramente l'indicazione principale nel mondo è la depressione maggiore grave, in particolare le forme farmaco resistenti, per cui nel mondo, nella misura in cui il paziente è sottoposto a 4-5-6 mesi ad una terapia antidepressiva senza risultati e si trova in una situazione di gravissima depressione, l'indicazione all'ECT è una scelta etica e biologica. In realtà non c'è solo questa indicazione, che è la principale e la più nota, ma sono tante le indicazioni in cui l'ECT ha una sua indicazione, grosso modo le patologie resistenti, gravi, resistenti alle terapie farmacologiche, mi riferisco per esempio ad una indicazione che compare in tutte le linee guida internazionali, per esempio la mania cronica, specialmente pazienti che gli altri chiamano schizofrenici paranoidi, con vissuti deliranti resistenti alle terapie farmacologiche, nel tempo e negli anni sono pazienti in cui c'è una grossa indicazione. Molto interessante, è stata una sorpresa anche per me che mi sono affacciato all'ECT da pochi anni, un esperienza molto limitata, leggendo letteratura e provandolo, è molto efficace nei pazienti molto anziani, i pazienti come dicono gli americani "old old", pazienti con gravi depressioni, che rifiutano il cibo, si lasciano andare, sono allettati, hanno piaghe da decubito…in questi pazienti hai risultati veramente importanti, con effetti collaterali sul piano cognitivo sicuramente molto meno importanti rispetto ai sintomi.
FRANCESCO BOLLORINO: Ricordo bene l'articolo storico di Cerletti sull'ECT, in cui lui, da bravo empirista, descrive molto bene la storia della sua scoperta, ma nella parte finale dell'articolo dice che non si capisce come funziona, e da uomo di scienza lo dice con dispiacere, abbiamo esaminato l'animale, sezionato il cervello, e non si riesce a capire che cosa faccia. Al tempo stesso i detrattori dell'elettroshock dicono che questa terapia provoca dei danni irreversibili alla struttura cerebrale. Non so su che basi, perché da un lato non si sa come funziona, dall'altro si dice che provoca dei danni vedendo soprattutto i vuoti di memoria che possono comparire. Qual è la posizione attuale della ricerca nel campo del funzionamento dell'ECT?...siccome non risulta a me che ci siano dei dati univoci al riguardo, quali sono le ultime idee che tu hai visto e che puoi riferirci riguardo proprio a una spiegazione un po' meno empirica rispetto a "lo faccio…funziona" che è il meccanismo che Cerletti usò e che con dispiacere dichiarò essere l'unica cosa che poteva dire.
GIUSEPPE FAZZARI: Da un certo punto di vista la situazione non è molto lontana da quella di Cerletti tanti anni fa, anche se oggi si sa molto di più. Quello che è certo è che l'ECT funziona attraverso la crisi convulsiva, cioè quello che funziona è perché si ottiene una crisi convulsiva, se uno con l'ECT non ottiene una convulsione non ottiene nessun risultato. Cosa accade dopo la crisi convulsiva? Dopo la crisi convulsiva si ha una fase tonica con una liberazione di catecolamine molto importante, abbiamo serotonina e dopamina e successivamente , la pressione va alle stelle, i battiti vanno a 150, c'è una dimostrazione evidente di un ipertono simpatico. Subito dopo crolla la pressione, si riducono i battiti, c'è l'ipertono vagale. Inoltre l'ECT è l'unico antidepressivo con un'azione anche sedativa, il primo risultato che ottieni già dopo le prime applicazioni è che la persona è molto più tranquilla di prima, molto meno angosciata, e noi sappiamo come un depresso grave, se è molto meno angosciato è importante, sappiamo che il rischio suicidio è collegato all'angoscia, di depressione e di inquietudine interiore. Oggi si è un po' più fini, per cui si è visto per esempio che si ha un'importante produzione di neurotrofine già dopo la prima applicazione, e che non corrisponde al dato clinico, perché nessuno sta meglio dopo la prima applicazione, solitamente per un buon risultato devi avere 3-4 applicazioni. Si ha questo aumento di neurotrofine, è stato dosato il BDNF al Santa Chiara di Pisa e non c'è dubbio che questa crescita neuronale aumenta molto. L'ECT provoca un aumento anche maggiore di quanto si è visto con l'attività farmacologica antidepressiva. C'è proprio una rigenerazione neuronale, un'azione neurotrofica documentata in studi nella letteratura internazionale utilizzando la risonanza magnetica funzionale
FRANCESCO BOLLORINO: Diciamo però che per certi versi ci si trova di fronte, un po' come è successo con gli equilibratori dell'umore, a una spiegazione più clinica che di profonda biologia molecolare, nel senso che si possono immaginare dei meccanismi ma non è più chiaro il meccanismo, come con certi psicofarmaci.
GIUSEPPE FAZZARI: E' anche vero che questa è un po' la storia della psichiatria, i farmaci più importanti sono nati casualmente, e si è dedotto poi un meccanismo d'azione successivo
FRANCESCO BOLLORINO:Come ti spieghi però che nel caso dell'ECT il meccanismo d'azione sia tutt'ora, a distanza di settant'anni,così oscuro?
GIUSEPPE FAZZARI: Beh, il discorso sull'azione neurotrofica non è oscuro, è documentato dagli studi di risonanza magnetica funzionale, per esempio Madsen nel 2000 ha cominciato a pubblicare immagini molto belle e molto chiare, confrontate anche con gli ECT-controllo, in cui l'ECT non viene fatto, viene semplicemente addormentato, e questa è una differenza veramente importante, molto significativa.
FRANCESCO BOLLORINO:Tu come vedi l'ECT nel futuro della psichiatria, inserito come, in una situazione che secondo te sia ottimale, nella tua posizione scientifica? Dove pensi che debba essere riposizionato e riconsiderato? E, corollario, quali sono le remore che devono essere superate per far sì che quello che mi dirai accada?
GIUSEPPE FAZZARI: L'ECT è sicuramente un presidio insostituibile nelle forme di disturbi dell'umore, disturbi bipolari soprattutto in fase depressiva grave, non dimentichiamo però per esempio altre situazioni, per esempio gli stati misti, in cui sappiamo che il rischio di suicidio è superiore a quello delle depressioni maggiori, per esempio, l'ECT è considerato dalle linee guida probabilmente il più efficace a livello internazionale, e il discorso di alcuni pazienti, per cui si parlava prima, dementi con situazioni depressive, magari con Alzheimer e grave depressione, che non rispondono a terapie farmacologiche, con gravissimi disturbi di comportamento, che non rispondono a terapia farmacologica, che chiaramente va provata prima, che talvolta ha meno effetti collaterali. Inoltre i pazienti bipolari con depressioni gravi, gli stati misti, i cicli rapidi, pazienti molto anziani, in cui la risposta è molto buona e molto ben tollerata, ed ha risultati veramente eccellenti. Cosa bisogna fare per riuscire ad avere di nuovo a disposizione in Italia uno strumento terapeutico che potenzialmente è così efficace? Allora, innanzitutto dal mio punto di vista suggerirei ai direttori di scuole di specializzazione in Italia un elenco di psichiatri che conoscono l'ECT e la possono insegnare agli allievi e sono in grado di fare questo lavoro. Questo è un punto, perché se non si parte almeno dall'informazione non si riesce a far nulla, le nuove generazioni hanno bisogno di conoscere, di confrontarsi con persone che né amino né odino, ma conoscano una terapia. Il secondo punto è organizzare dei corsi di formazione, per me per esempio tre anni fa è stato estremamente difficile iniziare, e sapere dove poter andare a imparare…Corsi ben organizzati in cui una persona possa imparare. Un'altra raccomandazione secondo me è che sia molto utile evitare lo scontro, ma confrontarsi su un piano di corretta informazione. Per esempio ho avuto un incontro durante un corso ECM in cui ho parlato dell'ECT e ho commentato un articolo del prof. Cancrini sul discorso dell'ECT, pubblicato su Undercolumns, che diceva alcune cose forti, ma secondo me una cosa importante, e che mi ha lasciato veramente sorpreso favorevolmente, egli ad un ceto punto dice: " l'ECT è probabilmente efficace, però in tempi brevi". Io ho dimenticato tutto quello che c'era scritto prima e mi sembra giusto sottolineare che una persona che è fortemente democratica, come Cancrini, che ha vissuto tutta la sua vita all'interno di questo ambito, riesca a riconoscere che l'ECT sia una terapia efficace. Lui ha altri interessi, per cui non è a conoscenza del fatto che ci sono ricadute, ma quando ci sono, questo lo dicono l'APA e non solo, la terapia va continuata, una volta al mese, ogni due mesi, una volta o due all'anno…però mi è sembrato un segno del cambiamento dei tempi, non solo il fatto che ci sia così tanta gente negli incontri in cui si parla di ECT, ma che una persona come il professor Cancrini riconosca che l'ECT possa avere una validità terapeutica. Vanno colti e sottolineati questi segni di cambiamento. Un confronto e non certo uno scontro.
FRANCESCO BOLLORINO: Concludendo in termini terapeutici, vedendolo come uno strumento a disposizione, vorrei che tu in senso molto critico indicassi quelli che tutt'ora sono gli effetti collaterali purtroppo presenti, come peraltro sono presenti con gli psicofarmaci, perché penso che sia un tema che spesso viene utilizzato come deterrente per il suo uso. Quali sono gli effetti collaterali obiettivamente presenti che dobbiamo tener presente nel momento in cui dobbiamo considerare il rapporto tra effetto positivo e negativo di una terapia?
GIUSEPPE FAZZARI: Rispetto al passato, molto è cambiato, per esempio la mortalità: prima era 4 ogni 100 persone, a questo punto è 0.4 su 100.000, chè è uguale al rischio anestesiologico, per esempio quello di una signora che va a farsi gli occhi. Un effetto collaterale che tutt'ora persiste sono soprattutto i disturbi cognitivi, legati in parte all'applicazione dell'elettricità, in parte alla crisi convulsiva, in parte all'anestesia, quindi è un discorso abbastanza complesso, sicuramente sono diminuiti rispetto al passato e oggi l'applicazione prevede un'onda quadra, un onda rettangolare e non più corrente continua, questo è stato un grosso vantaggio, ha ridotto tantissimo i problemi cognitivi. Purtroppo la risposta sui problemi cognitivi è abbastanza individuale, noi trattiamo le persone in day hospital, la maggior parte di loro per esempio il giorno dopo va a lavorare, per cui evidentemente il problema cognitivo è molto limitato. In qualche caso il problema è maggiore. Lì quello che si fa è per esempio, una cosa molto semplice, si diradano le applicazioni, invece di farne 2 a settimana se ne fa una, piuttosto che una cosa che non si poteva fare un tempo, si gioca sull'intensità, sulla durata dello stimolo, ed una serie di cose…Un'altra cosa possibile, più conosciuta a livello internazionale, è l'ECT monolaterale, che è quasi efficace quanto quello bilaterale ma sicuramente da molti problemi cognitivi in meno. Ci sono due scuole di pensiero: alcuni (la scuola inglese) dice che sarebbe meglio partire sempre da quello monolaterale, visto che è comunque efficace ed ha meno disturbi cognitivi, altri, tipo l'APA, suggerisce quello che poi noi facciamo, partiamo col bilaterale, se subentrano problemi cognitivi passiamo al monolaterale.
FRANCESCO BOLLORINO: Per quanto riguarda gli effetti a lungo termine?
GIUSEPPE FAZZARI: Innanzitutto, per esempio citando Devenant e i suoi studi nel 1999-2000, non è stato riscontrato nessun danno cerebrale permanente con ECT. Credo che molto sia legato al risultato che ottieni, cioè è possibile che una persona dimentichi che cosa ha fatto in quei giorni, in qualche caso raro c'è addirittura chi dimentica cose del suo passato, della sua infanzia, ed è importante comunicare prima di ottenere il consenso; questa possibilità rispetto ad una persona che non desidera più vivere, pensa alla morte per non pensare più a niente, in situazioni veramente disperate il mettere in gioco la possibilità di dimenticare, se va male, qualcosa della sua infanzia, uno può anche decidere di dimenticarle, l'importante è informare, non dire che la terapia è scevra da effetti collaterali, come non è nessuna terapia, informare che questi sono i rischi. Credo che il modo con cui vengono vissuti questi problemi quando ci sono sia strettamente legata a come stanno loro dopo, se hai un buon risultato la persona è ben contenta di tollerare anche un eventuale effetto collaterale. Purtroppo l'ECT non è efficace in tutti, si dice nell'80% mediamente dei casi, che è comunque una bella percentuale, da antibiotico. In quel 20% dei casi una persona che si trova a non star meglio di prima, con in più il problema cognitivo, chiaramente non è contenta: credo che sia molto collegato ai risultati che riusciamo a ottenere, come in qualsiasi intervento terapeutico

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