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21 novembre, 2012 - 12:53

 

p181. le revisioni sistematiche nella depressione: un’indagine sui grandi temi trattati in letteratura

V. Prisco

Università di Napoli “Federico II”

introduzione: da una attenta analisi delle Revisioni Sistematiche esistenti in letteratura sulla depressione si è potuta effettuare un’indagine sui grandi temi trattati in letteratura. Materiali e metodi: solo 424, pubblicate da 140 riviste sono risultate rispondenti ai criteri di inclusione. Abbiamo inoltre suddiviso le Revisioni Sistematiche in base agli argomenti trattati, individuando 4 temi fondamentali:

  • farmaci

     

  • psicoterapie

     

  • stimolazione elettrica

     

  • generale (sono stati raggruppati in questa categoria i temi

     

trattati da riviste che hanno pubblicato meno di 8 Revisioni

Sistematiche). risultati: dall’analisi dell’insieme delle Revisioni Sistematiche, in seguito alla suddivisione nelle quattro categorie presentate in precedenza (farmaci, psicoterapie, stimolazione elettrica, generale) notiamo che c’è una grande prevalenza di Revisioni Sistematiche che trattano di farmacoterapia rispetto a tutti gli altri temi. Si nota inoltre un aumento nel corso degli anni degli studi pubblicati sulla depressione in relazione al tipo di trattamento. Un aumento considerevole si nota a partire dal 1996, e ciò vale per tutte e quattro le categorie in studio. conclusioni: il “picco” del numero di pubblicazioni si nota nel 2006; negli anni successivi si riscontra una lieve deflessione rispetto al 2006, e una deflessione più marcata nel 2009. Si evince inoltre che mentre fino al 1997 le pubblicazioni sulla depressione riguardano pressoché solo la terapia farmacologica, negli anni a seguire si nota un ampliamento degli interessi anche verso la psicoterapia e la stimolazione elettrica.

p182. le revisioni sistematiche nella depressione: un’indagine sull’attendibilità dei risultati di tali studi in relazione alla rivista che li ha pubblicati

V. Prisco

Università di Napoli “Federico II”

introduzione: da una attenta analisi delle Revisioni Sistematiche esistenti in letteratura sulla depressione si è potuta effettuare un’indagine sulla certezza dei risultati cui giungono tali studi. Materiali e metodi: solo 424, pubblicate da 140 riviste sono risultate rispondenti ai criteri di inclusione. È stata dunque condotta un’analisi mettendo in relazione la Rivista in questione e il tipo di risultato pubblicato. Sono state incluse nello studio le sole riviste e database che abbiano pubblicato un numero di Revisioni Sistematiche superiore a dieci sulla depressione dal 1990 al 2010. risultati: dai dati in nostro possesso si evince innanzitutto che le Riviste che hanno pubblicato di più, includendo nella nostra analisi le sole riviste e database che abbiano pubblicato un numero di Revisioni Sistematiche superiore a dieci sulla depressione, dal 1990 al 2009 sono il “Cochrane Database of Systematic Reviews”, il “Journal of clinical psychiatry”, il “British journal of psychiatry”, l’“International clinical psychopharmacology”, il “Journal of clinical psychopharmacology” e il “Journal of affective disorders”. Si notano differenze nel grado di certezza dei risultati in base al tipo di rivista in esame. Per quanto riguarda il numero di “Risultati Certi” riscontrati nelle varie Revisioni Sistematiche analizzate, si nota che il “Journal of clinical psychopharmacology” è la rivista che riporta più risultati positivi. Inoltre i risultati riportati dal “Cochrane Database of Systematic Reviews” hanno una minore preponderanza di risultati certi rispetto alle altre riviste, in primo luogo perché i risultati dei Randomized Controlled Trials sono valutati con standard di selezione più rigorosa rispetto agli studi pubblicati da altre riviste. conclusioni: il “Cochrane Database of Systematic Review” risulta più severo e meno influenzabile dagli interessi delle case farmaceutiche, come si può evincere dal minor numero di risultati “Certi” che esso ha pubblicato. La rivista che più si avvicina nella selettività di indagine alla “Cochrane” è il “British journal of psychiatry”, pur pubblicando un numero inferiore di Revisioni Sistematiche rispetto al “Cochrane Database of Systematic Reviews”.

p183. aggiunta di psicoterapia dinamica breve alla farmacoterapia nel trattamento del disturbo ossessivocompulsivo complicato da depressione maggiore

S. Rigardetto, B. Martini, F. Bogetto, G. Maina

Servizio per i Disturbi Depressivi e d’Ansia, Dipartimento di Neuroscienze, Università di Torino

introduzione e scopi: come emerge sempre più chiaramente dalla letteratura il disturbo depressivo maggiore (DDM) rappresenta nel disturbo ossessivo-compulsivo (DOC) una delle complicanza più frequenti – con tassi di comorbidità che arrivano al 30-40% – e con presentano maggiore impatto sulla prognosi e sulla risposta alle terapie 1 2. Sebbene non siano sostanzialmente presenti in letteratura lavori riguardanti l’efficacia della Psicoterapia Dinamica Breve (BDT, brief dynamic therapy) nel DOC sono invece ormai numerosi i dati di efficacia per quanto concerne il trattamento della depressione maggiore 3 4. È stato dunque valutato che l’approccio psicoterapico a orientamento dinamico potesse rappresentare uno strumento valido e ben accettato dai pazienti, in combinazione con la farmacoterapia, per il trattamento della sintomatologia depressiva nel DOC. Scopo dello studio, che rappresenta il completamento di un precedente lavoro condotto presso il nostro centro, è determinare l’efficacia dell’aggiunta della BDT alla farmacoterapia in pazienti con DOC complicato da depressione maggiore. Materiali e metodi: sono stati reclutati pazienti ambulatoriali, sia maschi sia femmine e maggiorenni, che presentassero al baseline: 1) diagnosi di DOC (DSM-IV-TR) da almeno un anno; 2) punteggio Y-BOCS > 16; 3) punteggio HAM-D > 15; 4) accettazione dell’ipotesi di intraprendere la BDT e presenza di un problema focale e/o evento di vita che potesse aver avuto un ruolo precipitante. Di tutti i soggetti sono stati rilevati le caratteristiche socio-demografiche e cliniche e sono stati somministrati, oltre alle suddette scale di valutazione di DOC e DDM, i test CGI per la severità globale e GAF per il funzionamento. I pazienti inclusi sono poi stati randomizzati a due gruppi di trattamento, uno con terapia combinata farmaco-BDT e il secondo in monoterapia farmacologica. La durata dello studio è stata di 12 mesi con una prima osservazione pretrattamento, una a

inizio trattamento (baseline), una alla fine della terapia combinata (4 mesi) ed una a fine studio. Nel corso di ognuna delle valutazioni è stata ripetuta la batteria testistica. risultati e conclusioni: il campione studiato secondo il modello dell’Intention To Treat è risultato di 62 pazienti, 27 allocati al trattamento combinato e 35 alla sola farmacoterapia. In entrambi i gruppi si è rilevata una significativa riduzione dell’intensità sintomatologica, tuttavia: a) i tassi di risposta per il DOC (33% combinata vs. 40% farmaco) e per la depressione maggiore (30% combinata vs. 31,5% farmaco) a fine studio sono inferiori a quelli riportati in letteratura; b) non si rilevano differenze significative tra il gruppo in terapia combinata e quello in monoterapia. L’aggiunta di BDT pertanto non risulta efficace nel DOC ma nemmeno nella depressione maggiore. Si può ipotizzare che la depressione che complica il DOC presenti un profilo di risposta differente e che il DOC complicato da depressione rappresenti un sottotipo specifico con caratteristiche peculiari e che necessita lo studio di approcci terapeutici mirati.

bibliografia

1 Ruscio AM, Stein DJ, Chiu WT, et al. The epidemiology of obsessive-compulsive disorder in the National Comorbidity Survey Replication.

Mol Psychiatry 2010;15:53-63.

2 Perugi G, Akiskal HS, Pfanner C, et al. The clinical impact of bipolar and unipolar affective comorbidity on obsessive-compulsive disorder. J Affect Dis 1997;46:15-23.

3 Abramowitz JS. Treatment of obsessive-compulsive disorder in patients who have comorbid Major Depression. J Clin Psychol 2004;60:1133-41.

4 Maina G, Rosso G, Crespi C, et al. Combined brief dynamic therapy and pharmacotherapy int he treatment of major depressive disorder: a pilot study. Psychother Psychosom 2007;76:298-305.

5 Maina G, Rosso G, Rigardetto S, et al. No effect of Adding Brief Dynamic Therapy to Pharmacotherapy in the Treatment of Obsessive-Compulsive Disorder with Concurrent Major Depression. Psychother Psychosom 2010;79:295-302.

p184. strategie di coping e legame parentale in pazienti oncoematologici

P. Rizza, F. Carioti*, S. Ruberto, P. Staffa, D. Chiodo,

C. Segura Garcìa, P. De Fazio

U.O. e Scuola di Specializzazione in Psichiatria, Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università “Magna Græcia”, Catanzaro;

Corso di Laurea in Operatore di Servizio Sociale, Università “Magna Græcia”, Catanzaro

introduzione: sebbene rimanga controversa l’efficacia delle strategie di coping alla patologia neoplastica in termini di sopravvivenza, qualità della vita e aderenza al trattamento, tuttavia un intervento basato sull’adattamento è ampiamente utilizzato nella pratica clinica. Obiettivo del lavoro è valutare una eventuale correlazione tra adattamento al cancro e legame parentale.Materiali e metodi: lo studio, condotto in pazienti oncoematologici, ha previsto l’utilizzo di una scheda di rilevazione di dati socio-anagrafici e clinici e la somministrazione dei seguenti strumenti: Coping Inventory for Stressfull Situation (CISS) e Parental Bonding Instrument (PBI).

risultati: nel campione di 40 soggetti (età media di 46,2 anni, durata media di malattia 20,4 mesi) la regressione linea-re multipla ha rilevato che migliori strategie di coping sono significativamente associate a soggetti che non sono figure genitoriali, che hanno relazioni stabili, età più bassa e che presentano una minore over protection materna ed una maggiore over protection paterna. L’analisi delle sottoscale della CISS ha evidenziato specifici predittori per singola tipologia di coping: quello centrato sul compito correla con un attaccamento verso la figura genitoriale paterna tendente ad un vincolo affettuoso e verso quella materna tendente alla tipologia di genitore negligente. conclusioni: nonostante siano necessari ulteriori studi anche in setting clinici differenti, è ipotizzabile un legame tra attaccamento e strategie di coping alla malattia onco-ematologica in particolare per le strategie task-oriented.

bibliografia

Petticrew M, Bell R, Hunter D. Influence of psychological coping o
survival and recurrence in people with cancer: systematic review. BMJ 
2002;325:1066.

Meyer F, Ehrlich M, Peteet J. Psycho-Oncology: A Review for the Gen-

eral Psychiatrist. Focus 2009;7:317.
Deshields TL, Nanna SK. Providing care for the “whole patient” in th
cancer setting: the psycho-oncology consultation model of patient care
J Clin Psychol Med Settings 2010;17:249.

p185. Community Assessment of Psychic Experiences e Trauma and Loss Spectrum Self Report 10 mesi dopo il terremoto del 6.4.2009 a l’aquila

A. Rossi, C. Carmassi, M. Corsi, I. Pergentini,

G. Massimetti, C. Capanna, P. Stratta, L. Dell’Osso

Dipartimento di Psichiatria, Neurobiologia, Farmacologia e Biotecnologia, Università di Pisa

introduzione: studi su popolazioni civili esposte ad eventi sismici riportano la presenza di disturbo post-traumatico da stress (PTSD) nel 10,3%-45,5% dei soggetti. Tuttavia è stato evidenziato come sintomi depressivi e/o psicotici possano emergere a seguito di terremoti 1. Il 6 aprile 2009, un terremoto di magnitudo 5,9 della scala Richter, ha colpito la città de L’Aquila, provocando la morte di circa 309 persone e il ferimento di circa 1600, con oltre 65000 sfollati. Materiali e metodi: obiettivo di questo studio è esplorare le possibili correlazioni tra sintomi di spettro post-traumatico e sintomi psicopatologici subclinici di tipo depressivo e/o psicotico in 512 studenti del V anno di scuola superiore 10 mesi dopo il terremoto. Le valutazioni includono: Trauma and Loss Spectrum-self report (TALS-SR), Impact of Event Scale (IES) e Community Assessment of Psychic Experiences (CAPE). risultati.correlazioni tra “moderate” e “buone” sono emerse tra i sintomi di spettro post-traumatico da stress e il dominio sintomi depressivi del CAPE. Correlazioni solo di grado “debole” sono state riscontrate con i sintomi psicotici. conclusioni. i nostri risultati sembrano suggerire come lo stress correlato al trauma non costituisca un fattore di rischio significativo per la comparsa di sintomi di tipo psicotico, risultando tuttavia maggiormente correlato alla presenza di sintomi depressivi.

bibliografia

1 Katz CL, Pellegrino L, Pandva A, et al. Research on psychiatric outcomes and interventions subsequent to disasters: a review of the literature. Psychitry Res 2002;110:201-17.

2 Dell’Osso L, Carmassi C, Rucci P, et al. A multidimensional spectrum approach to post-traumatic stress disorder: comparison between the Structured Clinical Interview for Trauma and Loss Spectrum (SCITALS) and the Self-Report instrument (TALS-SR). Compr Psychiatry 2009;50:485-90.

3 Daneluzzo E, Di Tommaso S, Tempesta D, et al. The community assessment Psychic Experience (CAPE): evaluation study of the italian version. Epidemiologia e Psichiatria sociale 2008:17-3.

p186. l’alessitimia come determinante del ritardo pre-ricovero in corso di infarto del miocardio con sopraslivellamento del tratto st: uno studio preliminare

F. Sancassiani*, L. Meloni**, V. Pippia***, P. Sori**,

D. Boscarelli**, F. Cadoni*, M.G. Carta*

Consultation Psychiatry and Psychosomatic Unit, **Cardiology Unit, “San Giovanni di Dio” Hospital, University of Cagliari

background: prior studies had difficulty in identifying factors that significantly explain patients’ delay in responding of ST elevated acute myocardial infarction (STEMI). The aim of the study was to examine factors affecting the time between symptoms onset and hospital arrival for 40 STEMI patients admitted to a Cardiology Unit Hospital. Methods: design: Case-Control study: Controls STEMI patients with earlier hospitalisation (≤ 120’); Cases STEMI patients with later hospitalisation, according to Cardiovascular Guide Lines time cut off for angioplasty good outcome. Variables evaluated were: demographic, social, cognitive, emotional, medical history factors, alexithymia (TAS-20), childhood trauma (CTES), psychiatric diagnosis (SCID-I-NP), quality of life (SF-12).results: controls were more capable of identifying inner experiences of emotions and/or bodily sensations significantly than Cases that show higher alexithymia (F = 5,9, p = 0,001), especially with higher difficulty in detecting between bodily sensations and emotions (F = 3,1, p = 0,008). Controls were more capable in correct attribution of symptom origin and who had not a consultation with a general physician before arriving in hospital are significantly earlier (t = 2,2, p = 0,033; t = -2,127, p = 0,040). conclusions:variations in sensitivity to emotions and a correct information about what STAMI and its therapy are, appear to play an important role in care seeking and thus potentially in treatment outcome for STEMI patients.

p187. diagnostica differenziale clinica tra crisi epilettiche e crisi psicogene non-epilettiche: uno studio prospettico

J. Santambrogio**, E. Beghi***, M. Beghi**, P. Beffa Negrini,

G. Bogliun*, F. Peroni**, C. Trentini*, M. Clerici**, C. M. Cornaggia**

*Centro Regionale per l’Epilessia, Clinica Neurologica, Università di Milano - Bicocca; **Clinica Psichiatrica, Università di Milano - Bicocca; *** Istituto “Mario Negri”, Milano

scopi: la diagnosi differenziale tra crisi epilettiche e PNES è un quesito di difficile risoluzione nella clinica, laddove la metodicagold-standard (video-EEG) non è una tecnica di semplice utilizzo per costi e risorse impiegati. Per questo è necessario esplorare nuove metodiche cliniche che supportino la diagnosi. In questo studio intendiamo: 1) calcolare la prevalenza di crisi psicogene non-epilettiche

(PNES) in pazienti che afferiscono ad un centro per l’epiles

sia; 2) definire il profilo psicologico o psicopatologico dei pazienti

con PNES (isolate o combinate con epilessia) in confronto

ad un gruppo di controllo, abbinato per variabili demografi

che, che presenta solamente crisi epilettiche. Materiali e metodi: abbiamo preso in esame un gruppo consecutivo di pazienti, che afferiscono al Centro Regionale per l’Epilessia dell’Ospedale San Gerardo di Monza, di età maggiore o uguale a 18 anni ed abbiamo somministrato loro un questionario semi-strutturato per individuare i pazienti affetti da PNES. A tale scopo abbiamo considerato ad alta probabilità di avere PNES coloro che presentano almeno due risposte positive al questionario. Tali pazienti sono candidati alla visita psichiatrica allo scopo di includerli in una delle seguenti categorie: crisi epilettiche isolate, PNES isolate, crisi epilettiche associate a PNES. I “casi” (persone con PNES, associate ad epilessia o isolate) so-no stati sottoposti al test psicometrico SCL-90 e al test proiettivo di Rorschach per valutare rispettivamente il livello di psicopatologia e il loro profilo di personalità. In un secondo tempo, SCL-90 e test di Rorschach sono stati somministrati anche ad un gruppo di controllo costituito da pazienti con epilessia che afferiscono al Centro Regionale per l’Epilessia, risultati negativi al questionario, abbinati ai casi se-condo sesso, età (± 5 anni), classe sociale. risultati preliminari: abbiamo preso in esame 260 soggetti (119 M, 141 F) di cui 111 (42,7%) sono risultati “positivi” al questionario. Di questi, 62 (20 M, 42 F) hanno svolto la visita psichiatrica, con queste diagnosi: 33 affetti da epilessia, 20 da crisi epilettiche associate a PNES, 9 da sole PNES. Dei 29 casi (persone con PNES isolate o associate ad epilessia), 20 sono donne. SCL-90: Il confronto tra 21 casi e 21 controlli non ha fatto emergere nessuna differenza statisticamente significativa per i 9 cluster di disturbi indagati e per l’indice globale di gravità (GSI). Test di Rorschach (secondo Klopfer): il confronto tra 20 casi e 20 controlli ha fatto emergere delle differenze statisticamente significative tra i due gruppi. Sembrerebbe che l’appartenenza al gruppo dei controlli con epilessia sia in relazione con un’affettività coartata (11 controlli vs. 5 casi), rifiuti alle tavole (4 controlli vs. 0 casi) e con la necessità della prova dei limiti (10 controlli vs. 1 caso). discussione: per il momento il test proiettivo sembra il più indicato per conoscere le differenze di struttura di personalità nei due gruppi ed in particolare i dati emersi si correlano con quanto osservato da Reuber per quanto riguarda le differenze linguistiche nei due gruppi.

bibliografia

1 Schwabe M, Howell S, Reuber M. Differential diagnosis of sei

zures disorders: a conversation analytic approach, Soc Sci Med

2007;65:712-24.

p188. alessitimia, emozioni negative e comportamento sessuale

G. Scimeca, M.R.A. Muscatello, G. Pandolfo, A. Bruno,

U. Micò, P. Micali Bellinghieri, V.M. Romeo, F. Di Nardo,

R. Zoccali

Dipartimento di Neuroscienze, Scienze Psichiatriche ed Anestesiologiche, Università di Messina

Lo scopo di questo studio è di analizzare la relazione tra l’alessitimia (difficoltà nel riconoscere, differenziare ed esprimere le emozioni ed i vissuti corporei) ed il comportamento sessuale in un campione di soggetti senza alterazioni psicopatologiche, considerando l’effetto delle emozioni negative e delle differenze di genere. Ad un campione di 310 studenti universitari (148 maschi e 162 femmine) sono stati somministrati i seguenti strumenti: Sex and the Average Women or Man (SAWM), Toronto Alexithymia Scale (TAS-20), Hamilton Depression Scale (Ham-D), Hamilton Anxiety Scale (Ham-A), State Trait Anger Inventory (STAXI-2). Le analisi statistiche sono state effettuate attraverso il rho di Spearman ed il test per correlazioni parziali non parametriche. I risultati hanno evidenziato che l’alessitimia è correlata negativamente con l’eccitazione e la soddisfazione sessuale mentre risulta correlata positivamente con i comportamenti sessuali associati a difficoltà nelle relazioni interpersonali (timidezza sessuale, sesso impersonale e sessualità nevrotica). Nelle donne l’alessitimia è associata ad uno stile sessuale complessivamente evitante mentre gli uomini ad uno stile più disorganizzato. L’associazione tra alessitimia ed il comportamento sessuale non risulta mediata dalle emozioni negative. I risultati indicano complessivamente che l’alessitimia ha una forte associazione con il comportamento sessuale influenzandone negativamente molte sue espressioni.

p189. emotività espressa e disturbi del comportamento alimentare

C. Segura Garcìa, S. Russo*, M. Sirianni, P. Gentile,

F. Giannini, P. Ciambrone, P. De Fazio

U.O. e Scuola di Specializzazione in Psichiatria, Facoltà di Medicina e Chirurgia -Università “Magna Græcia” di Catanzaro;

Corso di Laurea in Tecnico della Riabilitazione Psichiatrica, Università “Magna Græcia” di Catanzaro

introduzione: lo studio dell’emotività espressa (EE) ha fornito numerosi ed importanti contributi alla comprensione delle dinamiche familiari dei pazienti psicotici e ha suggerito un modello di intervento psicoterapeutico utile alla prevenzione delle ricadute e delle riospedalizzazioni. Scopo dello studio è la valutazione della EE nelle categorie diagnostiche che compongono lo spettro dei disturbi del comportamento alimentare (DCA). Materiali e metodi: pazienti affetti da DCA sono stati valutati medianteLevel of Expressed Emotion, Body Image Dimensional Assessment, Body Uneasines Test, Eating Disorder Inventory 2, Interpersonal Reactivity Index. È stata effettuata statistica descrittiva e ANOVA. risultati: il campione di 30 pazienti di sesso femminile presentava nel 46% diagnosi di Binge Eating Disorder (BED) che avevano una età media superiore alle pazienti con anoressia nervosa. Alla Expressed Emotion Scale le pazienti con BED ave-

vano un punteggio superiore nella sottoscala “risposta emotiva del paziente alla malattia” rispetto a quelle con AN. Suddividendo le pazienti in un gruppo ad alta emotività espressa ed uno a bassa emotività espressa è stato possibile rilevare che il primo gruppo è prevalentemente costituito da pazienti BED con valori inferiori nella dimensione “Indice di insoddisfazione corporea sociale” del BIDA e più elevati nella sottoscala Bulimia dell’EDI-2. conclusioni: alta EE è risultata più frequente nelle pazienti con BED e comportano un aumento dell’insoddisfazione dell’Immagine corporea, con alti livelli di depersonalizzazione, fobia del peso ed indice globale di severità.

bibliografia

Di Paola F, Faravelli C, Ricca V. Perceived expressed emotion in anorexia nervosa, bulimia nervosa, and binge-eating disorder. Compr Psychiatry 2010;51:401-5.

Dingemans AE, Martijn C, Jansen AT, et al. The effect of suppressing negative emotions on eating behavior in binge eating disorder. Appetite 2009;52::51-7.

p190. Mild Cognitive Impairment e depressione: pattern neuropsicologico e rischio di conversione in alzheimer

  • M.S.
  • Signorelli, A. Ullo, F. Caraci, P. Bosco, M. Marino,
  • E.
  • Battaglia, M. Cottone

Policlinico Universitario di Catania U.O.P.I Psichiatria, direttore prof. E. Aguglia

introduzione: il Mild Cognitive Impairment (MCI) è una condizione eterogenea con caratteristiche cognitive tra l’invecchiamento normale e la demenza. Secondo Peterson et al. si distinguono quattro tipi di MCI: amnestic, single non memory, multidomain amnestic, multidomain nonamnestic. Lo scopo dello studio è quello di valutare in un campione di soggetti che lamentano deficit di memoria l’incidenza dell’MCI ed il tasso di conversione in demenza, analizzando l’influenza di vari fattori quali i dati socio-demografici, la presenza o meno di patologia depressiva, i parametri neuropsicologici, le varianti genetiche dell’APO E ed alcuni parametri di laboratorio. Materiali e metodi: sono stati valutati soggetti (range età: 5075 anni) afferenti alla Clinica Psichiatrica di Catania. I soggetti hanno eseguito una valutazione T0 con assessment neuropsicologica per la valutazione della memoria, dell’attenzione e delle funzioni esecutive, una valutazione dell’autonomia personale, della qualità di vita e dell’eventuale presenza di depressione, altresì hanno effettuato prelievo ematico per la valutazione dell’APOE e dei livelli di acido folico, vitamina B e omocisteina. A T1 (6 mesi) i soggetti sono stati rivalutati con assessment neuropsicologico ed i paramentri qualitativi. risultati. Nei soggetti con MCI elevata è la comorbidità con la depressiva. Inoltre, la conversione in Alzheimer appare correlata alla variante dell’APO E, alla presenza di depressione e ad alcune caratteristiche neuropsicologiche.

bibliografia

Bosco P, Guéant-Rodríguez RM, Anello G, et al. Allele epsilon 4 of APOE is a stronger predictor of Alzheimer risk in Sicily than in continental South Italy. Neurosci Lett 2005;388:168-72.

Caraci F, Copani A, Nicoletti F, et al. Depression and Alzheimer’s disease: neurobiological links and common pharmacological targets. Eur J Pharmacol 2010;626:64-71.

M FM, Molano A, Castro J, Zarranz JJ. Prevalence of neuropsychiatric symptoms in mild cognitive impairment and Alzheimer’s disease, and its relationship with cognitive impairment. Curr Alzheimer Res 2010;7:517-26.

p191. correlati del miglioramento soggettivo in una coorte di pazienti ambulatoriali in trattamento per disturbi d’ansia

S. Solaroli, A. Frustaci*, G. Guerriero, P. Grandinetti,

P. Bria, L. Janiri, G. Pozzi

Istituto di Psichiatria e Psicologia, Facoltà di Medicina e Chirurgia “A. Gemelli”, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma. *I.R.C.C.S. San Raffaele-Pisana, Roma

Gran parte dei pazienti in trattamento per disturbi d’ansia mostra in genere un sensibile miglioramento della sintomatologia, che tuttavia rimane incompleto in un numero di casi non trascurabile. A parità di trattamento con farmaci di scelta (in primo luogo SSRI) un buono stato di salute generale, una tempestiva gestione ed una pronta risposta alla terapia sembrano correlati ad un esito più favorevole. Oltre alle scale cliniche, la percezione individuale della qualità di vita costituisce inoltre un’area aggiuntiva che deve essere considerata come parte di una completa valutazione di esito. La valutazione del miglioramento soggettivo come risultato del trattamento risulta altrettanto importante. Obiettivo dello studio è indagare i possibili predittori clinici e demografici del miglioramento soggettivamente percepito come esito di trattamento. Materiali e metodi: centoundici pazienti consecutivi con diagnosi principale di disturbo d’ansia secondo i criteri diagnostici del DSM-IV-TR (74 DAP, 17 DAG, 20 con altre diagnosi) sono stati trattati in accordo con le linee guida raccomandate (SSRI e/o altri farmaci). All’inizio dello studio ai pazienti è stata somministrata una batteria valutativa comprendente la SCL-90-R. Un follow-up eseguito mediante taglio della coorte (6-32 mesi dall’inizio del trattamento) è stato condotto attraverso interviste telefoniche semi-strutturate. In questo studio preliminare vie-ne considerata la domanda “Si sente migliorato dopo il trattamento?” con esito dicotomico “no o poco” oppure “completamente”. I gruppi sono stati messi a confronto con le variabili cliniche e demografiche riscontrate alla momento della prima visita, e ciascuna variabile è stata introdotta in un modello di regressione logistica al fine di determinare quali fattori fossero correlati al miglioramento soggettivo. I risultati dell’analisi statistica sono riportati come odds ratio (ORs) con intervalli di confidenza del 95% (95% CI).risultati: la probabilità di miglioramento soggettivo aumenta con il tempo a partire dalla prima visita, raggiungendo un massimo tra 12 e 24 mesi (OR = 4,728; CI = 1,883-11,868); per contro, la probabilità di miglioramento soggettivo mentre tende a diminuire quanto più i pazienti risultavano sintomatici ai punteggi della SCL-90-R all’epoca della presa in carico. Nessun’altra variabile genera una predizione statisticamente significativa. discussione: il ruolo del tempo in trattamento e della gravità psicopatologica necessitano di ulteriore approfondimento, verificando l’effettiva adesione al trattamento di lungo termine e considerando possibili interazioni multiple. Occorre infatti spiegare l’andamento decrescente del beneficio di lungo periodo dopo il massimo riscontrato nel secondo anno di trattamento e comprendere il ruolo degli elementi psicopatologici dimensionali che si aggiungono ai sintomi nucleari del disturbo d’ansia codificato in modo categoriale.

p192. psicoterapia e personalità: un’analisi preliminare attraverso il Big Five Questionnaire

T. Staropoli, R. Delia, R. Alfa, V. Carlotta, M. Donnina,

A. Pullara, D. La Torre

Università di Messina-Facoltà di Medicina e Chirurgia, Dipartimento di Scienze Neurologiche, Psichiatriche ed Anestesiologiche

Molti studi affrontano i problemi metodologici relativi alla misurazione dell’efficacia della psicoterapia. Sembra necessario valutare non tanto i sintomi classici dello specifico disturbo, quanto le dimensioni di personalità non necessariamente legate al disturbo. Recenti studi si sono occupati di mettere in relazione i disturbi di personalità con il modello dei Cinque Fattori di Personalità. È emerso come dimensioni quali: coscienziosità, apertura all’esperienza ed introversione possano essere positivamente modificate nel corso di un trattamento psicoterapico. In linea con questi studi, abbiamo valutato i cambiamenti che avvengono in un processo terapeutico nelle dimensioni di personalità. È stato utilizzato il Big Five Questionnaire, somministrato individualmente all’inizio del percorso psicoterapeutico e dopo sei mesi. Il test è stato somministrato a 50 pazienti con diagnosi di disturbo d’ansia classificato secondo il DSM IV-TR seguiti dall’UOC di psichiatria del Policlinico di Messina in psicoterapia psicodinamica. Le dimensioni che hanno ottenuto un miglioramento rispetto ai punteggi tra la prima e la seconda somministrazione sono: Energia, Coscienziosità e Apertura Mentale. Non si riscontrano significative variazioni nella Amicalità e nella Stabilità emotiva. Questi dati preliminari ci orientano a credere che la psicoterapia psicodinamica incida stabilmente sui fattori di personalità dell’individuo favorendone l’adattamento emotivo, affettivo e relazionale.

bibliografia

Duijesens IJ, Diekstra RFW. DSM III:R AND ICD -10 personality disorders and their relationship with the big five dimensions of personality. 1996 personality, individual Diff. Vol 21, n. 1.

p193. Type D Personality e disturbi depressivi in pazienti con patologia medica

G. Strizzolo, G. Piazza, E. Albieri, V. Scillitani, S. Zavatta,

R. Cardelli, S. Tomè, L. Grassi

Sezione di Psichiatria, Università di Ferrara e M.O. Psichiatria di Consultazione e Collegamento, Clinica Psichiatrica/SD Emergenza-Urgenza, Dipartimento Assistenziale Integrato di Salute Mentale e Dipendenze Patologiche, AUSL Ferrara

introduzione: la personalità di tipo D (Distressed Personality) è la tendenza di un individuo a sperimentare affettività negativa (umore depresso, irritabilità, preoccupazione) e isolamento sociale. Dati empirici evidenziano la correlazione positiva tra la personalità di tipo D e il peggior outcome di pazienti affetti da patologie mediche, in particolare dell’area cardiovascolare 1. Lo studio attualmente in corso si propone di esaminare la possibile correlazione tra la positività di un individuo ad una personalità di tipo D e disturbi dello spettro depressivo. Materiali e metodi: sono stati reclutati 78 pazienti (34% maschi, 62% femmine) con età media di 54,29 anni (SD = 16,92) ricoverati presso l’A.O.U. S. Anna di Ferrara, in regime di ricovero

o DH, per i quali è stata richiesta una consulenza psichiatrica, in assenza di disturbi neurocognitivi e di area psicotica. Al fine di valutare la type D personality è stato somministrato il Type D Personality Questionnaire (DS-14) 2. Per valutare la presenza dei criteri per Episodio Depressivo Maggiore è stato somministrato il Patient Health Questionnaire (PHQ) 9 itemsrisultati: è emersa una correlazione significativa tra i punteggi ottenuti al DS14 e quelli alla PHQ (r = ,606; p < ,001). conclusioni: è possibile ipotizzare che la personalità di tipo D abbia un ruolo nel determinismo della depressione in ospedale generale, indicando come variabili individuali e stili personologici possano connettersi alle diverse condizioni dello spettro depressivo.

bibliografia

1 Schiffer AA, Pedersen SS, Widdershoven JW, et al. Type D personal

ity and depressive symptoms are independent predictors of impaired

health status in chronic heart failure. Eur J Heart Fail 2008;10:922

30.

2 Denollet J. DS14: standard assessment of negative affectivity, social inhibition, and Type D personality. Psychosom Med 2005;67:89-97.

p194. teoria della mente e abilità visuo-spaziali nell’anoressia nervosa: uno studio controllato

E. Tenconi, D. Degortes, F. Titton, R. Borsello,

P. Santonastaso, A. Favaro

Dipartimento di Neuroscienze, Università di Padova

introduzione: con il termine Teoria della Mente (ToM) o social cognition ci si riferisce a quell’insieme di operazioni mentali che sottendono le relazioni interpersonali e che consentono di inferire intenzioni, tendenze, credenze altrui. Nell’anoressia nervosa (AN) il deficit di ToM sembra associato allo stato di malattia, al sottotipo diagnostico e alla valenza emozionale degli stimoli (Harrison et al., 2010; Oldershoaw et al., 2010). Scopo dello studio è lo studio delle abilità di social cognition nell’AN, la loro relazione con lo stato di malattia, il sottotipo diagnostico, la valenza emozionale degli stimoli e le abilità visuo-spaziali. Materiali e metodi: il Mindreading Test (Baron-Choen et al., 2001) e una serie di test visuo-spaziali sono stati somministrati a 65 pazienti affetti da AN (32 ANR, 33 ANBP) e a 54 controlli non affetti. risultati: le pazienti AN presentano difficoltà ad inferire emozioni positive. Le pazienti guarite vanno significativamente meglio delle pazienti ancora in anoressia. La prestazione delle restrittive è significativamente inferiore a quella dei controlli. Le pazienti che presentano difficoltà visuo-spaziali hanno anche peggiori abilità sociali.

conclusioni: lo studio conferma l’esistenza di un deficit di funzionamento sociale nell’AN, in particolare nelle pazienti con anoressia di tipo restrittivo. Sono tuttavia necessari studi futuri per poter comprendere il ruolo di questo deficit nello sviluppo e nel mantenimento della malattia.

bibliografia

Harrison A, Sullivan S, Tchanturia K, et al. Emotional functioning in eating disorders: attentional bias, emotion recognition and emotion regulation. Psychol Med 2010;40:1887-97.

Oldershaw A, Hambrook D, Tchanturia K, et al. Emotional theory of mind and emotional awareness in recovered anorexia nervosa patients. Psychosom Med 2010;72:73-9.

p195. deterioramento cognitivo e capacità di esprimere un valido consenso in pazienti chirurgici geriatrici

C. Terranova*, M. Zen**, L. Di Pietra*, A. Bruttocao***,

S.D. Ferrara*

*

Sezione di Medicina Legale, Dipartimento di Medicina Ambientale e Sanità Pubblica, Università di Padova; ** Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Divisione di Reumatologia, Università di Padova; ***Dipartimento dell’Anziano, Università di Padova

introduzione: negli anziani un’alterazione delle funzioni psichiche da malattie neurodegenerative può influenzare la corretta interpretazione delle informazioni fornite e conseguentemente l’espressione di un valido consenso/dissenso al trattamento medico-chirurgico. Scopo dello studio consiste nel valutare le capacità cognitive di soggetti anziani ricoverati in un reparto di chirurgia geriatrica in relazione all’espressione del consenso. I risultati saranno discussi sotto il profilo delle implicazioni etico-deontologiche e medico-legali. Materiali e metodi: lo studio è stato condotto su 120 pazienti (52 maschi, 68 femmine, età 68-96 aa) ricoverati presso il reparto di Chirurgia Geriatrica dell’Azienda Ospedaliera, Università di Padova dal settembre 2009 al settembre 2010. L’approccio metodologico, che sarà oggetto di dettagliata presentazione, era finalizzato a raccogliere dati concernenti la modalità di espressione del consenso e i possibili fattori psico-sociali influenzanti la stessa; si effettuava quindi un’analisi psico-comportamentale mediante colloquio clinico, somministrazione di Mini-Mental State Examination (MMSE) e test dell’orologio. I dati raccolti erano registrati in un data base. risultati: la scolarità era per il 66% licenza elementare; il ricovero era per il 73% in elezione. Nel 21% dei casi il motivo del ricovero era sconosciuto al paziente; nel 21% dei casi il consenso all’atto chirurgico era stato prestato solo dai familiari. Il punteggio medio emerso al MMSE era di 23,58 con Ds ±4,74, range 29,2-7,4, il punteggio medio al test dell’orologio era 6,25 con DS ±1,80, range 9-2. Nel 14% del campione il punteggio ai test è risultato suggestivo per un deterioramento cognitivo. discussione: un intervento medico-chirurgico preceduto da un consenso “viziato” può configurare una condotta non corretta dal punto di vista etico-deontologico e giuridico. Alla luce di tale premessa il rilievo di deficit cognitivi in anziani apparentemente capaci e considerati idonei ad esprimere un consenso, deve far riflettere i chirurghi ed in generale i sanitari sull’opportunità di approfondire il quadro psichico, qualora sorgano dubbi circa le capacità cognitive, mediante somministrazione di test di rapida esecuzione e facile interpretazione. Alla identificazione di deficit cognitivi può conseguire l’avvio di procedure di tutela civilistica del soggetto ed in primis dell’amministrazione di sostegno.

p196. Malattia di creutzfeldt-Jacob con presentazione psichiatrica: un case report

E. Torre*, R. Cantello**, A. Lombardi*, A. Feggi*,

P. Zeppegno*

SC Psichiatria, ** SC Neurologia AOU Maggiore della Carità, UPO “A. Avogadro”, Novara

introduzione: la CJD è una patologia neurodegenerativa a rapida insorgenza caratterizzata all’esordio da: mioclonie, segni cerebellari, piramidali, extrapiramidali e progressiva demenza. È dovuta alla crescente perdita di neuroni causata da una conformazione anomala di una proteina di membrana case report: pz di 69 anni ricoverata in Psichiatria per: agitazione psicomotoria, disorientamento, confusione, confabulazione, falsi riconoscimenti, circostanzialità, perseverazione, logorrea e disforia. Senso-percezione integra. Anamnesi psicopatologica muta. EON: non deficit neurologici focali. EEG: aspecifico. Progressivamente più confusa, alterna sopore ad agitazione psicomotoria, affaccendamento afinalistico, disorganizzazione ideica e dispercezioni visive. Impostata terapia con quetiapina (200 mg/die) e lorazepam (4 mg/die) con scarso beneficio. Al successivo EEG: “gravemente alterato caratterizzato da on-de trifasiche periodiche a proiezione diffusa”. ANGIO-RMN: a livello corticale “diffuse iperintensità nastriformi della sostanza grigia”. Positività liquorale della proteina 14/3/3 e proteina TAU > 16000 pq/mlconclusioni: sottolineare l’importanza di effettuare una corretta diagnosi differenziale in pz con sintomatologia psichiatrica e simil demenziale rapidamente progressiva non responsiva al trattamento.

p197. sintomi depressivi e livelli di citochine in un campione di soggetti depressi

R. Valsavoia*, A. Trotta*, M. Bulati**, S. Buffa**,

G. Colonna Romano**, D. La Barbera*

*

Dipartimento di Biomedicina Sperimentale e Neuroscienze Cliniche, Sez. di Psichiatria, Università di Palermo;

**

Dipartimento di Biopatologia e Metodologie Biomediche, Università di Palermo

introduzione: un corpus crescente di ricerche ha evidenziato come l’impatto della patologia depressiva sulla salute sia modulato dalla funzionalità immunitaria ed, in particolare, coinvolga meccanismi di tipo infiammatorio (Zorilla et al., 2001). L’incremento nella concentrazione sanguigna di biomarkers infiammatori, nei pazienti affetti da depressione clinica severa, ha spinto i ricercatori ad indagare in particolare il ruolo svolto dal-le citochine pro-infiammatorie. Sono state riscontrate numerose somiglianze tra reazione acuta di risposta dell’organismo nei confronti degli attacchi subiti da agenti patogeni e aspetti clinici della depressione (Dantzer, 2008). L’ipotesi della correlazione tra attivazione immunitaria e patologia depressiva, con il ruolo svolto dalle citochine, spiegherebbe perché il 50% di soggetti con disturbi organici presenta in comorbidità un disturbo depressivo maggiore. Materiali e metodi: il presente studio è stato svolto presso la

U.O.C. di Psichiatria dell’A.O.U.P “P. Giaccone” di Palermo. Sono stati reclutati 40 soggetti con diagnosi di disturbo depressivo unipolare. I soggetti hanno ricevuto tre differenti trattamenti: psicoterapia, farmacoterapia e trattamento integrato. Lo studio ha avuto carattere longitudinale e sono state effettuate n. 3 valutazioni con cadenza trimestrale (T0, T1, T2). Sono stati effettuati per ciascuna valutazione: esami ematochimici, per misurare i livelli di 27 citochine sieriche; somministrazione delle scale HAM-D e BDI, per la valutazione della sintomatologia clinica. risultati: verranno esaminate eventuali correlazioni tra attivazione immunitaria e patologia depressiva attraverso il ruolo svolto dalle citochine. In particolare, verranno confrontati i livelli di citochine in circolo al T0, T1, Tin relazione alla risposta ai differenti trattamenti. Saranno, inoltre, effettuate delle attivazioni in vitro per valutare la produzione di citochine. conclusioni: i risultati definitivi saranno discussi in riferimento ai dati della letteratura internazionale.

bibliografia

Dantzer R, O’Connor JC, Freund GG, et al. From inflammation to sickness and depression: when the immune system subjugates the brain. Nat Rev Neurosci 2008;9:46-56

Schiepers OJ, Wichers MC, Maes M. Cytokines and major depression

Prog Neuropsychopharmacol Biol Psychiatry 2005;29:201-17.
Zorrilla EP, Luborsky L, McKay JR, et al. The relationship of depressio
and stressors to immunological assays: a meta-analytic review. Brain 
Behav Immun 2001;15:241-7.

p198. gravità della depressione e disabilità motoria nel morbo di parkinson

A. Veltri*, A. Piccinni*, D. Marazziti*, R. Ceravolo**,

E. Schiavi*, L. Dell’Osso*

*

Dipartimento di Psichiatria, Neurobiologia, Farmacologia e Biotecnologie, Università di Pisa; *Dipartimento di Neuroscienze, Clinica Neurologica, Università di Pisa

Circa il 90% dei pazienti affetti da morbo di Parkinson (PD) presenta sintomi depressivi. Con il presente studio abbiamo esaminato la relazione tra gravità dei sintomi depressivi e grado di disabilità motoria in pazienti con PD. Sono stati reclutati consecutivamente 122 pazienti parkinsoniani di cui 65 (53%) soddisfacevano i criteri del DSM-IV per la diagnosi di depressione maggiore. La sintomatologia depressiva è stata valutata con la Hamilton Depression Rating Scale a 21 items (HRSD21), la gravità del PD con la Scala di Hoehn e Yahr (H/Y), i sintomi motori con la Unified PD Rating Scale (UPDRS) parte II e III. Ventinove pazienti presentavano una depressione lieve (HRSD score tra 8 e 17), 30 una depressione moderata (HRSD score tra 18 e 24), 6 una depressione grave (HRSD score ≥ 25). I pazienti con PD e depressione presentavano punteggi alle scale UPDRS II, III e H/Y più alti rispetto a quelli con PD ma non depressi. Inoltre, i punteggi alle scale UPDRS II, III e H/Y erano significativamente più alti nei pazienti con depressione grave o moderata rispetto a quelli con depressione lieve e a quelli non depressi. Questi risultati confermano l’elevata prevalenza della depressione nei pazienti con PD e il suo impatto sulla disabilità motoria e sulla qualità della vita, evidenziando come la gravità della depressione sia strettamente correlata ai sintomi motori.

p199. prevenzione dello stress negli operatori sanitari in situazioni di emergenza: l’esperienza del s.p.U.d.c. di l’aquila

L. Verni, V. Bianchini, N. Giordani Paesani, M. Malavolta,

G. Di Melchiorre, M.C. Bernardini, R. Roncone*, R. Pollice*

Scuola di Specializzazione in Psichiatria, Dipartimento di Scienze della Salute, Università dell’Aquila

introduzione: l’operatore in emergenza sviluppa una soglia di tolleranza elevata nei confronti di situazioni che, occasionalmente o cronicamente, possono indurre un’alterazione dell’equilibrio psichico. Scopo dello studio è stato quello di valutare le caratteristiche cliniche, funzionali e neuropsicologiche in un campione di operatori presso il P.O. “S. Salvatore” di L’Aquila nei 12 mesi successivi all’evento sismico del 6 aprile 2009. I soggetti appartenenti al campione in esame sono stati sottoposti a trattamento farmacologico e psicoterapico secondo interventi standardizzati. Materiali e metodi: da maggio 2009 ad aprile 2010 sono stati valutati 72 soggetti (18 maschi e 54 femmine), appartenenti alle diverse Unità Operative del P.O. “S. Salvatore” di L’Aquila. So-

no stati utilizzati i seguenti strumenti di valutazione: scheda di rilevazione dei dati anamnestici; valutazione neuropsicologica;

Stanford Acute Stress Reaction Questionnaire Impact Event Scale-Revised; Brief Cope; General Healt Questionnaire-12 items; VGF; CGI-S. risultati: sono stati effettuati follow-up a cadenza semestrale, valutando al termine dei 12 mesi gli esiti e verificando la presenza di eventuali correlazioni fra le variabili cliniche e funzionali rilevate con i trattamenti psicoterapici effettuati, con l’adozione di specifiche strategie di coping e con le condizioni relative al contesto lavorativo. conclusioni: in linea con le più recenti ricerche, i risultati del nostro studio evidenziano percentuali di risposta agli interventi maggiormente significativi per trattamenti integrati. Si rileva una significatività per la presenza di sintomi dissociativi in chi è stato esposto ad immagini traumatiche, così come in soggetti con inagibilità della propria abitazione. È infine emerso che una migliore organizzazione del contesto lavorativo garantisce un più efficace ripristino del funzionamento globale degli operatori.

bibliografia

Alexander DA, Klein S. First Responders after Disaster: a review of Stress Reactions, at- risk, vulnerability and resilience factors. Prehosp. Disaster Med 2009 ;24:87-94

Mitchell JT, Everly GS Jr. The scientific evidence for critical incident stress management. JEMS 1997;22:86-93.

VeNerdì 18 febbraio 2011 – ore 13,50-15,50

Sala: PoSter SeSSion

terzo GruPPo

disturbi di personalità – doppia diagnosi e abuso di sostanze 
– studi su soggetti sani – disturbi dell’adolescenza e dell’infanzia – 
psichiatria forense e aspetti Medico legali correlati alla psichiatria – 
Management – psicoterapia

p200. dove e quando la ketamina causa modificazioni del sistema dopaminergico: rilevanza per l’abuso di sostanze e per le psicosi

L. Avvisati*, G. Latte*, E.F. Buonaguro*, F. Iasevoli*,

F. Marmo*, R. Rossi*, L. Aloj**, A. de Bartolomeis*

Laboratorio di Psichiatria Molecolare e Psicofarmacoterapia, Sezione di Psichiatria, Dipartimento di Neuroscienze, Università “Federico II” di Napoli; ** Istituto Nazionale Tumori IRCSS, Fondazione G. Pascale, Napoli, Area Funzionale di Medicina Nucleare

La disregolazione dell’interplay tra sistema glutammatergico e dopaminergico in regioni cortico-sottocorticali cerebrali può causare compromissione di funzioni cognitive ed esecutive nella schizofrenia. La ketamina, antagonista non competitivo del recettore N-metil-D-aspartato utilizzato in modelli preclinici di psicosi, influenza la trasmissione dopaminergica in termini di sintesi e rilascio di dopamina, binding recettoriale e disponibilità del Trasportatore della dopamina (DAT). Questo studio indaga mediante ibridazione in situ l’espressione genica di DAT e dei recettori D1 e D2 (D1R e D2R),markers funzionali del sistema dopaminergico, dopo trattamento acuto e subcronico con ketamina. I risultati mostrano un incremento dell’espressione di DAT in area ventrotegmentale (VTA) e in substantia nigra pars compacta (SNc) in entrambi i paradigmi. L’espressione di D1R in acuto è ridotta nelle regioni laterali del caudato-putamen e nel core del nucleo accumbens, inoltre si osserva un trend decrementale nelle restanti regioni cerebrali esplorate. L’espressione di D2R è ridotta in VTA ed in SNc nel trattamento subcronico, mentre non è modificata in acuto. Tale dato suggerisce possibili fenomeni di down-regulation recettoriale a lungo termine.

I risultati sembrano implicare meccanismi di adattamento del sistema dopaminergico sottocorticale indotti dalla perturbazione acuta e subcronica del sistema glutammatergico di potenziale rilevanza per la comprensione della patogenesi delle psicosi.

p201. i pazienti come ricercatori: studio comparativo cross-over sulla soddisfazione dei pazienti rispetto ai servizi di salute mentale e alla loro qualità di vita

M. Barcella, M. Pinto, A. Severino, F. Brasia, V. Merlini,

M. Cappucciati, R. Magnani, M. Rocchetti, S. Tinelli,

L. Vecchia, P. Politi

University of Pavia, Department of Health Sciences, Pavia

aim: evidence suggests that patients interviewed by a peer are more likely to show negative responses about satisfaction with mental health services than in clinician-led interviews (Clark et al. 1999; Polowczyk et al. 1993). In this cross-over study, we engaged service users in collecting data on patients’ satisfaction with their mental health care services and quality of life (QoL). Peer-led and clinician-led interviews were analyzed for differences. Methods: between January and May 2010, 92 patients attending our outpatient psychiatric services were invited to join the study. All patients were interviewed twice (once by a peer and once by a clinician, in a randomized fashion). The time interval between the two interviews was approximately 10 days. Wecollected data on the period effect (i.e., the temporal interval between the two interviews), the sequence effect, and the treatment effect (i.e., type of interviewer). The WHOQOL-BREF was used to assess QoL. Data on satisfaction with mental health services, treatments, and work support were also collected. results: we found a statistically significant treatment effect that explained the observed differences in the WHOQOL-BREF scores. conclusions: our results indicate that patients interviewed by a peer are more likely to reveal negative responses about QoL compared with clinician-led interviews. A higher level of confidence with peers may in part explain these findings.

p202. l’accuratezza della versione italiana del test multimediale dominic per lo screening dei disturbi psichiatrici nei bambini

E. Bilancetta, G. Orofino, Y. Marongiu, M.F. Moro,

A. Porruvecchio, L. Pilutzu, G. Farina, M.C. Hardoy,

M.G. Carta

Centro di Psichiatria di Consultazione e Psicosomatica, Azienda Ospedaliero Universitaria di Cagliari

introduzione: la salute dei bambini determina in larga misura la salute della futura popolazione. Un ausilio all’identificazione dei disturbi mentali nei bambini potrebbe essere rappresentato da questionari offerti in forma di giochi multimediali, come il questionario Dominic. obiettivi: valutare l’accuratezza del test multimediale Dominic rispetto alle diagnosi di depressione e ADHD condotte da clinici con l’utilizzo dell’intervista Dawba (Gold Standard). Materiali e metodi: studio di accuratezza su un campione di pazienti consecutivi saturato con la tecnica delle quote. Campione: 68 bambini, tra i 6 e gli 11 anni, selezionati da una scuola (n = 20) e da un consultorio per disturbi mentali dell’infanzia (n = 48). Strumenti: intervista Dawba condotta da un clinico su un genitore, test Dominic somministrato al bambino. risultati: per la depressione sono stati riscontrati i seguenti valori: sensibilità 66,6%, specificità 50,7%. Per l’ADHD sono stati riscontrati i seguenti valori: sensibilità 59%, specificità 54,3%. conclusioni:in base ai dati ottenuti possiamo affermare che lo strumento non tradizionale è uno strumento sufficientemente accurato per la conduzione di studi di screening sulla presenza nei bambini di depressione e ADHD.

bibliografia

Goodman R, Ford T, Richards H, et al. The Development and Well-
Being Assessment: description and initial validation of an integrate
assessment of child and adolescent psychopathology. J Child Psychol 
Psychiatry 2000;41:645-55.

Studio Europeo School Children DG SANCO, Louxemburg.
Valla JP, Bergeron L, Bérubé H, et al. A structured pictorial questionnair
to assess DSM-III-R-based diagnoses in children (6-11 years): develop-
ment, validity, and reliability. J Abnorm Child Psychol 1994;22:403-23.

p203. la dimensione dell’impulsività nel disturbo borderline di personalità: un’indagine psicopatologica

P. Bozzatello, C. Rinaldi, F. Fermo, E. Brignolo, S. Bellino

Servizio per i Disturbi di Personalità, Struttura Complessa di Psichiatria 1, Dipartimento di Neuroscienze, Università di Torino

introduzione: la relazione tra impulsività e aggressività nel disturbo borderline di personalità (DBP) rappresenta tuttora una questione controversa, anche se dati clinici e correlati biologici hanno evidenziato il ruolo fondamentale di questi fattori per definire la psicopatologia del disturbo. In sintesi si contrappongono le posizioni degli Autori che considerano il discontrollo degli impulsi e l’aggressività reattiva come espressioni della stessa dimensione psicopatologica e di quelli che li interpretano come due elementi separati. Il nostro studio, che completa un’indagine iniziale presentata nella scorsa edizione del Congresso, ha lo scopo di indagare le caratteristiche cliniche di un gruppo di pazienti con DBP per valutare se impulsività e aggressività devono essere considerati due fattori distinti. Materiali e metodi: pazienti ambulatoriali con diagnosi di DBP sono stati valutati con CGI Severiy Item, BPDSI, BIS-11, MOAS, HAM-D e HAM-A. I dati sono stati sottoposti ad analisi fattoriale con rotazione Varimax. risultati: l’analisi statistica ha identificato quattro fattori: “impulsività”, “aggressività reattiva”, “ansia/depressione” e “trauma/impulsività”, che spiegano il 66,5% della varianza totale del campione. conclusioni: i dati ottenuti risultano compatibili con l’ipotesi che impulsività e aggressività siano due fattori separati. I sintomi di ansia e depressione e il discontrollo degli impulsi correlato a traumi precoci rappresentano gli altri due componenti principali della patologia borderline.

bibliografia

Critchfield KL, Levy KN, Clarkin JF. The relationship between impulsivity, aggression, and impulsive- aggression in borderline personality disorder: an empirical analysis of self-report measures. J Pers Disorders 2004;18:555-70.

Latalova K, Prasko J. Aggression in borderline personalità disorder. Psychiatr Quarterly 2010;81:239-51.

p204. titolazione rapida della quetiapina nel controllo dell’eteroaggresività dei tossicodipendenti

  • A.F.
  • Buchignani, D. D’Epiro, M. Falcone, A. Filippo,
  • A.
  • Strati obiettivi: valutare l’efficacia della quetiapina in pazienti con diagnosi di “disturbo da uso di sostanze” con concomitante disturbo psichiatrico sull’asse I e II, secondo DSM IV. Materiali e metodi: quetiapina titolata rapidamente fino ad un dosaggio medio di 900 mg/die sulla componente eteroaggressività in 13 pazienti tossicodipendenti. L’efficacia è stata valutata con le scale AQ, CGI, BPRS somministrate alla visita basale (T0), a 5 giorni (TI), a 3 (T2) e 6 (T3) mesi. La durata media del trattamento con quetiapina è stata di giorni. I parametri vitali, PA e Fc sono stati monitorati per tutta la du-rata dello studio. Tutti i pazienti hanno assunto oltre alla quetiapina una benzodiazepina per via parenterale, 4 pz metadone 1 pz bruprenorfina cloridrato. risultati: sulla base delle analisi del punteggio delle scale in 11 pazienti si è osservato un netto miglioramento della dimensione aggressività in soli 5 giorni. Non si sono registrati eventi avversi significativi. conclusioni: i risultati dello studio sembrano confermare l’efficacia della quetiapina titolata in 4 giorni a dosaggi medi di

900 mg/die nel controllo e nel contenimento duraturo dell’eteroaggressività in pazienti tossicodipendenti.

p205. disturbi psichiatrici e aggressività: modalità espressive e fattori di rischio

D. Cannavò, G. Minutolo, S. Mendolia, E. Battaglia,

M. Cottone, A. Petralia

A.O.U. Policlinico “G. Rodolico” - Vittorio Emanuele II, Catania;

U.O.P.I. di Psichiatria

background: nei disturbi psichiatrici l’aggressività produce spesso manifestazioni incontrollate, assumendo aspetti di impulsività ed irrazionalità. La ricerca ha valutato le caratteristiche cliniche e socio-demografiche dei pazienti psichiatrici che hanno presentato un episodio aggressivo. Materiali e metodi: lo studio osservazionale è stato condotto su un campione di 50 pazienti, ricoverati presso un SPDC con comportamenti aggressivi. Era prevista una valutazione delle variabili cliniche e socio demografiche ed un’indagine psicometrica attraverso la OAS, per l’analisi dell’aggressività, il BDHI, per i comportamenti e le attitudini ostili non agite, la BIS-11, per l’impulsività e la BPRS per gli aspetti psicopatologici. risultati: tra le caratteristiche socio-demografiche indagate, la correlazione riguardava il concomitante abuso di sostanze, la modalità di ricovero ed il genere maschile. L’OAS ha evidenziato una propensione all’aggressività etero-diretta nei maschi con schizofrenia, ed auto-diretta nelle femmine con depres-

sione maggiore. La BPRS ha evidenziato una correlazione tra l’aggressività etero-diretta e sintomatologia positiva, e tra quella auto-diretta e depressione, rischio di suicidio, sentimenti di col-pa e preoccupazioni somatiche. Il BDHI indicava una maggiore sospettosità nelle donne. conclusioni: l’ipotesi che l’aggressività sia correlata a specifiche caratteristiche cliniche e socio-demografiche è stata confermata dallo studio. I dati suggeriscono che la precoce individuazione dei potenziali fattori di rischio coinvolti nella genesi dell’episodio aggressivo permetterebbe al clinico di mettere in atto una migliore strategia di prevenzione e d’intervento.

p206. funzioni esecutive nei disturbi alimentari in età evolutiva: deficit di stato o di tratto? studio preliminare

F. Cantini, L. Morè, F. Emanuelli, G. Galimberti, S. Merelli,

C. Lenti, A. Albizzati

Servizio per lo Studio e la Cura dei Disturbi Alimentari in Età Evolutiva, U.O. Neuropsichiatria Infantile, Ospedale Universitario San Paolo, Milano

Negli ultimi 10 anni è aumentato l’interesse per lo studio degli aspetti neuropsicologici delle patologie mentali ed in particolare dei disturbi alimentari. La letteratura si è occupata di indagare questi aspetti in pazienti adulte, prevalentemente anoressiche con una lunga storia di malattia. I ricercatori hanno considerato il deficit di set-shifting, ovvero la mancata flessibilità, un deficit di tratto riconducibile a un endofenotipo. Questo studio vuole indagare le competenze neuropsicologiche in pazienti affetti da disturbi alimentari in età evolutiva allo scopo di individuare tali caratteristiche di vulnerabilità che possano essere precocemente e tempestivamente compensate con trattamenti specifici. Il campione è costituito da tutti i pazienti afferenti al servizio specialistico per disturbi alimentari in età evolutiva. Essi vengono sottoposti all’arrivo ad una batteria di test neuropsicologici che indagano caratteristiche di stato e di tratto considerate dalla letteratura. Successivamente vengono analizzati i risultati in base all’età, diagnosi e stato di malattia. I risultati indicano che nessuno dei pazienti presenta deficit neuropsicologici di tratto. Si conclude che in età evolutiva le caratteristiche neuropsicologiche dei disturbi alimentari sono diverse da quelle riportate in letteratura sui pazienti adulti. Si formulano diverse ipotesi per spiegare il fenomeno e si propongono delle linee di intervento specialistiche.

p207. i test di disegno come strumenti di valutazione del cambiamento indotto dalla psicoterapia. analisi di un gruppo di 40 pazienti

V. Carlotta, R. Delia, R. Alfa, M. Donnina, A. Pullara,

T. Staropoli, D. La Torre

Dipartimento di Scienze Neurologiche, Psichiatriche ed Anestesiologiche, Università di Messina

Il Disegno della Figura Umana e il Disegno dell’albero sono considerati validi strumenti per l’indagine della personalità in età evolutiva. Recenti studi ne confermano la validità anche nell’età adulta.

Il primo reattivo apre lo spazio all’interpretazione dell’immagine del Sé ed alla percezione dello schema corporeo che il soggetto proietta nella rappresentazione della figura. Il disegno dell’albero è un’altra tecnica che si basa sulla proiezione, l’albero viene a simbolizzare la persona, i suoi vissuti emotivi, i suoi conflitti e le relazioni con il mondo esterno. Entrambi i reattivi, pertanto, permettono di cogliere quegli aspetti relativi alla sfera intima del Sé e al rapporto con la propria immagine corporea che mutano e si trasformano attraverso il percorso psicoterapico. Questi strumenti sono stati utilizzati per valutare gli aspetti coinvolti nel processo di cambiamento indotto da una psicoterapia su un gruppo di 40 pazienti afferenti all’ambulatorio di psicoterapia del Policlinico di Messina cui sono stati somministrati prima e dopo sei mesi di psicoterapia psicodinamica.

bibliografia

Passi Tognazzo D. Metodi e tecniche nella diagnosi della personalità. Milano: Giunti Barbera 1983.

p208. analisi delle traiettorie di sviluppo in un gruppo di pazienti con anoressia nervosa

G. Catone, S. Pisano, C. Isone, M. Calderaro, T. Salvati,

A. Gritti

Neuropsichiatria Infantile Seconda Università di Napoli

introduzione: l’anoressia nervosa (AN) è un DCA con fattori di rischio di natura biologica ed ambientale. scopi: descrivere le deviazioni delle traiettorie di sviluppo di ogni singolo paziente. Materiali e metodi: lo studio è stato condotto su otto pazienti (8 F età media 14,1), con diagnosi di AN, attraverso la somministrazione di un’intervista per l’analisi delle traiettorie di sviluppo nell’infanzia (ATS), elaborata dal nostro gruppo. L’intervista comprende 5 aree dello sviluppo (sociale, emotivo, dell’Io, di fase, del super Io), ciascuna suddivisa in diverse sottoaree e fasce d’età (2). risultati: tutte le pazienti hanno presentato deviazioni nelle traiettorie di sviluppo. Le deviazioni più ricorrenti sono state le seguenti. Sviluppo di fase: piaceri ed appagamenti fascia di età 1 (75%); tratti del carattere fascia di età 2 (75%). Sviluppo del super Io: autostima fascia di età 2 (62,5%); autostima fascia di età 3 (50%); autostima fascia di età 4 (50%); emergenza super Io fascia di età 2 (50%); emergenza super Io fascia di età 3 (50%). Sviluppo dell’Io: autonomia fascia di età 2 (50%). Sviluppo sociale: separazione fascia di età 2 (50%) e fascia di età 3 (50%). conclusioni: i dati riscontrati sono in accordo con quelli considerati in letteratura come fattori di rischio per AN; suggeriamo che le deviazioni ricorrenti possano rappresentare le manifestazioni precoci di un disagio che può consolidarsi completamente in adolescenza o in età adulta, in concomitanza con altri fattori, in un quadro psicopatologico come l’AN.

p209. il trauma complesso come disturbo dello sviluppo: violenza intrafamiliare e salute mentale in adolescenza

M. Cheli, M. Campieri, M. Ferro, A. Fini, M.E. Montenegro,

F. Pincanelli, C. Ricciutello

Azienda USL di Bologna, Centro Specialistico provinciale contro i Maltrattamenti all’Infanzia

Il contributo illustra una indagine condotta su un campione di adolescenti (13 soggetti) vittime di maltrattamenti intrafamiliari seguiti dal Centro Specialistico. Essa si propone di evidenziare come l’esposizione a precoci e reiterate esperienze traumatiche di maltrattamento incida in modo pervasivo sullo sviluppo della personalità in adolescenza e sulla futura salute mentale. Le aree maggiormente compromesse del funzionamento psicologico riconosciute dalla letteratura specialistica internazionale (National Child Traumatic Stress Network) come particolarmente sensibili alle esperienze traumatiche precoci cumulative sono: l’attaccamento, l’immagine di sé, la regolazione delle emozioni, le funzioni cognitive, il controllo degli impulsi. I dati clinici sono stati correlati alle diverse forme di maltrattamento e ai principali fattori di rischio familiari e sociali (Di Blasio 2005). I risultati confermano una generale compromissione nelle aree di funzionamento psicologiche individuate ed indicano la necessità di:

  • incrementare un approccio diagnostico finalizzato all’individuazione precoce del disturbo post-traumatico da stress complesso (Courtis e Ford 2009), difficilmente inquadrabile negli attuali sistemi di classificazione dei disturbi mentali;
  • monitorare il quadro clinico attraverso strumenti standardizzati che consentano il riconoscimento delle conseguenze post-traumatiche in età adolescenziale al fine di una migliore appropriatezza del trattamento.

p210. analisi preliminare dei fattori di rischio psicopatologico correlati all’uso di internet in un gruppo di adolescenti italiani e giapponesi

S. Chiapparo1 5, S. De Fusco2, M. Boscarol1, M. Kotani3,

G. Galano4, G. Gorga5

Accademia delle Scienze, delle Comunicazioni e delle Arti Mediterranee; SIPRe (allievo specializzando III anno); 3Department of Social Sciences and Family Studies, Ochanomizu University; PSI Napoli Est ASL NA1 – CNR ISA Avellino; PSI Napoli Est ASL NA1

introduzione: la possibilità che un uso disregolato di Internet si associ a disturbi psicopatologici è oggetto di diverse pubblicazioni internazionali (Block 2008). Scopo della presente ricerca è una indagine esplorativa sui fattori di rischio psicopatologico Internet correlati negli adolescenti. Materiali e metodi: la ricerca è stata effettuata su un campione di 60 adolescenti, tra 14 e 20 a. (30 giapponesi, età media: 17,07, M 53,33%, F 46,67%; 30 italiani, età media: 16,73, M 66,67%, F 33,33%). Sono stati utilizzati i seguenti questionari autosomministrati: IAT, DES-II, TAS-20. risultati: i dati ottenuti sono stati oggetto di un’analisi qualitativo-descrittiva, da cui sono scaturiti i seguenti risultati, considerati nei loro valori di media: IAT Jap = 35,8, IAT Ita = 36,97; DES-II Jap = 7,68, DES-II Ita = 7,96; TAS-20 Jap = 56,1, TAS20 Ita = 48,67. In merito ai valori con maggior significatività psicopatologica: IAT cut-off > 69 pt Jap = 3,33%, Ita = 0%; DES-II cut-off > 30 Jap = 0%, Ita = 3,33%; TAS-20 cut-off > 60 Jap = 30%, Ita = 16,67%. conclusioni: ad una preliminare analisi descrittiva, i pt. DES-II e TAS-20 mostrano, in entrambi i campioni, una tendenza incrementale all’aumentare dei pt. IAT, che sembrerebbe non essere né costante né lineare, se non per pt. IAT > 40. Prospettiva futura della ricerca: indagare, secondo un modello di causalità non lineare, l’effettiva presenza di deficit dissociativi e alessitimici in relazione ai disturbi associati all’uso di Internet.

 

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