Psicoanalisi e Arte

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Genova
Italia
Da 12 novembre, 2004 - 00:00 a 12 novembre, 2004 - 00:00

A cura di M. Senini, E. Fiscella

Il seminario viene condotto dalla Prof.ssa Sandra Gosso che insegna psicologia dell’arte ed è ricercatrice in psicologia dinamica presso l’Università di Pisa

La relazione verte sugli sviluppi kleiniani e post kleiniani e sul lavoro di Donald Meltzer in merito alla psicologia estetica.

I primi saggi di Freud su psicoanalisi e arte furono criticati divenendo oggetto di un aspra controversia tra seguaci della psicoanalisi e letterati, negli anni ’60 anche l’interesse di Melanie Klein per l’estetica esposto, nel suo scritto "Critica psicoanalitica dell’arte e letteratura", fu ignorato.

Un’integrazione tra letteratura e clinica è stata maturata e si è ampiamente realizzata nel pensiero post-kleiniano che riprende questo filone e si dimostra ricco di una grandissima cultura. In particolare Meltzer ha avuto la straordinaria capacità di integrare fin dall’inizio la clinica e la letteratura con frequenti riferimenti al Romanticismo inglese.

Si creerà in questo periodo, favorendo tale l’integrazione, un gruppo composto da artisti e analisti, l’Imago Group, fondato da Adrian Stokes cui partecipano tra gli altri lo stesso Donald Meltzer, Virginia Woolf, Wilfred Bion, Soldi-Kyrle di Roger e Marion Milner .

 

La concezione dell’arte presenta tre momenti teorico storici: il primo rappresentato da Freud per il quale l’arte rappresenta il ritorno del rimosso e usa il linguaggio dei sogni, concetti che descrive nell’"Interpretazione dei sogni" e in "Moto di spirito".

Il secondo momento storico vede l’arte come espressione di della fantasia del mondo interno, la teoria dell’oggeto interno della Klein, uno spazio della mente in cui si muovono personaggi interiorizzati. Quelli cattivi attaccano gli oggetti buoni facendo emergere il senso di colpa e in fine la riparazione. L’arte diviene così un mezzo di riparazione.

In fine il modello della mente di Bion, arte come elaborazione del processo di pensiero che si libera dalle richieste del potere e pensa per se stessa. Così nascono i volumi della Recherche di Proust

Meltzer propone l’estetica come ultima categoria della psicoanalisi e da voce ad un circuito costituito dalla cosostanzialità di psicoanalisi, arte , clinica e letteratura attraverso il quale l’arte da modello universale viene ricondotta alla pratica psicoanalitica.

Secondo l’autore l’estetica si presenta sotto varie forme: modo di comprensione psicoanalitica, percezione della bellezza che si attiva in specifici momenti dell’analisi e che acquista sempre più spazio nella teorizzazione psicoanalitica.

Questo nucleo che si snoda nel pensiero post-kleiniano che vanta i contributi in ambito teorico e epistemologico oltre che di Meltzer, di autori come di Winnicot e Bion. Quest’ultimo enfatizza l’utilizzo della ricezione estetica per comprendere il paziente. Descrive la percezione estetica soprattutto nei suoi scritti più maturi nei quali vengono esteticamente espressi concetti clinici quali la sospensione della memoria e del desiderio , la teoria delle emozioni e passioni, il legame amore, odio, la reverie materna come capacità recettiva della madre.

Meltzer descrive il concetto di conflitto estetico e oggetto estetico, il conflitto primario non è più rappresentato dalla triangolazione edipica, ma il bambino si confronta con la bellezza della madre che può essere schiacciante. Il conflitto nasce dall’interrogativo del bambino che vede la madre bella all'esterno ma si chiede come sarà dentro e cosa avviene nella sua mente. Il conflitto è risolto quando la madre vede bello il bambino e avviene la reciprocità estetica che permette al bambino di uscire dall’angoscia.

 

L’opera d’arte non è più sottomessa alla precettistica o al potere, bensì agli elementi della psicoanalisi ( relazione tra contenitore e contenuto, linguaggio l h k, aglomerati alfa e beta, conflitto e oggetto estetico) implicati nel divenire dei personaggi e del processo di pensiero. Prospettiva che si oppone alla interpretazione formalistica e strutturale che ingabbia l’opera d’arte in una rete. La psicoanalisi fornisce elementi per eliminare questa gabbia strutturale, permettendo un contatto reciproco tra fruitore e opera d’arte. Il mistero dell’opera d’arte coincide col mistero che è l’oggetto materno per il bambino.

Alla base di questi vi sono due modalità: la congruenza simbolica, nei termini di Harris Wiliams, per cui la mente del fruitore accede all’opera d’arte attraverso metafore profonde.

L’altro concetto è l’attitudine a pensare all’oggetto estetico, farsene avvolgere come da una nuvola, il fruitore si sente sommerso dalla grandezza dell’opera d’arte e dell’oggetto estetico, non c’è reciprocità estetica e Stokes parla di "nube dell’incertezza" che solo col tempo, tollerandola, consente al fruitore di rispondere con le proprie parole che non raggiungono ma sono all’unisono con l’oggetto estetico.

La Prof.ssa Grosso termina la sua relazione invitando a studiare e approfondire questa prospettiva teorica che indirizza in direzione congiunta clinica e arte.

 

Il Prof. Romolo Rossi apre il dibattito sostenendo l’accostamento di arte e psicoanalisi, alcune opere d’arte come ad esempio i romanzi di Dostoevskij, Proust o Musil hanno una valenza creativa e conoscitiva della mente umana pari a quella di un testo di psicoanalisi.

L’empatia è uno strumento terapeutico fondamentale nella relazione tra fruitore e opera d’arte, come tra paziente e terapeuta al di là di ogni teorizzazione.

Altro elemento fondamentale che traspare dall’opera di Meltzer è la situazione di meraviglia, concetto somatico che rientra nella relazione madre bambino, la bellezza per il bambino è qualcosa di somatico fatto di contatti, calore e cenestesica.

L’arte come l’iter analitico è ritorno a dove si era partiti, volta a trovare una soddisfazione infantile con modalità insoddisfacibili, quindi l’arte rappresenta l’insoddisfacibilità.

Dalla discussione che segue emergono alcuni spunti di riflessione

Viene sollevata la questione riguardante presenza di valenze creative anche nella posizione schizo-paranoide; secondo la relatrice le due posizioni, schizo-paranoide e depressiva, partecipano entrambe alla creatività artistica.

A sostegno viene sottolineato che l’arte è piena di elementi beta presimbolici e corrisponde a elementi primitivi della mente.

Si ricorda la funzione terapeutica dell’arte nell’incanalare la sofferenza in qualcosa di creativo.

La Prof.ssa Gosso conclude ribadendo il concetto di Stokes della "nube di incertezza", concetto negativo, ma utile per rendere il fruitore capace di tollerare il mistero che è insito in ogni opera d’arte.

La pazienza, la capacità di tenere il pensiero in sospeso conducono alla creatività e qualcosa di molto simile si verifica nel percorso analitico.

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