Legge 180 vent'anni dopo: intervista a Sergio Piro

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( Il Prof. Sergio Piro, uno dei padri, assieme a Franco Basaglia, dell'antipsichiatria italiana, membro della Segreteria Nazionale di Psichiatria Democratica dal 1976 al 1981 e poi del Coordinamento Nazionale, racconta in questa intervista esclusiva con Gennaro Esposito, il suo cammino di psichiatra militante)

 

NOTE BIOGRAFICHE

Sergio Piro e' nato a Palma, Campania, il 9 settembre del 1927. Dopo aver trascorso l'intera infanzia a Cagliari, consegui' la licenza liceale nel 1945 e successivamente si iscrisse alla Facolta' di Medicina e Chirurgia dell'Universita' di Napoli. Si laureo' in Medicina e Chirugia il 4 dicembre del 1951 a Napoli, dopo essere stato studente interno dell'Istituto di Psicologia dal 46 al 51. Fu medico volontario della Clinica delle malattie del Sistema Nervoso dell'Universita' di Napoli dal 51 al 59. Consegui' la specializzazione in neuropsichiatria a Cagliari nel 1956 con una tesi su "Semantica del linguaggio schizofrenico". Libero Docente in psichiatria presso l'Universita' di Napoli nel 1959. Libero docente in Clinica delle malattie Nervose e Mentali presso la stessa Universita' nel 1962. Dal giugno del 1959 al febbraio del 1969 e' stato Direttore dell'Ospedale Psichiatrico Materdomini di Nocera Superiore (Salerno): qui iniziò un esperimento di psichiatria alternativa che divenne una "comunita' terapeutica", la seconda in Italia dopo quella di Basaglia a Gorizia. E' stato membro della Segreteria nazionale di Psichiatria Democratica dal 1976 al 1981 e poi del Coordinamento Nazionale. E' stato Direttore dell'Ospedale Psichiatrico "L.Bianchi" di Napoli (III Unita') dal giugno 1974 al 1975.
Attualmente ricopre la funzione di Direttore dell'Ospedale Psichiatrico "Frullone" di Napoli, funzione che assunse nel dicembre del 1975. E' Direttore del Centro Ricerche sulla psichiatria e le scienze umane dal 1980. E' stato docente di Psichiatria e Psicologia Sociale dal 1983 al 1991. E' responsabile dal marzo del 1995 dell'Area dipartimentale di salute Mentale della A.S.L. NA1.
Ha stilato il progetto da cui derivo' la Legge regionale n°1/83 della Regione Campania sulla Psichiatria.

 

 

Esposito -Sono passati vent'anni dalla promulgazione della 180...

Sergio Piro - In realta' dovremmo dire che ne sono passati almeno trenta, perche' e' vero che la Legge fu promulgata il 13 maggio del 1978, ma dobbiamo ricordare che i movimenti alternativi italiani risalgono agli anni '60. I due primi esempi di psichiatria alternativa si ebbero a Gorizia (con Franco Basaglia nei primi anni '60) ed a Materdomini di Nocera Superiore (Salerno), con inizio nel 1965-66 e ad opera del sottoscritto. Quest' ultima esperienza venne bruscamente interrotta dall'Amministrazione Provinciale di allora nel 1969. Questo e' l'inizio! Da queste due situazioni (Basaglia al Nord e noi, molto piu' modestamente, ma con eguale forza, al Sud) iniziammo il movimento: ben 10 anni prima della 180. Il 1968 era anche l'anno della contestazione psichiatrica, delle esperienze alternative, del manicomio "aperto", delle comunita' terapeutiche, le principali tappe cronologiche sono essenzialmente: manicomio di Gorizia, manicomio di Nocera Superiore-Materdomini; manicomio di Arezzo; i manicomio di Trieste e a questo punto le esperienze anti-manicomiali furono completate nel loro primo periodo d'innesco storico.

Intanto inizia a prendere il largo anche l'esperienza territoriale per iniziativa di pochi operatori e di qualche Amministrazione Provinciale dell'epoca (non esistevano le USL). E questo movimento cresceva. Si costituirono anche delle associazioni di psichiatria alternativa: in Italia, nell'ottobre del 1973, fondammo "Psichiatria Democratica" e mano a mano iniziarono una serie di attivita'; per esempio, nel 1975, si schiera a nostro favore il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), che affida a Lello Misiti (allora Direttore dell'Istituto di Psicologia del CNR) il compito di condurre una ricerca epidemiologica forte sulla psichiatria alternativa italiana e in quell'occasione collaborammo un po' tutti quelli del gruppo promotore (io, Basaglia, Pirella ed altri). Cio' divenne un elemento di pressione per spingere la classe politica ad approvare quella che sarebbe diventata piu' avanti la Legge 180.

Esposito - La Legge 180 e' stata una buona legge?

Sergio Piro - Si, certamente. E' stata un'ottima legge, se si tiene conto di due elementi: il primo e' che ha rotto completamente quello che era l'immobilismo precedente ( e in questo e' sicuramente una "legge buona" se non una "buona legge"); il secondo e' che e' stata una legge ottima per essere una legge nazionale, anche tecnicamente parlando. Il modello che noi di Psichiatria Democratica avevamo presentato ai partiti di allora era molto piu' avanzato, piu' completo rispetto alla legge che poi fu approvata dalla maggioranza di governo: tutti e 6 i partiti di maggioranza la approvarono, eccetto i liberali e i missini . Pero' il testo da noi presentato era piu' vivo. Comunque la ritengo un'ottima legge in quanto legge quadro che delegava alle Regioni il mandato della sua applicazione sul territorio. Poi purtroppo il clima cambio', perche' nel frattempo la coalizione di governo (che approvera' anche la 833 per il riordino del servizio sanitario nazionale) era stata sostituita, per cui le leggi regionali sono state alcune ottime e conformi alla legge nazionale, altre pessime e del tutto discordanti rispetto ad essa.

Esposito - Dov'e stata recepita in modo migliore la legge 180?

Sergio Piro - E' stata applicata, a dire il vero, benissimo per esempio in Campania e malissimo in Lombardia. La legge regionale lombarda (che risale ai primi anni '80) e' quanto di piu' distante e differente si possa immaginare dal concetto della 180. Faccio un esempio: i servizi di Diagnosi e Cura sono il centro delle attivita' dei servizi di Salute Mentale, cioe' sono una roccaforte da cui poi discendono queste dependance ambulatoriali, con uno svilimento completo dei principi della originaria legge. Invece la legge regionale campanae' una legge molto ben fatta, molto avanzata; in Campania c'e' sempre stato tanto ritardo e quindi tutto questo finisce per rimanere solo sulla carta a causa dell'esistenza di una realta' sociale molto problematica e dura, nonostante che molto sia stato fatto negli ultimi anni.

Esposito - Nel ventennale della legge 180, che ricorre proprio a Maggio prossimo, secondo Lei quali si potrebbe dire che sono state le principali innovazioni apportate nell'assistenza psichiatrica in Italia?

Sergio Piro - Direi una serie di concetti: il concetto che l'assistenza psichiatrica appartenga prevalentemente alla Sanita' e non e' un'attivita' delegata come prima ad altre Istituzioni; il concetto che l'assistenza psichiatrica sia territoriale; il concetto che non si puo' recludere la gente in posti troppo grandi come lo era il manicomio; il concetto che il ricovero va fatto in relazione alle reali possibilita' assistenziali locali, e che il ricovero ospedaliero sia breve (ma qui entriamo in uno dei punti "pericolosi" della legge che accennero' dopo). Questi aspetti sono importanti. Io cito sempre un esempio significativo: in Campania l'assistenza psichiatrica prima della 180 consisteva in veri e propri "viaggi della speranza" dei pazienti di ogni posto della regione. Il malato di mente veniva accompagnato a Napoli e veniva fatto visitare dal grande "luminare psichiatra" privato, il quale prescriveva la medicina quasi sempre inutile, e poi il paziente finiva o nelle Cliniche private (se era ricco) o nel manicomio (se era povero e disgraziato). Oppure, nei casi meno gravi, il paziente veniva reinviato al medico condotto del suo paesino per iniziare e proseguire la "cura".

Prima, quindi, nei casi gravi, o c'era il ricovero nelle cliniche private o nel manicomio. Non c'erano alternative!

Poco dopo l'emanazione della legge regionale 1/83 in Campania iniziarono la loro attivita' una miriade di Centri di Salute Mentale (attualmente ce ne sono 61). Allora, se solo noi vogliamo considerare la vicinanza alla popolazione, se si vuole considerare che i servizi dispensano prestazioni urgenti anche di notte, che ovunque si esercita anche un lavoro psicoterapico in relazione alla cultura delle varie figure professionali nelle equipes, comunque e' stato qualcosa di potente, meraviglioso rispetto alla situazione esistente prima del 1977. Eppure ci son voluti meno di 10 anni per realizzarlo in Campania.

Ma vengo alla situazione che definisco "pericolosa" presente nella legge 180. Questa e' rappresentata da un vero "buco" legato ad una spaccatura all'interno di Psichiatria Democratica, in quanto esistevano due correnti di pensiero: un'ala (quella di Basaglia) che voleva non pensare alla "nuova cronicita'" (quella degli utenti per cosi' dire nuovi) e un'ala piu' legata all'esperienza clinica, alla quale io appartenevo, che era dell'opinione che bisognasse pensare, invece, non solo alle residenze per quei pazienti che uscivano dal manicomio, ma anche alle residenze per la nuova utenza territoriale che non poteva restare a lungo nei Servizi di Diagnosi e Cura, ma che non poteva nemmeno rientrare in famiglia. L' altra parte invece sosteneva:- La cronicita' e' solo un effetto del manicomio. Una volta eliminato il manicomio e' inutile che noi si pensi a sistemare i pazienti con una sofferenza di lunga durata, perche' a breve questi saranno pochissimi!- Questo e' un tema attualissimo, e su questo ci scontrammo. Per questo io mi sono dimesso da referente per la Psichiatria della mia ASL, e continuo a fare una battaglia affinche' queste strutture per la nuova utenza siano realizzate!

Debbo dire, pero', che questa incertezza iniziale del gruppo di Psichiatria Democratica si rivelera' fatale, perche' sara' quella che poi fara' in modo che i Servizi di Diagnosi e Cura si ingorgheranno di pazienti che non possono essere dimessi a breve termine, infatti invece che a brevi ricoveri si assiste tutt'ora a mesi e mesi di ricovero. Questo punto "pericoloso" e' contenuto non solo nella 180, ma anche nelle leggi di diverse regioni d'Italia (eccetto la Campania, che ha sanato questo punto erroneo della legge avendo affermato che per la nuova utenza si debba provvedere a mettere su strutture che accolgano questi nuovi pazienti).

Pur tuttavia, non sorretto da una legge nazionale e partito in ritardo, questo concetto ha stentato ad affermarsi, per cui tuttora la mia A.S.L. (Na1, n.d.r.),per esempio, ha provveduto ad allestire alloggi di diversa qualita' (alcuni buoni, altri meno buoni) per quei pazienti che sono usciti dai manicomi, ma non ha realizzato strutture per quei pazienti che si ammalano e che sono obbligati a recarsi nelle Case di Cura private oppure ad intasare i Servizi di Diagnosi e Cura.



Esposito - I manicomi sono stati chiusi. E adesso?

Sergio Piro - No, i manicomi sono stati resi piu' piccoli e spostati altrove! Almeno in Campania. Se invece andiamo ad Imola, vediamo che Ernesto Venturini ha smontato il manicomio realizzando uno stupendo servizio territoriale per gli utenti nuovi, perche' penso che i pazienti nuovi rappresentino la maggioranza. Solo il 5% e' rappresentato dall'ex utenza manicomiale. Lui pensa ai nuovi in tutte le forme e in questo "pensare al nuovo" hanno trovato una naturale sistemazione anche i vecchi pazienti manicomiali. Vero e' che Imola e' una zona ricca, ma non erano le risorse che ci mancavano in Campania. E' mancata una certa maturita' politica (o qualcosa d'altro) che non ha consentito questi progetti anche qui da noi.

Esposito - Professor Piro, cos'altro c'e' da fare, secondo Lei, per ridare dignita' al paziente psichiatrico grave appena uscito dall'Ospedale Psichiatrico?

Sergio Piro - C'e' da ricominciare daccapo! Noi non abbiamo piu', in questo momento, i grandi manicomi. Abbiamo delle strutture gia' re-istituzionalizzate sul territorio, ma siamo per fortuna liberi dalla rocciosa presenza di una gigantesca Istituzione. A questo punto noi vogliamo riprendere il messaggio originario della Legge 180, la vogliamo aggiorniare, in quanto siamo inseriti in una realta' non solo medica, ma anche sociale e dobbiamo assolutamente riempirci di nuovi contenuti per rilanciare i Servizi di Salute Mentale. Dobbiamo fare dei Servizi di Diagnosi e Cura un punto di riferimento del servizio territoriale per appoggiare i pazienti per il breve tempo necessario ai trattamenti sanitari obbligatori o volontari; dobbiamo istituire un sistema di riabilitazione che sia una riabilitazione degna di questo nome, cioe' che sia una "riabilitazione e cura", che sia un rilancio del territorio, ma che sia un punto di partenza per la Comunita' sociale. Dobbiamo realizzare tutto questo. Ma dobbiamo realizzare una gestione "aperta" di quelle nuove strutture che sono derivate dal disgregamento del manicomio sul territorio, che vanno affrontate con la stessa mentalita' con la quale, trent'anni fa, Basaglia, Pirella, Jervis, Tranchina ed il sottoscritto ci facemmo carico, continuando la lotta anti-istituzionale di allora, combattendo la staticita', la noia, la passivita', come allora anche adesso, se non vogliamo che gli stessi problemi si ripresentino nelle attuali strutture.

 

Esposito - Professor Piro, come mai nella genesi dell'anti-psichiatria la matrice teorica e' stata rappresentata dalla psichiatria fenomenologica e non dalla psicoanalisi?

Sergio Piro - Non concordo con la formulazione di questa domanda, anche se ritengo lecita la sostanza della stessa.

Nella Psichiatria alternativa italiana (ma anche in quella mondiale) convergono diversi radicali. Nella Psichiatria alternativa italiana il momento fenomenologico e' importante soprattutto per eliminare una serie di pregiudizi limitativi: cioe' il pregiudizio "medicalistico-biologistico" e il presupposto dell'"inguaribilita'". Inoltre cio' che 'e importante e' la ricostruzione antropologica dell'esistenza, la "Cura del Destino".

Faccio un esempio per intenderci. Se noi facciamo vivere legati nelle feci due oligofrenici epilettici, li facciamo vivere nelle condizioni piu' orrende come i vecchi manicomi, rispetto invece al fatto che noi li facciamo parlare, insegnamo loro a vestirsi, li facciamo uscire, la loro malattia non cambiera', sara' sempre la stessa, le crisi epilettiche dovranno essere sempre controllate dai farmaci come prima; ma il loro "destino" e' cambiato!

L'introduzione, quindi, di un concetto come il "Destino" (che e' un concetto fenomenologico in questo caso) viene utilizzato in un altro modo. Quello che voglio dire e' che la Fenomenologia e' una descrizione astratta e qualche volta rarefatta dell'accadere umano, mentre la Psichiatria alternativa l'afferra e ne fa' "pratica", cioe' trasforma la Fenomenologia in Antropologia. Il grande salto e' quando la Fenomenologia si declina in "Antropologia-Alternativa-Pratica". Diventa una Antropologia perche' non c'e' piu' una concezione psicologico-psichiatrica o altro, ma diventa una concezione dell'uomo alternativa (non nel senso sentimentale del termine), perche' e', appunto, alternativa a tutte le altre concezioni. Diventa "Pratica" perche' concretizza i presupposti teorici fenomenologici. Nel farsi pratica la Psichiatria alternativa ha bisogno di altri ingredienti, che sono fondamentalmente tre:

1) La "Filosofia della Prassi" di Sartre, che rappresenta il punto in cui la Filosofia si fa' impegno; in Sartre c'e' questo farsi impegno della Fenomenologia, e questo e' il percorso che seguimmo sia Basaglia che Io (nonostante io mi occupassi piu' del linguaggio, cioe' della Fenomenologia del Linguaggio);

2) Il Marxismo, per la parte che riguarda l'Antropologia marxista. Cio' che importa, in questo punto, e' la "trasformazione del Mondo" e delle persone attraverso i Movimenti di liberazione, attraverso le lotte contro la Guerra del Vietnam, attraverso la Rivoluzione Proletaria e Culturale in Cina. Questo punto avra' molta importanza e anche qui c'e' l'esigenza di prassi e di pratica;

3) Il fatto che la Psicoanalisi, uscendo dagli studi degli analisti, porta dei contributi importanti soprattutto in senso anti-repressivo. Non e' tanto la "sinistra" freudiana, perche' paradossalmente della sinistra freudiana sono significativi soltanto i contributi dati da Fromm e Marcuse; Reich si perde, perche' uccide con la teoria degli orgoni se' stesso, la propria anima libertaria e antifascista, inventandosi una teoria pseudo-biologica . Ma io vedo la psicoanalisi come il terzo elemento, anche se e' una psicoanalisi delle Istituzioni (vedi, per esempio, l'esperienza francese, o quella italiana di Galli o e Tranchina che si sono rimboccati le maniche in questo senso, l'uno dal versante freudiano, l'altro da quello junghiano; e ancora Michele Risso per quanto riguarda le psicoterapie eclettiche).

Io sono dell'opinione che, anzi, in quel momento storico forse la psicoanalisi ha vissuto una fase di rivitalizzazione.

Esposito - Ma qual'e stato il vero ruolo della Psichiatria fenomenologica nella nascita dell'Anti-Psichiatria?

Sergio Piro - E' stata la prima e piu' importante critica al Positivismo delle Psichiatrie dominanti prima degli anni '60. Ha messo sotto critica fondamentalmente l'asserzione positivistica che la sofferenza umana fosse un "disturbo di natura", nella sua riduzione organicistica. Non ha mai negato, pero', l'organicismo delle malattie organiche del sistema nervoso, ma si e' assolutamente scontrata in modo frontale con la concezione riduzionistica che vuole la sofferenza come "una malattia somatica". Ha avuto un ruolo assolutamente impagabile nel portare avanti queste concezioni innovative.

Esposito - Che ruolo ha avuto la Psichiatria fenomenologica nella sua formazione, anche rispetto al contributo contenuto nel suo libro "Il linguaggio schizofrenico" del 1967?

Sergio Piro - Io sono partito dall'analisi del linguaggio all'inizio degli anni '50, dall'Empirismo logico e dalla Glottologia, per accostarmi al fatto che i malati mentali "parlino" e non siano considerati solo "produttori di sintomi". Intorno agli anni '50, sembrera' strano, nessuno si preoccupava di interpretare il linguaggio schizofrenico, bensi' questo veniva soltanto considerato come sintomo (il sintomo della schizofasia, il sintomo della stereotipia, il sintomo del mutacismo...) e poi veniva classificato. Invece io ho tentato di decifrare questo linguaggio, a volte riuscendovi a volte no.

Mano mano che andavo avanti nell'analisi del linguaggio, incontravo la persona malata. Quindi in principio ero affascinato da questo aspetto del linguaggio, ma successivamente la mia formazione logico-empiristica basata sulla semantica si e' andata associando all'interesse per la persona umana nella sua totalita'. A questo mi hanno predisposto gli studi di Husserl che avevo sostenuto precedentemente.

Quindi alla fine degli anni '50 io misi insieme questi aspetti del mio bagaglio culturale (fenomenologia e semantica), per cui ebbi il bisogno di avere dei maestri come punto di riferimento (Filiati, Masullo a Napoli ed Enzo Paci), i quali mi insegnarono che non sono cose differenti tra loro, potendo percio' essere integrate e portate avanti insieme. Ma diviene anche importante, in quel momento, la crisi che attraversava la psicoanalisi; il nascere di scuole psicoanalitiche che non erano piu' riduttivistiche, che superavano non Freud ma quel riduzionismo del Glover, di Fenichel, dei trattattisti della prima fase, per dare piu' slancio anche umano. Ecco, questa e' stata un po' la mia matrice formativa, per cui quando nel '67 scrissi "Il linguaggio Schizofrenico" dicevo questo: - L'analisi semantica del linguaggio deve per forza reinviare nell'asserire che sono manifestazioni linguistiche e non sintomi qualunque di una qualunque malattia; pero', nell'asserire che si tratta di produzioni linguistiche il loro significato viene rimandato alla psicoanalisi e fondamentalemente alle "psicoanalisi strutturali semantiche" (qui il riferimento e' a Lacan, che poi ha finito con l'essere un po' troppo verboso e da cui ho preso le distanze in seguito); rinvia come significato ad una psicoanalisi, come senso ad una fenomenologia antropologica.-

Piu' tardi la chiamero' "Antropologia Trasformazionale", che io ho creato e che oggi rappresenta la bandiera del nostro movimento, in quanto riteniamo che questo concetto rappresenti tutto cio' che abbiamo realizzato fino ad oggi con il nostro lavoro, la nostra ricerca e le nostre lotte.

Esposito - Professor Piro, Lei ha elaborato tempo fa un Progetto di lavoro intorno al concetto di "Euristica Connessionale". Ha anche scritto un "Trattato sulla Psichiatria e sulle Scienze Umane", e si e' fatto promotore di un Centro di Ricerca sulle Scienze Umane. Che ruolo ha avuto, a questo proposito, l'approccio storico-epistemologico da un lato e la cultura antropologica dall'altro nell'elaborazione di questo concetto? ".

Sergio Piro - Direi che la Fenomenologia filosofica e' qualcosa che appartiene alla prima meta' del secolo. La Psichiatria fenomenologica e' a cavallo tra le due Grandi Guerre (e prosegue anche oltre). Le cose che faccio io sono della fine del Secolo, degli anni '80 e '90. Questi ultimi concetti, a cui lei si riferisce, sono di quest'ultimi anni. Per me questo punto e' molto importante, perche' dopo tanti anni il mio obbiettivo e' quello di condurre delle ricerche non piu' in maniera solitaria, ma insieme ad altri ricercatori. Questa esperienza di ricerca fu chiamata inizialmente "Centro Ricerche"; successivamente all'interno di essa nacque una Scuola Sperimentale con connotati iniziali "semantico-connessionali", poi assunse connotazioni "semantico-antropologiche", e oggi si definisce "antropologico-trasformazionale". A questo proposito La invito a leggere il mio libro "Introduzione alla Antropologia Trasformazionale", edito da La Citta' del Sole, che rappresenta il volume finale della mia opera, pubblicato nel 1997. Esso consiste nella trattazione delle antropologie trasformazionali (al plurale!), in quanto le possiamo cambiare continuamente e quelli che lavorano con me sviluppano diversi filoni di ricerca originali tra loro; questo perche' non e' possibile ridurre la complessita' dell'accadere umano ad una sola dimensione, ad una teoria. Ecco perche' usiamo il plurale.

 

Esposito - Professor Piro, quali sono stati i motivi della sua decisione di fondare Psichiatria Democratica e quali quelli del suo allontanamento da questo movimento?

Sergio Piro - Ci accordammo con altre persone. Io facevo parte di un'ala meridionale del movimento che fu informale dal 1965 al 1973. Nel 1973 ci vedemmo prima a casa di Minguzzi a Bologna e poi a Milano (nell'ottobre di quell'anno) per fondare il movimento di Psichiatria Democratica. Successivamente fui nominato segretario nazionale (eravamo sette in tutta Italia), ma morto Basaglia questa struttura inizio' a dissolversi. Allora inizio' il mio allontanamento (siamo nel 1981) che si completo' nel 1989 in modo abbastanza brusco. Inizialmente e fino alla morte di Franco Basaglia tutto ando' bene; Basaglia era dotato di una personalita' prorompente, fortissima. Lui non era affatto un grande studioso, ma era una persona che possedeva delle intuizioni politiche straordinarie! Un grande artista, un grande condottiero! Fu allora che inizio' una diaspora tra tutti i gruppi alternativi, tra universitari e territoriali. Ma il motivo del mio dissenso lo espressi benissimo al Congresso di Bari del 1981, dove ebbi modo di affermare: -Dobbiamo fare due Rivoluzioni. Una rivoluzione istituzionale per abolire il manicomio e una rivoluzione scientifica per sostituire le Scienze Umane biologistiche e psicologistiche con il vero sapere antropologico!-

In sostanza, attualmente, la differenza che esiste tra "Psichiatria democratica" e il mio "Movimento Democratico per la Salute Mentale" consiste nel fatto che, mentre loro si sono piu' o meno istituzionalizzati all'interno dei servizi e delle AA.SS.LL. e quasi sindacalizzati, io invece continuo a lottare per garantire un futuro migliore a quel 95% della popolazione psichiatrica nuova, per arrivare a dare loro strutture residenziali decenti, case alloggio e quant'altro e' stato previsto per i pazienti ex-manicomiali in questo momento.

Esposito - Per concludere: cos'altro c'e' da fare per i pazienti psichiatrici nel campo dell'assistenza?

Sergio Piro - Voglio utilizzare a questo proposito una metafora: una volta le automobili davano un sacco di problemi, si fermavano spesso, erano lente e scomode, talora ingombranti. Poi piano piano la tecnologia le ha rese un po' piu' affidabili, piu' veloci, piu' comode e confortevoli...

Ecco cosa c'e' da fare: lottare affinche' si migliori sempre di piu' l'assistenza ai malati psichiatrici, tenendo sempre presente la persona nella sua globalita' esistenziale!

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