I DIRITTI DEI SOFFERENTI PSICHICI
Come possiamo organizzare leggi, istituzioni, associazioni e SSN per garantire l'emancipazione
di Manlio Converti

Casa ed Emancipazione

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24 giugno, 2013 - 08:07
di Manlio Converti

Secondo la Treccani l’emancipazione è parola d’origine latina: nel diritto romano, l’emancipatio consiste nella rinuncia del paterfamilias alla potestas che esercita sopra un filiusfamilias, il quale diviene così sui iuris e paterfamilias a sua volta.
 
Calare questo nel contesto femminista degli anni settanta è facilissimo e rivoluzionario, mentre considerarlo nel caso dei sofferenti psichici anche oggi, dopo trent’anni dalla legge 180 mette tutti in difficoltà sia dal punto di vista etico che da quello morale, eppure è necessario.
 
Partiamo allora da una definizione più moderna e condivisa, quella di Wikipedia: tutte quelle azioni che permettono a una persona o a un gruppo di persone di accedere a uno stato di autonomia attraverso la cessazione della dipendenza (dell'assoggettamento) da una qualche autorità.
 
Il motivo per il quale queste affermazioni appaiono in contraddizione con la realtà è evidente. L’autorità in questione è lo psichiatra mentre la potestas è del gruppo familiare di riferimento cui lo psichiatra affida le cure del sofferente psichico.
 
L’autonomia del sofferente psichico nei confronti della compliance alla propria terapia farmacologica è notoriamente ambivalente: ci sono quelli che ne fanno abuso, soprattutto di benzodiazepine; ci sono quelli che ne fanno un uso sporadico o interrompono la terapia, ingannando o meno familiari e psichiatri, motivo per cui si usano sempre più spesso le terapie iniettive ad effetto prolungato.
 
La conflittualità familiare che si genera a causa dell’artificio sociale dell’affidamento da parte dello psichiatra si interrompe attraverso l’espulsione verso strutture convenzionate, non convenzionate o pubbliche, tutte di tipo ufficialmente sanitario.
 
Questa contraddizione della potestas produce conflittualità e questa conduce all’espulsione verso strutture di tipo neo-manicomiale, contraddicendo il bisogno di autonomia al quale ogni medico deve far tendere l’effetto delle cure ed i propri pazienti, a norma di legge e secondo la deontologia professionale.
 
L’autorità dello psichiatra non vogliamo contraddirla in questa sede, anche se è notorio che i pregiudizi del medico pesano tantissimo nella valutazione diagnostica e nella proposizione terapeutica, farmacologica o psicoterapica, tanto da produrre alcuni orrori storici (dall’abuso della psichiatria durante nazismo e stalinismo, fino all’omofobia diffusa ancora in Italia tra i colleghi o la discriminazione di pazienti rom e migranti).
 
Voglio solo fare riflettere e chiedere opinioni ai colleghi (che invito sempre a scrivere per commenti a manlio.converti@tiscali.it  o al direttore del sito), che se invece ponessimo l’emancipazione del sofferente psichico al centro del nostro mandato sociale, allora avremmo la forza anche giuridica di pretendere che siano le istituzioni e non le ASL ad occuparsi di fornire appartamenti, per singoli o per aggregazioni di pazienti, che volessero uscire dal contesto familiare conflittuale, come tutti gli adolescenti e adulti di questo mondo, in modo sano, risolvendo l’unico incubo che li attanaglia davvero: l’impossibilità di pagare il pigione!
 
La conflittualità con il nucleo familiare e la ricerca dell’emancipazione non sono un’anomalia strutturale della patologia psichiatrica ma vengono esasperati dal mandato sociale che impone alle famiglie la potestas invece che obbligare le istituzioni a permettere percorsi di autonomia non medicali, cui la ASL potrà fornire poi tutto il sostegno dovuto, ma indipendente dalla questione domiciliare oggi risolta solo con l’espulsione e con la neo.manicomializzazione.

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Commenti

Io credo che sarebbe splendido se si andasse in questa direzione, promuovendo la loro emancipazione si può davvero restituire loro quella fiducia, troppo spesso minata dai limiti imposti dalla malattia, sia dal punto di vista psichico che sociale (lo stigma che li vuole pericolosi e incapaci di fare qualsiasi cosa).
Forse è quanto mai necessario e legittimo, oggi, affrontare questo discorso sulla loro emancipazione, considerando le conquiste concesse dalle nuove terapie e la riabilitazione psichiatrica ci si può rendere conto che la relazione del sofferente psichico con la società è realmente possibile.oltre che auspicabile.

Condivido le argomentazione sulla necessità e il diritto di emancipazione del sofferente, ma faccio fatica a traslare nella mia pratica quotidiana di medico psichiatra la tattica da adottare. Fare il medico di un servizio pubblico comporta una tal mole di adempimenti e responsabilità non solo medico legali, ma anche normative che rende arduo questo compito. Devo riconoscere che per molte persone sono stati effettuati con successo processi di emancipazione, ma sono gocce nel mare. La mia idea è quella di sfrondare l'deologia dalla salute mentale. L'emancipazione serve perchè fa bene al paziente e ai care giver, fa bene ai servizi e alla collettività. Quindi va promossa, ma da tutti.


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