Recensione di 'La lingua sognata della realta'" di Rossella Valdre', Antigone Torino

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16 dicembre, 2013 - 10:59
Autore: Rossella Valdre'
Editore: Antigone Editore, Torino
Anno: 2013
Pagine: 200
Costo: €24.00
L'amico Francesco Bollorino qualche settimana fa, temo ormai mesi, mi chiese di leggere il libro “La lingua sognata della realtà” della psicoanalista Rossella Valdré, e di scriverne qualcosa in assoluta libertà; quindi procederò con poco ordine, seguendo un percorso piuttosto anarchico.
 La prefazione di Stefano Bolognini è gentile, e invitante alla lettura del testo (“... da indurmi a ri-leggere questi film uno dopo l'altro, senza fermarmi, con lo stesso piacere con cui una ciliegia tira l'altra”).
La premessa dell'autrice è curiosa con l'aneddoto del “distinto signore di Istanbul”, poi procede con andamento cult usando l'evergreen Christian Metz... il cinema, che tra tutte le esperienze della veglia è una delle più contigue al sogno, al sonno con sogni, alla fantasticheria, alla reverie, al day-dream, al sogno fatto di giorno.
E' un libro più sul cinema che sulla psicoanalisi, se è vero che proprio allo scadere Pasolini batte Freud 19 a 18 nell'indice dei nomi.
Non sono del tutto d'accordo nel definire il pur bel film di Mike Leigh “Another Year” come “la sua opera più matura, profonda, intensa, stupendamente semplice e complessa”, mi sento più legato alla sua decade d'oro che ha prodotto tutto d'un fiato Belle speranze (1988), Dolce è la vita (1990), Naked - Nudo (1993), Segreti e bugie (1996), Ragazze (1997), Topsy-Turvy – Sotto-Sopra (1999).
Woody Allen l'ho sempre reputato un regista sopravvalutato, in particolar modo negli ultimi 25 anni, e qui con la “fanatica” Rossella si crea un'area di incomunicabilità antonioniana, essendo il comico newyorkese l'azionista di maggioranza del suo volume.
La passione per Pasolini è manifesta, ripetuta, a tratti ossessiva, quasi mi veniva da rileggere il titolo “La lingua sognata della realtà - Il libro invisibile su Pasolini”. Il libro “cresce” con il passare delle pagine, la seconda parte l'ho trovata complessivamente di alto livello. Non ho compreso appieno l'esigenza di suddividere il volume in cinque capitoli. Non avrei dato tutto questo spazio alle trame dei film, che appesantiscono la lettura; certo, così facendo si da per scontata la visione dei film... ma in fondo, cambia poi molto?
Non so quanti siano d'accordo sul commento de “La solitudine dei numeri primi” di Saverio Costanzo “Il film è più intenso e originale del libro che soffre invece di una certa piattezza”, non so quanti possano essere, ma io sto con Rossella. Interessante il capitolo su questo film, tutta la parte relativa al corpo, e azzeccata è l'ardita vicinanza che si pone con Fellini e Kubrick.
“La ragazza del lago” scatena i riferimenti più schizofrenici, da Chabrol a Maigret, da Cogne a Garlasco fino a Novi Ligure.
 In “Revolutionary Road” Rossella parla di odio per il matrimonio, di narratori americani, di short stories e di Raymond Carver, ma quando tutti aspettano di leggere il titolo del grandissimo “America oggi” di Robert Altman (che in originale fa “Short Cuts” ed è tratto proprio da una poesia di Carver), si rimane delusi... ma forse è un gesto intenzionale dell'autrice.
“Lamerica” di Gianni Amelio è considerato “bellissimo”, ma per me vale un 6,7: vent'anni anni fa erano albanesi in Puglia, oggi africani a Lampedusa, la storia si ripete... ma il film non sfonda. Per il notevole “L'enfant” dei fratelli Dardenne si scomodano “Accattone” di Pasolini, Ken Loach, il Neorealismo, Rossellini, fino a Truffaut, e qui si resta sorpresi perchè tra Truffaut e i Dardenne c'è la stessa differenza che passa tra Silvano Martina e Diego Milito, entrambi bravi, ma in epoche diverse, altri ruoli, imparagonabili. Lo scritto su questo film è uno dei più interessanti, nella parte di Winnicot, dei bambini deprivati, antisociali, gli oggetti buoni poi perduti, la ripresa del percorso evolutivo, la speranza.
Bella scelta comprendere nei libro anche “Corpo Celeste” di Alba Rohrwacher, opera prima poco nota, ma di valore.
La critica a “Somewhere” è notevole: sono d'accordo su tutto, sul premio esagerato (Leone d'Oro a Venezia), sul credere che “Sofia Coppola deve aver amato molto il suo geniale padre”, sul parlare di “cinema che coltiva il silenzio, l'attesa, la sospensione”, di scrivere che “... la rappresentazione di questa sfumatura edipica, qui solo leggerissimamente erotizzata e anzi lasciata tutta alla fantasia dello spettatore, bisogna dire che è sublime”.
“Un gelido inverno” è descritto da Rossella “piccolo bellissimo film” e ci fa piacere leggere quello che segue, sulla ricerca del padre, sul suo ritrovamento, sui resti, sulle ossa, Winter's Bone, “Reliquia di un oggetto interno che non ha potuto farsi simbolo, ma che alla fine deve comunque essere trovato per crescere”, “Adozioni simboliche possono però essere messe in atto, vicariandosi e sostituendosi a quello che è irrimediabilmente perso nell'esterno, ma in parte reinventabile nel mondo interno... insegnanti, altre figure parentali o ambientali, presenze ideali come autori, libri, artisti e, non ultimi, noi terapeuti...”, qui si ha l'impressione di aver letto una grande critica.
Si termina, sorpresa graditissima, con una citazione del biologico David Cronenberg “... Oggi forse il cinema ha cambiato il modo di sognare...”.
In una nota verso la fine del volume si legge che “Per ragioni di spazio non è stata inserita una sezione riguardante l'adolescenza, presente trasversalmente in molti di questi film, che merita forse uno spazio a sé, e sarà oggetto di una ulteriore pubblicazione”, si parlerà quindi di Gus Van Sant, a mio avviso il grande assente del libro.
Non solo per questo, aspetto al più presto di continuare a leggere l'opera di Rossella, che ringrazio.
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