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Seminario permanente su l' "Ordine del Discorso"
di Mario Galzigna

LE PULSIONI SONO I NOSTRI MITI - di ROBERTO POZZETTI

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30 agosto, 2014 - 07:53
di Mario Galzigna

ROBERTO POZZETTI
LE PULSIONI SONO I NOSTRI MITI

[ pubblico questo importante articolo di Roberto Pozzetti - psicoanalista, Como - augurandomi che attorno ai temi prescelti da Pozzetti si sviluppi una discussione ]

Diversi amici e colleghi mi hanno chiesto di descrivere il concetto freudiano di pulsione nella rilettura che ne fa Lacan. Se può essere di qualche interesse rispetto al dibattito circa il conoscere o meno l'opera di Lacan, vi auguro buona lettura...

Mi è stato proposto di scrivere circa la pulsione sia per articolarla con il tema del desiderio sia per metterla a confronto con una tendenza molto diffusa nella teoria analitica attuale, soprattutto quella di derivazione statunitense, la quale considera in contrapposizione la psicoanalisi inerente il conflitto pulsionale intrapsichico rispetto a quella imperniata sulla relazione intersoggettiva. La critica al modello pulsionale freudiano venne in effetti sollevata, molto prima della diffusione della psicoanalisi negli USA, da autori berlinesi come W. Reich e dalla Scuola di Francoforte che riteneva mancasse nella teoria di Freud un’attenzione per la ricerca sociale e per le dinamiche relative alle relazioni con le strutture istituzionali d’autorità, fatta eccezione per opere come Totem e tabù e Psicologia delle masse e analisi dell’Io in cui Freud dice subito che “la psicologia individuale è, fin dall’inizio, psicologia sociale”.
Vi propongo, allora, una sintesi sul tema centrata sul significante. Per cogliere in che modo Lacan vada oltre la querelle pulsionale-relazionale, si tratta di aver presente come la pulsione sia strutturata dal significante che implica ovviamente una relazione (innanzitutto con i genitori) in quanto il campo del linguaggio precede la nascita, la parola e la pulsione del soggetto. Il soggetto giunge a parlare attraverso l’esperienza di qualcuno che gli parli, soltanto tramite significanti che gli giungono.

La pulsione va differenziata dall’istinto
Lavorare il concetto di pulsione in Freud e in Lacan ci porta a cominciare da una distinzione fra Trieb e Instinkt. L’istinto è qualcosa di sicuramente riferibile al mondo animale mentre è assolutamente discutibile che questo caratterizzi anche l’uomo che, strutturalmente, si trova confrontato non solo con la biologia e la genetica ma anche con una dimensione culturale ed ambientale. Le pulsioni sono – cito testualmente Freud - “entità mitiche” con le quali descrive elementi reali; infatti i riferimenti al background filosofico, da Freud, vengono sempre proposti a proposito delle tematiche pulsionali, ad esempio quando cita il mito dell’androgino tratto dal Simposio di Platone. Considerando questi riferimenti mitico-filosofici, siamo in grado di dire molto serenamente che la pulsione, per Freud, ha ben poco a che fare con l’istinto animale. Lacan propose una volta di tradurre Trieb con attrazione. Da cosa si può essere attratti se non dalla relazione con altri ?
Vi è, però, una lettura di tali concetti che li sovrappone ed, infatti, soprattutto negli USA, si parla di instinctual drives là dove pulsione è stato tradotto in inglese con drive, appunto. Le pulsioni andrebbero, dunque, giustapposte alle relazioni umane. Non so come vengano lette le problematiche cliniche più radicalmente caratterizzate dalla chiusura rispetto alle relazioni in questo filone teorico: l’autismo, la schizofrenia, certe forme estreme di tossicodipendenza e di depressione con agiti suicidari che tagliano corto con gli altri come vengono intese ? Si tratta di situazioni umane, purtroppo frequenti.
Fra i tanti autori che leggo, preferisco ancora e sempre Lacan in quanto egli ha affrontato decisamente le situazioni cliniche ed i concetti (a volte confusi e contraddittori- ammettiamolo) di Freud su cui il padre della psicoanalisi si arrestava (pulsione, pulsione di morte, angoscia, psicosi e suo trattamento, allucinazione, suicidio, aggressività, tornaconto secondario, reazione terapeutica negativa, femminilità, ecc.) e ne ha fatto le basi della sua opera.
Partiamo, però, dalla struttura che maggiormente si presenta come relazionale: l’isteria. Proprio dall’incontro con le pazienti isteriche nacque la psicoanalisi eppure l’isteria con la sua seduttività, con il suo costante riferimento all’amore del padre ed al desiderio altrui sembra mettere in scacco il modello pulsionale e far propendere per quello relazionale. Celebre è un passaggio clinico del caso Dora in cui, quando ella aveva 14 anni, venne baciata dal Signor K. “Il comportamento della ragazza quattordicenne è già nettamente isterico. Non esito a considerare isterici tutti coloro in cui un’occasione di eccitamento sessuale provoca soprattutto o soltanto sentimenti spiacevoli”. Greenberg e Mitchell, che abbiamo studiato all’Università come esponenti del modello relazionale vi vedono una illustrazione di come Freud concepiva “le pulsioni, cioè come l’unico fattore determinante di una relazione oggettuale”. A partire dall’opera di Fairbairn, essi mettono in discussione la costruzione del caso freudiana. Egli incappava, però, nell’evidente errore di credere che “la sorgente dell’energia motivante restasse l’impulso istintuale”. Lacan legge, invece, questo passaggio del caso Dora anche in termini di relazione ed, esattamente, di relazione identificatoria: ella si identifica con il Signor K. in quanto legato, come suo padre, alla Signora K. Quest’ultima diviene l’oggetto della pulsione ginecofila in quanto suscitava il desiderio del marito e, soprattutto, del padre di Dora. “Bisogna essere almeno in tre per amare e non due soltanto” e Dora si situa in questo quadrilatero relazionale dove la pulsione si rivolge alla Signora K. in quanto emblema della femminilità.
Saltando sicuramente molti passaggi, uno fra gli autori più interessanti della corrente analitica intersoggettiva come Stolorow parla tuttora nelle sue opere di istinto e di impulso. Confondere Trieb con Instinkt e Impuls costituisce una prassi comune che distorce la dimensione mitico-filosofica della pulsione, “sempre al limite fra il somatico e lo psichico”. C’è sempre in gioco lo psichico e dunque la pulsione è già in Freud relazionale perché si riferisce a quella imago fondamentale in tutta la sua opera che è il padre. La pulsione si organizza intorno all’Edipo ed a figure sostitutive del padre che percorrono tutti i testi freudiani.

Diversi momenti del dualismo pulsionale
Un primo punto, semplice ma importante per uno studio della pulsione, è dato dal dualismo pulsionale che si ritrova lungo tutta l’evoluzione dell’opera freudiana. Freud modifica la sua posizione riguardo a quali siano le forze in gioco ma rimane sempre fedele ad una concezione fondata su due diverse pulsioni che si contrappongono entrando in conflitto fra loro o che si rafforzano a vicenda. Si può verificare un impasto piuttosto che un disimpasto pulsionale.
Questo concetto ha subito diversi rimaneggiamenti nel corso della vita di Freud e, a questo proposito, è bene parlare di tre principali momenti riguardo alla concezione freudiana della pulsione.
a) Pulsioni sessuali e pulsioni di autoconservazione (1894 - 1911)
In questo primo periodo Freud insiste molto sul concetto di conflitto psichico e su quello di difesa. In gioco vi sarebbe qualcosa dell’ordine della sessualità, attuale o soprattutto infantile, che risulterebbe incompatibile con la coscienza. Questa rappresentazione non può, dunque, accedere alla coscienza ma continua ad agire dall’inconscio provocando effetti di carattere patologico in una dimensione di scontro tra la pressione sessuale proveniente dalla seduzione da parte dell’adulto e il tentativo del soggetto di difendersi in una sorta di autoconservazione. Quello che, in ogni caso, risulta fondamentale è questo dualismo tra le pulsioni libidiche miranti alla conservazione della specie e le pulsioni di autoconservazione che puntano a proteggere l’individuo. Le prime sono, essenzialmente, considerate pulsioni inconsce, forze rimosse che si accumulano. Le pulsioni di autoconservazione vengono giudicate forze del conscio definite, in un certo momento, pulsioni dell’Io. “In genere sia le pulsioni sessuali che quelle dell’Io hanno a disposizione i medesimi organi e sistemi organici. Si rivela a questo punto nella sua verità il detto che non è facile per nessuno essere contemporaneamente servitore di due padroni. Quanto più intima è la relazione che un organo dotato di simile duplice funzione stabilisce con una delle grandi pulsioni tanto più esso si rifiuta all’altra. Questo principio genera immancabilmente conseguenze patologiche se le due pulsioni fondamentali si sono divise e se da parte dell'Io viene mantenuta una rimozione nei confronti della corrispondente pulsione sessuale parziale”. E’ forse questa la fase della teoria del Trieb di Freud che può dare adito ad una maggior contrapposizione con l’intersoggettività ma la pulsione è già, in queste prime opere, articolata intorno al mito di Edipo e, dunque, alla triangolazione bambino-madre-padre. Sono qui già presenti, in fieri, il tema dell’impasto o disimpasto pulsionale e quello delle pulsioni opposte a quelle sessuali, le pulsioni dell’Io e, di conseguenza, narcisistiche.
b) Amore oggettuale e amore per il proprio corpo (1910 - 1920)
E’ a partire dalla lettura del caso del Presidente Schreber che Freud introduce una distinzione fra la libido oggettuale, rivolta agli oggetti esterni, e l’amore per il proprio corpo, per la propria immagine. Secondo una concezione stadiale suppone la fase narcisistica come momento evolutivo intermedio fra lo stadio dell’autoerotismo e quello dell’amore oggettuale. “Ricerche recenti hanno attratto la nostra attenzione su uno stadio che la libido percorre nella sua storia evolutiva che procede dall’autoerotismo per giungere all’amore oggettuale. Si è indicato detto stadio col nome di narcisismo ma io propendo per il termine di narcismo. Esso consiste nel fatto che l’individuo nel corso del suo sviluppo, mentre unifica le pulsioni sessuali già agenti autoeroticamente al fine di procurarsi un oggetto d’amore, assume anzitutto sé stesso, vale a dire il proprio corpo, come oggetto d’amore prima di passare alla scelta oggettuale di una persona estranea. Che tale fase di transizione venga attraversata tra l’autoerotismo e la scelta oggettuale è probabilmente inevitabile nella normalità dei casi ; sembra, però, che molte persone vi si trattengano per un tempo insolitamente lungo e che in esse persistano molti tratti di questa fase nei momenti successivi del loro sviluppo” . Quando vi è un narcisismo patologico, ad esempio nei soggetti psicotici, si trova una massiccia fissazione della libido a questo livello e non vi sarebbe quello sviluppo della pulsione sessuale verso gli oggetti estranei. La dimensione quantitativa delle due pulsioni viene dunque concepita, in questo secondo tempo della teoria freudiana sulle pulsioni stesse, come inversamente proporzionale. Più c’è investimento libidico oggettuale e meno c’è investimento sul proprio corpo. La libido oggettuale si impernia su delle relazioni sostitutive; ad esempio, l’amore per il padre protettivo verrà rimpiazzata da quello per l’uomo e l’amore per la madre nutrice da quello per la moglie. Mentre nei casi di psicosi vi è un totale ritiro della libido oggettuale, il nevrotico “non ha assolutamente interrotto il suo rapporto erotico con le persone e le cose. Continua anzi a serbare ben saldo nella fantasia questo rapporto”. Freud chiarisce la differenza fra libido e pulsione introducendo il concetto di narcisismo. Ne parla nei termini di un “complemento libidico dell’egoismo della pulsione di autoconservazione”. Dunque il narcisismo non coincide con la pulsione di autoconservazione e ne costituisce, invece, il versante visibile in quanto libido dell’Io. Allo stesso modo la libido oggettuale sarebbe il versante visibile della pulsione sessuale.
c) Pulsioni di vita e pulsioni di morte
Con il testo “Al di là del principio di piacere” avviene una sorta di rivoluzione copernicana per quanto riguarda il concetto di pulsione. Si tratta di una svolta considerevole che va di pari passo con l’introduzione della seconda topica imperniata intorno alle istanze psichiche denominate Es, Io e Super-Io. Una serie di eventi reali e l’arricchirsi della pratica clinica portarono Freud ad interrogarsi su un fattore inerziale incontrato a livello del tornaconto secondario dei sintomi, a livello di una volontà radicalmente autonegativa che si evidenzia nella coazione a ripetere, nella reazione terapeutica negativa e nel masochismo primario. Se infatti Freud aveva supposto il sadismo come primario ed il masochismo quale rivolgimento contro di sé della dimensione sadica, a questo punto della sua opera ribalta tale concezione. “Il masochismo é più antico del sadismo” e l’aggressività non viene più intesa come primaria. L’aggressività diventa espressione della pulsione di morte nella sua tendenza a spezzare i legami, a distruggere puntando al ritorno allo stato minimo di tensione che è quello proprio delle cose inanimate. Le pulsioni di morte vengono, di conseguenza, identificate con le pulsioni dell’Io. La pulsione di morte, più pulsionale, anziché cercare il piacere funziona al di là del principio di piacere. Le pulsioni sessuali tendono ad unire. Eros spinge verso il legame sociale e la coesione per “convogliare la sostanza vivente in unità sempre più grandi e le pulsioni di morte si oppongono a questa tendenza e riconducono ciò che è vivente allo stato inorganico”. Vi è, dunque, un certo conflitto fra le pulsioni in quanto quelle di morte tendono al silenzio, a mettere a tacere l’Eros turbolento. La sanità, almeno nella concezione di Freud, consiste in un certo impasto pulsionale.

Lacan e la pulsione di morte
La posizione di Lacan si differenzia per alcuni versi da quella di Freud in quanto non sarebbe tanto in gioco un dualismo pulsionale quanto un’unica pulsione, quella di morte. La pulsione è sempre pulsione di morte. Vi è una certa “affinità di ogni pulsione con la zona della morte che concilia le due facce della pulsione – che, al contempo, presenti fica la sessualità nell’inconscio e rappresenta, nella sua essenza, la morte”. Il masochismo non è un sadismo rovesciato in quanto l’essere umano non vuole guarire, anche se viene in analisi a parlarne. Da qui le manifestazioni, talvolta drammatiche, delle reazioni terapeutiche negative. In effetti per Lacan anche la parola può essere luogo del godimento. Si tratta, allora, quella di una regolazione dell’Altro ed, in particolare, quella di una simbolizzazione della parola vuota la quale alimenta il godimento narcisistico. E’, invece, la parola piena a condurre verso la realizzazione psicoanalitica del soggetto attraverso una parola che viene da altrove, dal luogo dell’inconscio e di cui mai potremo essere padroni. In questa ripetizione significativa, caratteristica della catena significante, il soggetto dovrà situarsi per realizzarsi.
La pulsione si struttura, per Freud, a partire da quattro elementi chiamati spinta, meta, oggetto e fonte della pulsione. Per spinta si intende l’elemento motorio della pulsione, la somma di forze che tendendo al soddisfacimento e cioè alla scarica. Si tratta della parte nucleare, essenziale della pulsione con una caratteristica di forza costante, non momentanea e la cui costanza, per Lacan, fa sì che sia chiara la differenza della pulsione da qualcosa di biologico. Le funzioni biologiche hanno sempre un ritmo mentre la dinamica pulsionale è basata su di una spinta costante.

Sulla differenza fra libido e pulsione
La tendenza caratteristica di una certa psicoanalisi equipara libido e pulsione in quanto entrambe forze dell’ordine di una spinta al soddisfacimento. In effetti, però, si possono ritrovare in Freud dei punti di distinzione di questi due concetti. I termini di pulsione e di libido non sono del tutto sovrapponibili in quanto la libido rappresenterebbe la manifestazione, il complemento visibile della pulsione in quanto invisibile. Già nelle prime pagine dell’Introduzione al narcisismo egli parla di “complemento libidico dell’egoismo della pulsione di autoconservazione”. Dunque la pulsione, in questo caso quella di autoconservazione, ha un complemento libidico che, in questi termini, è il narcisismo e per cui la libido non può coincidere con la pulsione in quanto tale. Questa differenza è esplicitata chiaramente anche nella nota aggiunta del ’21 ad “Al di là del principio di piacere” dove Freud spiega come, all’inizio delle sue elaborazioni teoriche avesse stabilito “un contrasto tra le pulsioni dell’Io e le pulsioni sessuali la cui manifestazione è la libido”. Parlare di manifestazione implica indicare lo statuto di evidenza della libido in opposizione a quello mitico, quasi trascendente della pulsione.
La pulsione appare a Freud “come un concetto limite tra lo psichico e il somatico, come il rappresentante psichico degli stimoli che traggono origine dall’interno del corpo e pervengono alla psiche”. Lacan accentuerà lo statuto rappresentante della pulsione in quanto situabile nell’ordine significante, sull’asse simbolico in opposizione alla libido immaginaria che è rappresentazione. Viene così riproposta la differenza fondamentale della filosofia kantiana fra fenomeno e noumeno ma superando l’inattingibilità propria della cosa in sé di Kant. Tale distinzione è stata ripresa da Schopenhauer nei termini della differenza fra il mondo come rappresentazione e quello come volontà. E’ noto come Lacan abbia considerato che l’unica colpa si situi a livello di un cedimento, del cedimento sul proprio desiderio, del non sostenere il proprio desiderio. Questo concetto era stato già espresso da Schopenhauer nei termini di ciò che può suscitare del rimorso ovvero il non seguire la propria volontà. E’ chiaro come la volontà di Schopenhauer non sia esattamente la stessa cosa del desiderio di Lacan e, tuttavia, un debito di Lacan nei confronti dell’elaborazione del filosofo di Danzica mi sembra evidente.

La pulsione è strutturata come la catena significante
La questione apre al tema dei rapporti fra pulsione e desiderio. Freud era partito dal sogno, come via regia per giungere all’inconscio, inteso quale appagamento di desiderio ma si era poi spostato, come detto, verso la pulsione oltre il principio di piacere. A Lacan sembra che tutto ciò che è libido faccia ostacolo in rapporto alla comunicazione simbolica fondamentale. Egli mostra che la pulsione è esattamente strutturata come la catena significante: l’inconscio è strutturato come un linguaggio (a partire dalla rilettura di Freud filtrata da Saussurre e Jakobson) tanto quanto la pulsione è strutturata come un linguaggio, è strutturata dal significante. Ecco la differenza fra pulsione e desiderio: c’è la pulsione (sempre pulsione di morte) in quanto il significante, il simbolico, risulta mortificante così come Hegel diceva che il simbolico uccide La Cosa; poi c’è il desiderio che corre, negli interstizi del linguaggio, come il significato della catena significante della pulsione. Lacan intende mostrare che la struttura simbolica si trova nella pulsione e che il desiderio non è che il significato della catena significante pulsionale.
Per molti anni, per buona parte degli anni ’50, Lacan ha tentato di iscrivere completamente la pulsione nell’ordine significante optando per una concezione totalmente dialettica nella quale il riconoscimento simbolico avrebbe del tutto saturato la spinta pulsionale.
La pulsione è sicuramente un punto critico della teoria di Freud e di Lacan. Come J. A. Miller stesso ha fatto notare, “uno dei meriti degli allievi di Lacan nel 1960 è stato quello di avere segnalato, come una difficoltà del suo insegnamento, il posto della pulsione”. La distinzione dei termini della pulsione fra bisogno (livello più biologico dell’orgnismo), Domanda e desiderio operata negli ultimi anni ’50 rende chiaro il fatto che la pulsione non è del tutto riconducibile all’ordine significante che, peraltro, è qui collegabile alla Domanda come scambio fra il soggetto e l’Altro. La pulsione viene scritta da Lacan, innanzitutto, come una Domanda significante inconscia, ad esempio specialmente come Domanda d’amore. Il livello orale della pulsione viene considerato una Domanda rivolta agli altri e, ben chiaramente, soprattutto alla madre come Domanda inerente il nutrimento e lo svezzamento; il livello anale viene letto da Lacan come Domanda degli altri, ad esempio Domanda della madre di rilasciare gli escrementi.
Vi è, però, qualcosa al di qua ed al di là della domanda che è proprio il desiderio che viene ad assumere uno statuto principalmente immaginario. Nei termini dell’algoritmo saussurriano, mentre la Domanda è dell’ordine del significante, il desiderio è dell’ordine del significato. L’analisi opera, attraverso la fondamentale regola freudiana della libera associazione, sul versante della concatenazione significante e, tuttavia, lascia un resto che si colloca sotto la barra. E’ lo spostamento continuo della metonimia propria del desiderio che ha per oggetto qualcosa di principalmente immaginario.
Il desiderio è dunque uno dei tre elementi nei quali Lacan ha scomposto la pulsione. Negli anni ’50 Lacan si interessa al desiderio, ripreso dall’hegelismo kojèviano (ovviamente distinguendolo dall’autocoscienza hegeliana e situandolo come desiderio inconscio), in quanto desiderio dell’Altro. Come la Domanda implica la relazione con gli altri, anche il desiderio è desiderio dell’Altro in una triplice accezione: il desiderio del soggetto è desiderare l’Altro; il desiderio è di essere desiderato dall’Altro; il desiderio del soggetto coincide con il desiderio dell’Altro in quanto il desiderio altrui diviene anche il mio desiderio. Il desiderio è, perciò, fondamentalmente del registro dell’immaginario, ed è riconducibile a quella che era in Freud la libido.
Questo spostamento dell’accent dal desiderio alla pulsione, compiuto tanto da Freud quanto da Lacan, è importante: implica che, dall’insoddisfazione del desiderio che fa desiderare di nuovo, si passa ad una logica che punta al soddisfacimento intrinseco alla pulsione. Il focus si sposta dall’inappagamento al soddisfacimento.

La pulsione non è tutta significante
Lacan si trova confrontato con il fatto clinico evidente che la pulsione non si lascia del tutto ricondurre alla dimensione di scambio dialettico con gli altri. La pulsione rimane per certi versi disgiunta dalla relazione intersoggettiva in quanto mira al godimento anche in forma autoerotica in un fallimento ripetitivo dell’incontro d’amore. Qualcosa si situa a livello delle zone erogene come punto di fissazione pulsionale. Si localizza a livello di manifestazioni come quella orale, anale e dell’erotismo uretrale e dei rivolgimenti relazionali già descritti da Freud a proposito dello sguardo: guardare un oggetto estraneo (attività) ; essere guardati da sé stessi (passività narcisistica); essere guardati da altri (attività di chi guarda). A partire dalla sua esperienza clinica con le psicosi, ma ben al di là del campo delle psicosi stesse, Lacan aggiunge alla lista degli oggetti pulsionali l’oggetto-voce. Lacan chiama queste manifestazione forme dell’oggetto (a), l’oggetto che già per Freud è da sempre “perduto”. L’oggetto (a) non coincide affatto con il cibo oppure con le feci o con la voce in quanto la pulsione ritaglia un incavo, un vuoto occupabile da vari oggetti rimpiazzabili che tendono a colmare tale vuoto. Si tratta dell’oggetto intorno al quale si impernia l’affetto, ad esempio l’affetto d’angoscia.
La pulsione in Lacan si gioca, dunque, su un duplice versante: quello dell’alienazione e quello della separazione. Il tempo logico dell’alienazione è tratto dal rappresentante psichico, ideativo della pulsione che si trova nello scritto freudiano “Rimozione”, in Metapsicologia come “Pulsioni e loro destini”. L’alienazione concerne l’iscrizione nel campo del significante: l’essere umano non è un’autocoscienza e l’alienazione qui, a differenza che in Hegel, implica il fatto che il soggetto è assoggettato dalla catena significante. La pulsione è pulsione di morte in quanto il significante che la struttura ha un effetto letale sull’organismo che ci rende, fin da bambini, dei soggetti, assoggettati al campo del linguaggio.
La separazione è la fase di distacco parziale dal significante attraverso questo oggetto il cui posto viene scavato dal significante stesso. Il significante cade sotto la rimozione ed emerge l’ammontare libidico correlato con la rimozione. Proprio a questo livello si colloca il desiderio, nell’intervallo della catena significante. Emerge l’affetto collegato con l’oggetto pulsionale, ad esempio con l’oggetto anale, in una tensione fra piacere e dispiacere. Con questa “amputazione dell’io”, tramite questa “automutilazione” di qualcosa che si stacca, il soggetto giunge a separarsi.
Dunque l’alienazione concerne il lato significante della pulsione e, soprattutto, della pulsione di morte; la separazione avviene, invece, attraverso l’emergere dell’oggetto pulsionale in quanto oggetto staccabile.

L’interpretazione punta alla pulsione
L’interpretazione lacaniana punta, più che alla catena significante in quanto tale, all’oggetto pulsionale; “non punta tanto al senso quanto a ridurre i significanti nel loro non-senso, affinché possiamo ritrovare i determinanti di tutta la condotta del soggetto”. Si tratta di isolare, ogni volta, quell’oggetto pulsionale rintracciabile negli anfratti della catena significante. Anche se l’interpretazione implica il campo verbale, ad esempio ripetendo delle parole pronunciate in quella seduta dall’analizzante, punta a qualcosa che non è tutto significante. Punta all’oggetto (a), all’oggetto che si è prodotto nella relazione con l’Altro, soprattutto in quella relazione fondamentale dell’analisi detta transfert. Per questo, contrariamente a quanto si crede talora leggendo Lacan in termini intellettuali anziché clinici, l’intepretazione va distinta da una decostruzione continua del significante à la Derrida oppure da un’ermeneutica volta al disvelamento del senso sulla scia di Gadamer.
Per concludere con un esempio clinico in quanto, per me, la clinica è ciò che rende ragione in modo concreto di tutti i voli pindarici delle elaborazioni teoriche, cito un passaggio semplice dell’analisi della prima analizzante alla quale proposi il passaggio al divano (ormai una quindicina di anni or sono). Si trattava di una donna legata al marito da un tratto “perverso” di tipo voyeuristico-esibizionista: cioè lui si eccitava guardandola esibirsi sessualmente. Nel corso delle sedute, descrive il suo timore di poter affogare, di trovare la morte in mare; per questo restava al sicuro nei pressi della spiaggia su cui era in vacanza, immergendosi soltanto fin dove “si tocca”. Questa catena significante inerente la morte presenta chiaramente un’accezione pulsionale in quanto mostra il nesso fra sessualità e la zona della morte come mancanza più radicale. La mia interpretazione puntò a mettere in risalto il suo desiderio dicendole : “si tocca davanti a lui” in quanto il significato insito in questa catena significante inerente la morte stava nel desiderio di esibirsi (verosimilmente anche nel transfert nei miei confronti). La mia operazione interpretativa mise, però, anche in risalto l’oggetto pulsionale che questa giovane donna sollecitava e, cioè, l’oggetto-sguardo. Per questo l’interpretazione punta all’oggetto pulsionale che ha, almeno parzialmente, una caratteristica di insensatezza.

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