Mente ad arte
Percorsi artistici di psicopatologia, nel cinema ed oltre
di Matteo Balestrieri

Uso e abuso da ansiolitici. Esempi dallo schermo cinematografico

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13 settembre, 2014 - 10:20
di Matteo Balestrieri
  Nelle movimentate scenografie proposte dal cinema i protagonisti abusano con una certa frequenza di cocktail farmacologici. Moltissimi film descrivono situazioni di tossicodipendenza, già da noi altrove recensiti (vedi in particolare Ignazio Senatore in “Vero come la Finzione”, ed. Springer Italia: http://www.lafeltrinelli.it/libri/matteo-balestrieri/vero-come-finzione/9788847015395).
 
I farmaci ansiolitici sono tra i farmaci ai quali apparentemente non si può resistere: è difficile assumerli in modo moderato (abuso) ed è difficile farne a meno una volta che si assumano a dosi importanti per lungo tempo (dipendenza). Spesso poi sono mischiati con altre sostanze (alcol, cocaina, ecc.) così da generare cocktail perniciosi, e infine possono essere usati a scopo suicidario. Alcuni film possono essere esemplificativi di queste situazioni.

  Ricordando brevemente i film dove il tema più specifico è la dipendenza da sostanze (vedi “Trainspotting” di Danny Boyle nel 1996, o “Le Iene” di Quentin Tarantino), tra le pellicole che descrivono situazioni di abuso da ansiolitici sono da ricordare due importanti film di Martin Scorsese, “The Departed” del 2006 (premio Oscar al regista) e “The Wolf of Wall Street” del 2013, entrambi con Leonardo Di Caprio tra i protagonisti.

 In “The Departed” si narrano le drammatiche vicende simmetriche e contrapposte di due poliziotti infiltrati, Colin Sullivan (Matt Damon) al soldo della mafia irlandese di Boston (precisamente del grande boss Francis "Frank" Costello) e Billy Costigan (Di Caprio) infiltrato segretissimo nella banda di Costello. Il soggetto è quello della caccia alle talpe doppio-giochiste, ma in ultima analisi il tema è quello dell’identità dei protagonisti. I due sono talmente simili, seppur contrapposti, che hanno un rapporto con la stessa psichiatra, Madolyn. Ad un certo punto Madolyn dice a Billy Tu cosa ti aspetti venendo qui?” e Billy “Sono obbligato a venire”. Il dialogo prosegue. “Lo so che sei obbligato a venire. Ma adesso che sei qui, che cosa vuoi?”, “...Vuoi la verità? Il valium”, “Oh no, senti, se tu mentissi, ti sarebbe più facile ottenere quello che vuoi”, “Bella opinione che hai del tuo mestiere”. Madolyn affermaNoi dovremmo avere qualche altro colloquio prima di cominciare a parlare di prescrizioni”, e BillyNo, no, no, senti, mi vengono degli attacchi di panico, ok? L'altra notte ho avuto paura di avere un infarto del cazzo. Ho vomitato in un secchio dell'immondizia mentre venivo qui. E non dormo da quattro settimane”, “È tutto vero?”, “Sì, è tutto vero, va bene?! Ti ho detto tutta la verità, e voglio quelle maledette pillole! E tu che vuoi?! Vuoi chiudere la mia pratica?!”, “Non ho detto che avrei chiuso la tua pratica. Io non ho detto...”. Esasperato, Billy sbotta Ero convinto di dover dire la verità!”, “No, infatti...”, “Se non altro sono venuto qui...”, “Infatti! Sì, è così”, “Cioè, un disgraziato viene qui cercando di vincere ogni istinto di riservatezza e di autocontrollo che ancora ha, e tu che cosa fai? Cos'è che fai, eh? Lo ributti in mezzo alla strada così continua a strafarsi?! È questo che vuoi fare? Sei proprio ridicola!”. A questo punto Madolyn prende due pillole e gliele dà. Billy esclama ...Due pillole? Perfetto, perché non mi dai anche una bottiglia di scotch e una pistola carica così mi posso sparare in testa! Senti, abbiamo finito con questa psichiatria di merda?!”, e MadolynLa sai una cosa?!? Te ne puoi andare!”, con Billy che si arrabbia “Ma chi cazzo me l'ha fatto fare di venire qui? E se quello che ti ho detto fosse una minaccia reale? Riflettici, brutta stronza presuntuosa!”. Billy sbatte la porta e se ne va. Allora lei lo insegue e gli dà una ricetta per il lorazepam. Billy le chiede se è sufficiente per un suicidio e lei risponde "may be it is".

  In “The Wolf of Wall Street” Leonardo di Caprio è Jordan Belfort, giovane a capo di una delle più proficue società di brokeraggio di Wall Street. Al culmine della sua frenetica attività speculativa, Jordan fa ampio uso di sostanze. L’apice si ha nella scena in cui Jordan e il suo socio prendono del Metaqualone Lemmon 714 (tre volte più potente di qualsiasi altra droga) con un inaspettato effetto a scoppio ritardato, a causa dei 15 anni di conservazione. In una delle scene Jordan dice “Già, ogni giorno consumo abbastanza farmaci da sedare Manhattan, Long Island e il Queens. Per un mese. Prendo il Quaaludes, 10-15 volte al giorno per il mal di schiena. L’Adderall per rimanere concentrato. Lo Xanax per sciogliermi, l’erba per rilassarmi. La cocaina per risvegliarmi ancora, e la morfina, bè… perché è magnifica!”.

  In “Copycat – Omicidi in serie” di Jon Amiel (1995), gli attacchi di panico sono controllati con ansiolitici abbondantemente conditi con superalcolici. Sigourney Weaver interpreta Helen Hudson, una psicologa criminale di San Francisco che, in conseguenza di un attacco subito da un maniaco, soffre di attacchi di panico e agorafobia, e vive perciò rinchiusa in casa, munita di attrezzature tecnologiche d’avanguardia. Suo malgrado è coinvolta nelle indagini di un serial killer, che uccide con modalità uguali a quelle di famosi strangolatori della storia. Il termine copycat significa grosso-modo “imitatore” e i copycat crimes sono quei reati commessi come fotocopie di altri già avvenuti. La trama è centrata sulla figura di un serial killer, ma la complicazione è data dal fatto che la protagonista, proprio a causa dell’assalto subito, ha sviluppato un’agorafobia. La detective incaricata delle indagini è guidata da Helen sulle tracce dell’assassino, ma questi a sua volta sta braccando la psicologa. Helen, che assume continuamente cocktail di ansiolitici e superalcolici, sviluppa comunque diversi attacchi di panico. Forse la terapia non è quella più adatta alle circostanze.

Notissimo è poi l’abuso di farmaci ansiolitici tra gli ipocondriaci Bernardo e Camilla, in “Maledetto il giorno in cui ti ho incontrato” di Verdone (1991). Bernardo, storico del rock, e Camilla, attrice di teatro, s’incontrano dall’analista dal quale vanno il primo per una crisi seguente ad un abbandono della fidanzata, la seconda al termine di un’analisi irrisolta perché si è innamorata dell’analista. I due, afflitti da molteplici fobie e attacchi di panico, si sostengono a vicenda combinando diversi guai in un’amicizia un po’ scombinata che poi finisce nell’amore. Sono da ricordare diverse scene riguardanti l’uso dei farmaci ansiolitici, presi alla rinfusa e collezionati con cura da parte di Bernardo. Ad un certo punto Camilla compare nella stanza di Bernardo. “No, magari volevo sapere se ti erano rimaste un po’ di quelle cose che dicevi, che so, quelle tisane, passiflora… tiglio, che era?”, “ Ti ho capito al volo. Vuoto il sacco? Posso vuotarlo?”. Bernardo (che in una scena precedente aveva giurato di non assumere più psicofarmaci, se non qualche tisana) tira fuori da sotto il letto un grande sacco di plastica pieno di medicine. Camilla esclama “No, Dio, lo sapevo che avevi barato, lo sapevo”, al ché Bernardo rimarca “Abbiamo barato in due. Vado?” rovesciando tutti farmaci sul letto, “Copro tutto fino al delirio…”. “Sei un genio, sei!” esclama lei, “Che fai?”, “Mitico, mitico!” continua Camilla, che fruga vorticosamente tra i farmaci versati sul letto e inghiotte una compressa sfilandola da un blister. “No no no, quello no, c’ha un’anamnesi pazzesca, questo è da ultimo stadio!” si allarma Bernardo, “Io sono al penultimo!”, ”No, cavolo, ma hai bevuto la birra, è pericolosissimo, dai cavolo, non si prendono le medicine così!”, “Ti prego, ti prego, tiemmi compagnia però eh, non mi lasciare da sola, prendi qualcosa dai…”, “Guarda... non ne ho bisogno adesso” si ritrae Bernardo “Ti prego ti prego…”, “Guarda, non ne ho bisogno” protesta ancora Bernardo, “Prendi qualcosa dai, come ai vecchi tempi, prendi qualcosa!” alza la voce Camilla. “Ok, ok, prendo …andrò sul vecchio Serenil”, “Ma dai, è superatissimo” lei sentenzia subito, “No, non è superato, perché questo è serenil retard, cioè cessione graduale di ketazolam nell’arco di 24 ore, quindi per 24 ore uno è completamente coperto dall’ansia”, risponde saccente Bernardo, quando Camilla si avventa sul flacone e ingoia numerose compresse. “No, non lo puoi mischiare!” urla Bernardo e la costringe a sputare “Sputalo, non mi fare incazzare, è pericolosissimo porca miseria. Sputa, una, due, tre!” conta le compresse sputate. “Ma vuoi fare la fine di Marylin Monroe, eh, pazza!”. Bernardo è preoccupato seriamente della smodata farmacofilia di Camilla, ritenendo invece la sua sotto controllo. La verità è che nessuno dei due da solo ce la fa.

  Un reale tentativo di suicidio è messo in scena invece nel “Film Blu” di Krzysztof Kiewślowski (1993). Juliette Binoche è Julie, che perde in un incidente marito e figlia. Gravemente ferita, cerca il suicidio in ospedale inghiottendo un flacone di ansiolitici, ma poi li sputa dicendo in lacrime all’infermiera accorsa “Non posso, non ne sono capace!”. Gradualmente poi Julie riprende il controllo della propria esistenza, ma i farmaci sono stati per un momento lo strumento per farla finita, chiudendo con un dolore insopportabile.

  Più recentemente (2012), nel film “Flight” Denzel Washington interpreta William "Whip" Whitaker, un pilota d’aereo perennemente sbronzo e fatto di sostanze, che alla guida del suo aereo in avaria riesce a salvare un centinaio di vite grazie ad una manovra spericolata, resa possibile dalla sua grande perizia. Il fatto di essere ubriaco alla cloche dell’aereo lo porta comunque a essere processato. La vicenda è interessante per i risvolti legali ed etici che pone, ed anche per sottolineare il narcisismo sottostante alla dipendenza da sostanze del capitano. Spassoso il personaggio dell’amico-spacciatore grande esperto di sostanze che visita Whip in ospedale dopo l’incidente, e gli chiede che farmaci gli stiano dando, per poi controllare lui stesso frugando tra i farmaci. Allora sbraita “Che medicine ti danno? Alprazolam! E’ lo Xanax generico! L’idrocodone! E’ il Vicodin generico! E’ una merda, magari canadese! Non vogliamo una merda, vogliamo la prima scelta, etichetta blu. Non questi cazzo di facsimili! Ma dov’è l’Idromorfone, o almeno del fottuto Palladone. Ma cos’è, l’ora del dilettante? Chiama un medico. Hai appena salvato cento persone!”. Una chiara negazione della propria identità di bieco spacciatore, attraverso una presa di posizione da paladino della purezza farmacologica! Il messaggio che se ne ricava alla fine è che tutto è sullo stesso piano, dalla cocaina che lui vende, agli oppiacei antidolorifici, e per finire gli ansiolitici. Divertente il personaggio, ma non condivisibile la sua visione del mondo sugli usi delle sostanze.

  In conclusione, in questi esempi gli ansiolitici appaiono strumenti di abuso e sballo su cui le persone non hanno controllo, o che sono utilizzati proprio per andare fuori controllo. Se l’immaginario è questo, gli psichiatri ne devono ben tener conto quando visitano i loro pazienti.

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