ROSSELLA VALDRE' E IL CONTROVERSO DIBATTITO SULLA SUBLIMAZIONE. L'INCAPACITA' DELLA SOCIETA' IPERMODERNA DI GUARDARSI ALLO SPECCHIO.

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23 maggio, 2015 - 10:08
Autore: Rossella Valdrè
Editore: Mimesis
Anno: 2015
Pagine: 162
Costo: €16.00

 
Nel corso degli ultimi anni si assiste progressivamente all'abbandono della conoscenza come mezzo attraverso cui la società moderna tenta di individuarsi, sfuggendo alla morsa di una Madre Cattiva che dirige i propri pargoli verso il limite, oltre cui si dipana il nulla che contraddistingue la 'patologia' della iper – modernità.
Leggendo il libro di Rossella Valdrè si intuisce quali siano le motivazioni che stanno inducendo nell'uomo della (supposta) modernità la coazione a ripetere comportamenti auto- distruttivi ed etero – distruttivi: la società non accoglie ciò che devia dai processi integrativi di una psiche individuale protese in uno spazio ove confluiscono energia libidica e conoscenza.
La sublimazione, come concetto metapsicologico e come nuova forma di cura in ambito clinico, non ha lo statuto che le deriverebbe per 'Costituzione'.
La conoscenza non assume più caratteristiche positive poiché l'oggetto del desiderio non garantisce la soddisfazione immediata, per cui il cambiamento di meta risulta inattuale nonché inadeguato per la cura del soggetto. L'interrogativo posto da Blass è notevolmente importante: quale motivazione spinge il soggetto ad affidarsi all'Amore per la conoscenza? Lo psicoanalista pone in essere il cambiamento della meta come agente avente necessaria energia atta a modificare l'assetto dell'intero sistema individuale. Certamente si evince che l'oggetto di piacere diviene altro rispetto al passato: creo, ri -creo dando una forma a ciò che informe. D'accordo con quanto l'autrice mutua dallo studioso Conrotto, se nel meccanismo sublimatorio l'oggetto d'amore diviene oggetto di conoscenza, quanto accade nell'individuo e nella psicoanalisi stessa, niente altro è che cambiamento radicale sia cncettualmente, che riferito al singolo individuo. Conseguentemente diviene altresì importante porsi la domanda sulla validità, nella pratica clinica, dello spostamento di un quantum di libido da una attività puramente energetica, finalizzata alla soddisfazione immediata, ad altro flusso di energia libidica favorendo la crescita dell'intera società, o specificamente dell'individuo che si erge a titano rispetto alla 'conquista' del nuovo oggetto d'amore conoscitivo.



Conciliare la passione che spinge menti eccezionali a lasciarsi andare all'amore per la conoscenza è difficile sia da comprendere, che da rappresentare. Nella recensione più volte si ripeterà il valore intrinseco che la sublimazione ha, per il singolo, per l'analista e per la società tutta; al pari dell'alto valore, non si può non mettere in evidenza che non tutti hanno accesso alla pulsione della conoscenza: capita che coloro che soffrono di disturbi psicologici abbiano difficoltà a mostrarsi, ove mostrarsi sta per una costante comunicazione tra le varie istanze della psiche. Concialiare il sapere con la realtà è a dir poco difficile. Si intende come l'avvicinamento alla verità corrisponda al costante mutare del rapporto con la realtà stessa, delineando una destrutturazione della medesima società reale: si pensi all'opera artistica o intellettuale che non allontana bensì permette di osservare con acutezza la società, divenendone occhio critico e formante. La forma sublimata origina dal linguaggio creativo che è egli stesso sublimante.
Al pari dell'autrice del bellissimo testo che si sta recensendo, si arriva a porsi interrogativi supplementari su come e quando ha origine la passione per la conoscenza. In una società protesa all'appagamento immediato, il “Timor Dei” è rappresentato dalla nuova fisionomia assunta dall'Eros, di cui non si intravede un utilizzo immediato e appagante, tale da creare valore laddove il valore non ha caratteristiche aventi senso, ovvero l'apparenza. Il linguaggio della sublimazione è linguaggio definente la base stessa della psiche umana.
Nella clinica, come ben evidenziato dalla Valdré, oggi la sublimazione è ancor più inconcludente di quanto direbbe la metapsicologia freudiana. Alla base di ogni acquisizione individuale vi è sempre il concetto cardine della relazione: il conscio, ovvero il vecchio vituperato Io, e l'inconscio, luogo da cui la pulsione di sapere muove per realizzarsi come energia libidica, delineano le nuove conoscenze cui far ricorso per approdare al risultato clinico sperato. Risulta fuorviante, per chi recensisce, affermare che la pulsione del conoscere sia sostanzialmente desessualizzata, ovvero mancante di quell'Eros formante nuove costellazioni psichiche: possibilità del cambiamento che risolverebbe molte delle pseudo patologie dell'eta iper moderna. Oggi la psicoanalisi – aggiungendo ogni altro approccio dinamico di 'estrazione' analitica – si dimena tra dibattiti e sfide intestine al proprio interno e derive cliniche generanti tendenze new age, che sostituendosi alla talking cure, ledono il potere trasformativo insito nell'analisi. Chi scrive è vicino al pensiero analitico junghiano ove la componente creativa è ritenuta un'arma attraverso cui favorire il cambiamento all'interno della relazione terapeutica tra analista e analizzando. Alcune volte – nel contempo – in ambito psicoanalitico e non solo, si sente parlare di una sorta di abbandono dell'analisi alla deriva artistica: non si è d'accordo con quanto la psicologia scientifica (può esistere una psicologia che si definisca 'esatta', ovvero non falsificabile?) afferma. Allo stesso modo, l'esaltazione assoluta del simbolo, dell'immagine (non sublimata perché soltanto onirica, anche se cara a Corbin!) poiché vi è lo slittamento del focus analitico dal soggetto all'oggetto perpetrando la “sublimazione dell'amplificazione e/o interpretazione”, e non il movente “creativo” dell'individuo. Tale modalità rende ancora più inattuale la psicoanalisi, intesa come coppia di opposti (Freud/Jung). Si ritiene importante. La forza motrice inattuale dell'analisi è il dispiegarsi delle vele della sublimazione – in termini junghiani – di trasformazione, divenenti agenti coagulanti il sentiero conducente alla riuscita dell'intervento terapeutico: non ci si distacca dalla realtà sociale, si acquisiscono ulteriori strumenti che permettono di affrontarla in modo più adeguato. La metapsicologia freudiana oltre ad essere oltremodo attuale è anche futuribile, tenendo conto dei mutamenti globali che si susseguono attraverso conflitti tra uomini e tra uomo e natura; non è adeguato ritenere obsoleti concetti epistemologici fondanti il proprio ambito di studio. Si giunge ad una piccola riflessione sulla teoria pulsionale freudiana. L'accordo con l'autrice è pressochè scontato in quanto, aderendo alla sfera della psicologia del profondo, che si chiamino pulsioni o immagini, si tratta sempre di rappresentazioni fondanti l'esistenza individuale che genera la civiltà e tutte le sue manifestazioni. Chi vuole intraprendere la professione di analista, come si evidenzia nel testo, deve anch'esso sublimare. Non è Contra Naturam possedere un istinto educato  - e civilizzato – che consente il collegamento con la cultura come elemento avente base inconscia – inteso come teatro inconscio ove i processi primari si definiscono attraverso legami oggettuali – primo tassello per la riuscita dell'analisi. Ad una considerazione tattenta, la stessa analisi, e conseguentemente la stessa diade analitica, sono propriamente anch'esse sublimazione. Si pensi ad esempio alla dinamica transfert/controtrasfert: la misura della temperatura del rapporto analitico è indice del binario che il processo analitico sta attraversando. Cos'è tutto ciò? Sublimazione. Usando un linguaggio tipicamente creativo – ovvero espressione della base artistica della psiche - al di là di ogni concettualizzazione, che si trasforma in un mero meccanismo di difesa – il setting diviene luogo indefinito in cui accade – non uso impropriamente tale espressione – nella coppia analitica un 'duello' che assume le tonalità sfumate di colori che rimandano alla spettroscopio, ossia al ventaglio di possibilità creanti dettate soltanto dal luogo ove dimora il rimosso – per i freudiani, le immagini collettive per gli junghiani -. il non detto, l'evitato e il celato divengono il motore stesso che dà origine alla trasformazione dell'individuo. Molto interessante la definizione che l'autrice del testo dà del meccanismo intrinseco alla coppia analitica, derivandolo a sua volta dalla Kristeva: l'oggetto (la cosa) sostituito dalla parola. Ecco l'attualità della psicoanalisi, di qualsiasi orientamento si stia trattando. Porre in essere la sostituzione dell'oggetto di godimento risulta centrale perché si possa accedere al meccanismo della sublimazione: non più la cosa in sé, ma la cultura come oggetto stesso di godimento. Questo meccanismo di modificazione dell'oggetto di godimento può avvenire soltanto attraverso l'analisi, che rende atto ciò che è potenza. Nello specifico l'autrice del libro si riferisce alla psicoanalisi freudiana. Come precedentemente accennato, il setting diviene nuovo oggetto di godimento esso stesso, quindi anch'esso sublimatorio. Il setting, recinto sacro ove l'istinto riceve l'istruzione, capace di formare l'individuo perché possa affrontare meglio la società deformata del quotidiano.
La trasformazione che avviene all'interno del setting la si può ritenere analoga alla sublimazione chimica, che da un punto di vista psicologico si rintraccia nella trasfromazione che avviene nella metafora alchemica. Sublimare vuol dire 'cambiare di stato', quanto scritto lascia trasparire come il concetto epistemologico della sublimazione abbia una origine lontan dalla sola teoria freudiana. Quanto origina dal processo trasformativo, per chi sta recensendo il testo della Dottoressa Valdré, è reso fatto dall'inconscio e dalla potenza che scaturisce dalle pulsioni/immagini istintuali formanti i nuovi contenuti che elicitano, a loro volta, la nuova consapevolezza. Deviando tangenzialmente dal linguaggio freudiano, simpatizzando per il linguaggio junghiano, l'inconscio permette l'integrazione che 'modifica' parti della personalità non totalmente adattate alla società in cui si vive. Ciò avviene assumendo forme di linguaggio che si discostano dal senso comune, che si affrancano dal collettivo. La sublimazione non si connota delle caratteristiche esprimenti i conflitti interiori, rappresenta invece il mezzo più elevato attraverso cui l'individuo crea sé stesso creando la civiltà in cui è posto. L'istituto della pulsione sublimatoria non è più il rilfesso somatico del conflitto. Chi accede al linguaggio della sublimazione rende atto del livello più alto di civiltà che delinea parallelamente la crescita del livello di consapevolezza del soggetto. È interessante notare come il costrutto della sublimazione sia correlato, come evidenzia la Valdré, con il concetto di perversione, come mostra l'etimologia, a conferma di quanto la capacità di sublimare sia afferente alla sfera istintuale sessuale più prossima alla bestialità. Volendo apportare una valutazione di quanto detto da Freud, è evidente che la base della vita è ciò che permette di approdare ad una trasformazione che si pone come nuova nascita, ovvero rinascita. D'accordo sul fatto che si è in ambito strettamente psicoanalitico, non si può non notare come ogni fonte energetica, ad avviso di chi scrive, siano esse positive o negative, creano sempre un terzo dato emergente da ciò di non conosciuto dimorante nell'individuo stesso. Nello sviluppo della personalità, seguendo lo schema freudiano, da cui non si può prescindere quando ci si avvicina al mondo infantile, quanto attiene alla creatività, alla sublimazione – perché tali conceti sono legati indissolubilmente – si pone nella fase di latenza, quella fase che segue la fase edipica, ove il bambino si distacca dal padre e inizia ad evolvere in quanto antagonista dello stesso. Ogni creazione artistica nasce dalla potenza distruttiva creante legata alla dissociazione che si palesa quando si attiva il conflitto intrapsichico inerente all'invidia nei riguardi del padre. La meta differisce dai soliti approdi soddisfacenti, definendo linee che, pur estraniandosi dal collettivo, mostrano adesione alla volontà di indipendenza dell'individuo. La vera trasformazione si olttiene grazie all'integrazione di contenuti emergenti capaci plasmare quanto potenzialmente è già scritto. Il cambiamento della meta rappresenta il punto d'approdo di una ricerca volta al superamento degli ostacoli frapposti dai conflitti con le figure di riferimento. Per  ottenere un miglioramento del paziente, è lecito indirizzare, tenendo conto delle inclinazioni individuali, il soggetto a conferire un nuovo statuto alle parti disfunzionali della personalità: la sublimazione, non più considerata formazione reattiva, diviene lo strumento che rende possibile la trasformazione, il cambiamento attraverso il soddisfacimento indiretto. Ogni oggetto acquisito per mezzo della sublimazione diviene  conquista tanto individuale, quanto collettiva. L'arte dimora nei fondali dell'inconscio, che si potrebbe considerare Mare Magnum in cui i vari contenuti vagano cercando la meta. Mi sovviene il ricorso alla etimologia: vagare significa andare alla ricerca di una soluzione, non perdersi. Il ruolo della pulsione si esprime proprio attraverso un continuo lavoro teso al raggiungimento dell'obiettivo: ciò è reso possibile grazie alla potenza libidica. Il genio creativo spiega magistralmente la genesi e il destino della sublimazione, sia nella vita che nella realizzazione prettamente simbolica del contenuto psichico. L'ineffabilità dell'opera d'arte è tale da inconoscibile e insondabile il terreno cui attinge l'artista, nienete altro che la vita, il senso della vita. L'artista è bambino, è colui che trova una nuova meta per dare sistemazione al passato; quanto appena scritto è l'arte del quotidiano,l'arte del vivere che pur nn essenso una vera e propria sublimazione si configura come agente capace di dare la giusta direzione alla quotidianità di chi è rinchiuso in una realtà stretta e angusta per ragioni da costui indipendenti. Con ciò si afferma che la sete di sapere vale tanto per il genio creativo (Leonardo, esempio che Sigmund Freud mostra nello sviscerare la creatività del genio artistico), quanto per l'individuo semplice. L'artista è pervaso da passione, volta essenzialmente alla conoscenza, permettente l'evoluzione del singolo avulso dalla realtà. Una riflessione che si pone è legata al binomio genio/follia: si assiste al rovesciamento della medaglia per cui ciò che è geniale viene confinato ai limiti della sopravvivenza poiché mostra le falle presenti nel sistema, che il genio vede e critica con la sua 'arte' sublimante. La paura dell'oggi è saper sublimare. Quanto di più passionale mostra il bambino nei primi anni durante la fase esplorativa della vita, tanto maggiore sarà la capacità di entrare in contatto con le sfere profonde della psiche. Non trovandomi d'accordo con Green (“Il lavoro del negativo,p.297,1993), ritengo che non si tratta di una vera e propria desessualizzazione, bensì del recupero di energia libidica da una fonta ritenuta non afferente ad Eros, ovviamente quanto detto è punto di vista di chi scrive. La sublimazione la si potrebbe considerare anche legata, in modo ambiguo a Thanatos, ove quest'ultima rappresenta uno degli abitanti del confine, solco, feritoia da cui trae origine il flumen dell'opera d'arte, il confine è l'approdo, a mio avviso, nell'arte e nella creazione, sia intellettuale che puramente estetica. Al confine risiedono i contenuti potenzialmente trasformativi. Ancora una volta l'importanza del setting analitico come agente di raccordo tra l'individuo e il mondo intrapsichico dello stesso; ovviamente come scrive molto la Valdré ritenersi immuni dall'effetto della sublimazione, è altresì impossibile: la sublimazione è follia, trasformativa. Quanto detto è profondamente aderente a grandi pensatori del passato, più o meno recente. Ciò che appare desessualizato è caricato attraverso una forma alternativa di Eros. Diviene di vitale importanza porsi la domanda relativa su quale possa essere la motivazione per cui avviene una mutazione di questa energia. La mutazione diventa il quid che permette la possibilità di sublimare attraverso alla passione per il conoscere. Non v'è appiattimento della carica pulsionale, v'è – a mio avviso – unione di potenze di diversa Natura.
Rossella Valdré si pone una domanda centrale nella riflessione epistemologica freudiana: è mai possibile impedire ad una pulsione di giungere al soddisfacimento? Freud trova una sintesi: la meta e il suo spostamento, creanti omeostasi.
La decadenza della sublimazione è riconducibile, sia in ambito clinico, che sociale alla crisi stessa della iper modernità, rinchiusa all'interno di una gabbia di vetro ove in realtà non è possibile vedersi se non rispecchiandosi, non in senso analitico bensì meramente egoistico e narcisistico, tanto da dare vita a disfunzionalità diverse rispetto al passato. Per essere capaci di sublimare dev'esserci – si è d'accordo con Laplanche – una sorta di titanismo, ovvero essere di andare contro il collettivo perché l'individuale è sempre divino rispetto al collettivo che si pone in opposizione alla volntà di potenza del singolo che vuole emanciparsi. Il flusso adeguato di energia delinea il nuovo assetto permettente il re-indirizzamento dell'energia perché possa esservi una maggiore aderenza alla realtà. Pur distaccandosene, si ribadisce nuovamente, si è immersi nella realtà medesima.
Nel corso della storia del pensiero freudiano, la prima riflessione che colpisce nel testo della Valdré è l'appunto di Glover che la definisce come un costrutto metapsicologico correlato a meccanismi molto complessi che divengono di non facile accesso per tutti gli individui. Glover ha ragione, poiché non tutti coloro che sono in analisi hanno capacità trasformative legate a potenziale creativo. Ciò che connota il genio dimora, come già scritto, nel profondo della psiche del soggetto, concordando con quanto viene detto anche nel 1965 dai Rosolato, che mostrano la diffocltà di acquisizione eaccesso alla facoltà subliminante.
Melanie Klein studiando il passaggio evolutivo fondamentale del bambino nella strutturazione della personalità, teorizzando la comparsa dell'Edipo già dai primissimi mesi di vita, non si occupa propriamente di sublimazione e sembra sfiorarla tangenzialmente quando parla di riparazione dell'oggetto, ovvero quando il passaggio successivo alla fase dello sviluppo centrale della personalità, la posizione depressiva, al cui superamento il bambino è capace di ricostruire e riparare l'oggetto perduto. Come adeguatamente osserva la psicoanalista geneovese, il concetto di sublimazione non viene mai accostato da Melanie Klein, capace di dare una sterzata fondamentale allo studio della personalità infantile, ma non aderente al discorso del dibattito contemporaneo della metapsicologia freudiana, in quanto la riparazione si sovrapporrebbe al costrutto della sublimazione. Riparare, preservare l'oggetto destinandolo all'Amore non comporta il cambiamnto di meta; ciò garantisce la sopravvivenza dell'oggetto. Oggi l'arte si pone come principale fonte di ispirazione per gli studi psicologici permettendo una più adeguata lettura di fenomeni (psichici) di stampo primordiale, da cui il riferimento principale è la sublimazione. Per la Klein esiste un istinto di autoconservazione, e soltanto l'accesso alla funzione simbolica di cui l'istinto di autoconservazione è il progenitore, di accedere facilmente alla capacità intellettuale attraverso l'apprendimento. Si rintraccia nelle interconnessioni create dal discorso della Valdré anche il pensiero di Sandor Ferenczi: il bambino coraggioso, esplorando prova piacere non per forza di natura sessuale. Ovviando al mero linguaggio freudiano, elicitando rilfessioni ulteriori nascenti dal bellissimo stile narrativo dell'autrice del testo analizzato, è facile intraprendere vie connettive aderenti ad altro pensiero analitico. Non si può non fare riferimento al binomio tra genio artistico e fantasia: tutto ciò che diviene simbolo rimanda all'accesso diretto dell'individuo nel territorio liminale della sublimazione. La stessa rilettura che Melanie Klein fa della monumentale opera freudiana su Leonardo, grazie anche al supporto che viene lei dato dal pensiero kleiniano corrente oggi, conferma il diretto coinvolgimento che l'energia pulsionale, diversamente corroborata, è posta al servizio della creazione. Ogni creazione risente del flusso magmatici proveniente dall'inconscio. Ciò non nuoce mai ripeterlo. Si intravede così la nascita di un nuovo contenuto, il terzo dato, attraverso un processo integrativo. Se questo contenuto è progenie della fantasia, allora non è adeguato parlare di riparazione bensì di ciò che, in potenza, è sempre stato, divenendo attualizzato attraverso la creazione artistica. Creando il nuovo non si ripara. È evidente la critica apertamente palesata, nei confronti di Bott Spillius – da chi scrive non conosciuto per evidenti ragioni -; si crea ciò che prima non era dotato di libido necessaria emergere. Le pulsioni erotica e/o di morte sono sempre alla base di nuove creazioni. Tanto che lo sviluppo, secondo l'autore dell'articolo, connotante la sublimazione come spazio potenziale dello psicoanalista kleiniano Donald Winnicott è definibile come il migliore tentativo teorico che dipanasse la matassa della spiegazione del concetto di sublimazione, riferito alla corrente delle relazioni oggettuali della psicoanalisi.
Attraverso lo spazio intermedio il soggetto recupera l'importanza di quanto la cultura – e in senso lato la civiltà -pone a disposizione dell'individuo come risorse per avviare il processo della trasformazione. I contenuti appartenenti al “Paradiso Perduto” regolano quell'insieme di piaceri legati all'oggetto creato che permettono anche la giusta “formulazione” dell'oggetto per eccellenza: la società.
In Winnicott l'accesso alla realtà avviene attraverso l'attraversamento della zona transizionale delineata dal gioco, che per l'infante è la terra promessa da cui partire per una adeguata relazione con l'ambiente, avendo una base sicura nell'oggetto interiorizzato, la madre. È evidente che in Winnicott si assiste, come è ben posto in evidenza, allo slittamento che pone un distinguo che slega la creatività dalla mera scarica pulsionale, ritenendo fondamentale il gioco come strumento attraverso cui il bambino diviene sempre più consapevole di essere diverso dall'oggetto materno. Il gioco è esplorazione, il gioco è fantasia. Entrambi avvengono naturalmente, purché il legame d'attaccamento sia vissuto nella maniera adeguata. La Valdré nota come lo slittamento ruoti intorno alla ricerca dell'oggetto e alla soddisfazione dello stesso. Si potrebbe essere d'accordo con l'autrice quando scrive che non v'è soddisfazione quando non v'è permanenza dell'oggetto, o a sua assenza. L'intuizione dell'oggetto transizionale e dello spazio potenziale sono certamente “geniali”, e Winnicott lo era sicuramente, anche per le alternative all'interno del setting, poste in modo tale da servire come facilitatori della trasformazione e cura del paziente, nel contempo ritenere questo spazio e il suo oggetto densamente lontani dalla pulsione, genera indeterminazione riguardo la prerogativa dell'esperienza artistica e creativa: se si ritiene il accesso all'oggetto come agente di crescita, allora si limita la caratteristica delle disposizioni individuali. Si è d'accordo sull'incentivo che il luogo culturale genera su individui non del tutto adeguatamente adattati, integrati; nel contempo slegando la fantasia del gioco dall'esperienza creativa e ri-creativa, si limita il raggio d'azioe di coloro che si occupano della cura di bambini il cui vissuto è contraddistinto dalla mancanza dell'oggetto. Se il territorio di confine è posto tra il Sé e il Non -Sé, è importante ritenere quanto vi è di non emerso, perché non elicitato dal contesto privativo creatosi intorno all'individuo. È evidente la base pulsionale dell'esperienza artistica. Il solco tracciato da Winnicott è stato proseguito e sviluppato verso tematiche adiacenti la creatività da altri autori di scuola anglosassone. Partendo da una sostanziale base junghiana di chi scrive, colpisce il pensiero di Bollas, discepolo di Winnicott. Costui, ad un osservatore curioso, sembra avere dei riflessi junghiani (!!!) pur avendo ben saldi nella sua esposizione eorica principi fondanti l'epistemologia freudiana e post freudiana. Affascinante e palesante una densità di senso rilevante, il collegamento tra l'esperienza estetica e il primo contatto con la madre del neonato, permette di riflettere sul legame tra base sicura del care giver e possibilità di fare propri linguaggi diversi dal collettivo per cercare di aver cura di sé stessi. Avere una base sicura fin dalla nascita  - o la sua riscoperta attraverso un adeguato percorso analitico che facilita la giusta modulazione del rapporto sia con la rappresentazione interiore che con la madre concreta – lasciando scoprire il vero volto della madre, l'accesso alla sfera “estetica” è facilitato in quanto le sfere profonde della psiche hanno in seno l'immagine dello stampo primordiale della Madre, da cui tutto è generato. L'accesso alla sfera estetica – quindi alla sublimazione – è strettamente legato alla relazione d'attaccamento avuta dall'individuo, qualunque sia stata. Il concetto di “contenimento affettivo” è possibile sostituirlo con con i termini Libertà di crescere ed esplorare. Esplorare sé stessi equivale a lasciare libero accesso alle qualità celate dell'individuo: il contatto con la Madre, la Madre Terra per gli junghiani, diviene il contatto  con la base libidica da cui tutto trae forma. Se in questi territori si è avuto asilo – prima e/o dopo – l'accesso all'esperienza creativa è l'accesso alla via della crescita palesante la possibilità d'essere individui individuati, capaci di astenersi dal giudizio e mostranti attraversamento di emozioni divenute vere e proprie strutture portanti, architravi dell'individualità.
Il termine contenimento affettivo riecheggia anche nelle teorie non propriamente analitiche: sentirsi parte di una comunità, fare corpus all'interno di un gruppo lasciano intuire la tendenza a sostenere l'Altro perché si è sostenuto il proprio antro nascosto. Attraverso il meccanismo proiettivo a mio avviso l'adesione creata dal senso di comunità favorisce la riscoperta del potenziale individuale, che diventa sublimazione esplicata nella fedeltà al gruppo. Potrebbe essere questo il meccanismo sublimante che crea i regimi totalitari? Quanto posto come interrogativo è assai ardito.
Quando non vi è il supporto della Madre, quando il tessuto sociale è disgregato il senso di comunità viene meno favorendo la manifestazione di un meccanismo di sublimazione che diventa involutivo, se non addirittura devolutivo. Creando la distruzione stessa della comunità. Questa dissertazione, non so quanto congrua al discorso, si pone dinanzi allo sguardo se si ritenesse valido il meccanismo complesso della sublimazione agente in ogni comportamento umano.
Si giunge così alla definizione di Bollas in merito alle caratteristiche che gli individui hanno elaborato nel corso degli ultimi decenni: gli individui che rispondono alla società incapace di validare la valenza positiva della sublimazione si definiscono come “normotici, né psicotici né nevrotici, ma talmente incapaci di assumersi responsabilità da rappresentare, Per sé stessi e la società in cui sono inseriti, l'affresco di una “abnormalità normale”, parafrasando lo stesso Bollas. L'individuo iper moderno lo è a tal punto da diventare premoderno, pure avendo avuto, in molti casi, una base sicura, che la società a contribuito però a distruggere. L'immagine interiore della madre ne esce destrutturata tanto da considerarsi come incentivante lo sfaldamento stesso del potere esercitato dal padre. Tale modalità di rapportarsi con la rappresentazione moderna favorisce l'azione  collusiva con la madre distruttiva – ancora una volta la società – che impedisce l'accesso alla sfera estetica e contemplativa, ponendo in ridicolo ogni tentativo di emancipazione, afferente alla divrsità. Chi interiorizza la sfera protettiva della madre riesce a delineare, meno confusamente, le tappe di un percorso difficile ma non impossibile da compiere: la trasformazione, il cambiamento, la crescita permettenti l'evoluzione dell'individualità, capace di modificare il percorso ponendo come meta l'acquisizione della libertà, anche attraverso un quadro o una poesia. Tutti i contenuti riconducono alla relazione col materno nella dimensione della protezione; chi non accede ad essa, chi non la sperimenta non avrà possibilità di vivere l'esperienza estetica e, aggiungo spirituale od intellettuale. Sostanzialmente quanto detto finora è risuumibile nella responsività della madre ai bisogni che l'infante vuole che vengano soddisfatti: in tal modo la parola diviene immagine, e/o  struttura acquisita. E' la madre che permette di coniugare ciò che è reale con quanto altrettanto reale ma celato. E' interessante per chi scrive che, seppur legato il concetto della sublimazione alla metapsicologia freudiana, sublimare e trasformare indicano il passaggio da uno stato all'altro della materia riscaldata dal fuoco energico dell'eros, garantendo l'equilibrio adeguato perché l'individuo possa affrontare il viaggio, garantendo stabilità al sistema complesso che egli rappresenta. Sovviene la metafora alchemica: la pietra filosofale si ottiene attraverso una successione di eventi che ricompongono l'unità originaria, ciò che è frammentato. Il cambiamento di stato si ottiene attraverso un processo di trasformazione, o meglio trasmutazione, che comporta successivi gradi di saturazione, in cui avvengono successive “riconciliazioni” facenti ritorno all'unità originaria alchemica che potrebbe essere considerata al pari dell'unità originaria delineata dallo psicoanalista amerciano Loweald. Quanto si dipana attraverso la sublimazione è niente altro che la ri- costituzione  della personalità scissa, in una forma preesistente integrata. Ciò è garantito, secondo lo psicoanalista, dai contenuti più elevati che risiedono  nel “Nuovo Mondo” integrato (l'espressione è di chi sta recensendo il libro): questo non è appagamento, bensì è corrispondente ad una sensazione di perdita e di lutto che acuisce la percezione di uno svilimento del vivere stesso, dello spazio vitale. Da un' ottica differente da quella freudiana, la circolarità Morte – Rinascita si struttura adeguatamente attraverso la rappresentazione simbolica avente come manifestazione la produzione intellettuale od artistica. Il ruolo dell'analista deve porsi al di sopra della facoltà giudicante, non però ostacolando il potenziale creativo e sublimante del paziente, bensì favorendo lo stesso potenziale attraverso incentivi perché si trovi uno manifestazione dell'energia della fantasia (pulsione educata). Il processo di trasformazione riguarda tanto il paziente, quanto l'analista. La garanzia che avvenga questa trasmutazione del Piombo in Oro è dettata dall'energia erotica nella creazione artistica della relazione terapeutica: ecco che il cambiamento  di meta sortisce il miglioramento del collettivo utilizzando il potenziale della coppia analitica, attraverso il linguaggio della sublimazione, dell'arte, della scienza e della cultura tutta. Lo spostamento della meta permette al singolo di affrancarsi dal collettivo che a sua volta beneficia di una visione diversa della propria sussistenza. L'accesso al numinoso presente nell'inconscio  è permesso a chi è riuscito nell'opera di trasmutazione rintracciando quella luce delle tenebre che illumina l'individualità bambina.
Quanto scritto nelle righe precedenti aderisce a perfezione con il pensiero di Wilfred Bion, che situa l'esperienza aritsitica nella funzione O, luogo d'elezione per i processi appartenenti alla tanto vituperata sublimazione. La funzione O è il luogo della produzione artistica, come si evince da attenti studiosi del pensiero bioniano, che indicano la definizione del luogo della trasformazione come “contenuto nel contenuto sublimato”, collegata alla capacità artistica ed intuitiva dell'analista.
Ogni interpretazione, ogni analisi dell'immagine onirica generano nuovi campi in cui si muovo no forze afferenti al rapporto con la Madre (l'analisi stessa?). La capacità dell'inconscio di percepire diviene territorio di conquista e di scorribande dei due soggetti “creativi”. In sostanza si evince la costante tendenza degli autori fin passati in rassegna, allo stesso modo di quanto fatto dalla Rossella Valdré, di sostituire il concetto freudiano della sublimazione con concetti diversi che hanno delineato l'abbandono della teoria pulsionale a vantaggio di un gioco che ha come regola principale la memoria recuperata della relazione primaria attraverso meccanismi tangenziali alla sublimazione.i n realtà chi riesce a sublimare, lo è perché è riuscito a ri-dirigere  il proprio potenziale pulsionale bloccato. Chi sublima lo fa utilizzando Eros derivante dal contatto con la pulsione di morte. Un paradosso?no, ecco perché chi scrive, ritiene Winnicott, con lo spazio potenziale e l'oggetto transizionale, colui che più ha attualizzato il concetto metapsicologico della sublimazione, oltrepassando il tranello del meccanismo difensivo ambiguo, se non addirittura ambivalente, meglio di tutti non riuscendo a sostituire l'alto valore della creatività nel processo di cura analitica. D'altronde parlare di Winnicott significa lasciare spazio alla potenza formante della fantasia. L'artista, lo scienziato, il Papa sublimano perché costeggiano il vuoto, come spiega lo psicoanalista francese Jacques Lacan. Intuizione importante, ma non del tutto esplicativa. Il contatto non dev'essere tangenziale; il vuoto deve essere vissuto, annusato e vivisezionato perché è ricolmo di quei materiali inimitabili che hanno dato vita al patrimonio culturale collettivo dell'umanità. Ciò che è narcisistico secondo Lacan, si eleva grazie alla sublimazione, ala Cosa reale, quanto detto dal francese spinge a ritenere importante, nuovamente, la fantasia, tanto a Carl Gusta Jung: la fantasia diviene fatto quando Van Gogh o John Nash dipingono o elaborano la Teoria dei Giochi. La malinconia non preclude l'accesso alla sublimazione, ne è l'incentivo dove il potenziale è diretto in maniera adeguata alla meta più adeguata per il soggetto. Si può concordare con Lacan quando afferma che l'oggetto coincidente con la Cosa reale è il raggiungimento della meta agognata, ovvero la riuscita dell'analisi, o del buon successo del percorso in itinere. La produzione “artistica” è tutto ciò! Quanto riferito alla mancanza, si può tradurre in termini più generali nell'impossibilità di lasciare fluire l'energia.
Concludendo questa prima parte della recensione del libro della psicoanalista Rossella Valdrè, è di notevole importanza rilevare come il concetto di sublimazione, come più volte espresso, non può prescindere dalla toeria pulsionale elaborata da Sigmund Freud, che deve essere rivalutata.
Partendo da posizioni teoriche diverse si ritiene d'essere d'accordo con quanto l'autirce ha affermato nelle pagine dei due primi capitoli.
Ciò che trae forma dall'inconscio sua esso Es o Archetipo dell'Inconscio Collettivo o Anima, è connotato di caratteristiche aventi potenziale energetico.
L'esplorazione è garantita dal coraggio. Il coraggio non elimina la paura, l'affronta.

 
 

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