Mamme guerriere o mamme narcisiste?
Esplorando l'immaginario sociale
di Laura Rodrigo

La solitudine delle madri

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21 luglio, 2015 - 15:01
di Laura Rodrigo

 

Venti o trenta anni fa essere padre o essere madre corrispondeva ad essere marito e moglie, mentre la tendenza culturale attuale fa che questi due fatti non si corrispondano. Il matrimonio è diventato un legame sempre più fragile e, a questo, si aggiunge l'allentamento dei legami collettivi che hanno sostenuto finora il nostro vivere comune. Lì dove la formula per l'armonia non c'è -Lacan teorizza, soprattutto negli anni '70, i modi in cui la mascolinità e la femminilità differiscono profondamente-, hanno avuto la loro ragione d'essere le istituzioni, che hanno tradizionalmente riempito questo vuoto regolando i rapporti umani. Ma nella contemporaneità, dove le antiche credenze non sono state sostituite da altre nuove, siamo in un momento di esplorazione di nuove forme di legame. Certo, forme sempre più disgreganti e atomizzate, tamponate da rapporti massicci con gli oggetti: cibo, sostanze, gioco.. Di conseguenza, appare una nuova libertà, che però provoca poco entusiasmo, nella quale ognuno deve inventarsi o trovare una forma di legame con gli altri: un esempio un po' estremo è quello realizzato in Francia da 17 ragazze madri.

Una versione buffonesca la vediamo in Italia nell'evoluzione degli spot: dalla famiglia del Mulino Bianco si è passato alla coppia Banderas e gallina-robot, dove la finzione non viene più nascosta -come ad evidenziare il fatto che, ormai, ai sembianti di famiglia o di coppia felice non ci crede quasi più nessuno-. La pubblicità, nella sua semplicità, diventa emblematica dello squallore delle rappresentazioni dei ruoli e dei legami familiari: nell'inconscio collettivo troviamo un residuo di valori, tradizionalmente cristiani, come la semplicità, la fedeltà, il sacrificio, ma che non hanno più alcun peso, in quanto sono quotidianamente rinnegati dal discorso sociale che premia l'individualismo feroce ed esalta un consumismo crescente. Infatti, i commenti sui blog alla pubblicità sono sensazioni di melanconia, tristezza.. La grande famiglia italiana sembra essere stata sostituita nelle donne da un'ironica nostalgia del macho – si veda il record di vendite anche in Italia delle “50 sfumature..”- e negli uomini dall'oralità e dalla fissazione alla madre buona e fecondatrice di un passato mitico. La donna scompare lasciando posto alla gallina solo per fare ciò che l'uomo non può fare!

La novità, rispetto al passato recente, non è tanto il passaggio alla sfera pubblica dalle donne, né il riconoscimento di uguali diritti, almeno nella teoria -questi cambiamenti hanno avuto una lunga evoluzione durante il secolo scorso, diversa a seconda dei Paesi- ; la novità totale del nuovo secolo è il tramonto del padre. Non mi soffermo su questo argomento su cui Massimo Recalcati ha dedicato alcuni dei suoi libri, ma intendo indicare le conseguenze che questo fatto, nuovo nella Storia, ha per le donne e il modo di essere madri. Il ruolo dei padri è talmente in questione che si osservano dei fenomeni di fuga del compromesso inediti fin'ora. Questa ritirata dei padri dalla scena è silenziosa e adotta molteplici forme, alcune di classico stampo adolescenziale (disimpegno amoroso, narcisismo estremo del proprio corpo, accoppiate con degli oggetti -alcool, sostanze, giochi d'azzardo-..), altre, invece, prendono corpo dopo aver sperimentato la difficoltà d'incarnare la funzione paterna e sfociano in tradimenti, separazioni, ecc. (Un rapporto dell'EURES di qualche anno fa ha rilevato che nelle regioni del nord Italia per ogni cento matrimoni celebrati ci sono più di settanta separazioni).

Quello che è interessante notare è che, a questo tramonto del padre, non corrisponde l'indifferenza per il figlio. Anzi, spesso il figlio è lo scherma dove i genitori proiettano un narcisismo illimitato, e dove spesso regge un'identificazione fortissima col figlio dello stesso sesso. Nelle separazioni è proprio la caduta dell'ideale di padre, con il crollo narcisistico che ne consegue, che fa sì che il partner sia bersaglio di aggressività e di ritorsioni.

Da questo punto di vista credo che il problema oggi nell'incarnare la funzione paterna, non sia soltanto la conflittualità con il padre interiorizzato, e che oggi non ha più validità in quanto ha perso il potere che aveva, quanto la difficoltà a rapportarsi alle donne. La maternità sconvolge la distribuzione della libido e la funzione paterna sarebbe quella di liberare il bambino di un rapporto di esclusività con la madre. Ci sono due ipotesi, secondo me non contraddittorie, sulla difficoltà odierna ad incarnare la funzione paterna: una sul versante classico freudiano, in cui è la difficoltà ad unire amore e sesso, tenerezza e desiderio, in una sola donna, la questione che fa da capolinea; la seconda è la difficoltà dell'incontro con una donna in profonda crisi d'identità, la quale non solo mette in discussione il suo ruolo, ma evidenzia la questione angosciante per gli uomini di cosa vuole veramente una donna.

Quindi, di contraccolpo, la tendenza sociale è che le donne, volenti o nolenti, assumono sempre più spesso il ruolo della maternità da sole, perché altrimenti il rischio sarebbe l'assoluta disgregazione sociale. Le donne, un po' deluse, bisogna ammetterlo, dalle battaglie per il lavoro e i diritti, si ritrovano di nuovo a dover incarnare il ruolo classico di madri, non più temuto, messo in discussione o demonizzato come negli anno 60-70, ma in un modo ancora più solitario. La coppia madre-bambino acquista una preponderanza sociale e psicologica nuova. Alla frammentazione dei legami sociali contemporanei corrisponde il rinforzamento del potere della madre.

Questo maternage sociale, come è stato definito, fu già preventivato da Lacan dalla fine degli anni '70. Una delle forme attuali e molto frequente di questa configurazione, in cui la donna presenta un nuovo modo di essere madre, è la donna nel ruolo di padre di cui parla Colette Soler. E' una donna verso i quarant'anni che cerca un padre per avere un figlio, ma presenta dei problemi di convivenza col partner. Inconsciamente è come se volesse insegnare al padre cosa deve essere un padre, come se dicesse che non esiste un uomo degno della sua esigenza. Il rischio di queste configurazioni è che il desiderio del figlio si riduca in maniera lineare a ciò che la madre desidera per lui, ad essere nominato dalla madre, oppure per il contrario che la sua soggettività s'inscriva soltanto nel segno del rifiuto e della esclusione. Un'altra forma di maternage, ovvero dove il desiderio materno acquisisce un grande peso, è quella in cui il marito occupa anche lui la posizione di figlio della moglie. In questo modo la questione sulla propria femminilità rimane in secondo piano.

Comunque è importante sottolineare che madre reale e fantasmi materni sono due cose veramente diverse. La Psicoanalisi non deve slittare ad essere una Pedagogia che dica alle madri ciò che devono fare concretamente, ma deve mettersi al servizio di esse perché l'ascolto delle proprie parole faccia luce suoi propri fantasmi ed identificazioni, aprendo ad una più profonda conoscenza di sé e ad una più ampia libertà di scelta.

 

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