DSM E FUTURO DELLA PSICHIATRIA TERRITORIALE
idee, buone pratiche, saperi culturali e saperi scientifici, esperienze, opinioni
di Vittorio Di Michele

La morte in corso di esecuzione di Trattamento Sanitario Obbligatorio

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9 agosto, 2015 - 12:04
di Vittorio Di Michele

Le recenti notizie di stampa sull'ennesimo decesso di un paziente nel corso dell'accompagnamento presso la struttura ospedaliera deputata alle cure, merita alcune riflessioni al fine di costruire una cornice concettuale di comprensione del problema.
Le mie argomentazioni sono basate sulle notize della stampa, cartacea e online, per cui se fallaci sono le notizie che ho letto, fallaci saranno le mie argomentazioni. Mi scuso in anticipo e sono disponibile alla discussione. Preciso di essere uno psichiatra di struttura pubblica che formula i TSO (proposta o convalida) ed esegue occasionamente (ovvero accompagno il paziente in reparto) e occasionalmente accolgo in SPDC pazienti che vi giungono con ordinanza di TSO. Lavoro prevalentemente in un Centro di Salute Mentale di un piccolo centro rurale d'Abruzzo.
Due aspetti vanno focalizzati. Il primo attiene la sistematica difformità nei vari comuni sulle procedure di accompagno dell'utente destinatario di ordinanza del sindaco ovvero la mancanza sistematica di linee guida e protocolli condivisi.
La seconda attiene la totale inadeguatezza, anche delle forze dell'ordine di far fronte a persone fisicamente prestanti e potenzialmente in grado di ferire o far del male agli esecutori del provvedimento, sia che siano operatori sanitari sia che siano forze dell'ordine (Carabinieri o polizia Municipale).
Per quanto riguarda il primo punto noi operatori sanitari, siamo di fatto fra l'incudine e il martello. Infatti lavoriamo sempre in carenza di organico, ma non di mansioni di responsabilità, in totale assenza di indicazioni o disposizioni del'azienda sanitaria. Inoltre i sanitari dei centri di salute mentale dei piccoli centri, sono a contatto con piu' Comuni diversi, che hanno stili operativi e protocolli operativi molto differenti. Nelle grandi di città, ritengo che il problema sia ben maggiore, sia per una questione di densità di popolazione sia per l'entita delle pressioni cui i sanitari e le forze dell'Ordine sono chiamati a svolgere. Quanto sopra genera incertezza operativa e timore di incorrere in errori e denunce.
A mio avviso scaricare sugli operatori al pochezza dei protocolli operativi e il fatto che comunque questi poveri utenti siano abbandonati a se stessi, altro non è che la spia piu' visibile di un abbandono della salute mentale di comunità a se stessa: ovvero agli operatori che restano, alle famiglia, ai malati stessi e alla collettività.
Per quanto rigurada il secondo punto, qualunque lavoratore della sanità, non giudica coerente con la propria professione e con i propri studi, lo svolgere funzioni correlate al contenimento e alla gestione della pericolosità dell'individuo. Gli operatori dei servizi territoriali non sempre sono giovani, prestanti e in grado di fuggire o contenere persone al fine di condurle (loro malgrado) in ospedale. Ma lo stesso dicasi per le forze dell'ordine, che spesso sono donne e spesso sono meno fisicamente in forma degli stessi medici!!
Le suddette inadeguatezze fisiche generano paura e sentimenti di minaccia nell'operatore, ma anche nell'utente da trasferire, che percepisce la paura altrui, oltre che sentirsi minacciato per effetto della sua malattia ovviamente.
Tuttavia riconosco che è poco frequente che si arrivi allo scontro fisico aperto per cui l'esecuzione del TSO non è mai oggetto di interesse delle prefetture o delle azienda sanitarie.
Per andare sui  fatti specifici, il paziente di Torino, aveva 45 anni,  pesava 120 (La Repubblica) o 150 Kg (TGCOM), soffriva di schizofrenia e aveva avuto ripetuti TSO. Le volte precedenti le procedure di trasferimento non avevano subito complicazioni.  Questi scarni dati danno già idea della speciale difficoltà e potenziale pericolo del caso in oggetto e delle difficoltà di contenere e accompagnare in ambulanza una persona di tale corporatura.
In un altro caso avvenuto nel Veneto di recente, il paziente trentatreenne, alto 190 cm e che aveva lavorato come buttafuori, con le manette ad un polso ed in mutande è riuscito a divincolarsi e a colpire ripetutamente un Carabiniere fratturandogli la teca cranica e la mandibola, prima di essere ferito a morte da un altro Carabiniere intervenuto in soccorso del collega.
Ricordo infine un evento accaduto il 30 ottobre del 2000, quando in occasione di un trasferimento di un corpulento Vigile Urbano con disturbi psichici, dall'isola di Capraia, morirono 7 carabinieri con il paziente a seguito della caduta dell'elicottero per un verosimile calo di potenza del mezzo nel mar Tirreno.
la trama è complessa, i comprimari sono tanti e i pazienti sono tutti diversi l'uno dall'altro, ma penso che una serena, distaccata e squisitamente tecnica discussione vada intavolata, lontana dalle ideologie, dalla politica e dai vari "comunicatori di mestiere" che non stanno sul campo, ma nelle loro comode scrivanie.
Su questo tavolo devono sedere le prefetture, i sindaci o loro delegati, le aziende sanitarie, gli operatori dei servizi di salute mentale e anche le associazioni dei familiari.
Noi operatori dobbiamo dire la nostra e nulla sopra le nostre teste dovrà essere deliberato. Altrimenti assisteremo ad un ennesimo, triste capitolo della psichiatria difensiva.

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Commenti

Che il grave paziente psicotico (soprattutto lo schizofrenico in fase attiva) susciti, in chi lo circonda, fantasmi persecutori è un fatto pressoché inevitabile. Suscita anche sentimenti di colpa, e questa colpa viene proiettivamente attribuita a chi,il paziente, lo deve gestire. Tutto questo è reso più grave da una carente informazione: i giornali sembrano cavalcare l'onda delle emozioni collettive, anziché spiegare come stanno le cose. Se si chiarisce che: 1) la normativa vigente in fatto di TSO è decisamente liberale (offre il massimo di garanzie contro eventuali abusi) 2) Nessuno prova il piacere sadico di privare (temporaneamente) il paziente della sua libertà e, anzi, non abbandonare a se stessa una persona fuori di sé è un atto doveroso 3) Se si verificano spiacevoli incidenti, essi sono con ogni probabilità (come spiega il Collega) attribuibili a carenze di organico e forse a inadeguato addestramento a certe operazioni; se si chiarisce tutto questo, l'opinione pubblica, prima o poi, dovrebbe comprendere queste situazioni e, insieme all'opinione pubblica, dovrebbero comprenderle anche gli amministratori. Freud sosteneva che la voce della Ragione è molto flebile, però continua a bussare alla nostra porta finché non ottiene udienza. Non vedo altra strada per risolvere questi problemi

Credo sia importante specie per il grande pubblico provare a fare chiarezza su un tema così difficile a volte da comprendere.
Due premesse:
A) la malattia mentale esiste può e deve essere curata al meglio possibile ma esiste
B) l'istituto del TSO esiste in tutte le legislazioni mondiali con variegati livelli di garanzia (il nostro sistema è tra i migliori secondo me da questo punto di vista) poichè PURTROPPO una cura "coatta" può rientrare nelle necessità terapeutiche per la natura dei disturbi che lo psichiatra cura e la NON COSCIENZA DI MALATTIA O UN ALTO RISCHIO SUICIDARIO CON RIFIUTO DELLE CURE può accadere che avvenga e debba essere affrontato con strumenti adeguati.

Detto ciò va pure detto che la procedura del TSO come succitamente detto nell'immagine è COMPLETA solo dopo l'ordinanza del Sindaco (autorità sanitaria locale secondo la nostra costituzione) ma NELLA PRASSI dopo diverse sentenze della Cassazione al riguardo si è addivenuto alla soluzione di avviare il ricovero senza attendere l'Ordinanza sindacale adducendo LO STATO DI NECESSITA' che viene chiamato in causa nei RARI per fortuna casi in cui si DEBBA, NON SI VOGLIA agire con costrizione.

Il TSO è una violazione VOLUTA di norme costituzionali in tema di libertà di cura e libertà personale ma lo si è voluto qui come altrove nel mondo poichè la malattia mentale è diversa dal Diabete e sempre la Cassazione ha sancito che il TSO può essere fatto SOLO IN AMBITO PSICHIATRICO.

Tutto ciò non esime dall'agire con buon senso e con umanità essendo il TSO un atto medico NON UN ARRESTO PER UN REATO.

Il TSO è anche una sconfitta terapetica ma NON E' solo questo: ogni manicheismo ideologico in questo ambito è fuorviante e fuori luogo.

Nella mia esperienza per altro almeno a Genova i TSO rappresentano una quota minoritaria dei ricoveri in SPDC e la frequente conoscenza dei malati ha spesso consentito di fermarsi alla proposta, potendo spesso convincere in Pronto Soccorso il malato a ricoverarsi volotariamente COME E' CERTO MEGLIO CHE ACCADA.

Un tema davvero difficile è quello dei protocolli di intervento che andrebbero come dice Vittorio codificati e resi uniformi in tutto lo stivale.
A volte è l'impressione che "ci si vergogni" del TSO e lo si lasci in un limbo dove diritti e doveri restano inespressi e inascoltati.

Il dibattito per me non è PRO O CONTRO IL TSO ma su come far sì che RIPETO un atto terapeutico venga fatto al meglio e in maniera UNIFORME ovunque

Grazie Francesco per aver arricchito le mie riflessioni. Devo dire che la questione sul TSO come procedure che precedono l'ordinanza del Sindaco sono state affrontate in Conferenza Stato regioni, negli anni passati all'interno del Gruppo tecnico sulla salute mentale, ed è stato pubblicato un corposo documento davvero condiviso fra tutte le regioni.
Resta il nocciolo duro del CHI esegue l'ordinanza e COME la esegue. Andare a prelevare un paziente attrezzati alla garibaldina, nella ia esperienza personale porta SEMPRE guai e problemi se il paziente è in grado di difendersi e vuole esercitare questo suo diritto fino in fondo. Ho visto operatori della forza pubblica di una umanità e capacità persuasiva da far impallidire il piu' scaltro degli psichiatri. Ho visto anche Carabinieri e Polizia Municipale aver paura e trasmetterla inconsapevolmente. Adesso sappiamo molto di piu' della Sindrome da Restrizione, che in individui pletorici porta a morte e soffocamento o ad embolie e quindi tutti hanno piu' paura. Ma come si fa ad eseguire una ordinanza ad una persona aggressiva che sa come difendersi e lottare eventualmente??
Quante volte come psichiatri abbiamo dovuto assistere a scene antipatiche in pronto Soccorso per contenere e accompagnare una persona agitata in SPDC??
Non spostiamo il problema. Come si esegue una ordinanza, con quali tecniche, quali protocolli e quali standard di personale è ancora materia elusiva.

Ribadisco Vittorio temo che "la vergogna" in un caso come questo provochi solo danni.
Una "cultura" della criminalizzazione della psichiatria ha fatto credo più danni delle derive organiciste/riduzioniste di un po' di anni fa.
Il TSO è un atto medico e occorrono linee guida per metterlo in pratica che siano frutto dell'esperienza e del buon senso .

Ecco il link al documento citato da Vittorio:
http://www.socialesalute.it/res/download/1_74_20110405101827.pdf

le orribili vicende di persone con diagnosi psichiatrica uccise in corso di esecuzione di t.s.o. rivelano comportamenti e situazioni inaccettabili che richiamano alle responsabilità di molti.
In particolare bisogna fare luce, Dsm per Dsm, su:

- le condotte pratiche, consentite e ritenute lecite, delegate dagli operatori dei DSM (medici ed infermieri professionali) alla Polizia Locale e alle Forze dell'ordine più in generale,
- i contenuti dell'addestramento e della formazione professionale nello specifico delle Polizie locali e delle Forze dell'ordine più in generale
- i criteri adottati dagli psichiatri nel proporre e validare i t.s.o.
- i criteri adottati dai Sindaci che li dispongono.

Gli operatori dei Dsm, le loro associazioni professionali e scientifiche, l'ANCI (e attraverso l'ANCI i Comandi delle Polizie locali), le Regioni, le Prefetture (per il coordinamento dell'impiego delle Forze dell'Ordine a livello locale) si debbano assumere l'impegno a verificare con urgenza la gestione dei t.s.o. in ogni territorio e a innovare radicalmente contenuti e finalità della formazione professionali di tutti coloro che sono impegnati sul campo,
luigi benevelli

Sono d'accordo su tutto, ma sono perplesso sul fatto che lo psichiatra debba anche eseguire la procedure che segue l'ordinanza del sindaco di accompagno al luogo di cura. Scusatemi ma a 55 anni mi sono stufato della prima linea. la formazione, l'addestramento sposta il problema. una donna minuta ed uno o piu' uomini non piu' giovanissimi come spostano o caricano in ambulanza un buttafuori o un ex militare magari ben addestrato?

"Su questo tavolo devono sedere le prefetture, i sindaci o loro delegati, le aziende sanitarie, gli operatori dei servizi di salute mentale e anche le associazioni dei familiari." Sì credo anch'io che questo sia attualmente l'unico modo possibile per studiare una strategia comune.

Grazie


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