IRIS le Favole di Francesco Bollorino Recensione n° 3

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28 aprile, 2016 - 07:17
Autore: Francesco Bollorino
Editore: Alpes Editore Roma
Anno: 2016
Pagine: 121
Costo: €13.00
Recensione pubblicata il 22 APRILE 2016  sull'edizione di Genova di LA REPUBBLICA




“Iris”, se le favole sono una bussola per ritrovare noi stessi
 
 


In fondo un libro di favole è una bussola. Che ci guida a ritrovar noi stessi, quell’io bambino che consente i sorrisi e la speranza. Così come le fiabe non sono soltanto una realtà magica e immaginata, non sono quello che Massimo Recalcati, psicoanalista e scrittore, definisce “ la costruzione di un mondo parallelo” perché tutti i personaggi vengono dal reale.
 
Così Francesco Bollorino, docente di Psichiatria all’Università di Genova, ha scelto di affidare alle fiabe un racconto del suo mondo immaginifico che, però, ha al centro l’amore.
 
Che sia quello della fata “Iris” per il Sole, o il desiderio del Cerino di essere finalmente acceso dopo lustri di abbandono in una scatola buttata in una credenza.
 
E’ forse il suo modo per staccare o meglio compensare la realtà che la psicoanalisi mette di fronte a chi l’ha scelta per capire la complessità di menti e animi.
 
Da dove nasca la passione di Francesco Bollorino per le fiabe, non si sa, ma si intuisce. Può essere la voglia di usarla per ritemprare l’uomo, e lui stesso, può essere il desiderio di far specchiare nei racconti luci, cieli, immagini di una città, Genova e di una terra, la Liguria, che lui ama.
 
Così nasce “Iris” (Alpes editore), manuale breve di fiabe introdotto da Massimo Recalcati e con la post fazione o meglio “la guida ragionata a una seconda lettura” di Roberto Maragliano e Sarantis Thanopulos.
 
E’ un piccolo libro che lancia con garbo e grazia le sue scintille di magia. E ci fa sentire un po’ come Iris, meravigliosa fata che vive nel deserto, si innamora del Sole, aspetta ogni giorno di vederlo tornare, spera che si accorga di lei. Iris, tenace e triste, perde la bellezza, a furia di restar su quella duna e aspettare quel principe luminoso che si compiace solo di sé.
 
Ma qualcosa cambia, un fiume d’acqua apre il cielo e riporta Iris al suo fulgore. Il sole la vede, le parla, capisce. E porta in cielo con sé i colori dei suoi capelli, delle vesti: i colori dell’arcobaleno.
 
E’ così che Bollorino ci fa oscillare tra eros e thanatos tra amore e morte, con l’amore comunque al centro del suo narrare, è così che consente agli adulti, fiaba per fiaba, di lasciar spuntare la propria parte bambina, l’unica vera difesa contro una realtà spesso difficile quando non cruda.
Quella parte che l’autore, sottolinea Roberto Maragliano, mette in gioco.
Con grazia, come risorsa, come aiuto.
 
A non aver paura dei principi, anche del “Principe senza memoria” che vive in un mondo “dove gli uomini non sapevano né leggere né scrivere”, perché il sapere si tramandava con la memoria orale. Ma lui il Principe senza memoria costretto a scordare giorno dopo giorno quello che ha di più caro, compreso l’amore, vuole riuscire a non dimenticare la sua amata e la promessa di matrimonio che ogni giorno le presenta.
 
Seduto in riva al mare, coccolato da luci che ricordano quelle delle spiagge di Liguria, alla fine il Principe si consulta con il mare, e disegna prima sulla sabbia poi ovunque gli capiti, il volto della sua amata, per sottrarlo al maleficio dell’oblio.
 
Come fa la parola che tramanda storia e memoria.


 

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