I Peter Pan della globalizzazione
Dall'adolescenza all'età adulta oggi, nell'epoca del precariato e della globalizzazione
di Leonardo (Dino) Angelini

Gli spazi per la riflessione: il lavoro d’équipe e la supervisione in Free Student Box

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31 gennaio, 2017 - 17:54
di Leonardo (Dino) Angelini
Leonardo Angelini e Deliana Bertani
 

Che significato hanno il lavoro in equipe e la supervisione all'interno di gruppi operativi composti da operatori della psichiatria non omogenei da un punto di vista scientifico?
In questo scritto[1] del 2008 -  apparso all'interno di un testo intitolato "Free Student Box. Counselling psicologico rivolto a studenti, genitori e docenti" - abbiamo tentato di fare il punto sull'argomento a partire da un'esperienza che ci ha visto impegnati per 25 anni, e precisamente dall'anno scolastico 1990\91 a quello 2015\16 all'interno di una struttura (Free Student Box) che faceva parte di un progetto più ampio, cui avevamo dato il nome di Gancio Originale. (L.A e D.B.).
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1. Il rapporto con la tradizione
 
Il lavoro all'interno dei reparti del vecchio ospedale psichiatrico era caratterizzato da una strutturazione verticale che nasceva, per dirla con Goffman[2], nel rapporto asimmetrico fra staff e internato, e si iterava poi anche all'interno dello staff secondo un modello gerarchico, funzionale al mantenimento della disciplina sia nell'ospedale psichiatrico, sia in ogni altra istituzione totale.
Perciò la nascita dei servizi territoriali e la lotta da essi inizialmente intrapresa contro le istituzioni totali furono caratterizzate anche da una propensione all'attacco ed alla destrutturazione di questo modello asilare di rapporto.
Uno degli elementi caratteristici, che ritroviamo nei Centri di Igiene Mentale, così come nei nidi e nelle scuole per l'infanzia e in ogni altro luogo del welfare che andava nascendo in quegli anni in Italia, sarà quindi la formazione di équipe, collettivi, etc. (i nomi cambiano, ma la sostanza è la medesima in ognuno di questi luoghi) intesi come gruppi di lavoro parzialmente orizzontali all'interno dei quali, coerentemente, si cominciava a sperimentare un rapporto nuovo fra gli operatori e i soggetti ai quali era rivolta la cura, connotato anch’esso da una propensione all’orizzontalità e alla identificazione operativa, che rappresentava una netta discontinuità rispetto alla precedente tendenza alla manipolazione[3].
Si trattava di strutture “parzialmente orizzontali” perché, anche negli anni iniziali in cui si predicava "l'interscambio dei ruoli", e più ponderatamente dopo, il dato della orizzontalità, a partire dal quale era possibile far crescere una nuova generazione di operatori più riflessivi e critici di quelli che lavoravano nelle istituzioni totali, si coniugava con quello della verticalità, che rimandava alla necessità che dopo la discussione si passasse ad una decisione, che all'analisi seguisse una sintesi, che la riflessività si coniugasse con l'operatività.
È all'interno di questo crogiolo che avvennero tutta una serie di operazioni, alcune delle quali è utile qui riprendere perché anche Free Student Box risente del clima che nacque e si instaurò nei luoghi in cui si sviluppò il welfare dei servizi in quegli anni[4]: anche Free deriva da essi.
Innanzitutto va detto che ben presto alla prima fase, prevalentemente destruens, seguì una seconda fase construens caratterizzata, fra l’altro, dalla riconversione e dalla riqualificazione di gran parte del personale operante nelle vecchie istituzioni, negli enti disciolti, eccetera; e ciò fino al lavoro di tutoring connesso con il tirocinio degli psicologi neolaureati che - sotto molti punti di vista - rappresenta l'ultimo tratto di quel lavoro di riqualificazione[5].
In secondo luogo l'équipe - intesa come gruppo di lavoro parzialmente orizzontale in cui tutti hanno diritto di parola e liberamente dicono la loro[6] - è il contenitore all'interno del quale (finché le cose vanno bene) possono innescarsi processi che, se attivamente osservati e discussi, danno luogo a ciò che in questo testo e nella nostra esperienza di Free chiamiamo “ logica induttiva”: vale a dire processi in base ai quali nulla è mai dato per scontato, tutto - e in special modo l'assetto clinico - è perfettibile.
Infine questa logica - che ormai è anche della scuola, o almeno di quella parte più feconda e creativa della scuola con la quale più volentieri dialoghiamo - una volta innescata si ripercuote in ogni interstizio del servizio; e cioè, nel nostro caso, nel rapporto che i giovani psicologi intraprendono con i giovanissimi peer di Free, e più in generale con la scuola.
 
 
 
2. La ricerca di un minimo comune multiplo
 
Un gruppo di lavoro che operi a partire da una omogeneità scientifica di fondo fra i suoi vari membri può, e anzi, sotto certi punti di vista e all’interno di certi limiti, deve porsi il problema del raggiungimento del massimo di omogeneità scientifica di fondo fra di essi. Ad esempio tutti coloro che operano all'interno della Hampstead Clinic o nel Minotauro sono invitati a rifarsi ai principi sui quali si fondano quelle comunità scientifiche. In questi contesti perciò sia le riunioni d’équipe, sia i momenti di supervisione sono contrassegnati da preoccupazioni di questo genere.
Nell'équipe territoriale invece, nonostante i tentativi di omogeneizzazione che possono essere intrapresi nel momento della selezione del personale o anche dopo, è impensabile perseguire, o anche pensare di raggiungere livelli di omogeneità simili.
I gruppi di lavoro del primo tipo saranno contrassegnati dall’esigenza di raggiungere un massimo comune denominatore, con tutti i rischi connessi in un processo di questo genere, che può sfociare anche in una iniezione letale di conformismo e di soffocamento dello spirito critico di questo tipo di gruppi.
Nei gruppi di lavoro nati sotto il segno dell'esperienza territoriale, invece, è più realistico perseguire l'obiettivo del raggiungimento di un minimo comune multiplo che permetta a ciascuno dei membri dell’équipe di sentirsi parte di un tutto operativo pur mantenendosi coerente con le proprie personali ascendenze scientifiche.
È chiaro che anche in questo secondo caso esiste un rischio, a nostro avviso speculare rispetto al primo: quello di ritrovarsi con una équipe composta da un insieme di monadi, fra loro scarsamente disposte al dialogo e allo scambio e con tutta una serie di possibili operazioni intermedie di dissimulazione di questo effettivo trend.
La domanda che sorge spontanea allorché - come accade anche in Free - ci si trova ad operare in questo secondo tipo di équipe è la seguente: quali sono, allora, gli elementi di fondo che possono costituire questo minimo comune multiplo?
A nostro avviso gli elementi fondamentali vanno ricercati nella condivisione di un metodo di lavoro comune, di una comune disposizione a rivederlo di tanto in tanto e, all'occorrenza, a rimetterlo a punto senza eccessivi timori, a iterarlo in ogni situazione in base ad un discorso analogico sufficientemente duttile, ma anche capace di ritrarsi di fronte a una situazione compromissoria che ne intacchi le fondamenta.
Come è possibile vedere, si tratta di un insieme di punti “meta”, che non entrano nei contenuti o nei discorsi scientifici che sono a monte di essi.
Nel caso di Free Student Box, in concreto, tutto ciò ci riporta da una parte ai quattro elementi cardine del nostro agire: l'accompagnamento, la logica induttiva, una visione non allarmistica della gioventù attuale, ed infine un saldo legame con il back office dei servizi; dall'altra - come vedremo nei prossimi due paragrafi - a prestare molta attenzione ai due corni all'interno delle quali avviene la nostra riflessione: il lavoro di équipe e la supervisione.
 
 
 
3. Free Student Box e il lavoro di équipe
 
Ribadito il fatto che per noi di Free “lavoro di équipe” significa qualsiasi momento di lavoro (e non solo la riunione d'équipe), vediamo ora quali nel nostro caso sono le caratteristiche di questo lavoro: - innanzitutto la sua natura parzialmente orizzontale: ciò significa, come dicevamo prima, che c'è ad ogni livello il momento della riflessione ed quello della decisione fra loro interconnessi; - in secondo luogo, ed anche questo l'abbiamo detto, la condivisione di un metodo di lavoro, esso stesso visto come perfettibile in itinere, e incentrato sui quattro principi di cui sopra; - all'interno di queste coordinate poi vi è un “prima”, un “durante” e un “dopo” che caratterizzano ogni tratto del nostro percorso lavorativo.
Il “prima” è caratterizzato dalla predisposizione di ogni cosa che serve a compiere un determinato tratto del percorso, da parte di coloro che in quel tratto di percorso sono più anziani e competenti.
Questo lavoro deriva – a nostro avviso – essenzialmente da una preoccupazione: quella di non richiedere troppo ai più giovani e ai più inesperti, sui quali poi ricade l'onere del fare.
Si tratta di una preoccupazione di tipo programmatorio che comprende anche i momenti della formazione. Anzi si può dire che uno dei fini della formazione per noi è quello di spianare il più possibile la strada a ciò che viene in concreto dopo di essa.
A questo tipo di lavoro iniziale segue un “durante”, che è un percorso in cui più generazioni e più coorti si accompagnano e stanno insieme. La difficoltà maggiore in questo momento è quella di dialogare sotto il segno della discrezione e della valorizzazione della parola e del gesto di tutti. Inutile dire che questo è anche il momento più critico all'interno del quale la parola o il gesto a sproposito possono minare, a volte anche seriamente, il clima operativo. Saper stare insieme sotto il segno della discrezione è la sfida maggiore in questo momento.
Nella fase finale occorre sapersi separare, prendere atto dell’avvenuta crescita degli altri nostri interlocutori, salutarsi senza eccessivi traumi, osare chiudere quei contenitori che risultino provvisori, e andare avanti.
Sembra facile a farsi, ma non è così: la funzione di separazione infatti, come dice Käes[7], è una funzione genitoriale che richiede la capacità, sia da parte di chi va oltre sia da parte di chi rimane, di sopportare la perdita, elaborare il lutto e tornare ad assumere un atteggiamento riparativo ed auto-riparativo.
 
 
 
4. La supervisione in Free Student Box
 
Come abbiamo visto la ricerca di un minimo comune multiplo a livello della cornice all'interno della quale operiamo, e cioè nell'équipe, è molto importante nella definizione e nella permanenza nel tempo del contenitore-équipe.
Ancora più rilevante sotto questo aspetto è in Free l'istituzione e la permanenza di un contenitore, la supervisione, che può essere definita, sulle orme di Horn[8], come “un procedimento complesso condotto da” uno psicologo “esperto”, “il cui obiettivo è di insegnare ad un altro” psicologo “dotato di minore esperienza, il metodo più efficace di trattare un paziente” o, aggiungiamo noi, una situazione problematica nata all'interno delle attività di Free Student Box.
Si tratta di un contenitore in cui apparentemente ci sono tre entità: il supervisore, il counsellor e il paziente o la situazione problematica. In effetti noi concordiamo con Ekstein e Wallestrein[9] sul fatto che nella supervisione, almeno in termini fantasmatici, si presenta sempre anche una quarta entità: l'amministrazione.
E concordiamo con lo stesso Grinberg allorché egli parla della presenza nella supervisione anche del didatta dell'allievo, nel nostro caso rappresentato dalle scuole di specializzazione alle quali sono iscritti i nostri giovani psicologi counsellor.
Ovviamente anche nel caso della supervisione vale quanto dicevamo prima a proposito del rapporto fra luoghi come Free - in cui vale la regola del minimo comune multiplo e la ricerca di omogeneità al livello di metodo - e luoghi in cui una omogeneità di orientamento scientifico permetta la ricerca di obiettivi più incentrati sui contenuti.
La restrizione del campo della supervisione a livello del metodo, però, in effetti è molto difficile sia che essa sia centrata sull’apprendimento dell’allievo, sia soprattutto se è centrata sui problemi del caso da lui presentato. Ciò rende la supervisione di Free Student Box un luogo molto particolare in cui vari livelli di lettura della situazione problematica convivono, con il rischio che il tipo di lettura che il supervisore propone cozzi con le griglie interpretative che il giovane psicologo va apprendendo all’interno della scuola di specializzazione che sta frequentando o che ha appena terminato di frequentare.
La risposta più o meno efficace a questo problema nella pratica attuale è legata alla personalità del supervisore, a quella degli allievi, e alla capacità, da parte sua e loro, di mettere in piedi una “politica dei cento fiori” che li renda capaci di esporsi a tutti i virus, a tutte le contaminazioni che nella supervisione si propagano. In prospettiva invece richiede un percorso di specializzazione molto diverso da quello attuale, che tende colpevolmente a reiterare anche a questo livello una scissione fra apprendimento teorico e lavoro sul caso. Ovviamente su questo secondo piano il discorso non può essere affrontato in questa sede, ma ciò non toglie che, fra le varie storture che la specializzazione post lauream in psicologia presenta attualmente in Italia, questa ci pare fra le più macroscopiche.
Infine va detto che la presenza a livello fantasmatico dell'amministrazione (e non solo nel momento della supervisione) in un gruppo composto essenzialmente da precari crea non pochi problemi a livello della discussione e della riflessione, specialmente in quelle situazioni in cui gli argomenti all'ordine del giorno travalichino il “qui e ora” e tendano a proiettare il quadro clinico nel futuro, o semplicemente a immaginare e a immaginarsi in un futuro.
Anche su questo piano, come abbiamo avuto modo di dire[10], vanno previsti degli aggiustamenti che permettano fra l'altro il delinearsi nella mente collettiva dell’équipe di una presenza fantasmatica dell'amministrazione non più centrata su ansie e angosce che derivano da un rapporto con una imago parentale che appare a volte vicina e presente all’équipe, a volte invece sorda e lontana, ma su imago parentali vissute come più coerentemente e compiutamente vicine e presenti ad essa, così come ad ognuno dei suoi componenti.



 
 

[1] Free Student Box è un insieme di sportelli di counselling psicologico rivolti agli studenti delle scuole medie superiori di Reggio Emilia, ai loro genitori e ai loro proff. Un insieme di sportelli gratuiti dell’Ausl di Reggio Emilia che fa da front office, rispetto ai tradizionali servizi del DSM, e in special modo al Servizio di Psicologia Clinica. Una nuova rete che si aggiunge a complicare un tessuto già riccamente innervato, che, oltre agli psicologi, vede impegnati presidi, proff. referenti e giovani studenti peer counsellor.
Peer e proff. referenti, insieme agli psicologi, svolgono una efficace opera di marketing sociale fra i pari e gli adulti e, successivamente, un'opera di filtro allo psicologo di quella domanda di counselling che dovesse loro provenire durante l'anno scolastico. Quest’opera di accompagnamento dei peer viene discretamente esercitata dai giovani psicologi counsellor, che in questo modo - come del resto tutti gli altri attori presenti sulla scena di Free - vengono a disporsi in una situazione di scambio di reciproco arricchimento con i giovani interlocutori con i quali operano.
[2] cfr. E. Goffman, Asylums, Einaudi, Torino, 1968
[3] cfr. D. Bertani, “Necessità di definire “Un’alleanza per...”, in: “Progetto Volontariato Gancio Originale”, a cura dell’USL 9, Reggio Emilia, 1992.
[4] cfr. L. Angelini, Istituzioni del welfare e prassi amministrativa ieri ed oggi a Reggio Emilia, in AA.VV. “La società in trasformazione: scienza, politica e lavoro”, Manifesto libri, 2004, Roma, pp. 247-276
[5] cfr. in proposito L. Angelini, D. Bertani, M. Cantini (a cura di), “Tirocinanti e tutor: il tirocinio come cerimonia di aggregazione del giovane nell’età adulta, del neoprofessionista nella professione, Coop Nordest, Reggio Emilia, 2002. Va detto, anzi, a testimonianza di quanto qui su affermato, che in certo qual modo tutti i nostri testi sono praticamente la sedimentazione scritta di questa continua opera di riqualificazione.
[6] Che, come ci ricordava Jervis, è qualcosa di diverso dal “lavoro in batteria” che è un lavoro in cui ogni membro dell’equipe esprime un parere sul problema all’ordine del giorno che si somma adialetticamente agli altri pareri e in cui, di conseguenza, non c’è mai una vera discussione.
[7] Cfr. R. Käes, Quattro studi sulla fantasmatica della formazione e sul desiderio di formare, in: AA.VV., Desiderio e fantasma in psicoanalisi ed in pedagogia, Armando, Roma, 1981
[8] cit. in: L. Grinberg, La supervisione psicoanalitica, teoria e pratica, R. Cortina, Milano, 1989, pag. 3\4
[9] cit. sempre in Grinberg, pag. 4
[10] cfr: L. Angelini e D. Bertani, L’assetto clinico di Free Student Box, nel volume dal quale abbiamo tratto questo scritto.
 
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