PSICOANALISI ETICA
Tra clinica, arte e contemporaneità
di Annalisa Piergallini

DI CHE GODE UNA DONNA

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13 marzo, 2017 - 00:45
di Annalisa Piergallini
Il bellissimo libro che bisogna leggere, oltre che per farsi venire voglia di frutta secca, per capire la sessualità femminile, è Le mille e una notte. Come al solito più che la sessualità femminile quello che viene fuori è quella maschile, ma più di altri testi, questo ci si accosta.
Soprattutto mi ha colpito la paura dell’uomo, anzi il terrore, dell’infedeltà della propria moglie. Che non è il tradimento come se lo immagina un occidentale, ma la donna, di solito regina, se la fa, in una sola notte, con qualcosa come trecento mori.
Andiamo subito al nocciolo della differenza sessuale: la detumescenza dell’organo maschile che indirizza il godimento fallico verso la contabilizzazione. Gli orgasmi possono essere contati, le donne messe in serie.
Naturalmente anche le donne hanno accesso al godimento fallico, quello dell’avere, avere soldi, una posizione, una cultura, un’automobile, perfino molti figli. Il godimento fallico, tradizionalmente maschile, ci ha insegnato Lacan, si può contare. E quello della donna? O di chi lo è, biologia a parte?
Sarebbe non tutto, non tutto fallico, non tutto sotto la castrazione, perfino non tutto sessuale. Per questa porta Lacan avvicina il godimento femminile alla mistica, a Santa Teresa o a San Giovanni della Croce.
Ma dunque di cosa gode la donna quando gode? Lacan recupera Dio e non si vergogna di dire, nel Seminario XX, Ancora, che la donna gode di Dio.
Ora l’inghippo sorge proprio lì a fianco, quando afferma che tanto più, per la donna, ciò di cui gode, cioè Dio, si confonde con l’uomo, tanto meno egli è in questa storia, tanto meno ama.
Dunque tra le righe oscure qualcuna potrà riconoscere le tracce di un amore così. Un amore in cui il godimento fa da padrone.
Some boys some boys are only about that thing that thing that thi-i-i-i-ing cantava Lauren Hill e il segreto è lo stesso della zia.
Perfino Marguerite Duras, una vita per la scrittura, ma anche per le emozioni, in La vita materiale, afferma che sono gli uomini che ha più tradito, quelli che ha più amato. In molti dei suoi romanzi la scrittrice francese accosta il piacere sessuale femminile, che si organizza intorno a un immaginario ben differente di quello a cui ci hanno spesso abituati letteratura e cinema. Fatto più di silenzi che di specifiche. Le porte per un godimento femminile, quello che supera le donne stesse che lo provano, passa per le pieghe della propria faglia soggettiva, è fondamentalmente nell’abbandonarsi completamente nelle mani di un uomo che la protagonista realizza qualcosa che la inonda corpo e mente.
Da una parte ci sono le sovrapposizioni maschili, o delle donne falliche: lui tra lei e l’altra, la moglie le amanti, fino all’elenco di Don Giovanni. Dall’altra le donne fantasma di Marguerite, come le scure comparse di Testi segreti o l’eroina di Moderato cantabile che nemmeno consuma niente di corporeo con lui, tranne la sbornia al bar del porto, ma le sue parole, anzi i suoi insulti, la penetrano oltre la sua vita sicura di moglie di ottima famiglia, oltre un figlio al pianoforte. Un incontro in concomitanza di una tragedia anonima, un uomo che resta anonimo, un uomo che le si accosta e la sconvolge qualunque cosa accadrà dopo.
Quello che è avvenuto al bar del porto è già troppo per Anna, lei già non digerisce tutto, infatti vomita. E nessuno, dopo avere letto, dubiterà che sia successo troppo tra di loro, sebbene da un altro punto di vista non sia successo niente…
In effetti il niente è ciò che bene che vada somiglia di più a quello che a volte con diffidenza si chiama un orgasmo vaginale. Non ne parlano molto le donne, comprese le psicoanaliste, se ne lamentava Lacan. Ma non ne parlano anche perché non ne sanno. Non se ne può parlare. Effettivamente parlare è improvvisare.
Cosa differenzia dunque così profondamente l’uomo e la donna se non un elemento così superficiale come la finitezza dell’orgasmo maschile e la tendenza verso + ꚙ del godimento femminile?
Il godimento non è il segno dell’amore, questa frase viene ripetuta da Lacan come un mantra per tutto il Seminario XX. Le vie della perversione non inventano niente di nuovo sull’amore. Dunque forse si tratta solo di andare un poco oltre, fare un giro più lungo, in cui si arriva, da una parte e dall’altra, a qualche rinuncia. Se si mette il godimento al primo posto, l’uomo è orientato all’accumulo di donne, sebbene per la detumescenza dell’organo, e per la finitezza caratteristica del suo organo, una alla volta. Ma lo stesso se è lei, o lui, ma in posizione femminile, a mettere il godimento al primo posto, non si arriva che alla perversione nel rapporto di coppia. Certo, probabilmente lei non accumulerà, poiché il guadagno in sostanza gaudente maggiore che può ottenere è nel perdersi in quell’uno che si confonderà, per lei, con Dio. Cioè con ciò di cui lei gode. Lui si confonderà con esso tanto meno sarà presente, sia per carenza strutturale, sia per mancanza d’amore.
Cathrine Millot, che è stata giovane compagna di Lacan negli ultimi dieci anni della sua vita, ha pubblicato un libro: Vita con Lacan.
“Ci fu un tempo in cui ero convinta che Lacan sapesse tutto di me. Mi sentivo trasparente davanti a lui. Non avere nulla da nascondere mi dava una libertà totale, ma non solo. Una parte essenziale del mio essere era affidata a lui, che la proteggeva, io non me ne occupavo. Ho vissuto anni al suo fianco in questa leggerezza.”
In effetti è molto chiara nel definire un tipo di rapporto in cui il proprio inconscio rimane nell’altro. Ma questa posizione, come viene descritta da Lacan, somiglia alle modalità di soluzione escogitate dalla perversione.
Ben diversa la questione per Dora, per esempio, che non è perversa, ma isterica. Facciamo un gioco e mettiamo Dora e la giovane omosessuale ai giorni nostri. Che cosa cambierebbe e per chi?
Credo che per la giovane omosessuale la spinta al godimento che caratterizza la nostra contemporaneità possa essere non del tutto spiacevole, credo che sarebbe meno sola, e magari, accanto alla signora, a cui dedica il suo amore incondizionato, avrebbe anche una più calda relazione con una ragazza. Ma magari su questo m’illudo perché leggendo Il mondo di ieri di Stefan Zweig, trovo che il 1920, nel dopoguerra, cioè appunto quando Freud incontra la giovane omosessuale, su certe questioni non era poi così diverso da oggi:
“omosessualità e amori lesbici divennero gran moda (…) come protesta contro le forme tradizionali, legali e normali dell’amore. Ogni manifestazione di vita si sforzava di assumere atteggiamenti radicali e rivoluzionari.” (p.256)
Per Dora che cambierebbe? Sarebbe spinta ancora più dal costume, che dall’errore di Freud stesso, a prendere per reale ciò che invece è per lei solo metaforico: il legame con il signor K, il marito dell’amante di suo padre.
Ma consumare il legame col signor K bene che va risulta deludente e non fa che allontanare ancora di più Dora dalla sua vera questione, cioè che cos’è una donna? E come faccio io a essere la donna di un uomo.
Qui secondo me si vede come in questa era siano proprio i nevrotici forse i più persi, i più danneggiati, soprattutto quelli che perdono più tempo nelle questioni che sono per loro meno importanti.
Se uno come Lacan che non ha lesinato di godersela, arriva, oltre i settant’anni, a dichiarare in tutta certezza che la perversione non inventa nulla sull’amore, visto che la sua mira, il godimento, non è il segno dell’amore… forse vuol dire che è così.
Le mille e una notte non è un libro scritto, ma raccontato da una donna, Shahrazâd.
Un uomo viene amaramente tradito dalla moglie, è un uomo potente, un grande sultano; da allora, ogni tanto prende una donna, ma all’alba la uccide. Così è proprio sicuro che non gli capiterà mai più di ritrovarsi tradito.
Ma Shahrazâd durante quella prima notte racconta una storia e lui è troppo curioso e vuol conoscere la fine, così all’alba non la uccide. La fine della storia non arriva mai, notte dopo notte, passano anni, crescono figli. Finché un giorno Shahrazâd termina la storia: ora puoi uccidermi. Nel frattempo lei si è conquistata il suo amore. E, grazie a Dio, e all’amore per la lettura della ragazza, quel giorno nessuna donna venne uccisa.
Dunque non è difficile scegliere la via dell’amore se la donna si limita e l’uomo è curioso. Certo non è per tutti. E non sarebbe nemmeno giusto che fosse così. A ognuno la propria via, a ognuno la migliore felicità possibile nel migliore dei mondi possibili. 
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