LA TARTARUGA ROSSA, da qualche parte lungo i tropici del capolavoro...

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28 marzo, 2017 - 14:05
di: Francesco Bollorino
Anno: 2016
Regista: Michael Dudok de Wit
Un capolavoro “perdibile”, purtroppo, questo “LA TARTARUGA ROSSA” pluripremiato film di animazione dell'olandese Michael Dudok de Wit.
Programmato per le imperscrutabili e misteriose regole della distribuzione in Italia, come “evento”, per soli tre giorni nelle sale italiane e che ho avuto modo di vedere con pochi intimi ieri sera.

Il film  ha comportato sei anni di lavorazione e rappresenta il primo lungometraggio dell’autore già vincitore dell’Oscar per il miglior corto di animazione nel 2000 e ha coinvolto nel progetto il mitico STUDIO GHIBLI di Hayao Miyazaki ed Isao Takahata.
Splendidamente realizzato, con una tecnica che mischia la delicatezza dell’acquarello per i fondali con l’animazione digitale, senza alcun effetto 3D, il film attraverso la storia di un naufrago finito solo in una lussureggiante isola tropicale racconta in maniera commovente e coinvolgente una storia senza un dialogo ma che sa parlare profondamente allo spettatore che si lasci andare alla magia e all’incanto.

 

FATHER AND DAUGHTER (Premio Oscar per il miglior corto di animazione)

Il plot è semplice, lineare: sbattuto sulla spiaggia dopo un naufragio che si intuisce nelle prime sequenze un uomo, ma forse dovremmo definirlo L’UOMO, finisce in un’isola disabitata. Dopo i primi momenti di comprensibile disperazione il naufrago appronta una zattera per tentare di lasciare l’isola ma ogni volta che lo fa, e lo rifà 3 volte, una forza misteriosa e sottomarina distrugge la zattera e lo costringe a ritornare a riva. 
Al quarto tentativo scopre che le distruzioni sono opera di una grande tartaruga rossa.

Quando la tartaruga arriva sulla spiaggia il naufrago carico di rancore la rovescia sulla sua corazza lasciandola ad agonizzare sotto il sole salvo poi pentirsene e cercare disperatamente ma invano di rianimarla.
Durante la notte la tartaruga si trasforma in una donna, LA DONNA dovremmo forse dire e da qui in poi il film prende la strada della metafora dell’esistenza con le sue gioie e i suoi dolori senza nulla concedere al patetismo o al facile effetto proprio per rappresentare la vita per ciò che è nella sua essenza più vera: non servono parole o forse è meglio dire che sono il corollario di un’intesa profonda che percorre l’esistenza quando accade.
Silent movie per immagini rumori naturali e musica ( splendida per altro) “La Tartaruga Rossa” ci accompagna attraverso le stagioni della vita e ce le mostra con la disarmante verità della natura del nostro essere umani.

L’UOMO alla fine muore e LA DONNA ritorna tartaruga e si allontana dall’isola alla ricerca forse di qualcun altro da curare con l’amore.
Noi siamo un’isola in mezzo al mare da cui come figli si deve partire per emanciparsi alla ricerca della propria isola  ma dentro cui dobbiamo trovare un ubi consistam  fatto di valori essenziali, basici primitivi e per ciò stesso fondanti fatti di io, te noi. Le stagioni del cuore si susseguono come i giorni i mesi gli anni inseguendo le piccole cose private che sole possono darci una speranza di felicità.
 
Ricco di immagini e situazioni fortemente evocative eppur risolte con la semplicità che solo la vera arte può avere (una su tutte la metafora della nascita e meglio della rinascita rappresentata dalla faticosa uscita dal cunicolo sottomarino che il protagonista deve affrontare dopo una caduta accidentale con la forza della sua disperazione mentre il figlio nella stessa situazione è aiutato da un semplice e rassicurante gesto della mamma) il film ci racconta la vita nella sua essenza più sublime e vera. Onirico a volte come nelle splendide immagini del sogno di una fuga magica dall’isola o del sogno del senso di colpa verso la tartaruga, ma cristallino nel regalarci la semplice essenza di una vita fatta di amore, rabbia, nostalgia, genitorialità e senso inesorabile del tempo che passa il film scorre leggero, con delicato minimalismo che non tralascia nulla di ciò che una vita può darci compresi gli tzunami che ognuno incontra nel suo cammino dai quali si può tentare di riprendersi.
Anabasi dei sentimenti più veri e profondi La Tartaruga Rossa lascia senza fiato e ci induce a pensare con dolorosa consapevolezza su quali siano i valori fondanti di una vita veramente vissuta.


 
E’ una favola per adulti? Una allegoria? Una fantasia, una allucinazione di un uomo solo? Poco importa, io credo, e, anzi, la sua ambiguità risulta ai miei occhi un pregio e una chiave di stile inimitabile, mentre  molto importa il messaggio che ci restituisce.
Non è un film allegro, non è un film triste è semplicemente una meraviglia, qualcosa di imperdibile davvero se avrà, chi legge, il tempo di andare a scoprirlo da sé e trovarci dentro la sua vita poiché di questo Michael Dudok de Wit ci vuol parlare se avremo la capacità di ascoltarlo.
Mi piace finire questa recensione rubando il finale alla bella recensione di Marzia Gandolfi per MYMOVIE, poiché sintetizza per me tutto quello che si può dire di questa meraviglia che spero in tanti riescano a vedere nonostante la sua dichiarata “perdibilità”:
 
Da qualche parte, lungo i tropici del capolavoro.”

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