RECENSIONE SAGGIO Rêverie e trasformazioni tra madre e bambino.

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10 marzo, 2018 - 15:30
Autore: Isabella Schiappadori, Sandra Perobelli, Lucilla Rebecca
Editore: Franco Angeli
Anno: 2017
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Il testo di Isabella Schiappadori, Sandra Perobelli e Lucilla Rebecca dà risposte importanti alle domande circa il “come cresce un bambino” e il “dove, come imparare a sapere come cresce un bambino”. Si tratta di interrogativi le cui risposte sono di grande rilevanza per la promozione della salute in generale, e della salute mentale in età pediatrica ed adulta in particolare, soprattutto nelle situazioni di sofferenza mentale a forte rischio di disabilità,  che richiedono capacità di intervento il più possibile precoci e la valorizzazione delle risorse di tutte le persone partecipi di quelle singole, uniche, concrete esperienze di vita dalla gravidanza, al parto, alla crescita di una creatura tutta nuova. 
La ricerca psicoanalitica da Freud, a Kris, Melanie Klein e successivamente Winnicott, Bion,  fino alle elaborazioni  di Salomon Resnik ed  alle metodiche di osservazione  di Bick ed Harris della Tavistock Clinic di Londra, ha costruito un sapere importante circa lo psichismo in età perinatale e post-natale tradizionalmente studiato in un setting costituito dalla coppia madre-bambino e da un osservatore. In particolare, Bick ed Harris hanno sperimentato e messo a punto la metodica dell’”osservazione partecipante”. Su tale metodica si basano le esperienze di cui ci riferisce Rêverie e trasformazioni tra madre e bambino.
Per la madre, all’attesa nel tempo della gestazione con la rêverie , i dubbi e le ansie che la contraddistinguono e accompagnano le modificazioni del corpo, seguono la sorpresa, il sollievo dell’incontro con il neonato e l’impegno nella sua conoscenza,  alimentazione, benessere. Per il nato, dopo la vita intrauterina, “un modo nuovo di tenersi insieme, che dipende anche dalla sua capacità di mettere in rapporto confortevole le parti del suo corpo”[1].
Secondo conoscenze consolidate, “la crescita più felice […] è quella  del bambino che si trova ad affrontare conflitti adeguati alle sue capacità a risolverli. […] Il farsi del pensiero infantile richiede la presenza di una mente adulta che sappia leggere, tradurre e trasformare i segni in possibili significati, validi nella realtà di quel bambino, che è considerato nel suo essere persona.  E il significato non è mai solo frutto dell’intelligenza: sensibilità ed emotività sono indispensabili nel produrre identificazioni e comprensioni efficaci” [2].
Rêverie e trasformazioni tra madre e bambino, è organizzato in due parti, sotto forma quasi di  diario  di “osservazioni partecipanti” dei comportamenti, degli atteggiamenti, delle posture, delle sensazioni, delle fantasie, delle immagini, dei pensieri, delle emozioni che intercorrono nelle relazioni di reciprocità fra una madre, un figlio, un padre dal parto/nascita fino al secondo anno di vita, una “osservazione partecipante” in cui a questi tre attori-soggetti, ciascuno con le proprie storie, attese, frustrazioni, sogni si aggiunge l’osservatore partecipante che entra nella famiglia, assiste alle manipolazioni, alla gestione dell’alimentazione, dell’evacuazione delle feci, dello sviluppo delle funzioni  psichiche e delle abilità motorie del nato. L’osservatore, a sua volta osservato, ha alle spalle un gruppo con cui discute, analizza, elabora, interpreta i vissuti  suoi e degli attori- soggetti.
Nella  prima parte del libro è riferita l’esperienza di Isabella Schiappadori, psicologa, psicoterapeuta, che ha collaborato all’attività seminariale del CISPP[3] di Venezia ed insegna Psicologia Psicoanalitica Individuale presso la Scuola si specializzazione post-laurea COIRAG[4], sede di Padova. Qui la novità è costituita dal fatto che l’osservazione partecipante si svolge nella casa, al domicilio di una famiglia “normale”, senza evidenti problemi di sofferenza mentale, un luogo in cui l’osservatore è ospite. In questo ambiente- contesto è possibile cogliere la grande ricchezza di “quello che viviamo sul campo, nell’assistere allo  sviluppo della relazione madre e infante, nel complesso di operazioni di assistenza e cura che garantiscono l’esistenza e la crescita del bambino”[5].  Il soggetto “investito dall’interesse e dall’attenzione dell’osservatore, perde la neutralità che nella pratica di ogni ricerca si vorrebbe conservare in nome dell’obiettività. Allo stesso tempo, anche l’osservatore non è una presenza neutra per gli oggetti osservati. […] Si tratta di un modello di situazione relazionale caratterizzata dalla reciprocità”[6].
“L’osservazione del neonato offre la possibilità di vedere e di essere in contatto mentale con le forme originarie che appartengono alla psiche di ogni bambino e di ogni paziente adulto, dell’osservatore stesso”[7], tenendo conto del fatto che “è impossibile osservare un neonato come soggetto a sé […] perché la sua crescita e la sua vita sono immerse nella dipendenza da chi si cura di lui e non possono essere astratte dall’atteggiamento di chi interpreta e soddisfa i suoi bisogni”[8].
Il racconto della prima parte si snoda nei capitoli Osservazione di Lorenzo nei primi quattro mesi (pp. 53-83), Osservazione di Lorenzo  dai cinque mesi all’anno (pp. 86-108), Osservazione di Lorenzo nel secondo anno (pp. 109-136)   Consolidamento dell’oggetto nella dinamica delle relazioni (pp. 137- 146) e Trasformazioni nei vissuti della madre intorno all’osservazione e all’osservatrice (pp. 147-150).
La seconda parte racconta di osservazioni della relazione madre-bambino in tre situazioni gravi dal punto di vista clinico e prognostico, tali da richiedere una lungodegenza in ambienti ospedalieri e riabilitativi governati dalle esigenze di una organizzazione sanitaria che opera sulle 24 ore:
  • una  con Sandra Perobelli, psicologa psicoterapeuta inserita in équipes multi professionali dedicate alla cura di gravi patologie croniche dell’età evolutiva e della giovane età adulta ( nutrizione artificiale e programmi di valutazione e supporto di trapianti d’organo). Qui il lavoro di osservazione partecipante ha coinvolto la madre, ma anche la psicologa di reparto e le infermiere professionali che si davano il cambio nell’accudire Lia (“dal non poter al non saper mangiare”), dovendo tenere conto delle  “caratteristiche dell’organizzazione del lavoro nell’istituzione”:  “l’equipe curante, medici e infermieri, parlava il linguaggio scientifico, un linguaggio “altro” rispetto a quello psicologico, che vede il corpo come “aggregato di organi e funzioni biologiche” interconnesse, ma riguardate come autonome rispetto alla “mente”[9];
  • le altre con Lucilla Rebecca, neuropsichiatra infantile e psicoterapeuta, che ha svolto la sua attività clinica con posizione di direzione in un Servizio Pubblico di Neuropsichiatria Infantile; tra i membri del CISPP di Venezia, dal 1989 collabora con il Centro Sperimentale di innovazione psicopedagogica e integrazione “O Pelouro” (Galizia, Spagna) che conduce una esperienza di integrazione educativa e terapeutica con bambini affetti da autismo e da psicosi. L’osservazione di Lucilla Rebecca si svolge  in un “contesto ospedaliero e riabilitativo”,  in cui erano inseriti Giulia, affetta da distrofia e da gravi disturbi dell’alimentazione, e Mario affetto da una grave patologia neonatale, seguito per  quattro anni.
L’interesse della seconda parte nasce dalla importanza dei risultati conseguiti circa il  grado di recupero delle funzioni e della qualità della vita e delle relazioni di infanti con gravissime disabilità. In queste situazioni il metodo dell’osservazione partecipante ha portato a modificare i tempi e l’organizzazione del lavoro nelle istituzioni ospedaliera e riabilitativa e ad arricchire, rendere più complesse le culture professionali di tutte le figure addette al  lavoro di assistenza, in primis le infermiere impegnate ogni giorno nell’assistenza, nelle manipolazioni  dei corpi, nella relazione con gli infanti e le loro madri, quando presenti al letto di figli e figlie.
Le esperienze hanno confermato che “il linguaggio del corpo non mente, è di necessità sincero”, ma anche che “i suoi elementi possono essere altamente equivocabili da parte di chi si pone di fronte alle sue manifestazioni con l’obiettivo dell’evoluzione lineare e “normale”, ancor prima che sia possibile cogliere nei dettagli dei gesti e delle posture somatiche il bisogno, l’attesa o la proposta di incontro. Eppure è la corporeità, pur provata dalla sofferenza , che è in grado di esprimere le prime forme nucleari dell’Io”[10].
Il racconto delle esperienze riportate dalle autrici mostra come un tale patrimonio di saperi così importanti per l’efficacia dei trattamenti anche in situazioni particolarmente difficili e dolorose, sia  acquisibile e trasmissibile, così da elevare la qualità della formazione ( e della sua “manutenzione”) di tutte le figure professionali  e le équipes impegnate nel lavoro dei Consultori familiari e pediatrici, nei reparti di Ostetricia e di Pediatria, nei servizi per minori con disabilità.
 Sulla base di questa considerazione, al termine della lettura (mi) pongo la domanda su cosa si insegni oggi circa Rêverie e trasformazioni tra madre e bambino nei corsi di laurea per Ostetriche, Puericultrici, Infermieri ed Educatori professionali, Tecnici della riabilitazione, in Medicina e Chirurgia, in Psicologia, nelle scuole di specializzazione in Ostetricia e Pediatria,  Ginecologia. Credo sia del tutto opportuna una indagine al riguardo su quanto accade nelle Università italiane.

                         



[1] I- Schiappadori, osservazione di Lorenzo nei primi quattro mesi, p. 65.
[2] I. Schiappadori,  Presentazione, op. cit., p. 12.
[3]  Centro Internazionale Studi Psicodinamici della Personalità, fondato da Salomon Resnik nel 1982, con sede a Venezia
[4] Confederazione di Organizzazioni Italiane per la Ricerca Analitica sui Gruppi
[5] Id., La relazione madre-bambino osservata nell’ambiente familiare, p. 17.
[6] Id. p. 18.
[7] Id., Osservazione e formazione, p. 39.
[8] Id,. Osservazione di Lorenzo  dai cinque mesi all’anno, p. 97.
[9] Sandra Perobelli, Il contributo dell’osservazione in un reparto ospedaliero per malattie croniche severe, p. 159.
[10] Id, pp. 154-155.
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