PENSIERI SPARSI
Tra psichiatria, impegno civile e suggestioni culturali
di Paolo F. Peloso

Politiche migratorie. “MARE JONIO”: umanità contro la barbarie. Una questione anche culturale e psicologica

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6 ottobre, 2018 - 15:58
di Paolo F. Peloso
E’ passato più di un anno da quando, il 23 agosto 2017, pubblicavo su Pol. it un articolo dal titolo fin troppo prudente: Politiche migratorie. Preoccupazioni dalla svolta estiva. E di essere preoccupati ne avevamo ben ragione: con il decreto firmato dal ministro dell’interno Marco Minniti il governo a guida PD aveva appena rinnegato la – pur contraddittoria e reticente – politica dell’accoglienza che aveva caratterizzato fino ad allora il nostro Paese, dove la cultura solidale propria della tradizione cristiana e di quella della sinistra, all'unisono con il diritto del mare, avevano fino ad allora ancora un peso, per stabilire la liceità di abbandonare – o riconsegnare! -  migliaia di migranti alle mani delle bande libiche senza curarsi del rischio molto concreto che queste fossero libere di torturarli, stuprarli, ridurli in schiavitù senza sostanzialmente testimoni. Purché, e sembrava questa l’unica cosa importante, quegli uomini, quelle donne e quei bambini non mettessero piede sul suolo italiano, da dove poi sarebbe stato più difficile sbarazzarsene. Si è trattato, credo, di un errore madornale che sarà pagato a lungo, e questo per almeno quattro ragioni.
La prima è che se era la forza politica politicamente più rappresentativa della sinistra a gettare (letteralmente) a mare, rinnegandoli in modo evidente, i valori più importanti che alla sinistra danno identità, sarebbe stato poi ben difficile chiedere agli elettori di votare per quegli stessi valori. Perché certamente se la sinistra assume gli stessi valori della destra, non si vede perché non si dovrebbe votare direttamente a destra. E i fatti lo hanno dimostrato. La sinistra assume l'uomo, e in primo luogo gli ultimi tra gli uomini e le donne, come valore; e quando la sinistra cessa di assumere l'uomo come valore, c'è da chiedersi che sinistra sia.    
La seconda è che con questa scelta il gruppo dirigente del PD ha tracciato un solco che sarà difficilmente colmabile in futuro con chi - in modo certo colpevolmente confuso, frammentario e inconcludente - alla sua sinistra quei valori si sforza comunque di incarnare. Il giudizio sul decreto Minniti crea un vallo a sinistra e condanna, credo,  una sinistra che è complessivamente in grande difficoltà a mantenere divisioni che oggi più che mai sarebbe necessario superare di fronte alla spaventosa forza che le destre, nella loro peggiore espressione, sono tornate ad avere nel Paese.
La terza è che, come le destre stesse hanno “cavallerescamente” (e con ben giustificato sarcasmo…) riconosciuto, il decreto Minniti si è assunto la responsabilità storica di dare la stura a tutto ciò che di barbaro ad esso ha fatto seguito in quest’anno vergognoso: dalla sostanziale messa nell’impossibilità di operare delle ONG, ai falsi “salvataggi” con annesso pestaggio dei salvati da parte degli askari della  Guardia costiera libica, alla chiusura dei porti, alle vicende grottesche e demenziali dell’Aquarius e della Diciotti. Fino al gratuito sadismo contro i più fragili che impronta alcune parti del Decreto sicurezza o all’arresto, che è fatto culturalmente gravissimo al di là delle specifiche motivazioni, del sindaco di Riace, che sono di questi ultimi giorni e fanno seguito ad altri episodi nei quali la generosità è stata contestata come crimine. Insomma, parafrasando Dostoevskij, se l’accoglienza non è più un dovere, allora tutto è possibile. E i fatti di quest’anno di barbarie, aperto dal decreto Minniti e proseguito con le prodezze del governo dilettante a guida Salvini, lo hanno pienamente dimostrato.
La quarta è che fatti come il decreto Minniti o la cultura stolidamente egoistica che Salvini sta dispensando a piene mani non riguardano solo l’impronta politica di una nazione in un determinato periodo. Lavorano nella coscienza – nella cultura e nella psicologia - dei singoli e dei gruppi, fino a far accettare l’egoismo individualistico e la prevaricazione del forte sul debole come la “normalità” e a far apparire la solidarietà umana come bizzarria, ingenuità, persino follia. L'egoismo, il sovranismo e il confine ci rendono brutti dentro.
Per tutte queste ragioni - e di fronte ai corpi degli annegati (già 1.720 nel Mediterraneo quest’anno[i]) e al pianto dei torturati abbandonati o restituiti alla Libia - io credo che una seria e trasparente autocritica da parte di chi ha voluto quel decreto sarebbe indispensabile per ricominciare a dire e fare sul serio insieme “qualcosa di sinistra”.
Che cosa significa, allora, in questa situazione di barbarie dilagante, di imbarbarimento della cultura e dei sentimenti, nella quale le ONG sono state messe fuori gioco, l’iniziativa di soggetti della società civile italiana (civile nel più alto significato del termine, direi) aderenti all’organizzazione “Mediterranea” - che Sandro Mezzadra (autore di un bellissimo articolo su Il manifesto di venerdì 5[ii]) mi aveva preannunciato passeggiando una sera per i vicoli di Genova - di mettere in acqua il 3 ottobre, anniversario della più grave strage di migranti nel Canale di Sicilia, una nave battente bandiera italiana, la Mare Jonio, per riaprire spazi in grado di riaffermare l’umanità contro la barbarie?
Può significare molto, io credo. Può essere l’inizio, molto pratico e concreto, di una nuova (e opposta), inversione di rotta. Che non ci riguarda solo come nazione; che ci riguarda prima di tutto come persone. Che può restituire liceità, dignità e cittadinanza alla bontà, che è un’esigenza naturale di solidarietà di ciascuna persona umana di fronte alla difficoltà di un’altra persona umana. Ciascuno di noi deve scegliere se crederci o non crederci. Se il destino della nostra generazione, che ha raccolto gli echi (e i cocci) delle lotte degli anni ’60 e ’70, sia quello di rimanere  imprigionata tra Minniti e Salvini, o non ci sia la possibilità di guardar oltre quell’orizzonte.  E, se decidiamo di credere che oltre quell’orizzonte un mondo diverso sia possibile, dobbiamo aderire al crowfunding per sostenere un’iniziativa bella e nobile (e folle quanto è necessario esserlo oggi), la responsabilità della cui prosecuzione non può essere di altri che nostra. Salvini e Di Maio parlano alla pancia degli italiani, di quelli tra noi che si sentono i più “furbi”, e sembrano così destinati ineluttabilmente a vincere. Proviamo a scommettere concretamente sul loro cuore e la loro dignità, e a vedere se ci riuscirà di lasciare prima che sia tardi questi baldanzosi dilettanti della politica, dell’economia e della barbarie con un palmo di naso!      
 

[i] Sul tema delle stragi di migranti nel Mediterraneo rimando alla recensione, in questa rubrica, del saggio L'abisso. Piccolo mosaico del quotidiano  di Flore Murad-Yovanovitch.
[ii] Per Sandro Mezzadra rimando anche alla recensione su questa rivista del saggio Terra e confini. Metamorfosi di un solco.

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«Il 3 ottobre dello scorso anno, nel giorno del quinto anniversario del terribile naufragio di Lampedusa del 2013, con i suoi 368 morti annegati, la "Mare Jonio" ha mollato gli ormeggi nel porto di Augusta e ha intrapreso una navigazione che è ben lungi dall'essere terminata». Così Sandro Mezzadra sul Manifesto di oggi, per celebrare il primo anniversario di Mediterranea. In quei giorni, anche su Pol. -it salutavamo con questo articolo il varo. Da allora 237 vite direttamente salvate in mare, strappate alla morte per annegamento o alla tortura nei lager della Libia raccogliendo per questo multe per 366.000 euro e denunce per capitani e capimissione in base a una legge stupidamente feroce, il decreto sicurezza bis, della quale speriamo sia presto certificata l'incompatibilità, oltre che con il sentimento di umanità, con la Costituzione. E anche una straordinaria esperienza di mobilitazione dal basso, a terra e in mare, di autofinanziamento, di condivisione, mobilitazione, solidarietà e partecipazione. La testimonianza che un altro mondo è possibile a partire dalle pratiche, pratiche come questa. E che perciò lo vogliamo.


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