SE MI LASCI TI CANCELLO (Michel Gondry, 2004) e il potere terapeutico dell'oblio

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15 marzo, 2019 - 15:19
di: Riccardo Dalle Luche
Anno: 2004
Regista: Michel Gondry
Se mi lasci ti cancello (Eternal sunshine of the spotless mind -eterno splendore della mente immacolata)” un film del 2004, apparentemente leggero, una commediola umoristica e fantascientifica, è in realtà un'opera ipercomplessa, come tutti i film scritti da Charlie Kaufmann,  vincitrice dell’Oscar come miglior sceneggiatura, del Bafta 2005 per miglior sceneggiatura originale e per il montaggio (dell'islandese  Óskarsdóttir), e del Saturn Awards per la Fantascienza. Il film si può esaminare, studiare ed analizzare dopo ripetute visioni anche come un saggio di psicologia della memoria, di psicopatologia della depressione d'amore (depressione reattiva da separazione), di filosofia del tempo.  Basta sfogliare le pagine in rete dedicate al film per vedere come giustamente innumerevoli analisi, tra cui le nostre[1], studi e perfino tesi di laurea gli sono stati dedicati[2].
 
Per l'analisi formale di questo film  rimando ad un mio saggio pubblicato nel volume collettivo “I registi della mente”[3]. Qui mi limiterò a dire che il film sviluppa l'idea che le pene per le separazioni e le perdite, in particolare qui la fine di una storia d'amore, possano essere curate attraverso la soppressione dei ricordi con una fantascientifica procedura neuroradiologica di mappatura dei ricordi, loro localizzazione e soppressione, offerta dalla Lacuna Inc.; il direttore, Dr Mierzwiak, come ogni  medico coscienzioso, registra le intenzioni, le motivazioni e il consenso del candidato alla cancellazione, rassicura il cliente dicendogli che i loro ricordi dolorosi saranno inariditi emotivamente e dissolti come un sogno: “C'è un nucleo emotivo delle nostre memorie. Nel momento in cui lo cancelliamo, parte il processo degradativo.[4]
 
 Due citazioni enunciate nel film, indicano che non si tratta di un'idea nuova: quella di Nietzsche “Beati gli smemorati perchè avranno la meglio sui loro errori”[5]; quella tratta da “Eloise and Abelard” del poeta settecentesco Alexander Pope, che dà il titoloal film:
 
How happy is the blameless vestal's lot! 
The world forgetting, by the world forgot. 
Eternal sunshine of the spotless mind! 
Each pray'r accepted, and each wish resign'd.”[6]
 
Il verso “Eterno splendore della mente immacolata”, che è il titolo orginale del film, rinvia infatti al desiderio di Eloisa di avere la mente libera dal ricordo doloroso di Abelardo, e quindi dalla sofferenza per la loro forzata separazione.
 
Nel film, Clem (Kate Winslet) decide per prima di sottoporsi al trattamento per cancellare i ricordi dolorosi della sua storia d'amore con Joel (Jim Carrey), il quale fa lo stesso quando, incontrandola, si accorge che lei non lo riconosce più; da allora il film si svolge completamente nella mente di Joel, ovvero nel flusso dei suoi ricordi.   Tuttavia la dose degli ipnotici somministrata a Joel nel corso della cancellazione dei ricordi della sua storia con Clem, non è sufficiente a indurgli un sonno profondo, quindi lui resta spettatore dell'operazione, e, nel momento in cui vede svanire quelli belli, decide di opporvisi cercando di nascondere Clem, divenuta sua complice, in un'avventurosa fuga nei meandri della memoria, in ricordi non mappati, ma significativi per il loro carico emotivo, ad esempio alcuni episodi traumatici e umiliazioni infantili. Lo stato di coscienza sdoppiato, conscio/inconscio, in cui si trova Joel fa quindi sì che egli possa modificare parzialmente i ricordi in via di cancellazione, cercando di utilizzarli per ricostruire un proprio percorso difensivo, simile a quello che avviene nel lavoro onirico o negli stati oniroidi della psicopatologia.
 
L'elemento psicologico centrale del film è la teoria che sia in ultima analisi la memoria a sostenere l'identità dell'Io: se non si ha memoria non si riconoscono non solo le persone con cui, ad esempio, si è avuto una storia, ma non si riconosce neppure il se stesso che ha avuto quella storia[7].
Quindi la procedura di cancellazione dei ricordi a scopo “analgesico”, ci mostra il film,  non è  priva di effetti collaterali, genera discontinuità temporali e si porta via parti del sè tra le più importanti.
Nel film, inoltre, sia Joel e Clem che altri personaggi si reincontrano dopo la cancellazione e rifanno le stesse cose che avevano fatto nella vita precedente, come se fossero condannati ad un eterno ritorno.
Il film quindi, in conclusione, propone la questione del potere terapeutico della cancellazione dei ricordi, ma, nello stesso tempo, la critica in quanto, in ultima analisi, con i ricordi dolorosi se ne vanno anche quelli positivi ed inoltre la loro distruzione si porta con sé intere parti della personalità, come sappiamo bene dalla clinica di malattie come il morbo di Alzheimer.
 
 
Risvolti clinici
 
Sono molte le patologie psichiatriche nei quali è implicato il potere doloroso dei ricordi. Le sofferenze per i lutti e le separazioni dagli oggetti d'amore, che possono trascinare persistenti stati depressivi refrattari alla terapia farmacologica, i disturbi da stress post-traumatici, i disturbi comportamentali e di personalità che nascono spesso da esperienze traumatiche precoci (Disturbo borderline di personalità), ma anche gli episodi della psicosi maniaco-depressiva nei quali, forse per una disinibizione corticale, si riattualizzano ricordi dolorosi, vecchi conflitti, vissuti di colpa oppure di rivendicazione, ambivalenze etc.(cosiddetta state o mood  dependent memory). [8]
In tutte questi stati ciò che non ha funzionato (o non ha ancora completato il suo processo) è il meccanismo dell'oblio che normalmente consente di cancellare la portata emotiva dei ricordi, trasformandoli in informazioni recuperabili cognitivamente, ma poco ininfluenti sullo stato psichico.
Come dice il Dr. Mierzwyak nel film, ogni ricordo ha un suo nucleo emotivo e il tempo non fa altro che  cancellarlo archiviando gli eventi solo nella loro componente cognitiva; grazie a questo processo fisiologico (l’oblio) da un lato possiamo sopravvivere alle esperienze più dolorose, che comunque ricordiamo fattualmente, dall’altro ci svincoliamo lentamente da tutti i legami affettivi, da quelli genitoriali in poi. Dove sono infatti tutte le situazioni che abbiamo vissuto e che, allontanatisi nel passato come un corpo nello spazio vuoto, ci appaiono sempre più remote e estranee? Ricordiamo benissimo, come se fossero di ieri, fatti, eventi, persone, amicizie, amori, che nello stesso tempo, deprivati della loro componente emotiva percepibile, sono indefinitamente lontani, e spesso assurdi, egodistonici rispetto a quello che siamo ora. Tutta la nostra vita in ultima analisi si trasforma, con lo scorrere del tempo e il consustanziale processo dell'oblio emotivo, in immagini che si frammentano e poi lentamente si distaccano da noi e si dileguano e noi con esse in virtù di quel misterioso quanto forse unico fattore di mutamento che è il Tempo: più esattamente il Tempo biologico, che scrive inesorabilmente nel nostro corpo e nella nostra mente, attraverso meccanismi fisiologici e patologici, la nostra continua trasformazione.
Ma tutte le emozioni che abbiamo provato e che non proviamo più, anche rievocando i contenuti ai quali erano associate sono perdute completamente? In un lavoro di qualche anno fa[9]  ci eravamo già interrogati sul rapporto tra sentimenti/emozioni e  umore nel corso del tempo e nell'intera biografia, in relazione anche all'insorgenza di alterazioni clinicamente rilevanti dell'umore e dell'umore di fondo, ipotizzando che se emozioni e sentimenti sono destinati a non essere recuperati, nel processo dell'oblio essi sedimentino nell'umore di fondo che muta nel lungo periodo, come tutto ciò che è biologico, pur rimanendo riconoscibile nei suoi aspetti costituzionali, temperamentali; l'umore di fondo, il modo di intonarsi a eventi e relazioni può cioè subire trasformazioni nelle varie età della vita anche e soprattutto in relazione alle esperienze affettive vissute[10]. Emozioni e sentimenti vissuti, quindi, scompaiono nel loro dettaglio, ma lasciano una traccia sommatoria nell'umore di fondo: non si tratta più di fenomeni puntiformi, ma solo del loro contributo all'intonazione globale della vita affettiva individuale.
 
Ma accade anche che, quando il meccanismo di estinzione o neutalizzazione emotiva dei ricordi, che si genera nel passaggio alla memoria a lungo termine non funziona,  le persone restano prigioniere di eventi e situazioni puntiformi che non esistono più realmente, ma che persistono vive nella loro mente, con tutta o quasi la loro portata emotiva disturbante, rendendoli pazienti psichiatrici. Molta psicopatologia, come si è accennato, deriva da questa trappola creata da un difetto nel processo dell'oblio.
 
 
Assiomatica del funzionamento della memoria emotiva
 Vediamo dunque se è possibile abbozzare in forma assiomatica (proposizioni e corollari) una teoria del funzionamento dell'oblio, visto come un meccanismo che facilita il superamento degli episodi e dei periodi di sofferenza affettiva legata agli eventi vissuti :
1. Il senso che si associa alle persone e alle cose che incontriamo è dato dallo stato emotivo e umorale (ad esempio: un oggetto d'amore è tale finchè lo si ama, poi non lo é più; un oggetto lo si desidera se ci piace, quando non ci piace più lo abbandoniamo etc.);
  1. L'esistenza dei deliri congrui all'umore non è che l'estremo della più generale produzione affettiva di significati; si può forse dire che ne rappresenta una misura, come il termometro della febbre: i deliri congrui all'umore indicano un'alterazione grave dell'umore= febbre alta.
  1. L'oblio consiste nella trasformazione fisiologica delle esperienze in pacchetti di informazioni (passaggio dalla memoria a breve a quella a lungo termine nell'ippocampo) attraverso un processo temporale di durata non modificabile, che implica una diluizione progressiva delle emozioni e dei significati sorretti dalle emozioni. La depurazione dei ricordi dal loro carico emotivo cosciente richiede tempi variabili a seconda della persona e del tipo di evento che l'ha impressionato[11]: per lutti e separazioni talora richiede fino a 3-4 anni, dopo i quali anche gli stimoli che evocano i ricordi non producono più emozioni acute, ma solo vaghi sentimenti concettualizzati (cosiddetta elaborazione del lutto, delle separazioni etc.): il contenuto dei ricordi non è più disturbante, nel lungo periodo diviene perfino indifferente o estraneo, oppure può associarsi solo ad un concetto che lo riassume nella sua essenza.
2.1 Il ricordo perde il suo carico emotivo soltanto nella coscienza lucida da sveglia, ma può recuperarlo in situazioni particolari, evocato (come accade anche per altre sensazioni, ad esempio olfattive o tattili nella memoria involontaria  da stimoli specifici con effetto di richiamo dalla memoria a lungo termine (riattualizzazione). (Proust)
2.2 Analogamente l'esperienza della vita onirica ci mostra come la componente emotiva dei ricordi possa fare ritorno nella coscienza parziale del sogno, come se  nello stato di sonno REM fosse possibile aggirare o abolire l'oblio delle emozioni legate ai ricordi.
  1. I ricordi dolorosi, finquando lo restano (cioè finquando il processo neurofisiologico dell'oblio emotivo non è completato, oppure quando non è completabile), sono soggetti a meccanismi di difesa: repressione (volontaria), rimozione (Verdrängung) (involontaria); in alcuni rari casi le esperienze dolorose sono soggette ad amnesia (amnesia dissociativa post-traumatica)[12].
3.1 Quando questi meccanismi vengono meno, per motivi contingenti, processi associativi, situazioni etc.) può accadere che i ricordi col loro carico emotivo inelaborato siano attualizzati (ritorno del rimosso): e ritornino, consensualmente, in tutta la loro prepotenza,  i significati connessi alle emozioni vive associate.
3.2 E' possibile o probabile che nelle fasi attive depressive, maniacali o miste, si verifichi questa riattualizzazione di esperienze passate[13], per un meccanismo di disinibizione dell'inibizione dei ricordi con la messa fuori gioco dei meccanismi di difesa fino ad allora operanti.
  1. Il modo con cui si vivono le medesime situazioni sono le stesse anche dopo che i ricordi sono scomparsi:  se si rivede un luogo o un film dopo tanti anni ci piace o dispiace allo stesso modo, se si ritrova una persona che non si vede e non si ricorda più da anni e decenni ci rapportiamo a lei com'è sempre avvenuto, se si reincontrasse per la prima volta le persone che abbiamo amato in passato ci reinnamoreremmo di loro (come nel film) e così via. Sotto certi aspetti siamo cioè condannati ad un eterno ritorno dell'identico[14].
4.1  La variazione che ci lasciano le esperienze emotive vissute col tempo diventa globale, e concerne l'intonazione emotiva di fondo che varia nel lungo periodo biologico e biografico. Questo meccanismo, una sorta di sommatoria di eventi puntiformi disparati, altera solo in parte l'identità dell'Io che, si può dire, è “resistente”, “relativamente stabile” rispetto a ciò che gli accade.
4.1.1 Noi siamo in parte diventati quello che siamo in virtù della memoria consapevole o inconsapevole, nelle sue varie forme, ma siamo in gran parte liberi, a meno che non intervengano processi patologici, dagli influssi emotivi della nostra memoria biografica: la predisposizione a subirne gli effetti si sovrappone in gran parte con la vulnerabilità ai disturbi mentali.
 
 

[1]   Dalle Luche R., Lazzeri L.: www.lalineadellocchio.it/.../eternal-sunshine-of-the-spotless-mind-se-mi-lasci-ti-cancel...4 dic 2013; notevoli a nostro avviso gli studi  http://psichecinemania.blogspot.com/p/se-mi-lasci-ti-cancello.html  e Smith D.L. Eternal Sunshine of the Spotless Mind and the Question of Trascendence. The Journal of Religion and Film, 9,1, April 2005.
 
[2]          A parte alcuni frammenti convenzionali, il film non segue una temporalità lineare, ma una sorta di tempo interiore, frammentato, in quanto i diversi episodi montati sequenzialmente appartengono a momenti diversi della storia che, per essere riportata alla sua linearità, e benchè scorra e appaia comprensibile facilmente anche ad una prima visione, per essere sufficientemente compreso impone un complesso esercizio di rismontaggio e riposizionamento delle diverse sequenze che richiedono visioni ripetute; inoltre nel film si verificano dei vortici o dei mîse en abîme mnesici in quanto  ricordi appartenenti a diverse epoche della vita si condensano  e mischiano l'uno con l'altro. Anche per questi aspetti formali “Il  film è come una seduta di auto-analisi per chiunque sia stato innamorato e gli sia capitato di perdere un amore” (http://psichecinemania.blogspot.com/p/se-mi-lasci-ti-cancello.html)
[3]   R.Dalle Luche, Il cinema nella mente di Charlie Kaufman, in  Senatore I (Ed.), I registi della mente (e altre storie), Falsopiano, pp.68-87.
[5]   Nietzsche Alidlà del bene e del male,, Parte VII, 217; il tedesco “Dummheit” significa “sciocchezze” piuttosto che “errori” ed in inglese viene tradotto con “Blunders” (abbagli): Il testo completo (nella traduzione di Ferruccio Masini) è: “Guardatevi da coloro che annettono un alto valore al fatto che si confidi nel loro tatto morale, nella finezza delle loro distinzioni morali! Essi non ci perdoneranno mai d'essersi resi colpevoli una qualche volta  dinanzi a noi (o addirittura contro di noi) – costoro diventeranno inevitabilmente i nostri istintivi detrattori e offensori, pur restando ancora nostri «amici». - Beati quelli che dimenticano, perché la faranno «finita» anche con le loro stupidaggini.”; nel contesto quindi la citazione indica non solo l'opportunità di dimenticare, ma anche quella di non confidare le proprie “stupidaggini” a nessuno. Citazioni simili sono: “«Io ho fatto questo», dice la mia memoria. «Io non posso aver fatto questo» dice il mio orgoglio e resta irremovibile. Alla fine – é  la memoria ad arrendersi.  (af. 68). In Genealogia del la morale:   Soltanto ciò che non cessa di dolorare resta nella memoria”
[6]          “Eliminare il dolore , senza ulteriori precisazioni, inevitabilmente ci porterebbe ad un mondo felice, ma non nel senso letterale, bensì come l'ha concepito Huxley nel suo romanzo "Il mondo nuovo" (Brave New World), un mondo artificiale. Sarebbe come seguire la stessa sorte di coloro che sono rimasti nella Terra dei Lotofagi dell'Odissea, dove l'essere umano, nella suo idillio narcotico e spensieratezza, soffre ma di una regressione nel processo di individuazione. Nel IX libro dell'Odissea (vv. 82-102), si narra come Ulisse approdasse presso questo popolo dopo nove giorni di tempesta, che colse lui e i suoi uomini presso Capo Malea, spingendoli oltre l'isola di Citera. I Lotofagi accolsero bene i compagni di Ulisse e offrirono loro il dolce frutto del loto, unico loro alimento che però aveva la caratteristica di far perdere la memoria (oblio), per cui Ulisse dovette imbarcarli a forza e prendere subito il largo per evitare che tutto l'equipaggio, cibandosi di loto, dimenticasse la patria e volesse fermarsi in quella terra (nell'Odissea si dice fosse su un'isola). “http://psichecinemania.blogspot.com/p/se-mi-lasci-ti-cancello.html
[7]          “Noi siamo il nostro passato, nulla è comprensibile se non attraverso la nostra storia” (http://psichecinemania.blogspot.com/p/se-mi-lasci-ti-cancello.html  La nostra identità è la somma di tutte le esperienze avute fin dalla nascita filtrate dalle nostre disposizioni cognitive e emotive, e la nostra personalità, di ciò che abbiamo fatto e ciò che ci è capitato. L'identità soggettiva è ciò che ricordiamo spontaneamente o volontariamente. L'identità oggettiva quello che raccontiamo di quello che vogliamo ricordare.
[8]   Sono note da molto tempo le alterazioni della memoria nella depressione melanconica : Tanzi, ad esempio, scrive : ”per una specie di spasmo evocativo “ (Tanzi) riemergono ,in accordo all’umore fondamentale ,”i ricordi più tristi ancorchè remotissimi e insignificanti, le piccole colpe di gioventù, i presagi sinistri, le amarezze passeggere di tutta l'esistenza trascorsa" . Nella melanconia lo svanire della spinta progettuale va  spesso di pari passo con un rivolgersi della memoria al passato (retrospezione dolorosa con ipermnesia). Nel riesaminare questa letteratura  Maggini (2001) sostiene che nella melanconia la funzione dell'oblio sembra venire meno: “ciò che è accaduto allora è tutt’ora presente, non è più consentito separare il qui-ora e l’allora ,ordinare il ricordo ,conferirgli coerenza, risolvere una biografia in storia personale”. Tuttavia da un lato è possibile che l'umore condizioni negativamente la scelta dei ricordi (solo quelli negativi) e progressivamente li colori con i sentimenti del rimpianto e della colpa: vi sia cioè una deformazione a posteriori delle tracce mnesiche. Nella depressione grave che si spinge quasi all'arresto psicomotorio anche questa polarizzazione retrospettiva viene meno e restano solo i vissuti e talora i deliri di colpa.
[9]   Dalle Luche R.: Commento critico a Kurt Schneider, Die Untergrunddepression. Comprendre 21, 2010.
[10]    “Non è piuttosto vero che ogni relazione affettiva, ogni investi­mento affettivo, lascia esattamente una traccia che l’individuo deve elaborare e con la quale deve confrontarsi ogni volta si trovi in situa­zioni simili, cosicché il singolo, pur nella persistenza delle sue disposi­zioni temperamentali, e nel perdurare dei tratti e delle caratteristiche della sua personalità, cambia nel tempo nei suoi modi di relazionarsi, d’“investire affettivamente” nella realtà. Tutta la grande letteratura (da L’education sentimentale di Flaubert alla Recherche di Proust) è una testimonianza di questo percorso di trasformazione dell’umore di Fondo, del modo d’intonarsi all’esistenza, in relazione al susseguirsi degli eventi affettivi della vita.” Dalle Luche R., Commento.., op cit.
[11] Il termine “affetto” e tutti i suoi derivati provengono dal lat. Affectus , participio passato di afficěre, “impressionare”
[12]            Nel pensiero freudiano la rimozione (Verdrändung, rimuovere, spostare, allontanare, che deriva, come opposto, dal verbo dringen, , penetrare, fare pressione, e il sostantivo Drang, pressione, spinta), non si riferisce primariamente al funzionamento della memoria ma è un concetto che nasce nella riflessione “scientifica” freudiana sulle pulsioni: quando una pulsione non può essere soddisfatta piacevolmente, a causa della riprovazione morale e sociale che trasformerebbe la sua consumazione in dispiacere, non potendo l'individuo fuggire da se stesso, non può che “espellere” e “tener lontano qualcosa dalla coscienza” . Freud distingue poi la “rimozione originaria” (Urverdrängung) relativa alla “rappresentanza ideativa”  (Vorstellungrepräsentanz) della pulsione e la rimozione propriamente detta o post-rimozione (Nachdrängen) , rivolta ai derivati psichici della pulsione. Le pulsioni rimosse, nella loro varietà, possono essere recuperate dalla coscienza in maniera deformata associativamente, ed è proprio questo il compito delle libere associazioni analitiche (Freud, Matapsicologia. La rimozione, 1915)
           Nelle neuroscienze sperimentali si riflette invece sul fatto che gli eventi traumatici siano quelli nei quali, per definizione, il carico emotivo delle memorie svanisce con molta difficoltà e spesso mai. A questo si legano tutte le esperienze di evitamento, i flash backs, le alterazioni comportamentali che permangono nel lungo periodo. In alcuni casi tuttavia è stato dimostrato sperimentalmente che lo stress acuto del trauma abolisce la formazione del ricordo (amnesia post-traumatica) (Le Doux, ), come si verifica anche in alcuni comportamenti estremi spesso di carattere criminale.
[13] Janzarik W. : Strukturdynamische Grundlagen der Psychiatrie. Enke, Stuttgart, 1968.
[14]        Nietzsche, Così parlò Zarathustra
 
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