PENSARE AI TEMPI DEL COLERA

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8 marzo, 2020 - 15:59

Se si è animati dalla speranza, come Julian Carron (Corriere della Sera, 1 Marzo 2020) si può essere portati a credere che questa epidemia aiuterà la gente a pensare. Non entro nel merito della domanda: la paura del contagio ci allontanerà ulteriormente gli uni dagli altri? o viceversa avrà l’effetto contrario, sensibilizzandoci al nostro comune destino di fragilità, mostrandoci il bisogno che abbiamo gli uni degli altri? Voglio anch’io provare a credere che questa epidemia potrebbe aiutarci a pensare. Non “che cosa” pensare – cioè, ad esempio, se sia più giusto ritenere che siamo di fronte ad un pericolo mortale, oppure che si tratti di una montatura politico-mediatico-finanziaria. L’insegnamento che possiamo trarre da questa emergenza riguarda il “come” pensare. La domanda, che a prima vista potrà sembrare molto astratta, è dunque: che cosa significa pensare?

Pensare significa discernere: definire un fenomeno, analizzare un fatto, cioè in fondo separare. Il pensiero separa, mentre le emozioni rimescolano. Per questo è difficile pensare, ed è invece molto più facile essere contagiati dalle emozioni. Infatti, le emozioni contagiano diffondendo un’opinione che ammassa i fatti sulla base di analogie e somiglianze; mentre il pensiero interroga, e talvolta convince, sulla base di una serie di distinguo. Pensare è restare in equilibrio sopra le emozioni.

Come possiamo sperare che il pensiero, che separa i fatti, possa mettere insieme le persone? Le emozioni, ammassando i fatti, creano opinioni, e le opinioni mettono insieme le persone sulla base di un istinto identitario, cioè facendo identificare le persone con quella certa o quell’altra opinione. Avere un’opinione, per molti, significa avere un’identità, appartenere a un gruppo, addirittura equivale a pensare. Ma le emozioni, e le opinioni che ne derivano, aggregano le persone su fronti contrapposti: “fobici” e “controfobici”, spaventati e temerari - come scrive Vittorio Lingiardi (Repubblica 6 Marzo 2020). Le emozioni prima chiamano a raccolta le persone, poi immediatamente le separano in due tifoserie contrapposte.

Pensare, invece, separando i fatti, mette insieme le persone mostrando le ragioni di entrambe le tifoserie. Pensare, mostrando la complessità dei fatti, aiuta a vedere le ragioni degli uni e degli altri. Pensare riconosce le ragioni dei fobici e dei fatalisti, di chi spera e di chi dispera, di chi sostiene che l’epidemia sia un problema sanitario o economico, di chi mette al primo posto la salute pubblica o le libertà personali, di chi privilegia i diritti dei nativi o degli stranieri, ecc.

Pensare è assai più complicato che farsi contaminare dalle emozioni, ma specie di questi tempi ne vale la pena.

 

 

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