La cosa più facile: sbagliarsi

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14 settembre, 2020 - 05:48

Allora anche carnefici, dittatori, fanatici, demagoghi in lotta per il potere con l’aiuto di qualche slogan, purché gridato forte, amano il proprio lavoro e lo svolgono altresì con zelante inventiva. D’accordo, loro “sanno”. Sanno, e ciò che sanno gli basta una volta per tutte. Non provano curiosità per nient’altro, perché ciò potrebbe indebolire la forza dei loro argomenti. E ogni sapere da cui non scaturiscono nuove domande, diventa in breve morto, perde la temperatura che favorisce la vita. Nei casi più estremi, come ben ci insegna la storia antica e contemporanea, può addirittura essere un pericolo mortale per la società. 

Per questo apprezzo tanto due piccole paroline: “non so”. Piccole, ma alate. Parole che estendono la nostra vita in territori che si trovano in noi stessi e in territori in cui è sospesa la nostra minuta Terra”. 

Wislawa Szymborska (1923-2012) - Discorso tenuto in occasione del Premio Nobel per la Letteratura 1996. 

 

Abstract 

L’editoriale di “The Lancet” “The crisis of political language”, opera una serie di valutazioni sulle conseguenze del linguaggio politico nella gestione della crisi indotta dal coronavirus. Sull’argomento delle parole usate in politica esiste una vasta letteratura sociologica, filosofica, psicologica, storica e umanistica, qui presa brevemente in esame.  

The editorial of "The Lancet" "The crisis of political language", makes a series of assessments on the consequences of political language in the management of the crisis induced by the coronavirus. There is a vast sociological, psychological, philosophical, historical and humanistic literature on the subject of words used in politics, which is briefly examined here. 

 

Articolo 

E’ sotto gli occhi di tutti, anche in Italia, quanto il linguaggio politico sia da tempo caratterizzato da forti antagonismi e sfide, finalizzate alla conquista o al mantenimento del consenso e del potere. Fatto tanto più pervasivo dell’animo e della mente negli ultimi mesi di pandemia, tanto più confuso e contradditorio data la frammentazione dei poteri nel nostro territorio, tanto più ossessivo considerata la frequenza di eventi elettorali. 

Di questo importante argomento, in senso ampio e senza rifarsi al nostro Paese, si occupa Richard Horton, caporedattore di The Lancet, nel suo editoriale “The crisis of political language, pubblicato sulla sua rivista del 12/09/2020 (1) 


 

Horton, rifacendosi a  George Orwell, che, nel suo saggio del 1945 Politics and the English Language, scrisse: "pensare chiaramente è un primo passo necessario verso la rigenerazione politica", analizza criticamente il modo di comunicare di potenti  Capi di Stato (Putin, Trump, Johnson), che utilizzano tra l’altro la ricerca scientifica sul vaccino, la genesi del virus, la gestione della crisi durante e dopo il  lockdown, per esaltare i meriti propri e accusare i propri nemici politici: ora l’occidente più lento e incapace della Russia e dei suoi scienziati, ora la Cina colpevole della diffusione del virus e connivente con l’avversario alle elezioni presidenziali degli USA, ora gli errori dei vecchi governi filoeuropei del Regno Unito, per giustificare una uscita cieca e senza regole dalla UE. 

Dopo j’accuse simili dichiarano che entro pochi mesi sarà tutto finito, per via dell’innato talento, intuito, capacità di previsione e lungimiranza.  

Si aggiunga a questo quanto sostenuto dal New York Times, sempre il 12/09/2020 (2), che rivela fonti del CDC (Centers of Desease Control and Prevention), la più importante istituzione americana in campo di prevenzione delle malattie, che parlano di pressanti ingerenze affinché siano “ritardati o persino eliminati i rapporti settimanali sul coronavirus, ritenuti non lusinghieri per il Presidente”. 

Si cerca di cancellare la realtà fenomenica e il metodo di indagine scientifico, per affermare una dottrina assolutistica, fondata apparentemente sulla perfezione e infallibilità dall’ errore, ma, nel contenuto, sulla filosofia della convenienza. 
 


Particolarmente acuto (e accreditato) tra i numerosi testi che discutono dell’argomento del fare politica utilizzando un linguaggio finalizzato alla ricerca di consenso-popolarità-potere, v’è il volume Populism:  a very short introduction”  (3). Nel testo si rianalizza la progressiva affermazione della politica come sfida urlata e intimidatoria, che ambisce alla scalata dei posti di comando e della affermazione di “profeti dell’inganno che ostentano cattive maniere e si fanno beffe della coscienza e verità scientifica, che amano le lusinghe e cercano di mobilitare i sostenitori con ammonimenti iperbolici su crisi e minacce esistenti o imminenti, che utilizzano parole e simboli religiosi e immediatamente dopo spregiudicatezza, che approfittano con prontezza rettile di ogni evento nefasto o felice che sia, per apparire i più vicini al popolo o attaccare, deridere volgarmente squalificare con ferocia governi (passati e presenti) o avversari e quindi autoesaltarsi: “ora posso essere davvero feroce” (4). 

Essi, svincolati dalle vere e proprie ideologie politiche, come il liberalismo o il socialismo, si basano molto meno su principi stabili e modi specifici di fare politica, e molto più sul modo in cui il messaggio personale viene trasmesso e incide e fa presa sulle coscienze (3). 

La riflessione di Orwell che il linguaggio sia usato "con l'intento di ingannare" nei "sordidi processi della politica internazionale" (e nazionale, regionale, locale) non potrebbe essere più appropriata. 

Psicologicamente sottile è pure la descrizione di Alessandro Manzoni “Le parole dell’iniquo che è forte, penetrano e sfuggono.  Può adirarsi che tu mostri sospetto di lui, e, nello stesso tempo, farti sentire che quello di che tu sospetti è certo: può insultare e chiamarsi offeso, schernire e chieder ragione, atterrire e lagnarsi, essere sfacciato e irreprensibile". (5) 

Tornando al coronavirus, si chiede conclusivamente Horton “dov'è il piano, il programma, la prova che le persone più gravemente colpite da CoVID-19 sono prioritarie?”. 

"Il grande nemico del linguaggio chiaro", scriveva Orwell, "è l'insincerità". "Il linguaggio politico... è progettato per rendere le menzogne vere e gli omicidi rispettabili".  

CoVID-19 non fa eccezione.  

L’attuale crisi sanitaria ed economica che affrontiamo è decisamente aggravata dalla crisi del linguaggio politico, nel quale le “due piccole paroline: non so” non esistono e per il quale vale ancora maggiormente il detto “la cosa più facile: sbagliarsi” (6)
 


Bibliografia: 

  1. Cas Mudde, Crtibal Rovira KaltwasserPopulism: a very short introduction . Oxford University Press 2017 

  1. Alessandro Manzoni “I Promessi Sposi” Einaudi Ed. 

  1. Madre Teresa di Calcutta: Il cammino semplice -1995 

 

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