PSICHIATRIA E RAZZISMI
Storie e documenti
di Luigi Benevelli

Surgeon General - VI (Ispanici)

Share this
1 agosto, 2021 - 09:16
di Luigi Benevelli

Il Surgeon General (Chirurgo Generale), il “medico della Nazione”, è l’autorità sanitaria del Governo Federale USA istituita  nel 1871; il Presidente USA, al suo insediamento, ne nomina i vertici. Dal 1953 il Surgeon General  fa parte del Department of Health and Human Sciences.  Il Surgeon General degli Stati Uniti è alla guida del Servizio per la Salute Pubblica (U.S. Public Health Service Commissioned Corps)  ed  ha il mandato di proteggere, promuovere, far progredire la salute e la sicurezza dell’intera Nazione. Quello del Surgeon General è un servizio in divisa; il Surgeon General  ha il grado di vice - ammiraglio. La  rivista ufficiale, Public Health Report (PHR), è  edita dal 1878.
 Nel 1999, con il presidente Bill Clinton al suo secondo mandato, il Surgeon General  David Satcher presentò un rapporto nel quale, per la prima volta nella storia dell’Ufficio, una struttura federale, si riconosceva la gravità delle disparità circa l’uso, la disponibilità, l’accesso, la qualità dei servizi per la salute mentale, la fiducia negli stessi da parte di singoli e comunità.

Da tale denuncia nacque il Supplemento Mental HealthCulture, Race and ethnicityA supplement to Mental Health: a Report of the Surgeon General, pubblicato nel 2001 da cui è tratto il capitolo VI  dedicato all’assistenza psichiatrica agli Ispanici Americani[1], gruppi eterogenei per la provenienza (europea, asiatica, africana), oltre che per la alta quota di immigrati.
Di grande rilievo è la loro rapida crescita che li ha portati nel 2000 a raggiungere il numero degli Afro Americani: si calcola che nel 2050  1/3 dei giovani al di sotto dei 19 anni sarà costituito da ispanici. Il gruppo più grande (2/3)  è rappresentato dai  Messicani; per il restante terzo seguono Portoricani, Cubani, Centro Americani.  Quasi due terzi sono nati negli USA.
I Messicani abitavano già, e rimasero, nei territori dal Texas alla California  acquisiti dagli Stati Uniti dopo la guerra (1846-48). Seguirono ondate di immigrati  in relazione alle vicende della Rivoluzione Messicana (1910-17). Uno dei tratti caratteristici dell’immigrazione dal Messico è la sua irregolarità, trattandosi per gran parte di ingressi non autorizzati di persone prive di documenti.
I Portoricani  hanno cominciato a trasferirsi negli USA dopo la Seconda Guerra Mondiale, a seguito  del’impoverimento e della disoccupazione nella popolazione dell’isola. Il Jones Act del 1917 ha  garantito la cittadinanza USA  ai Portoricani.
I Cubani  presero a migrare negli USA a partire dalla seconda metà dell’Ottocento; il fenomeno divenne massiccio dopo il 1959, prima le élites borghesi, poi i valseros, molti con lo status di “rifugiato politico”.
I Centro Americani costituiscono il gruppo più recente di immigrati in fuga dal disordine e  dalle atrocità nei loro paesi (in specie El Salvador, Guatemala, Nicaragua); il 70% degli arrivi si è realizzato fra 1980 e 1990. Sono per gran parte irregolari anche perché privi di adeguati documenti e vanno a infoltire la massa dei lavoratori non qualificati.
Più della metà dei Cubani ha ottenuto la cittadinanza USA  con lo status di “rifugiato politico” e si  è rapidamente integrata, fornita di permessi di lavoro. Questo a differenza dei Messicani di cui solo il 15%  è diventato cittadino USA.   Anche alla gran parte dei Centro Americani non sono riconosciute agevolazioni agli ingressi, anche se provenienti da zone di guerra.
  Stato attuale
Sono collocati per lo più negli Stati del Sud; metà in California e Texas (dati 2001); poi in Florida, Illinois, New York.
Prima dell’annessione, molti  dei discendenti dai coloni messicani e spagnoli  si chiamavano hispanos.  Dal 1990 al 2000 gli hispanos  sono raddoppiati di numero in 6 Stati (Arkansas, Nevada, North Carolina, Georgia, Nebraska, Tennessee.
  Struttura della famiglia
Vige il familismo, alimentato dagli ostacoli all’accoglienza e dalle difficoltà dell’immigrazione; per gran parte gli Ispanici vivono in famiglia, pochi da soli (14%); i figli restano in famiglia fino al matrimonio.
 
  Scolarità
È inferiore rispetto alla media nazionale. Dei Latinos  > 25 anni, il 56% ha frequentato le High Schools e l’11%  l’Università a fronte del dato nazionale rispettivamente dell’83 e del 23%. La quota di chi interrompe gli studi  fra gli Ispanici da 16 a 24 anni  nati fuori dagli USA è più del doppio  rispetto a quella dei coetanei nati negli USA. Ipotesi: le cause risiedono  nel fatto  che  sono entrati in territorio USA per lavorare e non per andare a scuola o a rinunce a fronte delle difficoltà linguistiche e sociali. Altro dato è che molti fanno parte di gang urbane.
I Cubani sono i più scolarizzati (70% nelle High Schools) a fronte del 64% dei Portoricani e del 50% dei Messicani. Lo stesso si registra per quanto riguarda i laureati (i Cubani rientrano nella media nazionale).
 
  Reddito
In testa i Cubani, seguono i Portoricani.
Stessi dati per la disoccupazione e la  soglia di povertà.
 
  Salute fisica
La mortalità infantile, indicatore assai sensibile, è correlata ai livelli di scolarità: Cubani e  Portoricani hanno livelli simili a  quelli dei Bianchi; più alta quella  di Messicani e CentroAmericani, ma metà di quella degli AfroAmericani a parità di condizioni socio-economiche.
Il peso dei nati alla nascita è inferiore per le donne Messicane nate negli USA (dato imputato a tabagismo e dipendenza da alcool).
I Latinos corrono il rischio di morte per diabete doppio rispetto ai Bianchi; segnalati un 20% di obesità, alta pressione arteriosa, nuovi casi Tbc
 
  Salute mentale
Problemi: grande bisogno di servizi;  status economico, scolarità; i Centro Americani  soffrono più grandemente di PTSD per i traumi subiti nei paesi di provenienza.
 
Questioni chiave:
La raccolta dei dati usando il DSM (1994)  presenta 3 ordini di problemi:

  • Le persone fanno esperienza di grandi disagi (distress) che compromettono il buon funzionamento nella vita quotidiana, ma i sintomi associati si collocano per intensità al di sotto della soglia della rilevanza diagnostica
  • Le categorie diagnostiche del DSM sono rigide, poco flessibili  e non consentono di rilevare tipi di sofferenza e disturbi  culturalmente definiti col risultato del disconoscimento della condizione
  • Gli studi epidemiologici sono condotti per gran parte in comunità di famiglie e non prendono in considerazione i senza-casa, chi vive da solo o sta in una istituzione.
Di qui la necessità di allargare le ricerche ai bisogni di salute mentale per aggiungere  report su sintomi, cluster di sintomi. Modelli di espressione del disagio culturalmente condizionati in popolazioni di solito escluse dalle ricerche.
 
  Disturbi mentali
Adulti-  3 gli studi:
  • ECA in 5 comunità a Los Angeles  (Catchment Area Study- 1991); rilevati dati sovrapponibili fra Messicani e Bianchi ; i Messicani nati negli USA soffrono maggiormente di depressione e fobie rispetto ai nati in Messico;
  • National Comorbidity Study (NCS, 1994) con interviste, solo in inglese e l’esclusione di chi parla solo spagnolo. Rispetto ai Bianchi, i Messicani Americani hanno meno disturbi mentali nell’arco della vita, meno disturbi d’ansia  e da dipendenza. Non rilevate differenze con Portoricani e altri Ispanici.
  • Studio  dei disturbi mentali  nei Messicani della contea di Fresno (1998). Le percentuali di disturbi mentali nell’arco della vita dei Messicani  nati in Messico sono assai inferiori a quelli  dei Messicani nati negli USA: 25%  fra immigrati e 48% fra i nati negli USA. Anche la durata della permanenza negli USA è correlata a un maggior numero di disturbi  (chi risiede da più di 13 anni aveva un’incidenza assai maggiore rispetto a chi aveva risieduto  da meno di 13). Le quote nei nati negli USA sono pari a quelle della popolazione USA; i nati a Fresno  hanno numeri simili a quelli rilevati a Mexico City.
Tutti  gli studi confermano il dato che i nati in Messico godono miglior salute mentale rispetto ai nati in territorio USA e alla popolazione generale USA.
Altri studi  confermano che i Portoricani nati nell’isola hanno nell’arco della vita  metà tassi di depressione (4,6%) rispetto a quelli di New York (9%). Quindi si evidenzia l’esistenza di fattori associati al vivere negli USA che portano a maggiori rischi per la salute mentale.
Vi è chi sottolinea  il peso del percorso di acculturazione, ma non vi sono dati che lo confermerebbero. Ancora non si conoscono quali possano essere gli aspetti del processo di acculturazione  da collegare ai più alti livelli di disturbi mentali: cambiamenti nei valori e nei costumi?  impatto negativo con le istituzioni  USA (scuola, lavoro)?
È il caso di mettere a punto test specifici dei processi di acculturazione, predittivi  dei problemi di salute mentale dei Latinos.
 
Bambini e giovani-
La gran parte degli studi epidemiologici sui  Latinos  sono stati condotti usando indici di sintomi, liste di problemi del comportamento.  È risultato importante includere la disabilità fra i criteri di valutazione. Per tutti i gruppi il tasso di disturbi mentali si riduceva enormemente  se si considerava la disabilità. Un dato appare costante: i giovani Latinos sperimentano una quantità di problemi di salute mentale superiore a quella dei Bianchi.
Bambini ispanico nelle scuole medie ( Texas ) hanno evidenziato maggiori problemi di comportamenti legati all’ansia rispetto ai coetanei Bianchi.
Fra gli adolescenti più problemi di comportamenti antisociali rispetto ai Bianchi.
Idem per quanto riguarda i Portoricani – uno studio in Florida (1995) non ha evidenziato invece differenze.  Maggior quantità di sintomi depressivi in New Mexico, sempre rispetto ai Bianchi. Questi dati sono confermati anche tenendo conto dei livelli delle disabilità e dei fattori socio-demografici.
In chi vive negli USA maggior quantità di sintomi depressivi, dipendenze, ideazioni suicide. Sono sollecitati  nuovi studi sui giovani Latinos che potrebbero essere più vulnerabili, ma anche più recettivi alla prevenzione.
 
Adulti e anziani
Pochi gli studi che evidenziano sintomi depressivi più o meno gravi correlati a problemi di salute fisica.  Studi recenti segnalano rischio Alzheimer più alto fra gli Ispanici che fra i Bianchi.
 
  Sintomi
I primi studi epidemiologici hanno preso in considerazione singoli sintomi, ma non la malattia: più alti livelli di depressione e ansia che nei Bianchi.
1990- Cubani e Messicani in New York con tassi inferiori di sintomi depressivi rispetto ai Portoricani.
Due studi mostrano  che gli indicatori  di sintomi depressivi  usati per i Latinos  misurerebbero l’ansia più che la depressione.
Per la comprensione dell’interrelazione fra ansia psicologica, specifici disturbi mentali e condizioni sociali è  opportuno approfondire le ricerca sul come ansia e depressione sono temperate dai fattori sociali.
 
  Somatizzazioni
Le prime ricerche partivano dal presupposto che esprimere il disagio psicologico con sintomi somatici significasse uno sviluppo psicologico ridotto. Tesi oggi negata : le due modalità sono equivalenti e specchio dei contesti socio-culturali.
Oggi il problema è come i processi sociali e culturali modellano l’espressione del disagio attraverso corpo, psiche o ambedue.
Donne messicane > 40 anni avrebbero più possibilità a esprimersi con disturbi somatici. Nessuna differenza rilevata fra adulti messicani e Bianchi (1987).
In un altro studio donne e uomini di Portorico manifestano maggiormente sintomi somatici  rispetto a Messicani e Americani non-ispanici.
Quanto alla differenza nell’uso dei servizi sanitari, i diversi gradi di comprensione delle domande, le differenze di status socio-economico conducono a resoconti falsati sulla frequenza di sintomi somatici.
Alti livelli di disturbi somatici si ritrovano nelle disabilità. Importante l’accessibilità dei servizi e dei fattori culturali.
 
  Sindromi cultura-correlate
Per i Latinos Susto (spavento), Nervios (nervi), Mal de ojos (occhio del diavolo)-
Ataques de nervios /Caribe) = urla incontrollate, pianti, tremori, aggressività fisica e verbale. Ataques de nervios  ci dicono che esistono  modi di star male e malattie che non rientrano nei sistemi di classificazione psichiatrici tradizionali. Sono presentati come modelli popolari, laici o di senso comune di malattia o di comportamento malato, appaiono “di confine”, mentre altre sono più fluidi e attraversano una vasta gamma di raggruppamento di sintomi. Ad esempio, molti Messicani usano il concetto più generale di nervios  per indicare “distress”, non associato a categorie del DSM, tanto quanto “distress” è associato ai disturbi d’ansia o depressione. Va bene la ricerca per definire  culture-bound-syndromes  specifiche, ma è più importante individuare variabili locali delle rappresentazioni di malattia. Quest’ultimo approccio consente una modalità più ampia di comprensione del ruolo della cultura nella malattia e nello star male. Livelli multipli quindi di interpretazione:
  • Secondo DSM
  • Secondo  guaritori folk
  •  Secondo il punto di vista del paziente.
È utile che i trattamenti  integrino  i 3 approcci, per ottenere esiti migliori. (Koss-Chioino 1992)
 
  Suicidio
Secondo  statistiche nazionali (1997) i Latinos  evidenziano un 6%, contro il 13% dei Bianchi. Fra i giovani studenti però, forti ideazioni suicidarie  più che per i Bianchi coetanei.
 
  Povertà
I senza-casa risultano pochi, così come i bambini in collegio; famiglie larghe, estese. Ma molti in carcere, veterani di guerra, alcool dipendenti.
 
  Carcere
Disoccupazione, sovraffollamento, squallore abitativo, elevata mobilità fanno sì che gli Ispanici forniscano il 9% della popolazione carceraria, contro 3% dei Bianchi. Nel corso della vita i maschi ispanici rischiano il carcere 4 volte più dei Bianchi.
Secondo dati dell’Amministrazione Penitenziaria le quote di persone con disturbo  mentale  fra i detenuti ispanici sono più alte di quelli che vivono in comunità (ma si tratta di campioni di popolazione troppo esigui).
PTSD molto alto fra i Veterani, più di tutti gli altri gruppi etnici. (2000) ipotesi che il dato dipenda dalle caratteristiche dei modi di esprimersi più che da diversi livelli di malattia; oppure, a più alta esposizione a traumi e violenze prima dell’arruolamento.
 
  Rifugiati
Soprattutto Centro-Americani: a più forte rischio PTSD e depressione; va notato che gli “irregolari “ non sono censiti.
 
  Alcool e droghe
Consumi simili a quelli dei Bianchi, ma le donne sono in maggior numero; numeri più alti fra le nate negli USA (7 volte di più).
Gli immigrati sono più resilienti, hanno la famiglia d’origine alle spalle cui devono provvedere.
Importante la dimensione religiosa: è Dio che cura. Calore della famiglia nel proteggere i membri con d.m.
Raccomandato lo studio dei punti di forza per i programmi di prevenzione, benessere, salute invece che guardare solo agli aspetti patologici e clinici.
 
  Disponibilità, accessibilità e uso dei Servizi salute mentale
Questione problematica. Per il Censimento 1990 il 40% dei Latinos o non parla affatto o parla male l’inglese. Non si hanno dati sul numero degli operatori che parlano spagnolo. Questo pone problemi su come si valuta e si fanno diagnosi.
Senza assicurazione di malattia 1 su 4 dei non assicurati USA, pur rappresentando il 12% dell’intera popolazione USA. Il 37% dei Latinos, il doppio dei Bianchi non è assicurato. Il dato è legato alla disoccupazione e  a lavori non assicurati; ma anche non-cittadini.
Gli studi evidenziano che gli Ispanici con d.m. non fruiscono di cure adeguate, specie i non-nati negli USA.
I Latinos cercano trattamenti due volte di più nei servizi sanitari generali rispetto a quelli specialistici. Meno di 1 su 11 Ispanici  contatta lo specialista, meno di 1 su 5 il medico generalista; diverso il dato per i Portoricani il cui 85% usa gli specialisti- peso delle barriere economiche, ma anche dello STIGMA.
 
  Terapie complementari
Uso diffuso in tutte le etnie a integrazione dell’assistenza sanitaria  e specialistica: curandero, erborista.
Problema: le indagini condotte tramite interviste telefoniche non incrociano le fasce più povere. Gli studi su piccoli gruppi  riportano fino al 44%.
In Puerto Rico (1992) programma di formazione in comune fra espiritistas e professionisti salute mentale con vantaggio per ambedue.
Chi gestisce servizi di s. m. dovrebbe sapere che in molti luoghi  le terapie complementari sono state stigmatizzate dalla Chiesa. Anche di qui il riserbo.
L’esperienza del Centro La Frontera  (Tucson, 1979) con operatori bilingui e presa in carico da parte dei servizi di comunità.
 
  Bambini e giovani
Poche le indagini: (1996) i giovani Portoricani usano i servizi di salute mentale (ssm) assai meno (20%)  rispetto agli altri che vanno dal 37 al 44%. Secondo altri studi, i bambini e giovani ispanici usano i ssm molto meno di quanto potrebbero.
 
  Adeguatezza ed esisti trattamenti  SSM
Solo 3 studi sulla depressione. Si dimostrerebbe come i programmi di miglioramento della qualità conseguano effetti significativi su trattamenti, esiti clinici e sociali (v. lavoro, occupazione)
 
  Problemi diagnostici e test
Molti studi  hanno evidenziato che i pazienti bilingui sono valutati diversamente  se intervistati in Inglese o in Spagnolo, ma non si sa se questo porti a errori diagnostici.
Quanto ai test accertare quanto contribuiscano alle diagnosi di ritardo mentale, demenza (MMPI, Wechsler); la discussione è vivace. Mancano test affidabili nelle 2 lingue. Necessario quindi ritarare anche tenendo conto dei diversi sottogruppi di ispanici.
 
  Evidence based treatment (Trattamenti basati sulle evidenze)
I Latinos ricevono  meno trattamenti validati rispetto ai Bianchi; ma anche meno diagnosi corrette.
Da studiare le risposte ai farmaci e le variazioni genetiche nei sottogruppi.
 
  Competenza culturale
Uno studio sui MH Services di Los Angeles  evidenzia trattamenti di più lunga durata per i Messicani; problemi di competenza linguistica dei professionisti e dei clienti per ottenere buoni esiti; mancano criteri e standard. Le validazioni sono empiriche.
 
 
 
 


[1] pp. 129-155.

> Lascia un commento



Totale visualizzazioni: 1740