Vecchiaia, tecnica, medicina, arte e intelligenza artificiale

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15 aprile, 2023 - 06:45

Invecchiare è brutto? Sono sempre stato in disaccordo con questo luogo comune. Invecchiare significa essere vivi, avere maturato tante esperienze e vedere la vita da una prospettiva in fondo più realistica e, quando va bene, arricchente. 

Ora questa mia convinzione vacilla, forse perché in fondo 66 anni non sono così tanti e non ho ancora avuto modo di assaggiare davvero tutti i guai che l'invecchiamento crea al tuo corpo...e alla tua mente. 

Il motivo principale però è un altro. Mi rendo conto di essere sempre meno in sintonia con il mondo, o meglio con il modo con cui il mondo si sviluppa e "progredisce". Non sono originale in questo. Fin dagli albori dell'uomo i vecchi hanno avuto una tendenza incoercibile a non capire le nuove generazioni e in genere i nuovi sviluppi della società. 

Ci sono tanti segnali di questa scarsa sintonia, ma quello più preoccupante ha a che fare con l'intelligenza artificiale. 

Fino a pochi anni fa il computer, che già batteva sistematicamente i maestri di scacchi, era una macchina a cui l'uomo aveva fatto digerire milioni di partite, che gli consentivano di scegliere, attraverso calcoli velocissimi ma in fondo elementari, la mossa migliore per vincere la partita. Beh...in fondo nulla di particolare: una macchina sostanzialmente stupida che ha una memoria spaventosa e fa i calcoli in tempi incommensurabilmente più rapidi di qualsiasi essere umano. 

Oggi al computer che gioca a scacchi e straccia il campione del mondo l'uomo fornisce semplicemente le regole del gioco. Il resto lo fa lui. Accidenti, mi sembra un salto piuttosto rilevante, che apre scenari fino a poco tempo fa impensabili. 

Anche nella seconda versione però il computer scacchista a guardar bene non fa così impressione. In fondo si tratta di un gioco, anche se complesso, ma sempre un gioco. Fuori da quell'ambito il cervellone è una pippa. 

Da poco tempo noi uomini comuni abbiamo cominciato ad assaggiare l'intelligenza artificiale, disponibile a chiunque. Fai una domanda di qualsiasi genere e lei (o lui) ti fornisce una risposta spesso articolata, anche su argomenti complessi o specialistici. Essendo uno psichiatra mi è venuto da chiedere di scrivere un dialogo tra Franco Basaglia e Mario Tobino, che sono stati vissuti come due antagonisti rispetto alla chiusura dei manicomi. Basaglia ha lottato per questo obiettivo e Mario Tobino, che per anni ha abitato nel manicomio di Maggiano, fieramente si opponeva a ciò che considerava una riforma sbagliata. Il dialogo era incentrato sul confronto tra le due posizioni, che entrambi esponevano in modo articolato e si concludeva con la dichiarazione condivisa da entrambi che bisognasse mettere insieme i due punti di vista diversi nell'interesse dei pazienti, in considerazione del fatto che tutti e due avevano in comune l'intenzione di aiutarli nel modo migliore possibile. Non ho fatto a meno di pensare che la A.I. era arrivata ad una conclusione che il mondo psichiatrico a tutt'oggi non è ancora riuscito a formulare. 

Ho scoperto così che la A.I. era in grado di elaborare testi, racconti, poesie. Mi sono divertito a fargli scrivere un racconto su una pulce e un fenicottero, o una storia su un campione di padel (il sottoscritto) e una schiappa (un mio amico che desideravo prendere in giro). Il gioco mi ha preso la mano e ho provato a conoscere meglio il mio interlocutore artificiale e gli ho chiesto se fosse in grado di avere emozioni o esprimere giudizi. Lei (o lui) mi ha gentilmente risposto che come A.I. non è stato programmato per provare sentimenti, ma solo per fornire risposte razionali alle domande che gli venivano rivolte, sulla base delle informazioni che gli sono state date da chi lo ha creato. Ormai immerso in un'atmosfera surreale, ho provato a chiedergli se avesse preso in considerazione il fatto che le sue risposte potessero non essere attendibili e veritiere, in quanto condizionate e manipolate dal modo con cui il programmatore gli aveva fornito la base dei dati. Con mio grande stupore la A.I. aveva riconosciuto questo ipotetico rischio, ma si era chiuso in un ostinato mutismo quando avevo provato ad approfondire questo delicato problema. 

Il gioco aveva cominciato a divertirmi meno e inquietarmi un pochino quando ho saputo che giá in questa fase, che si può considerare embrionale, gli esperti e gli intellettuali spesso non sono in grado di distinguere se un testo, anche di argomento specialistico, sia stato scritto da un essere umano in carne ed ossa oppure dal computer. È molto probabile che in un futuro molto vicino la A.I. sará in grado di scrivere un best seller, alla faccia di qualsiasi scrittore dotato, che suda sette camicie per scrivere un libro, che nella maggior parte dei casi resterá nel dimenticatoio. 

Il pensiero successivo è stato pensare a un incidente aereo di qualche anno fa, causato da un software di volo che per una ragione che non ricordo imponeva che il muso del boeing si abbassasse fino a farlo precipitare, senza che i piloti potessero disattivare il meccanismo infernale. 

A quel punto mi è venuto in mente che il mondo è dominato dalla tecnica e che la tecnica non pensa. La medicina, ad esempio, è sempre più centrata su protocolli e linee guida. Il metodo scientifico imperante, che si chiama EBM, è basato su criteri statistici, trasforma tutto in numeri, riduce e semplifica fenomeni complessi, si basa su una gerarchia di informazioni che pone l'osservazione clinica al livello più basso. 

Ho pensato a quel punto alla gestione del covid e al trattamento riservato ai medici che avevano delle perplessità sulla vaccinazione dei bambini e delle donne incinte e sulla somministrazione dei richiami vaccinali a chi aveva appena contratto la malattia, o ai medici che erano andati a casa a visitare e curare i pazienti contravvenendo al protocollo ministeriale di “tachipirina e vigile attesa”. Ho pensato che la tecnica e il criterio meramente statistico dell'efficacia di un certo protocollo aveva fatto passare in secondo piano la tragedia umana di migliaia di anziani lasciati morire da soli, senza il conforto dei familiari, senza neppure poter vedere un volto umano, ma solo maschere anonime e spettrali. 

Appunto...la tecnica non pensa e in questo senso cosa ci può essere di più efficace di una A.I. che per definizione non pensa se non in termini razionali e sulla tecnica surclassa qualsiasi essere umano? Un brivido mi è sceso lungo  la schiena pensando che il medico, già privato concretamente dell'esercizio di  un'autonomia decisionale, potrá essere sostituito da un algoritmo, che conosce tutta la letteratura internazionale e sa applicare il trattamento statisticamente più efficace per ogni possibile disturbo, ovviamente sempre secondo i criteri della EBM, che ha problemi epistemologici e metodologici evidenti. 

Ho immaginato l'intelligenza artificiale a cui viene affidato il compito di valutare, senza l'inopportuna interferenza delle emozioni, la gestione delle risorse sanitarie e il problema della sovrappopolazione. Francamente ho preferito non approfondire le implicazioni, anche perché gli ultimi avvenimenti non mi tranquillizzano affatto sulla capacità dell'uomo di governare la cosa in modo etico e "umano". 

Per alleggerire i pensieri, che si erano fatti piuttosto inquietanti, ho ripreso volentieri l'aspetto ludico della questione e mi sono divertito un sacco a far produrre alla A.I. cento immagini che illustrassero i cento racconti di un libro (CIM Cento imperfetti mondi), da poco scritto insieme a Franca Pezzoni, cara amica e collega. 

La cosa funzionava così... Chiedevo alla A.I., per ora in inglese, di creare un'immagine che contenesse gli elementi che mi interessavano, specificando inoltre lo stile che desideravo (Digital Art, pixel art, impressionismo, Van Gogh style...). In pochi secondo l'aggeggio infernale produceva quattro immagini, che avrebbe  potuto reiterare all'infinito, sempre con lo stesso input e sempre con risultati diversi. Se il risultato  non fosse stato soddisfacente, avrei potuto cambiare qualche particolare della richiesta (i colori, l'età delle persone rappresentate, il loro abbigliamento, l'ambientazione...) fino ad ottenere il risultato desiderato. 

Ancora una volta il divertimento si era trasformato in inquietudine vedendo i risultati e soprattutto verificando che nessuno degli amici a cui avevo fatto vedere le immagini aveva pensato che fossero generate automaticamente da un computer. La domanda ricorrente era: "Chi è l'artista?" 

Il pensiero successivo, mi rendo conto già deragliato nel delirio psicotico, era stato: "Se la macchina un giorno supererá l'uomo nella creatività, che resterà di noi?". 

 

P.S. per chi è interessato a vedere le immagini, ecco il link: 

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