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Disturbi del Comportamento Alimentare

14 Gen 13

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(a cura di Luca Adriano, Elisabetta Olivieri, Marta Pardini)

 

Il 13 dicembre 2002, presso l’auditorium del CBA (Centro Biotecnologie Avanzate) di Genova, si è svolta una giornata di studio sui DCA incentrata sull’approfondimento e il chiarimento delle linee guida regionali e i relativi modelli applicativi: la tematica è stata affrontata da un punto di vista multidisciplinare.

Ha introdotto i lavori l’intervento dell’Assessore alla Sanità, Ing. R. Levaggi, che ha sottolineato la precisa volontà da parte della Regione di istituire un centro dedicato, rispondendo così ad un effettivo bisogno che le statistiche confermano crescente.

I motivi socio-antropologici per cui il problema dei DCA è fortemente presente nella nostra società è stato analizzato dalla Dott.ssa L. Stagi, Professore a contratto di Metodologia e Scienza della ricerca presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Genova. I DCA sono stati presentati come un "disturbo etnico" ovvero una malattia che per dinamiche interne esprime le contraddizioni cruciali e le angosce della società, e che colpiscono soprattutto le giovani —donne-occidentali.

La misura della prevalenza e dell’incidenza di questi disturbi è stata fornita in modo preciso e dettagliato dal Dott. S. Sukkar, Responsabile U.O. di Nutrizione Clinica A.O. San Martino di Genova. I dati presentati hanno portato alla conclusione che, accanto ad un’alta competenza e professionalità dei servizi offerti all’utenza, non figura un’adeguata omogeneità delle prestazioni e dell’inquadramento diagnostico e si è rilevato inoltre, una insufficiente sensibilizzazione del medico di famiglia e scarsità di ricoveri dedicati.

È quindi intervenuta la Dott.ssa B. Masini, Dirigente Psicologa DSM, ASL 3 Genovese, sottolineando che la Regione ha disposto la creazione sul territorio di un centro dedicato alla cura e allo studio dei DCA che collabori con le altre strutture e autonomo dal punto di vista della gestione specialistica interdisciplinare.

La pluralità di manifestazione del problema è stata offerta dalla Prof.ssa I. Oberti, Responsabile Servizio Psicologia A.O. San Martino di Genova, che ha confermato l’effettivo incremento dei DCA in ambito ospedaliero.

La paziente anoressica, in particolar modo, "chiede" uno spazio libero in cui "salvare" la propria autenticità minacciata dalla necessità di scegliere tra la strada di un falso Sé o liberare il Sé psichico rimasto congelato. In questa dimensione di contenimento, la paziente ha l’opportunità di trovare qualcuno che testimoni la sua persona e non la sua patologia, iniziando così il percorso del piacere di vivere e di mangiare permettendo al vero Sé di uscire dal "guscio autistico" in cui era nascosto.

Per raggiungere questo obiettivo è necessaria la collaborazione e l’interazione tra i curanti facendo si che la paziente possa costruire con essi il proprio iter terapeutico.

 

Nel corso della seconda parte del convegno sono stati affrontati gli aspetti diagnostici e terapeutici e le relative difficoltà con le quali lo specialista che si occupa di DCA deve affrontare. A sottolineare la crescente importanza sul piano epidemiologico e il relativo maggior interesse nei confronti dei DCA che si è venuto a creare negli ultimi dieci anni, è stato il Dottor Marco Gennaro, Responsabile del Servizio di Dietologia della ASL 3 Imperiese. Si è assistito ad una aumentata incidenza del disturbo che è andata di pari passo con il crescente numero di lavori che sono stati pubblicati in autorevoli riviste internazionali. Tutto questo ha consentito di modificare la modalità di intervento terapeutico con il passaggio da un approccio di tipo individuale da parte del curante verso quello di un’equipe multidisciplinare, nella quale diverse figure specialistiche intervengono nella realizzazione del progetto di cura.

Un ruolo centrale, nell’ambito dei DCA, è da ricercarsi nel momento della prevenzione e della diagnosi precoce, così come è stato esposto dal Dottor Rebolini, Direttore Dipartimento Dipendenze dell’ASL 4 Chiavarese e dal Dottor Roberto Infrasca, Dirigente Psicologo DSM ASL 5 Spezzino. Il Dottor Rebolini ha posto l’accento sulla necessità di effettuare un intervento diffuso tra i ragazzi, ma anche tra gli adulti attraverso un’informazione specifica che sottolinei come i DCA siano frequenti in un’età, quella adolescenziale dove inevitabili sono i profondi cambiamenti corporei e dove il cibo diviene espressione delle difficoltà incontrate ad adattarsi a tali cambiamenti.

Il Dottor Infrasca ha fornito un esempio di uno studio effettuato presso un istituto scolastico della città di La Spezia, frequentato per la maggior parte da individui di sesso femminile, per verificare la percentuale di DCA. Tale popolazione è stata sottoposta ad un protocollo di otto tests, dai quali ne è risultato che circa lo 0.8 % delle ragazze di età compresa tra i 10 e i 20 anni erano affette da Anoressia Nervosa mentre il 16 % risultava essere vulnerabile ai DCA e quindi inviate ad uno specifico sportello dietologico.Tutto questo ha sottolineato l’importanza della prevenzione primaria, attraverso l’identificazione di atteggiamenti che sono specifici per i DCA (trait patologico). Ciò potrebbe condurre alla prevenzione di circa il 36% dei soggetti che potrebbero andare incontro ai DCA, ossia 1/3 dei soggetti che non viene curato in età adulta (diagnosi precoce).

La Dottoressa Antonella Arata, Dirigente Psichiatra DSM ASL 3 Genovese, ha fornito un esempio di trattamento ambulatoriale nel quale si possono distinguere tre principali modalità di intervento: integrato (intervento di un’equipe multidisciplinare), rivolto alle famiglie. Seguendo gli standard internazionali vengono effettuati alcuni colloqui di valutazione iniziali che consente di giungere ad una diagnosi sindromica e quindi di impostare un trattamento. Le principali forme di trattamento prevedono un intervento di gruppo cognitivo-comportamentale, individuale di tipo motivazionale, psicoterapia corporea, gruppi di sostegno per le famiglie; i tempi previsti per tale forme di intervento vanno da un minimo di sei mesi per la bulimia nervosa ad un massimo di due anni per l’anoressia nervosa.

Infine il Dottor Antonio Maria Ferro, Responsabile DSM ASL 2 Savonese e del C.D.A.A.(Centro vi valenza regionale per i Disturbi dell’Adolescenza e del comportamento Alimentare di natura psichica) e il Dottor Massa, Responsabile della struttura residenziale Villa del Principe hanno fornito alcuni esempi di trattamento ospedaliero e semiresidenziale.

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