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L’IMPREVEDIBILITA’ DELLA NATURA – AUTISMO E SUPERAMENTO DELLE BARRIERE.

10 Apr 15

Di Alfredo-Vernacotola
L'imperturbabilità di un universo celato a sé stesso movente il filo indissolubile delle origini si manifesta nel mondo infinito e indefinito dei soggetti affetti da autismo. Dare una definizione di una sindrome – probabilmente – con base genetica, come evidenziato nel corso degli ultimi da recenti studi scientifici, quale è l'Autismo, o comunque il variegato paesaggio che compone i disturbi dello spettro autistico, è impresa ardua quando ci si pone con gli occhi di un'osservatore attento come se stesse esplorando un 'nuovo' mondo. Attenendosi a quanto riportato dal Manuale Diagnostico (DSM V) l'autismo si configura come una sindrome che mostra un livello di compromissione elevato in tre  ambiti ben definiti di sviluppo: sviluppo sociale, sviluppo linguistico e stile di pensiero nonché stile comportamentale. Si evince come sia indispensabile una attenta analisi dei sintomi che possa aiutare a determinare con esattezza la sindrome, afferente al spettro, giusta, anche per permettere una adeguata progettazione del piano di intervento terapeutico.
Come già anticipato, la causa genetica pone l'attenzione sul ruolo dei geni e delle proteine nel processo di maturazione dei neuroni: alla base quindi delle manifestazioni sintomatologiche vi sono dei processi inscritti nella natura dell'essere umano. Naturalmente oggi, pur prevalendo l'ipotesi scientifica vicina alla base genetica del disturbo, è difficile stabilire una connessione diretta tra una causa e l'effetto che genera la triade dei sintomi che manifestano i soggetti affetti da autismo. Un distinguo importante, a mio avviso, deve essere posto nella valutazione dei singoli casi. Ad esempio qualora si avesse di fronte individui diagnosticati come aferenti allo spettro autistico, il distinguo principale deve essere l'elicitazione della recovery personale, intendendo con ciò l'insieme di abilità, connesse alla triade, possedute dal soggetto. Entrano in gioco qui variabili importanti come l'inserimento dl soggetto analizzato in un contesto ove vi sia una giusta stimolazione, per cui si può valutare con attenzione le risorse da utilizzare nel pieno rispetto dell'individuo. Detto ciò si evince come un disturbo pervasivo dello sviluppo non meglio specificato, seppur riconducibile allo Spettro , non può essere trattato come un disturbo autistico vero e proprio. Leggendo dei manuali di neuropsichiatria infantile si nota, senza dover essere addetti ai lavori, una confusione rispetto alle abilità potenziali di bambini che celano – chi scrive si riallaccia al periodo che apre l'articolo – un universo multiforme tale da incutere timore a loro stessi: incomunicabilità con il proprio mondo emotivo, non soltanto una difficoltà nel decodificare i segnali provenienti dall'esterno, ma difficoltà nel codificare il proprio mondo e renderlo noto a tutti, a seconda delle capacità residue. Non codificare le emozioni equivale a non possedere un adeguato bagaglio linguistico, o quanto meno alla dotazione di un repertorio linguistico scarno. Ci si sente in dovere di porre in evidenza quanto siano 'speciali' i multiversi degli autistici: la chiave di volta nella comunicazione con tali individualità è la consapevolezza che vi sia un mondo, non un puro non esserci dietro la sofferenza e la chiusura verso il mondo.
Negli ultimi anni si assiste ad una spettacolarizzazione del fenomeno degli autistici 'super dotati': in effetti la Sindrome di Asperger mostra individui che eccellono in un ambito della conoscenza umana, pur persistendo le difficoltà di carattere relazionale e linguistico. Ciò a dimostrazione dell'indeterminazione tanto della diagnosi, quanto dell'analisi del disturbo.
Esulando dal mero contesto diagnostico, confluendo nell'aspetto umano, ciò che traspare dalle vicissitudini di tali angeli è la difficoltà di avere un posto nell'universo di una società appiattita su valori riconducibili all'esclusione dei soggetti diversamente abili, ritenuti più un fardello che un valore aggiunto che permette di ottenere il miglioramento della stessa società. Infatti ogni attività volta all'inserimento di queste individualità nel mondo reale, è volta principalmente a garantire un esborso economico della famiglia che sortisca anche l'arricchimento delle cooperative o associazioni che ne hanno cura.
Facilitare la crescita, lo sviluppo e il potenziamento delle capacità residue dell'individuo rimanda al substrato fondante l'educazione stessa: non semplice insieme nozionistico trasferito al soggetto, bensì comunicazione e rinforzo attraverso un meccanismo volto al raggiungimento di obiettivi che pongono in essere l'acquisizione di basi imprescindibili per instaurare un abbozzo di relazione sociale. A questo riguardo diventano importanti i diversi linguaggi attraverso cui si può facilitare il contatto con il mondo celato dell'Autistico. Le forme del linguaggio artistico divengono le principali chiave di volta dinanzi all'imperturbabilità di chi in realtà non presenta un Q. I. deficitario. Si è detto in precedenza della difficoltà di codificare il proprio stato emotivo. Alcuni esempi di ragazzi autistici hanno lasciato trasparire quanto le potenzialità siano illimitate. Si pensi al ragazzo che semplicemente sorvolando Londra o Roma riesce a riprodurre la la foto sbagliando di pochissimo, tanto da venire chiamato Macchina Fotografica umana. Nei scorsi è stato possibile leggere sulla stampa on line di un caso in cui, all'Università di New York, figlio di una docente universitaria, che durante una lezione, ponendosi in piedi su una sedia, ha iniziato a disegnare la carta geografica riproducendola integralmente.
Gli esempi appena menzionati sono soltanto alcuni dei tanti che sono rintracciabili nei racconti giornalistici o nei talk show televisivi.
Anche il contatto con gli animali risulta essere importante per la creazione di un legame emotivo che ricalchi un sostrato di fiducia tra questi individui e il mondo esterno. Chi scrive è sostenitore di una idea per cui i tratti autistici siano – in fin dei conti – rintracciabili in ogni individuo: non si osa affermando ciò. Ovviamente non si dà per certo quanto scritto, al pari delle incongruenze che i manuali di neuropsichiatria infantile mostrano nel momento in cui decidono di addentrarsi nella disamina del quoziente intellettivo. È lecito registrare un distinguo all'interno della classificazione stessa delle capacità residue. Differendo il livello di maturazione intellettiva – persistendo una non adeguata classificazione – ogni intervento finisce con l'essere finalizzato con il supporto relativo, lasciando ricadere il peso del sostegno quotidiano alla famiglia, che fa fede sulle proprie forze e le residue capacità economiche. Il rapporto con gli animali si pone come volano rispetto alla modalità di comunicazione permettente un intervento sostenibile che eliciti il confronto del soggetto con le proprie emozioni. La Pet Therapy risulta essere movente sentimenti di comunione tra il disabile e l'animale in grado di sortire la scoperta reciproca di mondi cui trarre insegnamenti. Si pensi ad esempio a quanto l'animale riesca a mettere in atto meccanismi che facilitano il contatto con i bambini autistici; ciò è impossibile per gli stessi operatori, che non riescono, talvolta, neanche a sostenere un tentativo di avvicinamento. Il valore aggiunto dell'animale consta dell'approccio naturale che mostra nei confronti del bambino: spesso agli esseri umani manca la capacità empatica attraverso cui facilitare l'ingresso nel mondo difficile da penetrare dei soggetti con disabilità psichiche e/o fisiche. Dove c'è naturalezza, la risposta che si ottiene è l'avvicinamento e il tentativo di comunicare: questo prescindendo dal diverso disturbo o dalla diversa sindrome di cui si è affetti. Avere uno sguardo umano esula dal mero riscontro economico che viene mostrato nei confronti di chi ha necessità di assistenza continua. Negli ultimi anni è salita alla ribalta la necessità di stabilire un quadro normativo che predisponga il futuro dei disabili gravi anche nel caso in cui i genitori, o comunque altri membri della famiglia, non siano più in vita o in grado di sostenere il carico quotidiano dell'assistenza. Ancora una volta l'Italia mostra l'arretratezza di fondo su temi sociali rispetto alla civilizzata Europa: la cosiddetta Legge 'Dopo di Noi' stenta a trovare il supporto della classe politica, che soltanto negli ultimi mesi ha deciso di velocizzare su temi che risultano fondamentali per la crescita della collettività.
L'inserimento dei disabili, nello specifico dei soggetti autistici, all'interno del sistema educativo appare oggi, ancor più che nel passato, difficoltoso in quanto i tagli apportati all'intero sistema di cura ed educativo vogliono il ridimensionamento degli interventi, lasciando nel caos individui che del caos mostrano soltanto il lato 'difensivo'. Questa ultima affermazione è dettata da vicinanza non soltanto emotiva ai soggetti affetti da autismo, in quanto chi scrive vive la condizione di malato raro. Certamente i soggetti rientranti nello spettro autistico rappresentano una buona 'squadra' di coloro che mostrano difficoltà intellettive e relazionali; nel contempo ogni tentativo deve essere centrato sull'individuo che si ha di fronte: si pensi al metodo ABA che facilita la comunicazione con questi mondi. D'accordo sull'efficacia; d'accordo sull'unità di intenti; chi può garantire la scientificità di un metodo laddove non v'è una causa determinata e un effetto altrettanto determinato?
Ogni intervento terapeutico – nel caso di soggetti autistici non si può prescindere anche da un supporto della terapia farmacologica, in special modo nei casi in cui vi è agitazione psicomotoria e tendenza all'autolesionismo – deve essere ponderato e 'creato' all'interno dell'universo creato dal paziente, che non è un mero numero o in alternativa un individuo su cui sperimentare il proprio credo ideologico, bensì è manifestazione di territori sconosciuti che devono essere sondati attraverso una modalità che rimanda ad un approccio esplorativo simile a quello di chi si è avventurato per primo all'interno della foresta del Borneo.
Piace immaginare una modalità di intervento che ponga sul gradino più della piramide il riconoscimento dei diritti all'esistenza dignitosa di tali individualità. Ogni aspetto che relega l'individuo che ha difficoltà all'interno di schemi provoca una ulteriore barriera che muove l'oceano di pochezza cui si fa riferimento in questo momento.
L'esplorazione di territori sconosciuti può e deve esere effettuata senza preclusioni d'ogni genere che provocano soltanto l'irrigidimento del soggetto curato e della famiglia che ne ha carico. Ho vissuto direttamente sulla mia pelle di malato raro la poca capacità d'ascolto dei curanti, nella fattispecie di chi studia patologie organiche dovute a sindromi od altro, che non tengono conto di quanto viene detto dal curato, divenuto ormai soltanto insieme di caratteri statistici racchiusi in una arbitrarietà decisa dal soggettivo; se di soggetto arbitro si tratta, non si deve dissertare intorno alla supposta oggettività. Ciò vale per qualsiasi professione, in particolare per il medico, lo psicologo e l'operatore del sociale. Incasellando in una tabella, non ascoltando l'universo dell'altro, si finisce con lasciare spazio ai dubbi e alla probabilità che la patologia esistente diventi ancora più pervasiva nella vita del soggetto e della famiglia.
Le famiglie vanno sostenute e l'intervento delle istituzioni deve essere mirato – a mio avviso – al riconoscimento di un'assistenza volta a lasciare emergere ciò che l'individuo affetto da autismo possiede come talento. Evidentemente è necessaria una grande capacità di astensione, o quanto meno sospensione del giudizio.
Gli universi contenuti in un sistema che per natura intrinseca non è chiuso, divengono imperturbabili e non comunicanti quando ci si avvale di tecniche che si dipanano attraverso un distacco emotivo di base: d'accordo sul concetto di distanza emotiva; questa non è però non ascolto, bensì grande capacità di facilitare il dialogo, qualsiasi sia la modalità; semplicemente empatia, emozione.
Concludo con uno studio a supporto delle ipotesi genetiche relative all'autismo.
Due studi pubblicati su Nature, rivista scientifica molto importante, del 2014 hanno mostrato come l'individuazione di nuove mutazioni genetiche siano la causa predisponente la possibilità di essere affetti da disturbi dello spettro autistico.
Presso il Mount Sinai Hosptal di New York, Joseph Buxbaum et all., analizzando campioni di DNA di soggetti autistici sono irusciti ad identificari un alto numero di geni che potrebero influenzare l'insorgenza del disturbo. Ciò che permette di dare una validazione alla convinzione di una base genetica è la ricorsività  di mutazioni denominate 'de novo', ossia non aventi una base ereditaria, che vanno ad inficiare la funzionalità di tali geni. Ovviamente questi geni risultano fondamentali nello sviluppo neuronale, specialmente per quanto attiene alla comunicazione tra neuroni, che è alla base della trasmissione degli input nervosi, ruolo di trasmissione svolto dalle sinapsi.
Al Cold Spring Harbor Laboratory, Michael Wigler, effettuando uno studio su famiglie in cui vi fosse un componente affetto da autismo, soffermandosi su caratteristiche segmentali dell'RNAm, altrimenti denominate in genetica esoni -ossia segmenti collegati tra loro che trasferiscono informazioni per la trascrizione proteica – operando un confronto con bambini non affetti dalle patologie, hanno individuato il ruolo centrale di alcune mutazioni incidenti al 13%: si tratta delle mutazioni di 'senso' (missense), cioè quelle mutazioni che la natura mostra all'umano ambiente lasciando che la funzionalità dell'amminoacido sia tale da non permettere una funzionalità adeguata od ottimale al sistema, in questo caso all'individuo. Entrambi gli studi confermano come ambedue le categorie di mutazioni siano importanti nella patogenesi del disturbo. Inoltre, non ultimo per importanza, si evince dagli studi che le alterazioni siano analoghe a quelle presenti per ritardo mentale e schizofrenia: torna in mente il concetto di recovery, ben espresso dal Professor Massimo Casacchia all'ultimo Congresso SOPSI 2015: esistendo una forte base genetica, associata ad una componente traumatica altrettanto forte, è evidente che chi è affetto da patologie psichiatriche o da sindromi genetiche organiche disgreganti l'individualità, deve essere preso in carico attraverso una modalità che preveda l'ascolto e la comprensione: c'è una profondità in tali soggetti che non si immagina, come opportunamente ricorda il Professor Casacchia dell'Università dell'Aquila.
Sussistendo tale congiunzione tra aspetti eziopatogenetici e disposizioni individuali, perché non attuare interventi sui soggetti autistici e tentare di ascoltare il loro mondo?

 
 

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