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L’Unione Camere Penali: inaccettabile la proroga di 4 anni per la chiusura degli OPG.

10 Feb 14

Con una proposta emendativa alla legge “mille proroghe” la Conferenza Stato Regioni ha chiesto di apportare al “al comma 4 dell'articolo 3-ter della legge 17 febbraio 2012, n. 9” la seguente modifica: le parole: « 1 aprile 2014» sono sostituite dalle seguenti: «1 aprile 2017»”.

In buona sostanza le Regioni con un atto sconcertante chiedono di prorogare di ben 4 anni il termine per la chiusura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari.

 

 Il Documento dell' Unione delle Camere Penali italiane Osservatorio Carcere
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UNIONE DELLE CAMERE PENALI ITALIANE OSSERVATORIO CARCERE

…ancora una proroga di 4 anni per la chiusura degli OPG… l' inaccettabile richiesta delle Regioni

Con una proposta emendativa alla legge “mille proroghe” la Conferenza Stato Regioni ha chiesto di apportare al “al comma 4 dell'articolo 3-ter della legge 17 febbraio 2012, n. 9” la seguente modifica: le parole: « 1 aprile 2014» sono sostituite dalle seguenti: «1 aprile 2017»”.

In buona sostanza le Regioni con un atto sconcertante chiedono di prorogare di ben 4 anni il termine per la chiusura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari.
Nella motivazione si legge: “
Nonostante il fatto che le Regioni abbiano presentato, entro i ristretti termini assegnati (15 maggio 2013), i programmi per la realizzazione delle strutture sanitarie alternative agli Ospedali Psichiatrici Giudiziari, le stesse non saranno in grado di poter nemmeno avviare nei pochi mesi rimasti, le procedure di gara per la scelta del progettista e dell’impresa esecutrice dei lavori. Per tale motivo risulta necessaria una proroga di almeno quattro anni per realizzare le strutture alternative agli ex O.P.G. consentendo la chiusura definitiva di quest’ultimi”.

La richiesta delle Regioni al momento non è stata introdotta nella legge “mille proroghe”: al Senato, infatti, non è stato presentato alcun emendamento in tal senso.

Tuttavia questa proposta appare scandalosa e dà conto appieno della errata logica sottesa ai progetti delle Regioni, finalizzati sempre e solo alla costruzioni di nuove REMS (residenze per la esecuzione delle misure di sicurezza), e ben lontani dai principi di umanizzazione della cura, di inclusione sociale attraverso percorsi terapeuti riabilitativi territoriali.

Le Regioni chiedono di prorogare per 4 anni la condizione di illegalità in cui versano mille internati e non si preoccupano di predisporre, impiegando le risorse a disposizione, condizioni strutturali territoriali per favorire la adozione di misure di sicurezza alternative a quelle detentive.

E' indispensabile una presa di posizione forte affinché non venga demandata interamente alle Regioni, alla luce di queste desolanti iniziative, la gestione della riforma dell'impianto strutturale entro il quale sono collocate e dovranno essere collocate persone private della libertà, e pure della dignità.

E' indispensabile una vigilanza seria affinché le Regioni non solo chiedano proroghe ma creino condizioni per facilitare la dimissione dei pazienti internati inutilmente e per la applicazione di misure di sicurezza alternative con percorsi di cura ispirati alla inclusione sociale del paziente autore di reato.

Occorre prevedere non solo e non tanto una proroga per la costruzione delle REMS ma uno specifico provvedimento legislativo che crei e determini le condizioni per la applicazioni dei principi di legge e dei principi sanciti dalla Corte Costituzionale e non si occupi solo di stabilire nuovi termini per l'edificazioni di strutture ben lontane dai principi indicati.

L'Osservatorio carcere dell'Unione delle Camere Penali ancora una volta deve intervenire con forza a fronte di provvedimenti e proposte emendative lesive dei diritti delle persone detenute ed internate e della dignità delle medesime.
Qualsiasi iniziativa con le modalità proposte sarà avversata con forza dagli avvocati penalisti che da anni sulla tutela dei diritti degli ultimi non accettano deroghe o proroghe di alcun genere.

Roma, 4 febbraio 2014

L’Osservatorio Carcere

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