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Intanto Buon Anno a tutti e . Forse sarebbe meglio essere rigorosi: Da medico ho spesso rinviato i pazienti e, con notevole frequenza, ulteriori approfondimenti identificavano etiologie anche mediche. Ultimo esempio, ragazzina di 16 anni con debolezze, depressioni, isolamenti, non diagnosticata per anemia grave. Poi c’erano anche altre problematiche, certamente. Ma le nostre parole non producono ferro! Quante volte l’ho sentito ripetere da fior di docenti e quanti attacchi ho avvertito per il mio ragionare diversamente. Gli psicologi/psicoterapeuti collaborano con gli psichiatri e gli psichiatri devono sensibilizzare al biologico e al questionarsi attorno al biologico. Ammesso che lo sappiamo ancora fare. Come scrive Gilberto il biologico di cui parlo non è il “traffico molecolare” tra diencefalo e corteccia.
Intanto Buon Anno a tutti e in primis a Gilberto. Questa nuova esperienza si muove su due percorsi. Il primo, prettamente fenomenologico, ci ricorda l’esperienza del corpo-mondo; è sempre significativo e completo in sé. Il secondo va a problematizzare un tema estremamente complesso: il rapporto tra etica della medicina e dei medici versus integrità del paziente psichiatrico. Gilberto tocca i temi dell’etica che sono, forse, soprattutto temi epistemologici. Per abitudine preferisco riflettere sul foro interno prima di problematizzare “gli altri”. Ovviamente prescindo dalla specifica situazione clinica che sembrerebbe aver comunque ricevuto i presidi medico-diagnostici necessari. Gilberto ci farà sapere le conclusioni della magistratura. In generale pongo i seguenti quesiti, connessi alla mia esperienza:
1. noi psichiatri siamo rimasti medici competenti? Quanti psichiatri si aggiornano sui temi della medicina generale per mantenere un buon livello di competenza diagnostica capace di porre quesiti precisi ai colleghi delle altre branche?
2. La sottovalutazione di sintomi medici iniziali mi sembra essere uno dei problemi degli psichiatri, che tendono, anche loro, a cercare origini psicopatologiche prima che organiche.
3. I lunghi decenni della cosiddetta “Psicosomatica” ha inquinato la stessa epistemologia medica che spesso si è fatta contagiare dalla concomitante presenza di fenomenologie psicopatologiche. L’invio più frequente da parte dei colleghi del Policlinico Gemelli al mio Servizio di Psicoterapia era così motivato:
4. Il problema mi sembra inquietante per gli psicologi che possono solo accogliere acriticamente le valutazioni dei medici curanti. Sono quindi portati inevitabilmente a esplorare psicogenesi di ogni tipo, metafore e simboli laddove spesso vi sono lesioni biologiche. Non so come si possa risolvere questo problema anche perché nelle facoltà di Psicologia e nelle Scuole di Specializzazione viene descritto come un vanto
Mi scuso per aver affastellato tanti spunti, meritevoli di autentici e onesti dibattiti. La mia grossolanità fa da eco alla sofferenza di Gilberto alla fine dello scritto. So che non tollero più sentirmi dire che la mamma ansioso fa figli asmatici ne che i denti della mamma introiettati nella mucosa gastrica assieme al latte cattivo generano l’ulcera.
Voglio ringraziare il maestro
Voglio ringraziare il maestro Corrado Pontalti per il commento, perché getta luce su quell’incolmabile lacuna che la formazione in Psicologia in un certo senso produce, infatti, come lui scrive, da Psicologo posso “solo accogliere acriticamente le valutazioni dei medici curanti”, in quanto la formazione ricevuta sia all’Università che nella Scuola di Specializzazione alla Psicoterapia non mi ha formato al biologico; allo stesso tempo mi reputo un fortunato in quanto lavorando in dialisi con medici Nefrologi ed Internisti, che ringrazio, ho potuto acquisire una certa conoscenza della materia. Ringrazio soprattutto Gilberto, che a mio avviso risponde al mandato posto dal commento di Corrado “gli psichiatri devono sensibilizzare al biologico e al questionarsi attorno al biologico” avendomi invitato a tradurre l’opera di Lopez Ibor dal titolo Angustia Vital, che mi ha gettato pienamente e consapevolmente incontro ad un autore che intende la psicosomatica in maniera diversa, come si evince da questo breve estratto: “Il pericolo della medicina psicosomatica può provenire dal fatto che l’indiscrezione del lato psichico faccia trascurare quello somatico, come succede a molti psicoanalisti. Questo pericolo esiste solo quando si pone male il problema nucleare della medicina psicosomatica, giacché con questa non si tratta di studiare le patologie dal punto di vista psichico, bensì globale, in quanto questo è quello che vuol dire psicosomatica”. Ed ancora dice: “molte volte si rilancia il problema dei limiti della Psichiatria rispetto alla Patologia medica. Gli psicoanalisti giunsero a una vera situazione-limite negandosi di esaminare somaticamente i pazienti. Io non credo che questo si possa né si debba fare. La base per una autentica psicoterapia è la fiducia del paziente per il medico e questa non si può stabilire se questo si autolimita in un modo tanto considerevole. Tutti gli psichiatri o neurologi che non rinunciano a trattare nevrotici o timopatici, devono saper esaminar un paziente somatico e rilevare il disturbo organico che può presentarsi. Andrà male a chi vuole occuparsi delle nevrosi d’angoscia o della timopatia e non sa leggere un elettrocardiogramma.”
Caro Giuseppe, grazie per
Caro Giuseppe, grazie per darci la possibilità di conoscere il pensiero di Lopez-Ibor. A volte dentro le cose semplici ci sono le svolte per le situazioni complesse. I nostri specialismi rischiano di portarci a fondo corsa in via a fondo cieco. C’è un tronco comune, una base, da quella non dovremmo troppo distaccarci. Auguri per questo tuo nuovo percorso ai bordi dell’organico. Sarà utile per noi tutti saperti tra le corsie dell’ospedale. Daccene traccia.
Caro Corrado, innanzitutto
Caro Corrado, innanzitutto scusa per il ritardo nella risposta. Ma, come capirai, sono stato travolto dagli eventi. Non voglio lasciare scorrere l’entità dei problemi che tu sollevi. Interni, come dici, e mi sembra più che giusto. E’ come se tu dicessi : il primo scotoma del corpo dei nostri pazienti lo facciamo noi. Questo è vero quando mettiamo il loro corpo sullo sfondo, quando ci secca fare screening organici di controllo (per loro e per noi); quando ci lasciamo andare ad interpretazioni iperboliche, tutte simboliche e tutte dinamiche; quando pensiamo che ogni conflitto psichico debba o possa incarnarsi in un effetto somatico. Quante volte mettiamo le mani sulla pancia di un paziente? quante volte mettiamo le olive del fonendoscopio nelle orecchie? E la diffusa reazione immune che circola in molti di noi quando si tratta di fare un turno in spdc, non ha forse a che vedere con un rigetto nei confronti del clima ospedaliero? Del Pronto Soccorso? Della cartella clinica fatta di esami strumentali? E, continuando, dei letti sfatti, della lotta per lavare o per far lavare i pazienti; della lotta per farli cambiare; del timore del contatto fisico, della vicinanza, della violenza. E ci sarebbe ancora da dire. Questa psichiatria che, staccandosi dalla neurologia, ha flirtato con la psicologia e con la sociologia, per poi cabrare sulla biologia. Cosa si è perduto in questo volo? Volo di Icaro o volo di Dedalo? Volo con ali di cera in ogni caso. Farse si è perduta la clinica. L’unica psichiatria che può essere veramente medica, non è quella biologica, è quella clinica. Di una clinica che non trascura il corpo, che fa del corpo lo stesso oggetto di attenzione che fa per la psiche. Sento che questa strada è difficile da ripercorrere. Sembra ad andamento retrogrado. Eppure qualcosa va recuperato, forse un metodo, un atteggiamento. Una maniera per non sentirsi solamente ospiti sgraditi dentro la medicina, ma protagonisti e capofila di un ritorno alla clinica. La clinica come linguaggio comune e base di partenza di tutto. Ti abbraccio
Caro Gilberto , posso
Caro Gilberto , posso comprendere la tua rabbia e la tua disperazione di questi giorni. Posso comprendere la frustrazione che è comune a me e a tutti i colleghi che turnano in Pronto Soccorso , fanno consulenze nei reparti e chiedono consulenze nei loro reparti . Gli psichiatri vengono considerati una razza a parte dai “colleghi medici”, che si dibattono in una sottile ambivalenza .. da un lato vedono lo psichiatra come il deus ex machina che deve risolvere ogni tipo di problema urgente e arrivare nel minor tempo possibile quando chiamato ..; dall’altro lo considerano un “mezzo medico”, perlopiù incapace di visitare un paziente e distinguere sintomi anche banali. Ma a fronte di questo tendono poi a minimizzare ogni richiesta di consulenza fatta da uno psichiatra per un paziente psichiatrico e si fanno attendere , spesso dovendo sollecitare più volte la consulenza e una volta in reparto o in Pronto Soccorso tendono a privilegiare la diagnosi psichiatrica rispetto a quella medica , sottovalutando situazioni meritevoli di osservazione medica o chirurgica in reparti specialistici sostanzialmente per evitare i problemi che un paziente psichiatrico potrebbe creare in quegli stessi reparti . Perché ancora oggi lo stigma del paziente psichiatrico (sopratutto se psicotico) è traducibile in una generica idea di “pericolosità”. Quindi non solo il paziente psichiatrico non ha diritto ad avere un corpo , ma chi ne è garante (lo psichiatra) ha il dovere di custodire la “bomba ad orologeria “ in un luogo adatto, l’Spdc . Possibilmente lontano dal resto degli altri malati . Se può esistere un corpo senza un mondo, non può o non dovrebbe esistere una Medicina senza un’etica. A noi però sta il lottare quotidianamente per riaffermare questa Etica e pretendere i diritti basilari e un trattamento equo per i nostri pazienti .
Cara Nadia, concordo su
Cara Nadia, concordo su tutto. Nessuno poteva prevedere che la battaglia per l’integrazione dei nostri pazienti si svolgesse in modo così capillare proprio nei reparti di emergenza, negli ospedali civili. Lasciando il manicomio come un mondo, abbiamo dato per scontato che i nostri pazienti meritassero le corsie internistiche o chiurgiche, come cittadini qualunque. Da una certa antipsichiatria noi degli spdc siamo visti come gli ultimi manicomiali, gli ultimi coercitivi, gli ultimi spruzzafarmaci. Sarebbe bello che fossimo considerati anche tra i primi che, quotidianamente, lottano, in ambiente ospedaliero, per il diritto alla salute dei nostri pazienti.
A parte l’evidente lapsus
A parte l’evidente lapsus omoerotico oppure il tuo profondo desiderio di essere padre, ormai quasi fallito, che diventa ipertrofico…
Dopo aver letto la tua appassionata lettera ed ascoltato il tuo colto video sulla paranoia (dalla catatonia alla violenza esplosiva) ho perso tempo per riflettere…
Esiste una contraddizione di fondo ed un mancato perdono che sono umanamente comprensibili, ma che vorrei leggessi per te stesso e tutte le persone coinvolte, a partire dai nostri pazienti e dai loro parenti.
Dove sta scritto che se fosse stato curato altrove sarebbe sopravvissuto? Dove sta scritto che le cure ricevute in Spdc non siano state tutte quelle possibili ed utili al caso?
Noi psichiatri non siamo abituati alla morte, questo è un problema nostro, e soprattutto siamo emotivamente legati ai pazienti e questo è un altro nostro problema.
È utile essere emotivamente legati al paziente per curare un infarto? E allora perché dovrebbe essere utile per curare il cervello?
Non siamo abituati al riconoscimento come medici e allora decidiamo cosa siamo?
Tu arringhi sul ruolo di medico dei medici dell’ottocento ma non accetti il ruolo di medico del terzo millennio?
Tu vuoi espellere dal Spdc un paziente perché abbia un corpo riconosciuto (quindi siamo noi psichiatri a non riconoscerlo e questo è un tuo argomento) ma poi pretendi un circuito per sofferenti psichici diverso in Pronto Soccorso… Quindi l’esclusione a priori del loro corpo!
Credo che sia anche sbagliato il tuo pavor nocturnus da strappamento di cavi e flebo. A parte che non risultano tra le cause di morte, ma sono frequenti in tutti i reparti!
Infine evocare a Natale il fantasma di un paziente che soffoca l’altro con quei cavi…
Mi taccio per compassione!
Caro Manlio, ti ringrazio per
Caro Manlio, ti ringrazio per la tua solerzia nel prendere parte al dibattito. Mi astengo dal rispondere alle tue “interpretazioni” che mi coinvolgono sul piano personale, e che, francamente, lasciano molto il tempo che trovano. Per il resto non posso che invidiarti le certezze che sbandieri. Personalmente nutro solo dubbi. In merito alla compassione non mi pare che come sentimento trapeli molto dal linguaggio che utilizzi. Ho trascorso il primo giorno di quest’anno in un commissariato di polizia per ricevere la fredda notifica di un avviso di garanzia. Il primo della mia vita professionale. Ed oggi, dalle 8 di stamane, sono al mio posto. Incontro all’ignoto. Come tanti colleghi dei quali avverto silenziosa la profonda solidarietà. Purtroppo lo stesso non posso dire di te. Del tono farsesco di questo tuo intervento, del tutto incongruo data la drammaticità dell’evento, la solennità festiva, il senso di colpa e di solutudine di un collega che si affida il suo dolore ad un messaggio nella bottiglia.
debbo dire come editor ma
debbo dire come editor ma pure come amico di sentirmi profondamente vicino a Gilberto Di Petta.
Riguardo al commento di Manlio non posso non dire che purtroppo il Dott. Converti è molto meglio dal vero che per iscritto
Vedi Gilberto, ti ringrazio
Vedi Gilberto, ti ringrazio per avermi letto e per aver notato il tono farsesco (dovuto alla maschera che indosso in foto) necessario tuttavia, come fase di elaborazione del lutto, perché la vicinanza non è sempre del tono della depressione o della compassione, ma anche quello della sfida a perdonarsi a cambiare tono subito in modo paradossale…
Ridere aiuta, ma soprattutto aiuta a riflettere.
L’evento ha colpito o poteva colpire chiunque, ma è normale che i pazienti muoiano e resto convinto, come ho scritto che l’SPDC ed i colleghi ed infermieri in loco abbiate fatto tutto esattamente tutto quello che sarebbe stato fatto in un altrove che tu vivi come magico e salvifico, ma che è probabilmente solo prosaicamente altro da me, per allontanare l’idea della morte.
L’idea della morte del capro…
Lo sai meglio di me chi sto citando… Quindi RIDI ma rifletti… anche… soprattutto sulla discrasia del chiedere un corpo e negarlo separando gli spazi nel PS… perché sono le reazioni drammatiche al lutto che stanno TOGLIENDO DIRITTI CIVILI a tutti nel nostro Paese, come in altri, in nome della SICUREZZA che in fondo tu invochi per i CORPI e che invece diventerebbe a mio avviso una gabbia in cui si impiccherebbe prima o poi qualcuno essendo la morte inevitabile e i lacci sarebbero quelli giuridici o procedurali, invece di quelli reali… e purtroppo quelli sono molto più pericolosi per i medici di questi!
Buon Natale Gilberto !
….
Buon Natale Gilberto !
…. Mi sembra di rivedere il rifiuto dell’accoglienza di quella giovinetta incinta pronta a partorire che insieme al suo compagno chiedeva ospitalità…… Oggi come allora solo una “stalla” è stato il luogo possibile dove prestare soccorso….dove ricevere calore …..siamo ancora fermi lì !!
Buon Natale Gilberto
Amerigo Russo
Caro Amerigo,
da sempre
Caro Amerigo,
da sempre pioniere, con il tuo spdc, dell’accoglienza a chiunque, congruo o incongruo, appropriato o non appropriato, abbia avuto bisogno di un ascolto, di una mano, di un rifugio. Noi siamo da sempre anche questo.