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Quinta giornata – Sabato 26 febbraio

28 Nov 12

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Ultimo giorno del Congresso SOPSI 2005.
Elevata ancora oggi la presenza nelle aule dell'Hilton con un programma che proseguira' per tutta la giornata, unico dato che indica l'arrivo della fine del convegno sono le valigie che molti congressisti si trascinano dietro e vanno a riempire il guardaroba.

ECM TERAPIE ANTICRAVING : I. Maremmani

Maremmani fornisce prima di tutto la definizione di "addiction" come brain desease che comporta alterazioni comportamentali (craving e perdita del controllo sul comportamento), caratterizzata da un decorso cronico con ricadute, indotta dalla prolungata esposizione a determinate sostanze con un target biologico comune (via mesolimbica) e con proprietà di rinforzo. E’ importante semeiologicamente valutare la presenza di astinenza (distinguendola in primaria, secondaria e terziaria), il craving e il comportamento recidivante, la cui presenza ci permette di fare diagnosi di addiction e di stimarne la gravità. Il farmaco ideale dovrebbe prevenire o ridurre i sintomi di astinenza, senza possedere attività di rinforzo, prevenire o ridurre il craving, prevenire le ricadute, ripristinare la situazione fisiologica (normalizzazione psichica e metabolica). Dovrebbe inoltre essere disponibile in formulazione orale, avere una lunga emivita, essere sicuro con effetti collaterali minimi a lungo termine, essere efficace in una buona percentuale di casi (almeno 15-20%). Per quel che riguarda la terapia per la dipendenza da oppiacei, il metadone è indicato nei casi di addiction medio-grave, la buprenorfina per i casi medio-lievi e il naltrexone per i casi lievi. E’ importante somministrare la dose idonea di farmaco in modo tale da evitare l’astinenza e l’"effetto droga" (operazione resa difficile dall’elevata variabilità individuale relativa alla farmacocinetica del metadone). Il rischio di astinenza con metadone a dosaggio di 30 o di 100 mg è uguale, mentre il rischio di overdose è decisamente più basso se il metadone è a 100 mg, a causa della presenza di tolleranza, così come minore è l’effetto di alcol, eroina, benzodiazepine, anestetici. La durata della terapia deve essere adeguata, infatti la prognosi è migliore se il periodo di astinenza è maggiore, sospendere il trattamento con metadone troppo precocemente corrisponde ad una nociva sottrazione di terapia. Per quel che riguarda l’affinità recettoriale, questa è molto alta per la buprenorfina > metadone > eroina. La buprenorfina ha azione di antagonista sui recettori k (probabilmente con effetto di riduzione dell’ansia e della disforia) e di agonista parziale sui recettori mu con conseguente bassa attività oppioide. Vista l’alta affinità recettoriale è difficilmente spiazzata da altre sostanze (per es. da sostanze di abuso che il paziente assume nel tentativo, inutile, di aumentare il tono oppioide). Per alcuni pazienti un’attività oppioide così bassa può risultare insufficiente (disforia, craving, ricerca della sostanza…) in tali casi è consigliabile passare alla terapia con metadone.

(A cura di F. Fiscella)

Lettura magistrale "Psychosocial impact associated with bipolar depression and its treatement" J. Calabrese

J. Calabrese riprende nuovamente la trattazione della depressione bipolare, tema da lui gia' affrontato nell'ambito di un simposio tenutosi ieri dal titolo "L'errore diagnostico della depressione bipolare e i nuovi trattamenti", approfondendo in questa sede le conoscenze relative alla terapia farmacologica ed insistendo sul forte impatto psicosociale che tale disturbo comporta. Secondo i piu' recenti studi, la prevalenza nella popolazione generale dello spettro del disturbo bipolare risulta essere del 3,7 % e solo il 20% dei pazienti verrebbe correttamente diagnosticato e trattato. Il relatore evidenzia come la componente depressiva del disturbo sia di solito temporalmente piu' lunga e maggiormente invalidante per quanto concerne la qualita' di vita del paziente, ed in tal senso insiste sulla necessita' di impostare terapie che consentano di gestire adeguatamente la depressione bipolare in senso longitudinale.
Presenta pertanto una review assai dettagliata dei piu' recenti studi farmacologici internazionali, per citarne solo alcuni Bowen 2003 e Calabrese 2003. Secondo le linee guida di consenso della Consensus Conference 2004, pubblicate da pochi mesi, la Lamotrigina risulta essere di prima scelta per la depressione bipolare non psicotica. Secondo uno studio di Calabrese at al. che utilizza un MADRS modificato al fine di analizzare uno per uno 10 items corrispondenti ai sintomi cardine del disturbo, la Quetiapina ad un dosaggio di 600 mg/die e' due volte piu' efficace rispetto al placebo nel ridurre le ideazioni suicidiarie, cosa che non succede, invece, con la Lamotrigina. In sintesi, i farmaci che risultano essere di maggior efficacia per la depressione bipolare sono: nell'acuto Lamotrigina, Quetiapina e l'associazione di Olanzapina piu' Fluoxetina, mentre sul lungo termine Litio, Lamotrigina ed Olanzapina. 
Calabrese intende in particolar modo sottolineare come la fase depressiva del disturbo bipolare porti a maggiori deficit funzionali rispetto alle fasi ipomaniacale e maniacale e questo comporti una piu' lunga durata delle fasi depressive ed un impatto piu' forte dei sintomi sulle funzioni. Pertanto non e' solo importante la priorita' dei sintomi, ma anche il loro impatto sulla realta'. Non tralascia poi di affrontare la questione della "dual diagnosis" ed i relativi problemi specifici che essa puo' comportare.
(a cura di E.L. Fiscella e di F. Fiscella)

Sessione Plenaria: La terapia che cambia

Apre i lavori il Prof. A. C. Altamura che parla di ìFarmacoterapia: un grande futuro dietro le spalleî centrando líattenzione su quegli aspetti della farmacoterapia moderna che riprendono le teorie patogenetiche sulla malattia mentale giaí elaborate da grandi nomi della storia della psichiatria come Freud, Kraepelin e Bleuler.
Di particolare importanza in un valido ed efficace approccio risultano essere:
terapia in funzione delle fasi cliniche di malattia (fase acuta, stabilizzazione, mantenimento);
tempestivitaí del trattamento: un trattamento il piuí precoce possibile ma sempre basato su dati attendibili influenza positivamente il decorso della malattia specie in termini di ricadute;
trattamento a lungo termine: dimostratosi preferibile rispetto a trattamenti brevi e mirati;
valutazione degli esiti con attenta discriminazione tra risposta e remissione;
individualizzazione del trattamento;
esperienza soggettiva del trattamento: sembra essere il miglior predittore di una buona compliance;
terapia integrata (psicoterapia, supporto psico-educazionale al nucleo familiare, inserimento nella societaí)
Segue líintervento del Prof. G. Biggio dal titolo ìI farmaci e il cervello che cambiaî nel quale affronta, supportato da un ampio ausilio di dati di neuroimaging, il tema della plasticitaí cerebrale in rapporto alla crescita dellíindividuo adolescente, allíambiente ed alla farmacoterapia. Particolare attenzione si pone nei confronti delle aree corticali ed ippocampali ed i rispettivi correlati psicopatologici piuí in termini di vulnerabilitaí alla malattia che di relazione causale diretta.
Facendo riferimento a temi particolarmente attuali di neurobiologia, prospetta delle possibili evoluzioni future di una farmacoterapia in grado di agire in modo mirato sui fenomeni di neurogenesi e di plasticitaí neuronale con i suoi risvolti di intervento protettivo sulla sopracitata vulnerabilitaí e sul decadimento delle funzioni cerebrali portato dallíinvecchiamento.
Conclude il Prof. P. Pancheri che, riprendendo il suo intervento di apertura del Congresso sulla classificazione dimensionale, ne espone i risvolti in campo terapeutico.
Valuta inizialmente i limiti clinici e di efficacia dellíattuale approccio farmacoterapico frutto di una combinazione di elementi: la classificazione categoriale, i problemi metodologici degli studi controllati (sillogismo terapeutico, artefatti, etc…) e la prescrizione off label.
Propone infine un approccio terapeutico farmaco-dimensionale: basato su una classificazione dei farmaci fondata sul loro effetto sia sui diversi sistemi recettoriali sia sulle differenti dimensioni nosologiche.
Una terapia che tenga conto di queste basi promette di essere piuí vicina alla clinica e maggiormente efficace tenuto conto del limite costituito dalla dimensione temporale non ancora sufficientemente indagata.
(a cura di L. Adriano, W. Natta)

Disturbi mentali e valutazione dell'invalidità in ambito medico-legale Moderatori: Dr. Giuseppe Messina (Reggio Calabria) e Dr. Antonello Bellomo (Foggia)

Il tema proposto dagli organizzatori ha molto interessato i numerosi presenti nonostante il simposio fosse stato inserito nell'utlima giornata di lavori.
Dopo una breve introduzione dei moderatori, la dott.ssa Dal Monte (Medico Legale dell'Unversità di Ferrara) ha affrontato il concetto di invalità ed inabilità. La relatrice ha in premessa molto apprezzato la proposta degli organizzatori di un confronto tra medici legali e psichiatri, tenuto conto della storica "distanza" (culturale ed operativa) che da sempre li separa sopratutto nel campo della valutazione delle invalidità. La dott.ssa Dal Monte ha sottolineato, poi, che i concetti di invalidità ed inabilità, a fronte di una normativa rigida e di definizioni molto precise, hanno un loro dinamismo culturale e storico e vadano sempre (ma soprattutto in ambito psichiatrico) contestualizzati, ma non soggettivizzati, utilizzando al meglio gli "adeguamenti" che la normativa prevede.
Il dott. Bellomo ha affrontato il tema dell'invalidità pensionabile in sede INPS, presentando uno studio, effettuato dal suo gruppo di lavoro, sulla ricaduta della patologia psichiatrica in questo settore. Dallo studio sono emersi alcuni elementi importanti: in primo luogo la ricorrenza della patologia psichiatrica è abbastanza rilevante e la maggior parte delle patologie riscontrate nell'anno 2003 riguarda l'area dei disturbi ansioso-depressivi; in secondo luogo il relatore ha fatto notare come i programmi in dotazione all'INPS per la rilevazione dei dati e le tabelle cui fanno riferimento, assemblano patologie psichiatriche molto diverse tra di loro e di non omogenea valenza "invalidante" (ansia e depressione ad esempio) per cui il dato relativo viene ad essere molto condizionato da tali fattori.
Il dott. Zamperini (medico-legale e giornalista), anch'egli piacevolmente "sorpreso" dall'invito a partecipare al simposio, ha sottolineato, in tema di indennità di accompagnamento, come vi sia molta disomogeneità di valutazione in questo ambito, facendo rilevare come (soprattutto per le patologie psichiatriche) spesso la "possibilità di deambulare" e di "svolgere le funzioni proprie dell'età", vengano viste, in sede di valutazione, in maniera assoluta e non relativa alla condizione clinica che eventualmente vi soggiace e che spesso in sede di commissioni il valutatore si trova ad "interpretare la norma" più che applicarla, finendo per sottostimare un beneficio con valutazioni assolute e non relative ad esempio all'età, alla malattia di base, a valutazioni di decorso e di esito.
La dott.ssa Fabiano ha affrontato il tema del contenzioso partendo da una disamina sulla vigente normativa. La relatrice ha sottolineato i compiti del medico quando si trova a svolgere le funzioni di consulente tecnico (d'ufficio e di parte), precisando che, nel conetnzioso, ognuna della parti deve essere messa nelle condizioni di poter svolgere appieno il proprio ruolo. In conclusione la dott.ssa Fabiano ha presentato uno studio effettuatto presso la CMV di Messina, relativo al 2004, da cui si evince che la patologia psichiatrica maggiore non dà luogo in maniera rilevante a contenzioso, mentre nella maggior parte dei casi la demenza (e i disturbi congnitivi) danno luogo a ricorso, per quanto riguarda l'indennità di accompagnamento e le nevrosi (variamente definite e spesso associate ad altre patologie fisiche) per quanto attiene alla richiesta di assegno di invalidità.
Il dott. Messina ha definito il suo, "un tentativo, forse azzardato", di far confluire nelle tabelle ministeriali di invalidità per patologia psichiatrica, i criteri classificatori del DSM, analizzando le varie classi di disturbi mentali e concludendo con una disamnia sulle condizioni cliniche non presenti nel tabellare ministeriale. Il relatore ha concluso che il necessario ricorso al criterio "analogico", piuttosto rilevante in ambito psichiatrico, può determinare valutazioni molto diverse da caso a caso, con evidenti ricadute sia sulla pesatura che sulla conseguente attribuzione del beneficio (sia esso assegno di invalidità che indennità di accompagnamento). 
Le conclusioni dei moderatori hanno sottolineato la necessità di approfondire i temi trattati, a fronte delle richieste di intervento da parte dei numerosi presenti in sala.

Report simposio tematico parallelo " Atmosferico e intersoggettivita’ ". Moderatori prof.B.Callieri, prof.A.Ballerini, prof.C.Maggini.

 

L’introduzione del simposio viene svolta dal prof.Callieri,il quale esprime ,con grande partecipazione emotiva,il concetto importante dell’ intersoggettivita’ che ritroviamo tra psichiatra e paziente e di come da esso non possa discostarsi quell’"atmosferico"che si crea.Non c’e’ intersoggettivita’ senza atmosferico e viceversa,non puo’ non essere descritto se non come quel"fiutare",quel "sentire"che indirettamente si crea nella relazione tra psichiatra e paziente e che ovviamente si ritrova in ogni relazione interpersonale.Ogni persona,secondo il prof.Callieri,e’ infatti una storia da raccontare ,una storia illimitata che nell’animo di ognuno trova pagine bianche da riempire:pagine che non possono trovare limiti in definizioni cliniche,in manuali diagnostici o impostazioni neurobiologiche,pagine che raccontano di ognuno di noi.

Interviene il prof.Ballerini che,in un continum col discorso del prof.Callieri,descrive la difficolta’ relazionale intersoggettiva che si "fiuta" e si osserva pienamente nel paziente schizofrenico.In questo paziente si valuta,infatti, l’atmosferico nella dimensione autistica ove per dimensione autistica s’intende una difettosa costituzione del se’ e dell’altro come soggetti.Nell’autismo (inteso non clinicamente come sintomo isolato a se stante,ma come fenomeno complesso esistenziale)si osserva un paziente che vive la realta’ come in una fulminea preconcezione di coscienza ,una concezione che fa riferimento a una "totalita’"della realta’ e di se stessi.E’l’eventuale esistenza del fenomeno autismo che in definitiva potra’ dare "schizofrenicita’"ai sintomi ,immergendoli in quella particolare atmosfera che intuitivamente rende difficili se non impossibili i rapporti interpersonali.

Esiste una frase che per il prof.Ballerini mette pienamente in evidenza il sentore di questo atmosferico"Se non vi fossero problemi nelle relazioni interpersonali ,non ci sarebbero schizofrenici".E’ per questo che si parla di un rapporto circolare nello schizofrenico che fa riferimento a una globale anticipazione di senso in una modalita’ relazionale globale.L’intersoggettivita’ si esprime in un difficoltoso costituirsi,tra il collasso della temporalita’,nonche’ la perdita di contatto col fluire della vita e l’impossibilita’ dolorosa di sentire come sono gli altri negli affetti,nei bisogni,nei desideri.Per cui l’autismo diviene la vera realta’ fenomenologia che ci spiega che non si tratta solo del ritiro e del silenzio(che possono esserci ma possono anche essere delle difese),ma e’ la difficolta’ della naturalita’di essere con l’altro:un’eclissi dell’altro che travolge inevitabilmente il proprio se’.

Proseguendo il prof.Callieri introduce il concetto di empatia ,in un’ambiguita’ che puo’ crearsi nel rapporto interpersonale col paziente psichiatrico.

L’empatia e’ quella parola che ci perviene durante il colloquio clinico,"quella parola che c’interpella",che ci coinvolge descrivendo una particolare atmosfera intersoggettiva.E’ importante e insopprimibile per gli psicopatologi servirsi di quest’empatia per interpretare attentamente la narrazione del paziente,cogliendone tutto,frasi ,parole ,silenzi….E’ un opera difficile e coraggiosa che secondo il prof.Callieri,deve essere attentamente formata nei giovano medici —psichiatri di oggi ,i quali devono essere avviati lentamente nella ricostruzione di una psiche piu’ complessa,ormai facilmente perduta tra i DSM e i neurotrasmettitori,che si presenta quasi come un fondo scuro,un oceano dalle acque profonde,duro e oscuro su cui si poggia l’esistenza umana.Cio’ che muove infatti gli psicopatologi e’ infatti questa "passione dell’esistere",di cosa ci sia sotto,di come ,se si vuole usare un concetto pirandellliano,dietro una maschera ci sia un’altra maschera e cosi’ via.

Sono modalita’ esistenziali ,queste e ancora altre,che c’invitano alla ricerca del senso piu’ che del sintomo,alla atmosfericita’ della clinica come intersoggettivita’ della psichiatria ,alla passione dell’esistere come tertium ineludibile tra mente e cervello.

Conclude,in ultimo, il prof.Maggini, il quale ,facendo riferimento all’opera di Tellenbach"Gusto e atmosferico",descrive l’atmosferico come una realta’ primitiva che si crea tra madre e figlio.Il bambino entra in contatto col mondo doloso della madre,percependone non solo l’odore,ma anche la sua essenza.E’ un’atmosfera che origina dal profondo delle persone in un ritrovo nonche’ risveglio di risonanze affettive primitive,una realta’ che "si fiuta"nei domini linguistici e nei simbolismi dell’"altro",realta’ che non sfuggira’ mai tra medico e paziente.

( a cura di Emanuela D'Angelo)

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