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FREUD IN ITALIA. ANTICHE TRACCE

25 Ott 25

Rita Corsa

Sulle tracce di Freud.

Da Lombroso a De Sanctis e Dalma, scienziati italiani

all’alba della psicoanalisi

Alpes, Roma, 2025, pp. IX+104, € 15,00

Mi piace pensare che questo saggio rappresenti l’ultima opera di una trilogia che ho dedicato alla nascita della psicoanalisi in Italia” (p. V): con queste parole, Rita Corsa apre un piccolo, affascinante testo che conduce il lettore verso anni e ambienti di una volta, lì ove è possibile rintracciare alcune radici della psicoanalisi italiana.

I due lavori a cui l’autrice fa riferimento scrivendo della trilogia sono, il primo, fondamentale, Edoardo Weiss a Trieste con Freud. Alle origini della psicoanalisi italiana. Le vicende di Nathan, Bartol e Veneziani, introdotto dalla dedica al neuropsichiatra e psicoanalista lombardo Eugenio Gaburri (la prima edizione è del 2013 a cui si sono aggiunte due ristampe, rivedute e corrette, nel 2018 e nel 2020); un libro che “nasce dalla passione e dall’amicizia. La passione per la psicoanalisi e per la sua storia […] E nasce anche dall’amicizia. Un’intensa, lunga sorale amicizia per una grande triestina, Anna Maria Accerboni Pavanello. Maestra e amica” (p. VII).

Il secondo, pubblicato nel 2017, è dedicato ad una persona dimenticata o, meglio, ricordata solo come la moglie di…, cioè Vanda Shrenger Weiss: Vanda Shrenger Weiss. La prima psicoanalista italiana. La psicoanalisi a Roma in epoca fascista (con la prefazione di Marina Breccia e, in appendice, un saggio di Giuseppe Zanda su Ernst Bernhard e uno scritto inedito di Vanda Shrenger Weiss) – tutti i tre volumi sono pubblicati dall’editore Alpes di Roma, collocati nella collana I territori della Psiche, diretta da Doriano Fasoli).

Nell’insieme, questi tre volumi compongono un vero e proprio affresco di un periodo storicamente attraente dello sviluppo della psicoanalisi italiana, un argomento al quale non sempre e non molti prestano attenzione. E, dunque, il primo dei tre capitoli del testo è dedicato al confronto a distanza tra Freud e Lombroso – Ezechia Marco Lombroso, detto Cesare, precisa in nota l’autrice – un capitolo che “vuole esplorare i contatti e le suggestioni tra questi due grandi studiosi, entrambi testimoni e attori di una straordinaria stagione culturale nata all’insegna dell’apogeo del positivismo e dominata dall’evoluzionismo, ma già agitata dalle avvisaglie dell’irrazionalismo” (p. 3). Dalle ricerche condotte da Rita Corsa si viene così a sapere che Freud non citò mai Lombroso nelle sue opere (solo nella sua corrispondenza privata), ma possedeva testi lombrosiani tradotti in tedesco, mentre Lombroso citò Freud almeno per due volte nel contesto di considerazioni su genio e follia. I due uomini si sono dunque sfiorati, mentre nel circolo degli psicoanalisti viennesi, tra il 1906 e il 1908, Lombroso è evocato più volte.

La ricerca si approfondisce nel secondo capitolo dal titolo Lombroso e lombrosiani nella biblioteca di Sigmund Freud, anche questo, come il primo capitolo, scritto da Rita Corsa con Pierpaolo Martucci (professore di Criminologia all’Università di Trieste), il quale firma come coautore altri due capitoli, il terzo e il quarto. In questo capitolo, tra molte altre notazioni interessanti, come quella che precisa che Freud visse dal 1891 al 1938 (47 anni!) al numero 19 di Bergasse, si prende in esame ciò che è stato reperito e catalogato della biblioteca freudiana riguardante Lombroso, custodito nell’archivio della Freud Library “compilato e pubblicato nel 2004 da Davies e Fichtner. Dal 2011 la lista è presente e consultabile anche nel catalogo online delle Columbia University Libraries (CLIO)” (p. 21) (vedi https://clio.columbia.edu/ ).

Con il terzo capitolo (dal titolo: Sigmund Freud e Cesare Lombroso) si chiude la Parte I del testo. Si tratta di un capitolo che si può leggere come un noir in cui si propongono riflessioni, analisi, collegamenti e ipotesi su una vicenda abbastanza intricata ed oscura: “l’idea di uno stretto rapporto di parentela fra il padre della psicoanalisi e il rapinatore assassino giustiziato a Olműtz […] pare non essere stata frutto esclusivo di fantasiose illazioni da parte di qualche paziente in trattamento” (p. 32). Ma non aggiungo altro, per lasciare al lettore il gusto della scoperta!

Tracce coperte dal tempo è il titolo con il quale si apre la Parte II, con i suoi tre capitoli, il primo dei quali tratta dell’emergere dell’opera di Freud nella letteratura scientifica italiana di fine Ottocento. Qui, la ricerca integra le scoperte di storici come Michel David, Silvia Vegetti Finzi e Aldo Carotenuto, inoltre retrodatando al 1892 il primo articolo italiano in cui si tratta di psicoanalisi: “prima di questa nostra trouvé, gli storici valutavano che il primo lavoro italiano riservato alla psicoanalisi fosse quello di Baroncini, da titolo Il fondamento e il meccanismo della psico-analisi (marzo 1908)” (p. 42). Nel secondo capitolo emerge la complessa e poliforme figura di Sante De Sanctis (Parrano, 7 febbraio 1862 – Roma, 20 febbraio 1935), psicologo, psichiatra, iniziatore della neuropsichiatria infantile in Italia, il cui primo contatto con Freud risale al luglio del 1895. Sono qui delineati i contributi principali e le più importanti tappe dell’opera di De Sanctis, sottolineando l’aspetto della metodologia da lui elaborata, definita dapprima eclettica, poi integrale e integrata. Un approccio positivista che non gli consentirà di accogliere la psicoanalisi tra le scienze, a cui farà da contrappunto la posizione da cui Freud esprimerà considerazioni e valutazioni non certo positive sul collega italiano. Ma tutto ciò, e molto altro, compresi alcuni aspetti del rapporto tra De Sanctis e Edoardo Weiss, è ben articolato nel paragrafo De Sanctis e il movimento psicoanalitico italiano.

Infine, il terzo capitolo di questa seconda parte del testo è dedicato ad una figura senz’altro poco nota, o del tutto sconosciuta, cioè Giovanni Dalma, definito nel titolo del capitolo il pioniere italiano della psicoanalisi applicata alla letteratura, appartenente a quella schiera “di appassionati sostenitori di una tassonomia che pretendeva di collegare il modello biologico /sperimentale con quello psicologico/psicoanalitico” (p. 66). Rita Corsa ripercorre ogni tappa della vita e dell’opera del medico, ebreo, fiumano, Dalma – poliglotta e traduttore di opere importanti come il trattato di Binswanger e Siemerling – dai primi anni e dalla formazione universitaria fino all’impegno come psichiatra nel frenocomio di Reggio Emilia e in altri contesti istituzionali, dal rapporto critico intrattenuto con il pensiero freudiano (partendo da una formazione biologica e sperimentalista) fino alla sua firma sull’atto della fondazione della Società Psicoanalitica Italiana nel giugno del 1925.

Un denso paragrafo è dedicato alla psicoanalisi applicata alla letteratura mentre sono ripercorsi gli anni del fascismo, della guerra e, infine, della rifondazione della SPI a metà degli Anni Quaranta, contraddistinta anche dal biennio di vita della rivista Psicoanalisi, diretta da Joachim Flescher. Alla neonata rivista contribuisce lo stesso Dalma pubblicando sul primo numero l’articolo “Via del maltempo”, di Onofrio Fabrizi (psicodinamica del matricidio), sollecitato a Dalma dal direttore il quale così introduce il lettore alle prime pagine della rivista: “mentre la scienza compie quasi in ogni campo progressi, che rasentano l’inverosimile, la conoscenza dell’animo umano sembra non parteciparvi affatto. Eppure non è così!” (J. Flescher, “Introduzione”. Psicoanalisi, anno I, numero 1, Luglio-Settembre 1945, p. 1). E il saggio di Dalma ben si inserisce in questo primo fascicolo in cui compaiono interessanti contributi a firma di Nicola Perrotti e dello stesso Flescher.

L’autrice segue, dunque, la vita e le opere di Giovanni Dalma fino alla sua partenza dall’Italia diretto verso l’America del Sud.

Il testo si chiude con la Bibliografia, le Fonti archivistiche cartacee, la Sitografia, i Ringraziamenti e l’Indice dei nomi (utilissimo!).

Come si può intuire da quanto esposto, il testo è scritto con rigore storico, eccellente attenzione a quella metodologia di ricerca che caratterizza tutti i lavori di Rita Corsa – continui riferimenti alle fonti originali confermate per mezzo di incroci molteplici, testimonianze e documenti reperiti in ambito internazionale. Al di là di ciò che è esposto e ampiamente delineato, molti cenni e rimandi attraggono la curiosità del lettore: uno su tutti, la scoperta fatta dall’autrice della inedita Autobiografia di Marco Levi Bianchini (Rovigo, 28 agosto 1875 – Nocera Inferiore, 21 agosto 1961), lo “straordinario pioniere che meriterebbe un riconoscimento meno frettoloso di quello che gli viene in genere dedicato” (G. Petacchi, “Vita di pionieri”, p. 160, 1987. In: A. M. Accerboni, a cura di, La cultura psicoanalitica. Atti del Convegno. Trieste 5-8 dicembre 1985. Edizioni Studio Tesi, Pordenone, 1987).

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