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Presentazione saggio: “L’aggressività distruttiva nel mondo del lavoro”

9 Giu 25

l mobbing e le altre forme di violenza organizzativa

Andrea Castiello d’Antonio

Hogrefe, Firenze, 2024, pp. 210, € 20,00

Il mondo del lavoro presenta diverse sfaccettature e differenti dimensioni non solo di genere organizzativo e tecnologico, ma anche psicologico e psicosociale.

Tra le seconde si collocano le complesse dinamiche socio-organizzative, le relazioni tra responsabili di funzione e collaboratori (il rapporto leader-follower), le dinamiche dei gruppi (intragruppo e inter-gruppo) e l’intero mondo emotivo e interpersonale che si attiva ogni volta che una persona entra e fa parte di una realtà socio-organizzativa articolata e finalizzata a un obiettivo (il cosiddetto sistema sociotecnico elaborato nei lavori di Elliott Jaques e dei suoi colleghi del Tavistock Institute of Human Relations)

Se è possibile differenziare in modo ampio situazioni “fisiologiche” e situazioni-condizioni “patologiche” o al limite dell’adeguatezza e del corretto vivere associato, è anche possibile enucleare le (tante) dimensioni dello sviluppo di aggressività distruttiva e di disfunzioni relazionali inquinate da una scarsa, difettosa o strumentalmente utilizzata gestione del proprio bagaglio pulsionale.

Tra queste dimensioni, il cosiddetto mobbing, ma non solo, occupa un posto di rilievo.

L’oggetto di questo libro, frutto di esperienze di psicologia clinica, psicoterapia e psicodiagnosi, e di consulenza nell’ambito della psicologia delle organizzazioni e dello sviluppo del capitale umano, è proprio questo. Indagare e discutere le manifestazioni di aggressività distruttiva nelle diverse fasi e nei differenti ambiti in cui essa sviluppa, tendendo conto che tali esplosioni possono essere realizzate consapevolmente, in modo finalizzato e strumentalizzante, oppure agite in modo inconsapevole e del tutto irrazionale: ma le loro ripercussioni sull’intero palcoscenico della vita organizzativa, sul mondo visibile e sui mondi interiori delle persone che abitano i molteplici e altamente differenziati luoghi di lavoro, sono spesso devastanti.

Il libro sia apre con un capitolo sui vissuti organizzativi, su quanto della vita di lavoro vive in ciascuno di noi, a livelli profondi, e al di là dell’impegno operativo nel ruolo: “L’organizzazione intorno e dentro di noi” è il titolo di uno dei primi paragrafi a cui seguono le illustrazioni di talune forme difficili di esperienza organizzativa: la competizione corrosiva e distruttiva, il conflitto interpersonale patologico, e lo sviluppo dei cosiddetti CWB, i Counterproductive Work Behaviors.

I tre capitoli seguenti affrontano il tema del mobbing – Bullying at Work – declinandone le definizioni, la fenomenologia, e la questione della diagnosi (un aspetto per nulla semplice, come ben sanno i colleghi che si impegnano a sostenere e dimostrare nelle aule di tribunale l’avvenuto mobbing).

Ma questo genere di situazioni, insieme allo Stalking, all’Harassment, allo Straining e all’impatto che possono avere il Distress e il Burnout, ma anche i tratti personologici della psicopatia, per nulla rari nel mondo del lavoro, esistono non in un “vuoto” ma nel contesto reale e vivo dei rapporti gerarchici.

Ecco emergere la questione delle nevrosi organizzative e dei gruppi disfunzionali, della psicopatologia della leadership, della leadership tossica (come oggi si usa definirla in senso sommario), fino ad alcune forme ormai acclarate nella dinamica mentale di chi gestisce ruoli di responsabilità (leader e manager, prima di tutto) come quelle della leadership narcisistica e della leadership paranoica – su alcuni di questi temi lo psichiatra e psicoanalista Otto F. Kernberg ha dedicato un testo importante: Le relazioni nei gruppi. Ideologia, conflitto e leadership (tr. it.: Raffaello Cortina, Milano, 1999).

Si tratta di situazioni che fanno da sfondo alle esplosioni di aggressività distruttiva nel lavoro, oppure che ne favoriscono l’emergere (anche, semplicemente, non attivando contromisure).

Il contraltare del “capo” – manager, leader, superiore, responsabile, coordinatore, direttore, team leader, come lo si voglia delineare – il collaboratore, nel momento in cui diviene il soggetto oppresso e moralmente violato rischia di mettere in atto una serie di atteggiamenti assai pericolosi per la propria stessa incolumità psicologica: la colpevolizzazione è uno di questi, ma anche la falsificazione di sé, e l’identificazione con l’aggressore (un meccanismo su cui prima Sándor Ferenczi nel suo Diario Clinico, e poi Anna Freud nel suo famoso saggio del 1936 sui meccanismi di difesa, hanno offerto illuminanti prospettive).

Trattando, dunque, alcune dinamiche psicologiche inconsce nella vittima, e altre figure della perversione (organizzativa) come il Thanatoforo – profilo elaborato dallo psicoanalista francese Emmanuel Diet – si giunge al capitolo dedicato al come affrontare e sostenere le violenze psicologiche nel mondo del lavoro, a cui fa seguito il capitolo “Il sostegno psicologico, le psicoterapie e la consulenza psicologico-organizzativa” in cui si discutono le diverse forme di aiuto psicologico che le vittime di aggressività distruttiva e violenza morale (talvolta pure fisica!) possono utilizzare.

A queste dimensioni dell’aiuto, considerando le ripercussioni somatiche e psicosomatiche che tali eventi molto spesso producono nel soggetto che ne è vittima, si affiancano le figure del medico e dello psichiatra chiamati a offrire un contributo farmacologico e psicofarmacologico.

I due ultimi paragrafi trattano in breve della consulenza giuridica e, in modo più esteso, affrontano il problema della specificità del mobbing, dato che si tratta di un concetto che può essere fin troppo facilmente strumentalizzato creando una sostanziale nullificazione: se tutto è mobbing, allora niente più lo è!

Un articolato Indice Analitico e una Bibliografia di oltre cinquecento titoli chiude il volume.

Concludo con una nota di critica costruttiva rivolta ai colleghi.

Soprattutto negli ambiti della psicodinamica si è data importanza al mondo interiore delle persone e alle realtà inconsce: mi sembra che spesso si sia trascurata l’esperienza di lavoro per come essa è vissuta soggettivamente, ma anche per come essa si articola nella realtà di imprese, aziende, amministrazioni e istituzioni.

I nostri pazienti non vivono in un vuoto in cui esistono solo le relazioni affettive, i rapporti interpersonali e le dinamiche interiori. Vivono nella realtà della vita quotidiana in cui la dimensione del lavoro occupa uno spazio rilevante.

Trascurare o non conoscere tale dimensione, in tutti i suoi risvolti, concreti e fantasmatici, operativi e interiorizzati, pratici e di vissuto profondo, significa non occuparsi di una di quelle due dimensioni che lo stesso Sigmund Freud ha richiamato sostenendo che amare e lavorare costituiscono componenti essenziali della realizzazione dell’individuo.

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