I. Un romanzo breve, una lunga eco
Nel 1967 Ercole Patti pubblica Un bellissimo novembre, romanzo breve e perturbante, ambientato nella Sicilia borghese degli anni Venti. Il protagonista, Nino, adolescente inquieto e sensibile, vive un’esperienza erotica con la zia Cettina, donna affascinante e irraggiungibile, che lo inizia al desiderio e alla perdita. Il racconto si svolge in un tempo sospeso, tra Catania e la campagna etnea, dove novembre diventa metafora di un passaggio: dalla luce all’ombra, dall’innocenza alla colpa, dalla fascinazione alla rimozione.
Patti, scrittore colto e ironico, spesso liquidato come “cronista elegante”, costruisce qui un testo densissimo, che merita una rilettura psicoanalitica. Il romanzo non è solo un’educazione sentimentale, ma una rappresentazione simbolica del trauma, del desiderio incestuoso, e della struttura edipica che si disvela nel corpo e nella mente di Nino.
II. Lettura psicoanalitica: il desiderio, la rimozione, il lutto
La figura di Cettina incarna l’archetipo della femme fatale materna: seducente, ambigua, protettiva e distruttiva. Il suo rapporto con Nino è costruito su gesti ambigui, sguardi, vicinanze fisiche che evocano il perturbante freudiano (Das Unheimliche). La scena iniziale, in cui Nino è seduto sulle gambe della zia, è già carica di tensione erotica e regressiva. Il corpo femminile è al tempo stesso oggetto di desiderio e fonte di angoscia.
La campagna siciliana, con i suoi colori autunnali e la sensualità della natura, diventa teatro di una mise en scène edipica: il padre è assente, la madre è silente, e la zia diventa il centro affettivo e sessuale. L’atto sessuale tra Nino e Cettina non è solo trasgressione, ma anche rito di passaggio, che lascia il protagonista in uno stato di spaesamento e perdita. Il romanzo si chiude con una frase che è già lutto: “Era il 15 novembre del 1925”.
La struttura narrativa è circolare e claustrofobica: il tempo non avanza, ma si ripete. Il desiderio non si consuma, ma si rimuove. Nino, dopo l’esperienza erotica, non evolve: regredisce, si chiude, si ammala. Il romanzo è una parabola del trauma: ciò che accade non può essere detto, e ciò che è stato detto non può essere ricordato.
III. Ercole Patti: il dimenticato elegante
Ercole Patti (Catania, 1903 – Roma, 1976) fu giornalista, romanziere, sceneggiatore e critico cinematografico. Collaborò con Il Popolo d’Italia, La Gazzetta del Popolo, Il Corriere della Sera, e fu autore di romanzi come Quartieri alti, Un amore a Roma, Giovannino. La sua scrittura, spesso definita “leggera”, è in realtà una forma di leggerezza pensante, capace di cogliere le contraddizioni della borghesia italiana con uno sguardo ironico e malinconico.
Patti fu anche un ponte tra letteratura e cinema. La sua amicizia con Mario Soldati e la collaborazione con registi come Mauro Bolognini lo resero un autore “visivo”, attento alla composizione scenica, ai gesti, ai silenzi. Un bellissimo novembre è forse il suo romanzo più psicoanalitico, dove la scrittura si fa corpo, sogno, sintomo.
IV. Il film di Mauro Bolognini: Gina Lollobrigida, Gabriele Ferzetti e l’Alfa Romeo come oggetto del desiderio
Nel 1969 Mauro Bolognini porta sullo schermo Un bellissimo novembre, con Gina Lollobrigida nel ruolo di Cettina. Il film, sceneggiato da Lucia Drudi Demby e Antonio Altoviti, con musiche di Ennio Morricone, è una trasposizione fedele ma audace: Bolognini sposta la vicenda dagli anni Venti all’Italia contemporanea, trasformando la Sicilia arcaica di Patti in una terra ancora sensuale, ma segnata dalla modernità.
Questa scelta temporale non è neutra: il desiderio, la trasgressione, la rimozione si collocano ora in un contesto dove la repressione non è più sociale, ma psichica. Il trauma non è più solo familiare, ma esistenziale. Il tempo moderno, con le sue Alfa Romeo 33 Stradale che sfrecciano tra le curve dell’Etna, diventa cornice di un erotismo che non ha più appigli simbolici.
Gabriele Ferzetti, nel ruolo dello zio, è figura ambigua e potente: la sua presenza scenica, il suo sguardo, la sua voce, incarnano un maschile che osserva, controlla, ma non comprende. La sua Alfa Romeo diventa oggetto feticcio: simbolo fallico, protesi del potere, ma anche veicolo del desiderio. La macchina, come il corpo di Cettina, è superficie da contemplare, da toccare, da temere.
Lollobrigida, in uno dei suoi ruoli più intensi e meno celebrati, incarna la zia seduttrice con una grazia tragica e ambigua. Bolognini, regista colto e raffinato, spesso relegato a un “calligrafismo” manierista, merita una rivalutazione. La sua capacità di adattare testi letterari (da Moravia a Brancati, da Soldati a Patti) con uno sguardo pittorico e psichico è oggi più attuale che mai.
V. Conclusione: novembre come stato mentale
Rileggere Un bellissimo novembre oggi, in un tempo di accelerazione e smemoratezza, significa ritrovare il valore della lentezza, della complessità, della memoria affettiva. Patti ci parla di un’Italia che non c’è più, ma anche di un inconscio che non smette di agire. Il romanzo e il film sono due dispositivi psichici: ci mostrano come il desiderio si forma, si consuma, si rimuove.
E forse, come scrive Dario Stazzone, Patti è “un Brancati in sedicesimo” che merita una rilettura critica e affettiva. Così come Mauro Bolognini, regista dimenticato, ma capace di dare forma visiva al perturbante, al desiderio, alla perdita.
Bibliografia essenziale
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Ercole Patti, Un bellissimo novembre, Milano, Rizzoli, 1967.
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Mauro Bolognini (regia), Un bellissimo novembre, Italia, 1969.
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Sigmund Freud, Il perturbante, 1919.
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Jacques Lacan, Il seminario. Libro XI: I quattro concetti fondamentali della psicoanalisi, Einaudi.
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Dario Stazzone, Ercole Patti. L’eleganza del disincanto, Bonanno Editore, 2013.
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Goffredo Fofi, Mauro Bolognini. Il cinema, la letteratura, la memoria, Marsilio, 2005.
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