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“I due papi”. Lo sguardo del cinema sulla Chiesa del papa

12 Mag 25

A cura di Matteo Balestrieri

 

A pochi giorni dell’elezione di papa Leone XIV, mentre si discute sull’orientamento che egli darà alla Chiesa, questo film propone il confronto tra i due papi che più recentemente ci hanno lasciato, di orientamento diverso ma ugualmente uniti nel riconoscimento reciproco.

Sappiamo bene che la lotta all’interno della Chiesa è serrata. Semplificando al massimo, la contrapposizione più forte è tra tradizionalisti e innovatori. La scelta per l’una o l’altra corrente può fare la differenza per il futuro, o per la stessa sopravvivenza, della Chiesa. Il conclave è perciò un momento chiave nella storia di questa istituzione. La contrapposizione tra ala tradizionalista e ala progressista nella Chiesa è al centro del film “I due papi” (2019) diretto da Fernando Meirelles, dove viene immaginato che papa Ratzinger e il futuro papa Bergoglio (splendidamente interpretati da Anthony Hopkins e Jonathan Pryce) si incontrino prima che il primo decida di dimettersi.

Facciamo prima un po’ di storia.

Joseph Ratzinger è stato eletto Papa con il nome Benedetto XVI il 19 aprile 2005, dopo la morte di Papa Giovanni Paolo II, avvenuta il 2 aprile 2005. Durante il conclave del 2005, il cardinale con cui Ratzinger ha avuto la principale “contesa” — nel senso di essere considerato il principale papabile alternativo — è stato Jorge Mario Bergoglio, arcivescovo di Buenos Aires, che nel 2013 diventerà Papa Francesco. Alcune indiscrezioni postume (mai ufficiali, ma molto citate da vaticanisti autorevoli) affermano che Ratzinger ottenne rapidamente molti voti grazie al suo ruolo di decano del Collegio cardinalizio e alla sua reputazione come custode della dottrina cattolica. Bergoglio, considerato una figura più moderata e riformista, fu sostenuto da una parte del conclave, ma si ritirò spontaneamente dalla corsa e chiese ai suoi sostenitori di votare per Ratzinger, facilitando così la sua elezione.

Il film racconta di un incontro immaginario avvenuto nel 2012 tra i due nella residenza estiva del papa a Castelgandolfo, nel corso del quale essi, diversi per visione del mondo e personalità, si confrontano tuttavia con grande umanità. Benedetto XVI, conservatore e introverso, rappresenta la tradizione della Chiesa, mentre Bergoglio, progressista e vicino ai poveri, incarna il desiderio di riforma e apertura. Durante una serie di conversazioni intense, a volte tese ma anche profonde e umane, emergono i dubbi, le colpe e le convinzioni di entrambi. Benedetto rivela il suo tormento interiore e la decisione, già maturata, di voler abdicare. Bergoglio a sua volta, in un periodo di crisi personale, chiede al Papa il permesso di ritirarsi. Papa Benedetto XVI, alle prese con pressioni interne legate allo scandalo Vatileaks, rifiuta tuttavia la richiesta ed anzi gli comunica il suo desiderio di vedere Bergoglio come prossimo papa.

Il cardinale si dichiara d’altra parte non meritevole a questo ruolo e racconta il senso di colpa per il suo comportamento durante la dittatura argentina, svelando un passato doloroso.

Il ruolo di Jorge Mario Bergoglio durante la dittatura militare argentina (1976–1983) è stato oggetto di discussioni e controversie, soprattutto prima della sua elezione a Papa nel 2013. Durante la dittatura, migliaia di persone furono sequestrate, torturate e uccise. La Chiesa cattolica argentina, in generale, fu criticata per la sua ambiguità e per il silenzio mantenuto rispetto alle violazioni dei diritti umani.

All’epoca, Jorge Mario Bergoglio era Provinciale dei gesuiti in Argentina (dal 1973 al 1979), ovvero il superiore dell’ordine nel Paese. Le controversie principali riguardano il rapimento di due gesuiti, Orlando Yorio e Francisco Jalics, nel 1976. Entrambi furono detenuti e torturati dalla giunta militare per cinque mesi. Successivamente accusarono Bergoglio di non averli protetti abbastanza, e di averli forse addirittura “consegnati” alla dittatura negando loro il sostegno ufficiale dell’ordine.

Bergoglio ha sempre negato ogni coinvolgimento diretto e, in diverse interviste e testimonianze (anche giudiziarie, in Argentina), ha detto di aver lavorato in segreto per ottenerne la liberazione. Francisco Jalics, anni dopo, ritirò ogni accusa diretta, affermando nel 2013 che lui e Bergoglio si erano riconciliati e che “il caso era chiuso”. Documenti e testimonianze successivi mostrano che Bergoglio protesse e aiutò persone perseguitate, anche se in modo discreto, per non attirare l’attenzione del regime.

In conclusione, il ruolo di Bergoglio non fu quello di un collaborazionista, ma neanche quello di un oppositore esplicito. La sua condotta fu prudente e ambigua, come quella di molti nella Chiesa del tempo. Col tempo, però, la sua immagine si è rafforzata grazie al lavoro di riconciliazione, alla confessione di colpe istituzionali della Chiesa e alla sua stessa ammissione: “Avrei potuto fare di più.”

Nel film “I due papi” il dialogo fra Ratzinger e Bergoglio evolve in un confronto sincero, spirituale e filosofico, che li porta a una nuova comprensione reciproca. Il Ratzinger sullo schermo dice più volte di non essere d’accordo su quanto di innovativo sostiene Bergoglio e pur tuttavia ne è conquistato sul piano umano, così da voler affidare il futuro della Chiesa al papa argentino. Benedetto riconosce in Bergoglio il suo successore ideale, un pontefice capace di guidare la Chiesa verso un futuro più aperto e inclusivo.

Il film, anche attraverso ricostruzioni a ritroso, affronta il tema del dolore e della fragilità umana di fronte al gravoso compito di reggere la responsabilità di pontefice. Ne “I due papi” viene addirittura proposto un doppio desiderio di rinuncia, quello di Ratzinger, che poi effettivamente avrà luogo nella vita reale, e quello di Bergoglio che chiede insistentemente al papa di firmare la sua dimissione da cardinale per tornare ad essere un semplice prete. Anche in quel caso il desiderio di rinuncia del futuro papa nasconde un profondo travaglio interiore.

Nel 2013, Benedetto rinuncia al pontificato. Pochi mesi dopo, Bergoglio viene eletto Papa e prende il nome di Francesco. Il film si chiude con una nota umana e leggera: i due papi, ormai amici, guardano insieme la finale del campionato mondiale di calcio tra Germania e Argentina, condividendo un momento semplice dopo un cammino complesso.

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