I venti chilometri che mi separano dalla clinica spesso portano il pensiero alla casualità di un incontro.
Ottobre novantanove, uno studio fotografico e un matrimonio, un fotografo e una psicologa, una scogliera e la voglia di una nuova esperienza, la consegna dell’album e il primo accordo, due telefonate e ci vediamo dopo le feste.
Gennaio duemila e sbaglio porta, poi suono e finalmente mi aprono ed entro in un mondo nuovo che mi incuriosisce e mi spaventa.
"Vuoi leggere le cartelle cliniche ?" no grazie, preferisco avere un rapporto aperto e paritario.
Conosco Roberto, Massimiliano, Carla, Bianca, Margherita e Carmen che per prima si fa fotografare nella sua stanza mentre fa colazione.
Scatto la prima Polaroid e la elaboro con la penna sotto gli occhi sorridenti di Carmen che si lamenta per il male alla gamba operata più volte.
L’obiettivo finale è l’autoritratto e riconosco che sarà difficile raggiungerlo in breve tempo.
Inquadro, scatto e mi inquadrano, mi studiano e a fatica riesco a far capire che non sono un operatore del settore ma semplicemente un fotografo.
Carla appare sporadicamente, è una persona interessante.
Partiamo con un piccolo furgone alla ricerca del sole e il parco di Nervi accoglie i nostri pensieri. Ci conosciamo meglio e le foto raccontano la vita della comunità.
E’ tempo di realizzare "Fotinmente" e l’esposizione è realizzata e curata dai ragazzi del corso che si preoccupano di raccontare ai presenti il lavoro svolto.
La schizofrenia è una malattia dolorosa e l’integrazione col mondo esterno è difficile vista la scarsa conoscenza della stessa.
La fotografia è lo specchio in cui ogni venerdì ci guardiamo, chi scatta e guarda, chi guarda solamente.
Le regole non sono accettate e quando si impongono si infrangono contro l’assoluta libertà del progetto.
La fotografia immediata e lo sviluppo in C41, l’attimo e l’attesa.
Carla si avvicina e dopo anni e scatti d’ira posa per noi e scrive poesie che arricchiscono il lavoro.
Roberto corre incontro ai suoi amici "normodotati" e li immortala all’interno dei bar o lungo le vie di Campomorone, il comune alle porte di Genova che ospita la clinica psichiatrica.
Lucia appare tra un biscotto e l’altro e mi chiede una fotografia, 1/125 f:1.8 "mi hai sparato?" No! "meno male".
Lucia mi racconta le gite in ovovia con i suoi genitori, guarda la Nikon e il cinquanta millimetri, ride e scappa.
Lucia non fa parte del gruppo fotografia.
O forse sì…
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