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Terza giornata – Giovedì 27 febbraio

28 Nov 12

Di FRANCESCO BOLLORINO

 

Nel primo intervento, dal titolo “ up to date in the pathophysiology of depression”, il prof.F. Holsboer ha presentato le più recenti acquisizioni riguardo alla patofisiologia dei disturbi depressivi a partire dalle avvincenti ricerche sullo studio dei polimorfismi del promotore del trasportatore della serotonina (SERT). Il promotore può essere presente nella popolazione generale in due varianti alleliche (allele lungo e allele corto) correlate ad una diversa attività del promotore stesso: l'allele lungo comporta una maggiore attività ed un maggior reuptake della serotonina e quindi una miglior risposta alla terapia con gli SSRI. Tale dato vale per gli individui di razza caucasica, non per gli asiatici per i quali avviene l'opposto. Per la prima volta nella storia della psichiatria è possibile fare una previsione sulla base del genotipo relativo a molecole coinvolte nel meccanismo dell'insorgenza della depressione. In tal senso sembra essersi sviluppata la ricerca sui neuropeptidi vasopressina e CRH.
Ha quindi portato alcuni dati della ricerca sugli antagonisti recettoriali dei neuropeptidi (in particolare NK-1) a scopo terapeutico antidepressivo: esiste un modello animale costituito da ratti selezionati in laboratorio in base al comportamento ansioso (HAB e LAB) nei quali sono risultate particolarmente elevate le concentrazioni di vasopressina e CRH e l'analisi genetica ha dimostrato una mutazione puntiforme nel gene per l'ADH . Questo studio ha inoltre avallato la predittività del test al desametasone che risulta positivo in queste cavie. Sono state proposte pertanto due opzioni terapeutiche: la disattivazione del gene dell'ADH o il blocco dei recettori della stessa molecola.
Un altro importante neuropeptide è il CRH per il quale esiste ugualmente un modello animale valido costituito da cavie che presentano una delezione nel gene per il recettore del CRH di tipo I. Questa mutazione rende l'animale meno sensibile agli effetti del CRH con un effetto comportamentale di minor ansia.
Anche in tal caso vi sono conseguenze a livello terapeutico (soppressioone del gene o blocco recettoriale). Un aspetto da non trascurare è che gli antagonisti recettoriali dei neuropeptidi funzionano soltanto in presenza di patologia.
Studi genetici di linkage hanno permesso di individuare un locus che necessita di solo tre mutazioni puntiformi per rendere una persona suscettibile alla depressione bipolare.
In ultimo il relatore auspica una rivoluzione nosografica che comporti l'utilizzazione di algoritmi di fenotipizzazione, in luogo della attuale valutazione del quadro diagnostico, attraverso test comportamentali, funzionali e genetici.

Il secondo intervento “ Up to date in the therapy of Bipolar Disorder” del Prof E. Vieta ha analizzato diversi tipi di strategie terapeutiche nella terapia dell'episodio maniacale, dell'episodio depressivo e nella terapia di mantenimento.
Ha sottolineato l'importanza di utilizzare gli stabilizzatori dell'umore sin dall'inizio della terapia, associandoli in caso di episodio maniacale ad un antipsicotico atipico (senza rilevanti differenze di efficacia tra le diverse molecole) dal momento che gli stabilizzatori agiscono lentamente.
In caso di episodio depressivo, invece, può essere utile inserire in terapia un antidepressivo, preferendo un SSRI per il minor rischio di switch.
Riguardo all'eventuale interruzione della terapia antidepressiva non vi sono dati certi in letteratura, ma l'esperienza dimostra che vi sono meno recidive in pazienti che utilizzano l'antidepressivo più a lungo. Un'altra possibile opzione terapeutica potrebbe essere l'associazione di due stabilizzatori dell'umore la quale risulta efficace come il trattamento sopra descritto, ma è gravata da maggiori effetti collaterali.
In questi casi può essere invece indicato ricorrere alla lamotrigina, specie per prevenire gli episodi depressivi al dosaggio di 200 mg/die oppure all'associazione di olanzapina e fluoxetina come da uno studio randomizzato in doppio cieco che ha coinvolto più di 800 pazienti.
L'ultimo aspetto preso in considerazione è la terapia di mantenimento; l'uso dei Sali di litio è sempre molto attuale ed è importante non interrompere bruscamente la terapia, pena l'aumento del rischio suicidarlo.Tra gli altri stabilizzatori dell'umore vengono poi analizzati il valproato, non efficace a lungo termine e la carbamazepina sulla quale non esistono trial metodologicamente buoni. Mentre la lamotrigina risulta lo stabilizzatore più efficace per la prevenzione degli episodi depressivi, il litio è il farmaco più indicato per la prevenzione di quelli maniacali. Il relatore ha poi sottolineato l'effetto di stabilizzazione dell'umore a lungo termine della clozapina e dell'olanzapina.
Nel corso della discussione sono emersi alcuni dati importanti riguardo l'associazione dell'olanzapina nella terapia degli stati maniacali acuti (alle dosi di 30-40 mg/die) con il topiramato per il controllo dell'incremento ponderale indotto dall'antipsicotico; quest'ultimo farmaco viene somministrato al dosaggio iniziale di 25 mg/die che vanno aumentati di 25 mg ogni 3 giorni fino ad una dose target di 200 mg/die. 

 

SIMPOSI PARALLELI

 

Il simposio parallelo dedicato alle caratteristiche di temperamento nei Disordini del Comportamento Alimentare è stato moderato dal Prof Santonastaso e dalla Prof. Brambilla.
Il primo relatore, Favaro, ha presentato una relazione dal titolo “Comportamenti autoaggressivi nella popolazione generale: relazione con disturbi dell'alimentazione e temperamento”. E' stato descritto uno studio sui comportamenti autoaggressivi in un campione della popolazione generale, messo in correlazione con i DCA. Tra i comportamenti autoaggressivi (maggiori, stereotipi e minori) sono stati suddivisi due gruppi, con caratteristiche impulsive e con caratteristiche compulsive. Questi ultimi sono a loro volta divisi in due sottotipi a seconda delle modalità di comportamento. I comportamenti impulsivi hanno caratteristiche di episodicità, egosintonicità e scarico della tensione. Quelli compulsivi sono egodistonici e ripetitivi. I risultati dello studio del campione individuano una sorprendente percentuale, il 25%, di comportamenti autoaggressivi nella popolazione generale (il campione era costituito da soggetti di sesso femminile). La correlazione con i DCA diagnosticati è risultata significativa. Significative sono risultate anche le correlazioni con determinati fattori temperamentali e con abuso sessuale.
Il secondo relatore, Paoli, ha portato il contributo dedlla scuola di Pisa, con il titolo: “Associazioni tra caratteristiche di temperamento e diagnosi di DCA”. Dopo un'ampia rewiev della letteratura in materia, l'oratore ha fornito i dati di uno studio di tipo temperamentale sui DCA, utilizzando il TEMS-I per la valutazione del temperamento affettivo a secondo della classificazione in depressivo, ciclotimico, ipertimico ed irritabile. Lo scopo dello studio era correlare tali temperamenti ai DCA in confronto con la popolazione generale. I risultati ottenuti riportano che l'anoressia restrittiva non mostra correlazione con i temperamenti affettivi valutati, mentre gli altri gruppi di DCA sì, in linea con la letteratura. Si conferma quindi l'eterogeneita del gruppo dei DCA.
Il prof. Fassino ha discusso la relazione: “Elementi predittivi psicopatologici e di personalità nel drop out dei DCA”. Lo studio compiuto prevede il trattamento di pz con disturbi alimentari trattate con un approccio nutrizionale – farmacologico – psicoterapico secondo la psicoterapia psicodinamica breve adleriana ( 15 sedute, ripetibili). Ovviamente il relatore si è dapprima soffermato sulla necessità di distinguere i casi drop out dalla pseudofarmacoresistenza, ovvero sulle difficoltà relative allìaderenza ai protocolli terapeutici riscontrati in questi pz. Il vero drop out è inteso come interruzione precoce e non concordata con i terapeuti del trattamento già iniziato ed è correlato con il rischio di ricadute. Il relatore ha quindi presentato i dati dello studio effettuato su due gruppi di pazienti, anoressiche e bulimiche. Si è cercato di valutare gli elementi che comportano il drop out, confermando il ruolo centrale dell'alleanza terapeutica.In entrambe i gruppi analizzati si è riscontrato che gli aspetti psicopatologici, le caratteristiche personali e gli aspetti legati ai farmaci non sono significativamente associati al drop out, diversamente dagli aspetti legati alle caratteristiche del comportamento alimentare (impulsività) e alla rabbia (verso l'esterno). Alterazioni del carattere sono state riscontrate con maggior frequenza nelle pz in drop out. Il progetto terapeutico deve essere basato, anche adattandolo ad personam, all'evitamento del drop out.
La prof. Brambilla, infine, ha portato i dati di uno studio su un numero limitato di casi in verità, riguardo le strutture biochimiche e i tratti temperamentali implicati nei DCA. Sono state prese in considerazione DA, 5HT e NA e come tratti di temperamento Sensation Seeking, Harm Avoidance e Reward Dependance. I risultati più sorprendenti sono state le mancate correlazioni tra il tratto temperamentale presentato dalle pz e il livello di funzionamento biochimico del neurotrasmettitore associato, secondo la letteratura. Tale discordanza fa riflettere sulla interazione tra sistemi neurotrasmettoriali diversi e la non corrispondenza diretta sintomo – neurotrasmettitore.

 

Nuove strategie di intervento integrato nei disturbi di personalita'

Visto l'argomento sempre attuale e stimolante e il prestigio dei relatori l'affluenza al simposio e' stata ragguardevole.
Il chairman ha introdotto i lavori anticipando sinteticamente tutti i temi trattati lasciando poi la parola al dott. R.Visintini il quale nella sua relazione (Le potenzialita' integrative della psicoterapia di gruppo nei disturbi di personalita') ha portato la propria esperienza di terapia di gruppo applicata a pazienti con disturbi di personalita' narcisistico e borderline evidenziandone i vantaggi. In pazienti con evidenti difficolta' ad instaurare una relazione oggettuale significativa e quindi a costruirne una terapeutica accettabile, il gruppo puo' consentire di vivere esperienze relazionali multiple che, come tali comportano un minor carico emotivo; infatti la competizione narcisistica in un gruppo di “fratelli”, per l'attenzione dei genitori, e' piu' tollerabile di quella duale con il terapeuta. Pazienti meno strutturati possono scegliere una posizione piu' defilata osservando altri che sperimentano prima la relazione terapeutica.
A.Correale (Il disturbo borderline e lo sfondo psichico naturale) esordisce chiedendosi se i pazienti siano confusi, come dice Liotti, o arrabbiti, come sostiene Maffei. Secondo lui si tratta di individui che non hanno avuto rapporti intimi sufficientemente duraturi per riucire a mettere la parola “mio” davanti agli eventi della propria vita, per costruirsi quello che lui definisce come “lo sfondo psichico naturale”: si tratta di vivere i fatti della vita come nostri in una memoria autobiografica in modo da non sentirsi “vuoti”. Per curare questi pazienti e riuscire ad aprire un dialogo con loro bisogna innanzitutto mantenere una presenza costante, accettando di essere trattati male e di far la parte del cattivo, in quanto ogni assenza è vissuta come presenza cattiva e distruttiva. Inoltre è utile “conversare”con un atteggiamento attivo per introdurre nel campo non tanto interpretazioni quanto arricchimento delle associazioni.
G. Mircoli (Disturbi di Personalità: riflessi istituzionali in un esperienza di intervento gruppale) nel suo intervento la relatrice ha illustrato l'esperienza di una terapia di gruppo portata avanti da due giovani conduttori con un gruppo di 6 pazienti con disturbi di personalità. Ha ben esemplificando le diverse fasi della terapia, che ha coinvolto emotivamente tutto il gruppo di lavoro (supervisori, il resto dell'equipe…), l'idealizzazione iniziale del gruppo come strumento di guarigione, i successivi movimenti scissionali con agiti, confusione, rabbia e sfiducia. Alcuni empasse del trattamento si sono poi risolti, in seguito alla supervisione dove è venuto alla luce un “segreto” dei conduttori, che all'insaputo di tutti avevano modificato il setting.
Hanno fatto seguito le relazioni di G. Santone che ha sostenuto l'importanza e le possibili applicazioni della terapia relazionale ai disturbi di personalità nella relazione dal titolo: “L'intervento terapeutico nei disturbi di personalità fra individuo e persona”. 
Segue poi P. Chianura che nel riportare la propria esperienza con giovani adolescenti fa riferimento nalle teorie di Main e Hesse, nonché ancora di Liotti, per cui si ipotizza che un divorzio emotivo precoce dei genitori predisponga ai disturbi dissociativi di interesse psicopatologico. 

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