Premesse metodologiche
Nella storia della psichiatria fatti storici e storia dei fatti ruotano intorno alla definizione di un oggetto,alla sue trasformazioni ed alla sua descrizione con linguaggi sempre diversi.
Líindagine storiografica non si può , dunque, limitare ad una somma di nosografie comparate o all'esame delle congetture e delle teorie che hanno via via fornito una spiegazione alle malattie mentali, ma è necessario avere comeriferimento la storia delle idee, della cultura, della concezione dei soggettie, quindi, della mente, che si sono succeduti nel corso del tempo.(1, 2,3)
Nell'ambito di una storia della idee e del loro rapporto con la psicopatologia può essere preso a modello, dal punto di vistadel metodo, il mirabile e monumentale lavoro di Panowsky ,Klibanskij e Saxl (4 )a proposito della Melanconia e delle sue rappresentazioni.Tale lavoro, che ha alle spalle una prestigiosa scuola storiografica, hala peculiarità di risalire nel corso del tempo esaminando i diversi linguaggi e costruendo una rete di associazionifra concetti, raffigurazioni, convinzioni etiche e religiose chehanno caratterizzato la cultura universale sull'umano senza che questocomportasse una misura della patologia dei diversi comportamenti e dellevarie rappresentazioni. A ribadire che il "mentale" non si esaurisce nellopsicopatologico, le figure di Durer, per esempio, non spiegano la Melanconiama permettono che, in qualche modo, la sua idea prenda forma e che , inquesto modo, essa possa esserci più comprensibile nei suoi diversielementi. Questo tipo di approccio può risultare molto fruttuoso anche nel nostro caso nel quale si vuole indagare significatoe le relazioni di particolari comportamenti alimentari e di specificheattitudini nei confronti del corpo.
La anoressia mentale viene descritta e si presenta comeuna malattia tipica della nostra civiltà occidentale e frutto deinostri tempi. Eppure sono stati ripetutamente segnalati, anche in modoallusivo, possibili relazioni fra questa manifestazione morbosa ealtri fenomeni che appartengono a contesti storici e culturalidiversi come l'ascetismo, il digiuno. Nella comprensione del vissuto dellíanoressicapoi spesso si ritrovano riferimento a comportamenti e manifestazioni quali l'estasi, l'eccesso, il controllo, la veemenza, l'entusiasmo, lasfida che hanno un sapore antico, riportano a figure diverse come líeroe i mistici gli eremiti .
Il rapporto dell'uomo con il cibo segna, infatti, i ritmistessi della Storia: la successione delle carestie a brevi periodidi abbondanza, (5,6 ) il linguaggio universale della fame,le lotte per il possesso del cibo, i più svariati ritualiche riguardano la ricerca della fertilità e dell'abbondanza, laricerca del cibo e l'evoluzione del modo di preparalo, le offerte alimentarialle divinità, segnano fin dal suo fondamento la nascita stessadella organizzazione sociale e della cultura.
Nel nostro caso si vuole sottolineare anche l'aspetto simbolicodel problema, ossia la rappresentazione che il soggetto ha e dà dei suoi bisogni; la concezione del corpo e dei suoi confini, la relazione fra cibo "spirituale" e quello "materiale".
Riconoscendo che del fenomeno del digiuno si sono occupati nel corsodel tempo linguaggi diversi tenterò di costruire una cornice che li raccolga, che provi a farli comunicare se èpossibile a partire dallo spessore simbolico dei comportamenti alimentari ed, in esso, di alcune idee che si ripropongono anche in ambito clinicoquali contenuti di un incontro diagnostico e terapeutico con pazientiverso le quali si svolge il nostro tentativo di comprensione.
Sull'argomento della storia della anoressia, del digiuno e della bulimiasono apparsi diversi lavori. Data la difficoltà di riassumerli penso di provare a schematizzarli distinguendo alcuni atteggiamentidi metodo piuttosto diversi fra di loro.
Ipotesi della Continuità storica
Il primo si riferisce a quel principio che intende comportamenti alimentari simili nel corso deltempo come simili o equivalenti sul piano della struttura psicopatologica e che permette dunque di scrivere delle "storie"della anoressia nervosa (7); questo atteggiamento ha portato ad evidenziare una continuità fra casi clinici e casi storici ponendo a posteriori diagnosi anoressia mentale. Il piùclamoroso forse il caso dello storico americano Bell che nelsuo testo " La Santa anoressia" (8) riconosce in S. Caterina da Siena,ed in altre Sante medievali, più che le stimmate religiose, quelledella anoressia mentale.
Egli utilizza, in sintesi, i criteri diagnostici dell'anoressia e confrontandolicon le descrizioni autobiografiche ed agiografiche delle sante giunge allaconclusione che i loro comportamenti alimentari vanno interpretati in sensopatologico e che equivarebbero a un tipo di anoressia mentale cheesprimeva dal punto di vista culturale una "protesta" nei confrontidella condizione femminile nel contesto sociale e religioso del Medioevo.
Ma anche in riviste scientifiche specialistiche sono apparsi interventi ispirati, in sostanza, a questo tipo di logica, sia in riferimento a casi più recenti che ad altri più remoti: ad esempio il comportamento alimentare ed i dati biografici diun grande scrittore come Kafka (9), nonchè l'analisi di alcunisuoi testi ci autorizzano a definirlo anoressico? Oppure sipropone l'ipotesi che che J.M. Barrie, l'autore di Peter Pan, (10)il bambino "che non voleva crescere", avesse a sua volta sofferto di disturbianoressici.
Lacey (11) segnala, invece, il caso medievale ( VIII secolo circa) di S. Liberata , figlia del re del Portogallo che , si racconta, pur dinon sposare il Saraceno cui era stata promessa cancellò da sèle caratteristiche della femminilità attraverso il digiunoe si lasciò crescere peli in tutto il corpo , cosa che peri moderni semeiotici non può non destare sospetti essendomolto simile a uno dei segni secondari dell'anoressia mentale piùconosciuto, mentre Halmi (12) , in un clima più allusivo riportala storia di S. Margherita d'Ungheria che si promise a Dio, nel 13 Secolo, se il padre avesse respinto l'invasione dei feroci Tartari; promessa che mantenne chiudendosi in convento ed iniziando un leggendariodigiuno che la portò alla morte all'età di 28 anni.
Pur sostenendo la posizione della continuità Bemporad (13) sidistingue per il tentativo di un approccio complessivo alla storia deldigiuno e per l' interpretazione socio-culturale che dà delle patologie alimentari a suo avviso fenomeni specifici della società occidentale fin dallle sue origini giudaico-cristiane.In questo senso egli sottolinea la continuità fra ifenomeni del digiuno rinascimentale e le attuali anoressiche. Punto fortedel suo lavoro l'affermazione che l'anoressia, di cui riconosce una intrinsecavocazione al trasformismo, non esiste nelle civiltà antiche, rurali,non occidentali ossia in quelle organizzazioni sociali nelle quali era( o è ) prevista una chiara sottomissione della donna nella organizazzionesociale. Un secondo elemento, a suo avviso determinante, la disponibilitàdi cibo senza la quale non è pensabile possa esistere il digiunovolontario. La carestia , in altre parole non permette ideali corporeifondati sulla magrezza. Infine il lavoro di Bemporad si segnala anche per articolati ragionamenti sui generi, sulla loro ricaduta socio-culturale, compreso il vissuto corporeo e le sue conflittualità nei confrontidelle quali vengono proposte analitiche rivoluzioni di costume.
Ipotesi della Discontinuità
Una seconda posizione riconosce la continuitàdi alcuni comportamenti alimentari nel corso del tempo, come il digiuno,ma ritiene che la diagnosi di anoressia mentale sia legataallo specifico di un contesto culturale. Rappresentativa , in questo senso,la posizione di Habermas(14,15), che ritiene, in sostanza che lastoria dell'anoressia mentale e della bulimia non inizi prima dellaseconda metà del diciottesimo secolo epoca che vede nascere la definizionedi un malattia anoressica come specifica identità nosografica caratterizzatanon solo dal digiuno ma anche dalla peculiarità del rapporto conil corpo inteso nella specificità di un disturbo della immaginecorporea. La stessa diffusione di questa idea sembra essere caratteristica.Pur riconoscendo dei "casi" nei comportamenti di digiuno pre-nosograficiegli ritiene che vadano attribuiti a contesti culturali diversi eche quindi siano, in un certo senso incommensurabili con il digiuno delleanoressiche.
Egli distingue , dunque i casi di digiuno che avvengonoin un contesto ascetico- mistico tipico dell'antichità daquelli successivi che apparrebbero ad una tradizione miracoloso -secolare;è solo a partire dai casi successivi che accadono in un contesto medico – scientifico che è possibile porre delle diagnosi e, dunque, operare dei confronti.
Vandereyken e van Deth (16) nel loro History of selfStarvation hanno studiato i casi di digiuno con la prospettivadi capire gli antecedenti socioculturali dell'anoressia mentale intesa come malattia multifattoriale, fortemente collegata al contestostorico,anche se alla specificità di questa osservazione si può facilemente obiettare chiedendosi quale malattia psichiatricanon sia correlata al contesto socioculturale. Gli autori andandoad illuminare in maniera critica i comportamenti di digiuno e raccogliendouna esaustiva quantità di materiale che spazia in ambiti diversidella vita sociale e culturale dal sacro al profano, dallo scientifico,allo spettacolo evidenziano gli elementi di continuitàe di discontinuità fra questi e la moderna anoressia mentale.
Pur prendendo in esame le vicende di digunatrici religiose o degliasceti prima e dei fenomeni dei digiunatori "laici" poi gli autori si preoccupano , piuttosto che di porre a posteriori diagnosi o meno dianoressia, di capire con che modalità il digiuno sia entrato progressivamentenel linguaggio medico e nella clinica psichiatrica definendosi, infine, come una specifica sindrome. L'affascinante storia di questo ingresso nonè esente da situazioni contraddittorie e da vicende anche dolorose.E' dunque per questi autori più importante riconoscere le radiciculturali, della scoperta dell'anoressia, alla quale attribuisconouna matrice "vittoriana", piuttosto che discriminare quali comportamentidel passato vadano attribuiti all'ambito psicopatologico e quali no. Dasegnalare l'interessante disamina della disputa sulla pririta della 'scoperta'dell'anoressia mentale fra i contemporanei Gull e Lasegue.
Ipotesi Storico- Etimologiche
C'è, infine, un atteggiamento che potremmo definire "filologico" ossia che risale all'origine stessadelle parole per ripescare i fondamenti di quadri sindromici che si ritienesiano presenti nel tempo in modo più o meno costante (17,18) utilizzando una metodo di ricerca che evidenzia la continuità internadi contenuti fino all'origine della parola confrontando testi scientificie letterari di ogni tempo.
Il senso originario del termine anoressia o bulimia potrebbeessere collegato a certi specifici materiali mitologici; l'uso deidiversi termini risale comunque all'epoca greca come dimostranosvariate fonti e questo potrebbe significare la dimostrazione dellaloro esistenza sin dalla antichità.
Anoressia mentale e psichiatria
Qualunque siano i presupposti metodologici,se si ammette che il rapporto con il cibo, e il digiuno in particolare, affonda le radici nella storia dell'umanità , quindi anche nei miti, e ha una funzione significanteparticolare, ecco che anche il nutrirsi o il digiunare possono risultarecarichi di valore allegorico, lo stesso rintracciabile in alcunefigure quali quelle degli asceti , degli eremiti, dei digiunatori secolarie da baraccone ai piu' recenti fenomeni studiati dalla scienza medica dell'ottocentofino alla definizione della anoressia mentale e alla sua successiva annessionealla medicina e alla psichiatria.
E' inevitabile che quando si parla di psichiatria si finisca con ridiscuterne il metodo, gli oggetti e lo stesso linguaggio e si debba ricorrere alla storia delle teorie sulla mente, alla eterogeneitàdei linguaggi, alla convenzionalità delle interpretazioni dellamalattia mentale.
Non esiste dunque una storia "naturale" della malattia; è interessantecitare il fatto che una parte consistente del dibattito scientifico sullastoria dell'anoressia si svolge su chi fu che ne diede le prime descrizionie secondo quale modello nosografico (19) .
In ogni caso l'astinenza ed il rifiuto del cibo non sono mai passatisotto silenzio:
quando chi digiuna, chiunque sia, santo o laico, incontralo sguardo dell'altro, provoca stupore, la sua vicenda viene raccontatae il suo segreto proclamato al mondo.
Quando quest'altro è, poi un medico lo stupore vieneaccantonato per far spazio alla indagine diagnostica . (20)
Quando poi, divenute pazienti, le digiunatrici vengono affidate allo psichiatra ci si attende che con i suoi strumenti terapeuticie le sue teorie egli ne carpisca i segreti, ne consenta larestaurazione e permetta che si instauri un regime di riammissione dei bisogni e del corpo.
Lo psichiatra curando l' immagine così gravementedisturbata dell'anoressica deve permettere così alla mente di poter concepire ancora la propria unitàdi soggetto.
Quello che mi pare di dover segnalare come un dato degno di attenzione è che questo tipo di patologia ha finito con il costituire per gli psichiatri un polo di attrazione fenomenale in gradodi attrarre sempre crescenti interessi ed una grande quantità diricerche: il perché va cercato certo nelle caratteristichedella malattia, nella sua crescente diffusione, ma forse anche neibisogni dello psichiatra in particolare nella fame di una teoria in gradodi spiegare la mente e dunque di restituirgli un oggetto.
L'anoressica darebbe da nutrire dunque: il dover finalmente e non più operare un controllo ma semplicemente risanare, riammettela psichiatria nell'ambito della cura, di una cura misurabile , nonfatta di interventi invisibili.
Nella cura di una patologia nella quale profonde scissioni portanoalla frammentazione del soggetto è anche lo stesso soggettodel sapere che viene messo in discussione; insieme all'anoressicache nel percorso terapeutico ritrova le proprie risorse può essere,dunque, lo spirito dello psichiatra che si rigenera ridefinendosisapere che contiene, trasforma e che interpreta l'afasia del discorso delcorpo della anoressica. La cura ottiene, dunque la riunificazione del soggettoda parte di un sapere a sua volta riunificato.
A lato di ogni percorso terapeutico rimane la necessitàdi raccontare il segreto dell'anoressica; il dubbio di non averlo ancoracapito si accompagna al tentativo di ritrovarlo in altre figure e di poterlo finalmente riconoscere e comprendere.
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