PLENARIA CONCLUSIVA: Report quarto gruppo, a cura della dott. Vittorio Valenti

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Il gruppo è stato condotto dal dottor Luigi Tagliabue.

La prima cosa che mi sembra doveroso dire è che questo seminario sembrava un gioco di scatole cinesi, perché un tema contiene l’altro ed inevitabilmente tutti ritornano sul tema della formazione e anche nei gruppi sono stati toccati molti temi che riguardano seminari precedenti, in particolare penso a come gioca la formazione sull’organizzazione dei servizi e sul loro funzionamento.

Una delle prime cose che sono state dette e sulla quale c’è un accordo generale è come sia fondamentale immaginare una formazione alle competenze relazionali. Si è detto quindi della necessità di una formazione di base per tutti gli operatori. Le competenze relazionali sono varie, partono da situazioni specifiche e tecniche, per arrivare a competenze sociologiche. L’Università dovrebbe investire in questa direzione e formare degli operatori capaci di lavorare nella salute mentale che poi dovranno arricchire questa prima fase di formazione con esperienze soggettive piuttosto che immaginare di fare una formazione ad un operatore specializzato. In questo senso si pensa ad una formazione che sia realizzata non solo a livello teorico.

Un altro gruppo di interventi ha riguardato come ci troviamo di fronte ad una situazione di gruppi che sono in grossa difficoltà, dove manca il lavoro in equipe, equipe frammentate, precarietà del personale, situazioni in cui la stragrande maggioranza del personale è precario o ha solo dei contratti professionali. Rispetto a questo è stato detto che il gruppo di lavoro deve essere ripensato rispetto alle equipe tradizionali dei servizi territoriali perché i gruppi si sono modificati, devono riuscire a costruire e mantenere rapporti con la comunità locale, devono sviluppare una loro gruppalità, capaci di tenere dentro nuove figure per le quali vanno pensati nuovi livelli di formazione. Deve esserci un percorso, un rapporto tra formazione nell’Università, nei servizi e nei territori, per cui i progetti di formazione devono riguardare non solo gli operatori dei servizi. Vorrei citare quanto detto da un familiare che ha sottolineato una difficoltà centrale, quando ci ha chiesto quali sono le tecniche che aiutano a stabilire un rapporto con un malato che non vuole curarsi.

Un altro aspetto importante è stato rilevato da un collega che, riportando la sua esperienza di lavoro in una Università di Roma, ha sottolineato la possibilità di una coerenza di comportamenti tra Università e territorio, di come l’Università e il territorio debbano riuscire ad avere pari dignità e come sia necessaria un’organizzazione che, prevedendo parti di formazione universitaria associate a parti di lavoro territoriale, permetta di fare formazione all’interno della scuola di specializzazione comprendendo fino a due anni di tirocinio nel territorio. Questi modelli di formazione non devono essere importati dall’esterno ma creati da un lavoro comune tra Università e servizi. Questo tema dell’Università è assolutamente centrale.

Vorrei raccontarvi un’esperienza personale. Negli anni ’70 facevo la specialità a Genova, un giorno mi incontra il Direttore della scuola che mi chiede: "cosa ci fai qui? c’è una comunità terapeutica che sta aprendo, una delle prime in Italia, vai lì perché è lì che incontri i pazienti e riesci ad avere una formazione." Io ho seguito il suo consiglio, ottenendo buoni risultati, ma il ruolo dell’Università deve essere altro.

Altri interventi hanno evidenziato i rapporti con la neuropsichiatria infantile, anche perchè nel nostro gruppo c’erano molti neuropsichiatri infantili, e credo che questo sia già un buon risultato. Da un certo punto di vista la formazione e in particolare l’esperienza in alcuni servizi di neuropsichiatria infantile sono più lineari perché c’è un modello di lavoro in equipe dalla nascita, c’è una cultura della relazione che tiene. È stato fatto un esempio di un lavoro in Lombardia dove c’è una forte integrazione tra ospedale e territorio. L’ospedale ha un servizio di day-hospital, ma la maggior parte del lavoro viene fatto sul territorio. Un’altra sottolineatura riguarda la forte spinta verso la formazione multiprofessionale legata in particolare alla prevenzione e di come sia necessario approfondire i passaggi di competenze tra psichiatria e NPI, ad esempio nell’autismo e nel ritardo mentale.

Un’ultimissima osservazione, prima di concludere, è sul lavoro di gruppo, l’economicità del lavoro di gruppo, su come questo riesca a produrre delle risorse importanti, come ci sia la possibilità di sviluppare capacità orizzontali e come tutto questo possa avere delle ricadute sull’efficienza del lavoro. Bisogna però fare attenzione al fatto che le competenze specifiche di come comporre i gruppi, fare formazione in gruppo, non siano una cosa acquisita a livello di base. Nei gruppi si possono creare idee nuove che portano a dei risultati valorizzando le differenze, stimolando meccanismi che sviluppano le competenze e le risorse di tutti.

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