Franco Basaglia, noto per i metodi innovativi nel campo della cura delle malattie mentali e dispiratore della legge di riforma psichiatrica, ci ha insegnato non solo uno stile di fare politica per la salute pensando e lavorando in modo diverso a partire dalla vita concreta delle persone che soffrivanoin reclusioni manicomiali, ma anche il coraggio di trasmettere idee come questa: "si può vivere senza manicomio. Si può assistere la persona folle in un altro modo". In senso sociologico, etico, culturale, psicologico, la straordinaria forza di queste idee fu supportata, in Basaglia, da una capacità comunicativa efficace, combattiva, ma la riforma per tutelare la salute mentale richiedevaun processo di mutamento culturale, una mobilitazione collettiva senzala quale non sarebbe stato praticabile l'abbattimento delle mura manicomiali.
Rispettare la sofferenza e riconoscere la dignità della malattia accrescendo, più che la tolleranza e la solidarietà, una capacità -interiore- di accogliere la diversità nel nostro personale panorama interno, esigeva una profonda riflessione sulla condizionedi persone sventurate e diseredate. Il manicomio era un gran contenitore di esclusi, poveri, rifiutati, ospitava e custodiva di tutto, dalle malattie neurologiche organiche come le epilessie o le cerebropatie eredofamiliari,a disturbi deliranti brevi (che però trovavano uno spazio di cronicizzazione)agli effetti disastrosi dell'alcolismo, dei disturbi di personalità,delle sociopatie con aggressività e violenza.
Il Manicomio però rischiava di accatastare una gran varietà di manifestazioni morbose tradendo persino la rivoluzione di modelli mentali e comportamentali che la società avviava nel frattempo e scotomizzando il fattoche il progresso scientifico ampliava già complessitàe specificità diagnostiche perfezionando (grazie a psicoanalisi, neuroscienze, neurochimica, tecniche per immagini) una medicina più avanzata rispetto alla psichiatria. Sembrava quasi ostinazione del tutto contraddittoria perpetrare segregazioni laddove manifestazioni psicopatologiche diverse necessitavano di nuovi trattamenti , nuovi studi, nuove ricerche.
Lo spirito della legge 180 (nota come legge Basaglia) del 13 maggio 1978 rende a tutta la società una serie di irrinunciabili modifiche. Richiede peraltro un lavoro territoriale particolarmente impegnativo, da monitorare continuamente, con un patto di solidarietà sociale forte che contempli sia servizi sanitariche funzioni di accoglienza (talvolta difficilissime, dal momento che persone deboli, spesso con minorazioni psichiche, handicap, condizionidi abbandono e povertà, necessitano di interventi e sinergie congiunte)da parte di Istituzioni competenti non solo nel campo della salute ma anche del sociale e dell'intervento alla famiglia.
Questo genere di politiche risulta altamente complesso ed esige una pratica di lavoro da verificare quotidianamente, da riadattare in funzione delle risorse mutevoli delle diverse condizioni del territorio; ne consegue un lavoro culturale eccezionale, possibile solo a condizione di un'organizzazione "virtuosa" in grado di diffondere in modo omogeneo modelli che contrastino lo sfaldarsi del tessuto sociale.
Anche per contrastare lo stigma della follia e i pregiudizi di chi tende a replicare pericolose esclusioni, occorre comunicare e insegnare (in modo penetrante e a tuttoil popolo) un'educazione alla salute globale, che riesca ad estendere i valori di rapporti dialettici di pratica culturale per rafforzare attenzione e riflessione sulla "diversità". Basaglia inaugurò questo tipo di percorso; e chi lavorava all'interno di istituzioni rigide comei manicomi non era certamente pronto all'autocritica che lo psichiatratriestino andava maturando anche tra gli infermieri più ritrosi!
Eppure, grazie al coinvolgimento di gruppi politici motivati allafine degli anni '70 maturò una legge che riconosceva come erroneo l'effetto perverso dell'odio per i più deboli, dal piccolo orizzonte manicomiale si riconosceva che cacciare qualcuno ed internarlo non per quel che gli è accaduto ma per quel che egli è, evocala forza violenta dell'odio etnico. Questo aspetto rievoca la preoccupazione di Freud ("Psicologia delle masse e analisi dell'Io", 1921) per la distruttività umana come pulsione di morte.
Un agilissimo e breve saggio di Cesare Musatti ne sintetizza il contenuto che meriterebbe rinnovate riflessioni. In una società civile e democratica gli interessi economici,culturali, scientifici, professionali, sportivi, sono molteplici, ognunodi questi interessi dà luogo a raggruppamenti di persone che condividonogli stessi interessi, e quindi a tanti nuclei collettivi che non coincidonoma si intersecano.
Quanto più una società è progredita tanto più numerosi sono questi centri differenziati di interessi. Ma questo è anche il punto vulnerabile della democrazia. Lo spezzettarsi della società, l'esistenza di più leader, politici, sindacali, sportivi, scrittori, cinematografici, filosofi, psicoanalisti, santi ed eroi, tutto questo rende la societàpoliedrica, poco unita e – almeno apparentemente – caotica. Nel contesto dell'Europa che volgeva alla tragedia nazista Freud sentì l'antisemitismo come discriminazione, un'offesa che non riguardava l'intolleranza semmai la caduta di principi come la giustizia, l'uguaglianza dei diritti,e il rispetto della persona.
Una società civile deve porsi continuamente la questione della varie differenze, religiose, etniche, socio-culturali.
Umberto Galimberti, in un recente articolo sulla creatività di Basaglia,ammette che scopo finale era fare i conti con le figure del disagio (miseria,indigenza, tossicodipendenza, emarginazione, delinquenza) cui la follianon di rado si imparenta ; la chiusura dei manicomi era piuttostoil mezzo tramite cui la clinica potesse divenire un laboratorio per nuoveforme di relazioni sociali.
La sofferenza umana non si può eliminare. Sta nella vita, sta nell'uomo, è una condizione dell'uomo. Il problema della vita è la contraddizione fra ciò che è l'organizzazione sociale e la sofferenza che si esprime inciascuno di noi.
Con queste parole tra il giugno e il novembre 1979 Basaglia esportava oltreoceano la sua azione di rottura e tenne quattordici conferenze in Brasile, nel corsodi seminari organizzati da varie associazioni di San Paolo, BeloHorizonte, Rio de Janeiro. Rileggiamo alcune parti essenziali di un discorso tenuto in questa città il 26 giugno del 1979 perché testimonia fra l'altro capacità di critica sociale eccezionale ed estremamente attuale:
A Trieste c'erano milleduecento pazienti e oggi ce ne sono molto pochi, e io non li ho ammazzati Negli edifici dove c'era l'ospedale abitano oggi duecento persone che non sono necessariamente i malati più regreditio più cronici. Sono persone che non hanno trovato migliore collocazionein città Poi ci sono persone che si sono organizzate in piccoli gruppi di cinque o sei per prendere in affitto un appartamento e vivere insieme Hanno messo insieme il denaro delle pensioni e vengono aiutate ad amministrale in proprio, cosa molto importante per la riabilitazione del paziente cronico noi sappiamo che le persone che sono in manicomio da cinque, dieci, quindici anni, non sono più malatedi malattia , sono malate di istituzione.
Per trasformare l'assistenza psichiatrica in risposte effettive ed efficaci ai bisogni di chi soffre, Basaglia sostenne l'urgenza di distruggere il manicomio perché generava e riproduceva follia e cronicità. Vi includeva anche questaragione politica: i movimenti, i partiti e i sindacati che vogliono latrasformazione di una società non possono sopportare che il proletariato e il sottoproletariato siano trattati in questo modo dalle istituzioni; a chi chiedeva del controllo borghese della salute attraverso la psichiatria, ribadiva che devono essere i partiti e i sindacati a proporre alternative al problema del controllo. Un discorso sulle alleanze con i tecnici partiva secondo lui (e molti altri esperti e operatori del settore ) da una messa in crisi anche della figura tradizionale di tecnico
Il nuovo tecnico deveavere un obiettivo ben preciso: portare avanti il suo lavoro con l'ottimismo della pratica. Se questo non succede non c'è rimedio. Questa frase non è mia, è di un grande rivoluzionario, Antonio Gramsci,che ha dato agli intellettuali elementi molto importanti su cui riflettere.
Dall'alleanza alla condivisione,senza principi condivisi una comunità non riesce a diventare terapeutica, ciò è coerente al pensiero che la follia e tutte le malattiesiano espressione delle contraddizioni del nostro corpo, e dicendo corpodico corpo organico e sociale.
Ma senza il manicomio, luogo di internamento che evoca la paura di essere reclusi, senza questo modello per controllare gli impulsi, come si possono affrontare questioni così complesse? Basaglia diceva che l'abilità dei"nuovi" tecnici consisteva proprio nel dimostrare che il problema degli impulsi era legato alla condizione umana. Dalla repressione di chi soffre all'organizzazione del lavoro di cura, per la salute, per il cambiamento culturale, dalla reclusione a progetti di tutela, tutto lo spirito di questaopera pubblicata postuma , è ricco di principi democratici esposticon la salda fermezza di chi sa cercare l'emancipazione dell'uomo,nella consapevolezza lucida che è necessaria molta vigilanza perchéuna legge sia messa in opera.
Dalle "Conferenze brasiliane " si apprende il valore di discussioni, dibattiti, esperienze, riflessioni , affrontati con pazienza e tenacia, la risorsa dell'impegno per conquiste sociali che contrastano degrado e morte, la speranza di vivere in modo diverso, sono costanti che solo lacerazioni determinate da dislivelli politico -amministrativi del nostro paese hanno potuto offuscare alla pubblica opinione. Le attuali disgregazioni nelle soluzioni di Tutela della Salute Mentalee il vortice del mercato promosso da un liberismo rischioso (soprattuttoin questo campo) agiscono negativamente nei territori socialmente degradati. Occorrerebbero rinnovate tensioni per arginare l'attuale rischio di deprezzamento di servizi pubblici su cui operano continui tagli di spesa (che impediscono buone pratiche di programmi di integrazione socio culturale) con la conseguenza che i gruppi più poveri e marginali rischiano ulteriori pericolose cronicizzazioni.
"A chiusura di queste note, traggo dalle radici d'origine dell' umanesimo utopista (purtroppo ciclicamente censurato, rimosso e pur sempre in grado di rinascere) la fresca e vivace scrittura del fiammingo Erasmo da Rotterdam, ammirato intutta Europa oltre che per l'ingegno critico per un'ardita capacità di adottare metafore e allusioni; "L'elogio della pazzia" , opera famosissima che celebra questa figlia della lieta spontaneità capace didar sapore alla vita in nome della semplicità dello spirito ci ammoniscecon grazia:
E alla ragione, che è sola, oppose come due violentissimi tiranni , l'ira che occupa l' acropoli dal petto sino alla fonte stessa della vita, cioè il cuore , e la con cupiscenza che estende il suo vastissimo impero giù sino al pube. Contro queste due potenze gemelle qual forza abbia la ragione, lo dichiara abbastanza la vita comune.
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