La corte ha poi dichiarato colpevole il maestro per molestie gravi ma lo ha assolto insieme alla moglie dall'accusa di stupro. Le molestie risalgono all'epoca in cui Andrade aveva 14 anni ed era allieva di una famosa scuola di musica a Manchester.
Il suo assalitore, che all'epoca aveva 35 anni, era l'affascinante direttore della scuola che le faceva da mentore. C'erano stati rapporti orali e lei era consenziente. Qualche anno dopo il direttore e sua moglie l'avevano stuprata.
La corte non ha convalidato il reato di stupro perché Andrade aveva poi dormito nello stesso letto con i suoi stupratori.
Quando il difensore degli accusati le ha chiesto come mai non si era allontanata immediatamente dopo la violenza ha risposto: "Lei non ha una chiara idea di cos'è essere stuprata. Che shock subisce il proprio corpo. Ci si sente quasi di meritarlo." Non era stata Andrade a denunciare il suo maestro ma la madre di uno dei suoi allievi che nel 2011 aveva informato la polizia. Nonostante il disappunto e la rabbia Andrade acconsentì di testimoniare di fronte alla corte.
Poco prima del processo cercò di uccidersi una prima volta. Dopo la sua testimonianza, tre giorni prima della sua morte, inviò un sms a un suo amico in cui scriveva che si sentiva "stuprata un 'altra volta" e "frammentata".
Andrade, sposata e madre di quattro figli, era considerata da tutti come donna spumeggiante, spiritosa, solare e indomita. La forza del suo carattere proteggeva una persona ferita fin dall'infanzia. Era stata adottata da piccola e uno zio aveva abusato di lei all'età di 8 anni. Non aveva avuto un buon rapporto con la madre adottiva e aveva perso il padre adottivo, a cui era molto legata, appena entrata nella scuola di musica. Secondo la sua dichiarazione alla corte si era danneggiata da sé per tutta la vita: era un modo per sentirsi viva.
La storia di Andrade ci obbliga a ripensare alla questione dell'abuso sessuale degli adolescenti che presume il consenso dell'abusato (che non c'è nello stupro). Il punto problematico è questo: dato che l'adolescente è in grado di sostenere un rapporto erotico consensuale quando il suo consenso può essere considerato valido e quando no? Ciò che l'esperienza analitica insegna è che il consenso dell'adolescente rientra in un gioco d'azzardo se il suo desiderio è stato ingannato nell'infanzia. Il danno per il bambino abusato deriva dal fatto che la violenza dell'azione dell'altro fa leva su un'esperienza piacevole. L'esperienza del piacere resta incastrata nella violazione della propria soggettività di modo che per respingere la violenza occorre pure rinunciare alla soddisfazione del proprio desiderio.
Con l'esplosione sessuale dell'adolescenza questo nodo viene al pettine perché potrebbe risultare impossibile dissociare il desiderio dalla violenza. Sperimentare situazioni in cui piacere e danno sono contigui, sfidare la sopraffazione da parte dell'altro e uscirne incolumi, mantiene vivo il desiderio sotto forma di eccitazione e fa sentire di essere vivi.
Andrade ha usato le sue notevoli risorse per reggere una vita di sfide (rimettendosi in piedi perfino dopo lo stupro) finché un giudizio esterno implacabile, che intendeva soccorrerla, l'ha messa brutalmente di fronte alla sua contraddizione facendola soccombere. Giustizia è fatta ma la vittima ne è rimasta tragicamente estranea.
Suppongo un caso isolato, ma
Suppongo un caso isolato, ma paradigmatico.
D’altra parte in Italia ci insegnano dalle elementari come mito positivo lo stupro etnico (il ratto delle Sabine) distruggendo nell’ambito delle relazioni gruppali di genere ogni possibilità di parità per sempre.
D’altra parte in Italia in epoca greca e romana le bambine diventavano Matrone ed erano sposate a 12 anni.
D’altra perte in Italia ancora oggi, soprattutto nelle Regioni della Magna Grecia le bambine diventano madri consapevoli o vengono indotte alla prima IVG, in un ciclo continuo che produce nonne di 45 anni, esaltate anche dalla televisione trash per casalinghe disperate.
D’altra parte esiste lo stupro dei maschi omosessuali, che poi saranno colpevolizzati due volte, anzi tre perché si continnua politicamente e culturalmente a confondere i due desideri per negare i diritti civili.
D’altra parte esiste la caccia alle streghe ed esiste la gerontofilia, così come esiste il libero desiderio di minori e adolescenti, ovvero verso altri minori ed altri adolescenti, alcuni dei quali anche si risolvono in violenze carnali, perché lo stupro non ha età e non rende giovani, ma può anche rendere adulti, e soprattutto esiste la violenza etnica e quella di genere che produce le schiave del sesso, donne o transessuali che siano.
E infine ci sono le violenze domestiche, alle quali i legami familiari ed i doveri educativi verso i figli causano ulteriori legami e producono distorsioni che le rendono le più invisibili e perverse.
Mi sembra una storia molto
Mi sembra una storia molto complessa di tragicità esemplare. Mi sembra che sono molteplici i fattori che hanno costituito nel tempo le linee di vulnerabilità, perdite, rapporti complicati, abbandoni, di questa sfortunata persona. L’unica vera vittima di questo intreccio perverso fra fatti della vita e attori poco propensi all’ascolto non superficiale, al desiderio erotico sganciato da una certa sensibilità pensante e talvolta all’uso dell’altro come oggetto. I tentativi di riparazione e di costruzione di una soggettività comunque ricca e autonoma si sono scontrati con giudizi burocratici e violenti, tendenti a separare ciò che era unito, a tagliare vittime e carnefici, senza considerare ombre, collusioni, complicità non elaborate, che spesso in queste situazioni hanno un peso determinante. Allora la giustizia in questi casi diventa gabbia costrittiva, non liberazione di un nuovo ordine affettivo, capace di perdono e auto-perdono La giustizia diventa agente precipitante del grumo di colpe e vergogna che in storie come queste si sono accumulate. Credo infine che sia fondamentale spostare il focus osservativo e giudicante in queste situazioni dal sentimento di colpa al sentimento di vergogna: più tenace, insidioso pervasivo. E dal quale ci si può meno difendere. E, come ha insegnato Kohut, dalla concezione freudiana di uomo colpevole, alla concezione di uomo tragico, vittima inconsapevole degli intrecci tragici che la condizione umana può seminare sul cammino della vita.