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Donare, ricevere, ricambiare

19 Giu 14

A cura di Luigi D'Elia

La lettura del Saggio sul dono del noto antropologo Marcel Mauss in chiave psicologica comporta un certo arricchimento degli strumenti interpretativi delle realtà relazionali umane.

Per chi non l’abbia già letto, e in estrema sintesi, questo libro tratta della pratica del dono in alcune società tradizionali e di alcune regole di base che vanno a costituire il “fatto sociale totale”, quel fatto cioè che nella sua crucialità coinvolge molti piani della vita sociale di una comunità, da quello affettivo a quello economico fino a quello religioso ed in grado di racchiudere in sé una molteplicità semantica.

Il dono è un fatto sociale totale che secondo Mauss è all’origine dello scambio sociale, oggi diremmo del patto sociale. Esso, contrariamente a quanto si possa immaginare, non è in origine disinteressato, è utile (seppure non utilitaristico nell’accezione moderna), è obbligatorio e non spontaneo, rappresenta l’embrione del baratto e quindi di una forma primitiva di economia, fonda e rinsalda i legami intra e intercomunitari, è vincolante per chi lo riceve, istituisce una prospettiva relazionale nel tempo, riguarda il prestigio e il potere nella comunità, veicola significati spirituali/simbolici attraverso gli oggetti scelti, tende ad essere dissipativo (come nel rituale del potlàc).

Esso segue tre regole fondamentali uguali per tutti: donare, ricevere, ricambiare. L’obbligo del dono vincola l’altro a ricevere e a ricambiare secondo precise forme e proporzioni che se violate incrinano anche drammaticamente il legame sociale e rischiano d’innescare conflitti e persino faide.

A partire da queste brevi premesse proviamo a immaginare come questo fatto sociale totale non sia stato solo il fondamento delle società arcaiche, ma sia diventato, in qualche modo, tessuto connettivo di base, benché eclissato, anche dello psichismo dell’uomo contemporaneo.

Disperso il contatto generativo con i significati originari del dono e delle sue regole-base, ciò che rimane come sostanza psichica interiorizzata di questo dispositivo durante le trasformazioni nel corso dei secoli è forse solo l’idea profonda del dono come atto che istituisce o rinsalda i legami personali e sociali. Ben poca cosa rispetto alla complessa ritualità di un tempo e soprattutto ben poca cosa rispetto al significato comunitario di tale fatto.

Ma se andiamo ad esplorare bene le coordinate del dare, ricevere e ricambiare, esse sono ancora attualissime ma appaiono eclissare in una sorta di inconscio relazionale e sociale che governa molti nostri comportamenti nel bene e nel male e che sovraordina a ciò che oggi definiamo più prosaicamente come reciprocità nelle relazioni.

Ricevere favori non attesi o anche richiesti e non ricambiarli è una comune odierna grave violazione dei codici sociali primordiali. Incrinature dei rapporti sono oggi regola e non eccezione. I vincoli di reciprocità che seguono regole non più scritte lasciano aleatorie aree di interazione, abbandonate agli umori o ai timori soggettivi del momento.


Le relazioni amorose, ma anche quelle amicali, sono diventate, ad esempio, dal mio osservatorio clinico, laboratorio dello sfaldamento di ogni vincolo di reciprocità: sempre più spesso ascolto storie di amanti, fidanzati, coniugi che si sentono del tutto svincolati dalla natura dello scambio affettivo ed emotivo con l’altro e stabiliscono ferree leggi utilitaristiche e autoreferenziali. Si assiste, dunque, con una certa sistematicità alla conversione dell’amore in odio o in sterile e frustrante routine. Relazioni intense che si spengono dopo poche settimane o mesi, colpite a morte da logiche utilitaristiche e da timori di apertura al mondo e forse dall’oblio delle nostre radici antropologiche.

Allo stesso modo, osservo attorno a me rapporti di amicizia ultradecennali sfaldarsi sotto le stesse logiche utiltaristiche strette immemori delle comunanze del passato travolte da un progressivo isolarsi reciproco.

Non voglio generalizzare, il sentimento di reciprocità, sorretto da autentica e mutua gratitudine, esiste ed è ancora molto diffuso e rispettato e laddove ancora esistente è una specie di medicina per la nostra anima, nelle amicizie, nelle relazioni familiari, negli amori, nei legami deboli. Occorre forse solo riconnetterci per un attimo alle nostre semplici radici come specie e ricordarci la triade: donare, ricevere, ricambiare.

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2 Commenti

  1. antonello.sciacchi16

    Donare, ricevere, ricambiare.
    Donare, ricevere, ricambiare. Lo fanno gli uomini, non lo fanno gli scimpanzé. Purtroppo gli uomini fanno anche le guerre e i genocidi, che gli scimpanzé non fanno. “Fare gli uomini” ha un prezzo molto alto. L’interazione positiva tra umani si paga con un’interazione negativa, spesso molto negativa. Svilupperò il tema nella rubrica qui postata “Il soggetto collettivo”.
    Antonello Sciacchitano

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