PSICHIATRIA E RAZZISMI
Storie e documenti
di Luigi Benevelli

Renitenti alla leva militare, vagabondi, fughe patologiche

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1 ottobre, 2017 - 10:27
di Luigi Benevelli

 

Placido Consiglio, psichiatra militare, su la «Rivista Sperimentale di Freniatria»,[1]tratta dei “renitenti alla leva”, ossia di quelli che non si presentano alle visite di leva e che sono in numero assai elevato (51.000 con riferimento alla classe 1891) e nella quasi totalità emigranti. E aggiunge, “alcuni fra di essi, pur stando in Italia, non si presentano per incuria, per disprezzo della legge, per stolta affermazione di superiorità e simili; vi sono molti degenerati o deficienti in questa categoria”. Definisce  “disertori” invece i giovani dichiarati idonei che poi non si presentano ai Distretti ed ai Reggimenti, quasi sempre per ragioni di emigrazione.
A Consiglio interessano particolarmente i soldati che si sottraggono agli obblighi del servizio che  avrebbero  “molte analogie con le fughe in psichiatria”. Se ne erano occupati del tema gli psichiatri francesi: in particolare, secondo Régis, esisteva una “tendenza realmente costituzionale alla fuga, che è quasi sempre «nel sangue», spesso ereditaria, precoce, durevole, parossistica […]; essa dà luogo durante le crisi, ad uno stato mentale particolare che si adatta alle complicazioni deliranti intercorrenti, quando di queste ne sopravvengano”.
Consiglio riprende qui una domanda di Haury che si chiedeva:” Quanti, fra il numero sempre crescente dei disertori, sono ammalati?” e commenta: “I rapporti della diserzione con le psicosi in genere si mostrano ogni giorno più numerosi”; in Francia dal 1900 al 1908 erano passati da 1973 a 3439) e “parecchi, in apparenza bene equilibrati, vanno poi rapidamente all’Asilo.
Segue poi la classificazione delle fughe:
·         Specifiche e banali da paralisi generale (erotiche deliranti od automatiche); dell’eccitamento maniaco; della imbecillità
·         Con carattere particolare, a loro volta distinte in:
§  Melanconica
§  Onirica, delirante, con allucinazioni, ansia e raptus panofobici che può finire col suicidio, in alcoolismo
§  Epilettica, o quale crisi precursiva, o nello stato di eccitamento maniaco, o come vagabondaggio impulsivo, subcosciente e prolungato
§  Fuga della demenza precoce, impulsiva
§  Dromo maniaca, da impulsione psicomotrice
§  Degli stati secondi, con sdoppiamento della personalità, di natura isterica
§  Ragionata e sistematizzata, nei deliranti perseguitati per lo più come atto di difesa, o come conseguenza di allucinazioni acustiche di contenuto vario.
Vanno distinte poi la fuga (a forma di accesso) dal vagabondaggio (stato morboso abituale, cronico); il vagabondo è uno “spostato sociale, per disadattamento psichico allo stato di civiltà, in un dato paese, e in un dato periodo di sviluppo sociale”, “come accade per esempio ai disertori delle truppe coloniali” (p. 886).
L’ambiente militare è “un eccellente reattivo”  capace di portare alla luce tendenze patologiche  che nella vita civile è più facile mascherare. La selezione collettiva va sempre più richiedendo nuove energie e nuovi adattamenti ed una incessante intensificazione di lavorio nervoso e mentale, nuovo, al di fuori delle abitudini ordinarie di vita dissipata ed oziosa, instabile nelle occupazioni, incerta e sregolata. (p. 887)  In tutti i disertori studiati dall’Haury si riscontravano disturbi della volontà da insufficienza congenita o da decadenza acquisita; fra di essi qualche debole, ma soprattutto degenerati (squilibrati, ossessionati, deliranti) o dementi e confusi.
“Tipi umani, tutti questi, di notevole importanza psichiatrica e medico legale, tanto più che per la maggior parte - tranne i deliranti, i dementi e simili - essi non si riscontrano negli Asili per alienati: corrispondono invece più specialmente agli ammalati della clientela privata”. (p. 888)
Qui Consiglio si lancia in un peana ad esaltazione della psichiatria militare , quale “medicina legale psichiatrica di una collettività” ; denuncia “la deficienza delle cattedre universitarie” in cui prevale “l’indirizzo anatomico dato a tutta la medicina dal Virchow”; propone la “necessità di larghe cognizioni psicologiche, sociologiche e filosofiche che i medici, in genere, non hanno avuto per la imperfetta organizzazione” della scuola.
Dopo aver descritto le difficoltà e lo sbandamento subiti dall’esercito zarista nel corso della guerra con il Giappone imputabili alle gravi carenze della psichiatria militare russa, Placido Consiglio conclude con il seguente appello:
“Ora che abbiamo occupata sì vasta colonia (la Libia- n.d.r) anche noi dobbiamo preoccuparci della più larga diffusione delle malattie mentali e nervose fra gli italiani che popoleranno le colonie; ond’è che sin dal giugno 1912, dopo aver tenuto per 3 mesi un piccolo reparto psichiatrico per borghesi in Tripoli, insieme al prof. Scabia, abbiamo proposto un largo progetto per un Asilo di alienati in Tripoli”. E porta ad esempio gli studi sui disturbi mentali nella malattia del sonno. (nota n. 98, p. 898).

Luigi Benevelli ( a cura di)
 



[1] Studii di psichiatria militare, parte III, 1914, pp. 881-899.

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