Riflessioni (in)attuali
Uno sguardo psicoanalitico sulla vita comune
di Sarantis Thanopulos

TRA ETICA E MORALE: il caso delle dimissioni del Capo di Gabinetto della Sindaca di Torino

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5 novembre, 2017 - 16:45
di Sarantis Thanopulos

Il capo di gabinetto della sindaco di Torino ha chiesto la cancellazione di una multa per un suo amico che è stato sorpreso dal controllore in autobus sprovvisto di biglietto timbrato. Le sue dimissioni immediate pongono una questione: hanno prodotto una soluzione etica o una soluzione morale?
Etica e morale sono categorie diverse e, tutto sommato, di origini opposte. L’etica si fonda sulla responsabilità nei confronti dell’altro come soggetto desiderato e desiderante. Ciò implica anche una responsabilità nei confronti di se stessi. Il primo tipo di responsabilità è stato rigettato da Creonte, il secondo ignorato da Antigone. La morale è il giudizio forgiato dal senso di colpa che deriva dalla disobbedienza alla norma. Elude il senso di responsabilità, confondendolo con la colpevolezza.
Il funzionario pubblico che interviene per cancellare una multa, provoca un danno etico indiretto perché creando una disparità di trattamento favorisce la logica dei vantaggi impropri in tutte le relazioni che i cittadini intrattengono tra di loro. Non è il singolo fatto in sé a essere censurabile, ma la legittimazione di una mentalità irrispettosa dell’altro che esso determina. Nondimeno, non sono stati motivi etici a provocare le dimissioni di Paolo Giordana. Nello stesso periodo i referendum per l’autonomia del Veneto e della Lombardia hanno prodotto un danno etico ben più grave legittimando, di fatto, interessi egoistici del tutto incompatibili con l’eguaglianza dei cittadini italiani. Nessuna pressione c’è stata perché i loro organizzatori si dimettessero -una richiesta del genere sarebbe apparsa a tutti del tutto infondata- ed essi ne sono usciti, invece, rinforzati politicamente.
L’enfasi sulla correttezza e i comportamenti irreprensibili degli amministratori dell’interesse comune, è volta a garantire un’idea di ordine e un senso di stabilità e di sicurezza che derivano dall’esistenza di un’autorità normativa depositaria di un sapere infallibile sulla vita di tutti. Questo sapere non origina da una conoscenza della realtà aperta alla scoperta e alla trasformazione. Si costituisce sull’esigenza di rendere l’esperienza prevedibile, ripetibile e conformabile a uno stato di equilibrio permanente. Si allea con i rapporti di potere perché nulla più di questi è automaticamente riproducibile e in grado di creare “tradizione”: valori fermi nel tempo. Costruisce un apparato ideologico e lo impone ai suoi sudditi come verità incontestabile e rassicurante.
Dal momento che il voler togliere una multa di autobus non è di per sé cosa seria, né come azione né come infrazione etica, se non come segnale di un costume diffuso (destinato a restare indisturbato), dobbiamo chiederci dove “delitto e castigo” trovano un loro significato in questo caso. Si può allora pensare che del rispetto morale, normativo delle regole ognuno di noi vuol liberarsi. Che chi gestisce potere può piegarle a suo favore senza necessariamente uscire dalla loro azione normativa (che ha una deontologia puramente formale). Tuttavia nella misura in cui è tentato a trasgredirle, contestarle più che manipolarle, si trova esposto a un senso di colpa nei confronti di un ordine costituito che, per costruirsi una psicologia da potente, più degli altri ha interiorizzato. Sfida la sorte tra trasgressione e autodenuncia -invocazione di punizione imposta dal senso di colpa- e un po’ per sua esigenza, un po’ per sfortuna va a finire male. Affida parole confidenziali al vento che tramite una inchiesta della finanza le porta sulle pagine dei giornali. La morale è soddisfatta, l’etica si chiede in che mondo viviamo.  

      

 
 
 

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