L’inconscio è Baltimore all’alba (2016)

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A Baltimore, negli Stati Uniti, nel quadro del Simposio internazionale « The Languages of Criticism and the Sciences of Man » che si tenne dal martedì 18 ottobre al venerdì 21 del 1966 al The Johns Hopkins Humanities Center, Lacan intervenne  il giovedì con un intervento dal titolo Of Structure as an Immixing of an Otherness Prerequisite to Any Subject Whatever

Richard Macksey e Eugenio Donato, organizzatori del Simposio che si teneva sotto l’ègida della Johns Hopkins University, avevano dato inizio ai lavori in cui erano intervenuti, li citerò tutti, data la loro importanza, René Girard, Charles Morazé, Georges Poulet, Jean Pierre Vernant, Lucien Goldmann, Tzvetan Todorov, Roland Barthes, Jean Hyppolite, Guy Rosolato, Neville Dyson-Hudson, Nicolas Ruwet e Jacques Derrida. Roman Jakobson figura nel novero dei commentatori.
Jacques-Alain Miller indica che non poteva attribuire il testo sic et simpliciter a Lacan per i motivi da lui indicati più avanti. Ed è per questo motivo che ha deciso di far precedere il nome di Lacan da un « Secondo ».
Il lettore noterà che Lacan, pur intervenendo in un Simposio che verteva sulla struttura, inserisce un elemento che la struttura, di per sé, non contempla : il soggetto. Certo, l’inconscio è intercettato tramite le parole, e in quanto tale è strutturato come un linguaggio. E Lacan precisa per evitare malintesi : come un qualunque linguaggio parlato dalla gente.
Tuttavia l’inconscio solleva una problema che tocca la natura del linguaggio nel suo punto più sensibile. Problema che, anche nell’uso del linguaggio comune, passa quasi sempre inosservato : ossia la questione del soggetto. Freud, ricorda Lacan, ci ha insegnato che l’inconscio è fatto di pensieri, ma ciò che pensa è barrato dalla coscienza.
Non è la struttura che preoccupa Lacan, ma il soggetto. La struttura serve, e finché serve, per cercare di situarlo.
Così Lacan si concede un magnifico pezzo di precisione e di poeticità che lo porta a un’inedita definizione dell’inconscio : « L’immagine migliore per riassumere l’inconscio è : Baltimore all’alba ». E’ il soggetto, il soggetto dell’inconscio, al centro di questa inedita definizione del soggetto. Soggetto che continua a essere al centro delle sue preoccupazioni e che rispunta, chiaramente, nel suo passaggio sul paradosso di Russell. Il tema si concentra in un pezzo (da intendersi come pezzo musicale) di inaudita bellezza nel paragrafo intitolato da Jacques-Alain Miller « Il soggetto tra perdita e mancanza ». Forse per ovviare alle proteste dell’uditore americano non abituato alla sua lingua, Lacan concede una finale precisa ma chiara : « Tutto ciò che è elaborato dalla costruzione soggettiva sulla scala del significante nella sua relazione con l’Altro e che prende radice nel linguaggio esiste solo per consentire al desiderio, in tutte le sue forme, di avvicinarsi, di testare quel tipo di godimento interdetto che è l’unico senso valido offerto alla nostra vita ».
La copertina, disegnata e gentilmente offertaci da Marco Tirelli, e molti testi di questo numero girano attorno al problema ‘voce’. Oltre a conferenze di diversi colleghi, abbiamo inserito la trascrizione di alcune tavole rotonde in cui si è dialogato attorno a questo tema. Preziosa è stata, tra le altre, la partecipazione di Romeo Castellucci, Piersandra Di Matteo e Marie-Hélène Brousse.

 

 
 

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