LA MACCHIA DI ASIA ARGENTO Commento alla intervista con Giletti

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29 ottobre, 2018 - 10:01
Postato il 23 ottobre 2018 sul blog della Società Italiana di Psicoanalisi e Psicoterapia Sándor Ferenczi
https://www.societaferenczi.it/single-post/2018/10/23/La-macchia-di-Asia-Argento
 

Sono stato molto colpito dalla recente storia di Asia Argento e dalle sue vicissitudini mediatiche. Gli eventi sono noti a tutti. Circa un anno fa le dichiarazioni di Asia sul caso Weinstein hanno contribuito a dare il via al movimento di denuncia delle vessazioni sessuali #MeToo, che ha aggregato voci note e meno note del mondo del cinema e oltre. Il clamore è stato tale da meritare al movimento il riconoscimento di “persona dell’anno” da parte del Time magazine. Poi sono iniziate le prese di distanza da parte di attrici famose che rivendicavano il diritto al corteggiamento, quindi le polemiche e le accuse. Il movimento ha incominciato a venir tacciato di isteria oppure di ipocrisia. Il noto desiderio delle attricette di far carriera usando il sesso veniva messo in primo piano e infine sono arrivati gli attacchi personali miranti a squalificare la voce della vittima: perché lo dice solo adesso? Perché non l’ha denunciato allora? Se era stata stuprata, perché ha continuato a frequentare il suo stupratore? E così via, tutte domande miranti a mostrare che la vittima non è uno stinco di santo, perché se fosse stata davvero senza macchia si sarebbe opposta, avrebbe reagito, e certo non se ne sarebbe stata per anni in silenzio. Avrebbe denunciato subito. E se non l’ha fatto c’è qualcosa che non torna …
Ma perché mai si chiede alla vittima di essere una santa? Che cos’è che spinge a pretendere dalla vittima la prova supplementare di essere immacolata? Sembrerebbe che nel turbinio delle emozioni abbia preso il sopravvento quel tipo di reazione che gli inglesi chiamano “to blame the victim”, dare la colpa alla vittima. Si tratta di una reazione primitiva, tribale. Mi viene in mente l’episodio salito alle cronache qualche anno fa, in cui il padre – forse originario del Pakistan, non ricordo bene – fece uccidere la figlia perché era stata stuprata. La “macchia”, qui lo si vede bene, è proprio dato dal fatto di essere la vittima; fare uccidere la figlia era il modo in cui questo padre aveva lavato la macchia. D’altronde fino a non molto tempo fa anche nella nostra società l’essere vittima di stupro era diffusamente sentito come una “onta” da tenere nascosta. L’idea era abilmente sfruttata nel processi di stupro dagli avvocati degli accusati: mostrare che la vittima non era senza macchia.
Poi, la scorsa estate, la “macchia” di Asia Argento ha incominciato a prendere sempre più consistenza, prima con il suicidio del compagno, il famoso chef Anthony Bourdin, e poco dopo con il caso di Jimmy Bennet. Gli attacchi dei social media sono arrivati quando, due giorni dopo la perdita del compagno, avvenuta l’8 giugno 2018, Asia si è presentata alle audizioni di X-Factor. Per lei era una questione di “sopravvivenza”, aggrapparsi a un filo di vita, come lei stessa ebbe a spiegare, ma dai social le sono arrivate ogni sorta di attacchi per la sua “mancanza di sentimenti”. Avrebbe ricevuto un simile trattamento in condizioni diverse? O era una coda delle emozioni sollevate dalla sua denuncia di Weinstein e dal movimento #MeToo – come se il coro gridasse: ecco chi è veramente!  
E il peggio doveva ancora arrivare. Il 19 agosto 2018 il New York Times pubblicava un articolo intitolato: “Asia Argento ha pagato un giovane attore che l’aveva accusata di violenza”. Era Jimmy Bennet, baby-star classe 1996 che nel 2004 aveva recitato il ruolo di figlio in un film diretto da Asia in cui lei stessa faceva la madre. Da allora erano rimasti in contatto ma non si erano più visti fino al 2013, quando, ritrovandosi in una stanza d’albergo, l’attrice (37 anni), questa l’accusa, aveva sessualmente abusato del ragazzo (17 anni).
Bennet, stando a quanto racconta, aveva capito di essere stato una vittima quando era scoppiato il caso Weinstein. Attraverso uno studio legale aveva quindi chiesto un grosso risarcimento ad Asia in base a due fatti. Il primo era che dopo lo stupro i suoi guadagni erano crollati, ciò che permetteva di quantificare il danno (per inciso nel 2013 Bennet aveva anche scoperto che i suoi guadagni gli erano stati sottratti dai genitori e li aveva denunciati). Il secondo era che il compagno di Asia, Bourdin, uomo molto ricco ed esposto mediaticamente, veniva sottilmente menzionato nella richiesta di denaro, con l’effetto che Bourdin aveva ritenuto che fosse meglio venire a patti piuttosto che finire in una bufera mediatica e aveva iniziato a pagare le prime tranche. In seguito emergerà che, subito dopo la morte di Bourdin, Asia Argento aveva dato diposizione di interrompere il pagamento, a riprova di non condividere questa scelta e di considerare la richiesta di denaro nient’altro che un ricatto a cui non dare seguito.
Lo scandalo era scoppiato solo dopo l’interruzione dei pagamenti, con una risonanza mondiale e conseguenze pesanti per Asia Argento. Non solo alcune protagoniste di #MeToo hanno reagito cercando di dissociare il movimento dalla figura di Asia, ora dipinta come una “pedofila”, ma  Sky ha interrotto la collaborazione con Asia ad X-Factor. Mentre le accuse di “pedofilia” sono subito rientrate, insieme al chiarirsi delle distorsioni maggiori, Sky, che controlla X-Factor, non ha fatto alcun passo indietro, e anzi ha confermato il licenziamento dal talent show.
All’inizio di ottobre due interviste televisive con Massimo Giletti, la prima con Jimmy Bennett e la seconda con Asia Argento hanno offerto, credo, ogni chiarimento fin qui possibile.  Lascerò da parte la versione di Bennett, da un lato chiaramente guidata da un intento economico, e dall’altro resa troppo complessa dalla sua posizione di vittima del sistema “baby stars” per essere discussa in poche battute. Che cos’è che ho trovato convincente nella versione di Asia?

  1. Il legame affettivo con Bennett, che emerge fin dal twitter che Asia invia prima dell’incontro: “Sto aspettando il mio figlio a lungo perduto e il mio amore @jimmymbennett nella stanza di hotel: piango, sudo, vado su e giù, tremo. Sono viva”. Nella intervista con Giletti Asia chiarisce che anche lei era stata una baby-star e che, come tutte le baby-star, aveva seriamente rischiato di perdersi. Poi ce l’aveva fatta a trovare la propria strada, ma era stata molto dura. Il legame che la univa a Bennet – che, ricordiamoci, a suo tempo era stato il bambino più ricercato nel mondo del cinema, e aveva recitato insieme a tutte le stelle di Hollywood --  era dunque quello della comune esperienza di un’infanzia rubata. Asia si era affezionata alla baby-star perché vi aveva visto il riflesso di se stessa da bambina. Il “bimbo a lungo perduto” che si aspettava infine di ritrovare era la parte perduta di se stessa. Credo che questa fantasia, regressiva e salvifica, le abbia impedito di rendersi conto di chi veramente aveva davanti a sé.
 
  1. Sembrerebbe che Asia si fosse predisposta a rivivere il proprio trauma infantile nell’intento di ripararlo. Non stava nella pelle dall’emozione e voleva aiutare Bennett, il quale aveva chiesto di essere aiutato con un copione e Asia era felice di farlo ancora una volta. Bennet le aveva poi esposto le sue difficoltà nel trovare nuove parti e Asia, che conosceva bene il problema, essendoci passata lei stessa, gli aveva subito proposto una particina in un film che si doveva fare a Roma.  
 
  1. In questa fase iniziale è molto affettuosa, poi Bennett le salta addosso dicendole che era stata il suo sogno erotico fin dal loro primo incontro. E qui Asia si gela, non reagisce e non si difende. Nei mesi seguenti inizierà anche una psicoterapia focalizzata proprio sulla sua incapacità di difendersi in situazioni di questo tipo.  Molti hanno trovato scarsamente plausibile questa versione, ma vorrei ricordare che lo shock, il congelamento e l’incapacità di difendersi sono reazioni tipiche in simili situazioni. Freud, nel periodo in cui era interessato al trauma aveva trovato proprio nella “reazione mancata” il carattere distintivo dell’esperienza traumatica.
 
  1. Vediamo anche all’opera il carattere bifasico del trauma descritto da Ferenczi in “Confusione delle lingue tra gli adulti e il bambino”, dove però è Asia ad avvicinarsi parlando il linguaggio della tenerezza proprio del bambino, che viene allora frainteso e inondato di passione. Sappiamo anche che nel momento in cui il bambino subisce un assalto che non si aspetta, rimane confuso. L’io non reagisce perché “va fuori di sé”. La protezione che scatta in automatico, ben descritta da Ferenczi, è quella di non essere presente. Quello che sta accadendo non può essere vero, non sta accadendo a me. Si esce da sé e ci si rifugia in un mondo onirico. Questa fase mi sembra ben documentata dal selfie scattato da Bennett subito dopo il rapporto sessuale, in cui il volto di Asia appare in uno stato chiaramente trasognante. Solo lentamente Asia capirà che per Bennett non era altro che un “trofeo” – come immortalato appunto dal selfie. 
 
  1. Poi Asia invita Bennet al ristorante. In molti hanno trovato questo comportamento inappropriato e incongruente con la violenza subito. Ma anche questo è stato ben spiegato da Asia, la quale ha parlato di un suo bisogno di “normalizzazione”, ossia di un tentativo di riportare la lancetta dell’orologio a prima dell’assalto, non solo per negarlo, ma anche per ripristinare quell’immagine precedente di Bennett a cui era così affezionata. Questa immagine era stata distrutta dall’assalto, ma, evidentemente, Asia non era ancora pronta a perdere ciò che per lei Bennet aveva fino a quel momento rappresentato – il bambino perduto e ritrovato che lei stessa era stata.
 
Per concludere, nonostante il peso terribile degli eventi, i ripetuti attacchi e la sua evidente fragilità, ho trovato Asia Argento coraggiosa e coerente e il suo racconto   convincente. Ai miei occhi è riuscita a dissipare tutta la confusione che in simili frangenti si crea, e a non farsi assorbire dalla “macchia”.
Trovo invece socialmente pericolosa la conferma del licenziamento da X-Factor parte di Sky, non solo perché punisce una persona coraggiosa in un momento di grande vulnerabilità, ma perché avvalora la “macchia” di Asia Argento, e perché questa ratifica ricade sui giovani come un pesante monito: ecco cosa accade a chi ha il coraggio di denunciare.
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