Dialogo con Annarosa Buttarelli
La questione posta dal mito -la complementarità delle differenze- fa sorgere due domande. Quando si rompe la complementarità, che sta alla base della procreazione e della genitorialità, perché nella cura dei figli dovrebbe essere accordato alla madre uno statuto speciale? Dovrebbero essere esclusi dalla genitorialità, omosessuali, trans- e non-gender”?
Annarosa Buttarelli: “Concepire, ospitare nel proprio corpo, mettere al mondo una vita differente dalla propria è un lungo processo che rende le donne letteralmente genitrici. Contribuire a generare con il proprio seme non rende un maschio, meccanicamente, genitore a tutti gli effetti (il “donatore” di seme non è genitore dei figli che ha contribuito a concepire). Per diventare padre, seme a parte, un uomo entra in una relazione, mette a disposizione il saper amare una creatura altra da sé e non cancella la realtà che essa è generata da una donna durante un lungo processo in cui si è stabilita la relazione generatrice. Si può diventare “padri” se ci si mette a disposizione, di una relazione generatrice di una vita-altra. Ma questa relazione generatrice ha sempre una donna all’origine, mai due maschi, nemmeno due femmine, sebbene, per il continuum materno di cui si è parlato nella conversazione precedente, due donne omosessuali possono entrambe essere considerate come madri. Due uomini omosessuali possono mettere in forma una relazione materna, ma nell’ambito di una generazione dello sviluppo dell’anima, come può avvenire nel caso dell’adozione.”
Sarantis Thanopulos: “La continuità tra il corpo gravido e quello delle cure materne e anche la maggior intensità, profondità e immediatezza dell’investimento erotico del corpo della madre da parte dei figli, assegna a lei, nell’infanzia, una centralità rispetto al padre. A causa dell’iniziale centralità della madre, la sua assenza nel caso di due padri omosessuali, solo in parte compensabile con le loro qualità materne -essendo il corpo della donna più complesso della componente femminile del corpo dell’uomo-, pesa di più dell’analoga parziale “orfanilità” paterna nel caso di due madri omosessuali. Nel caso dei trans- e dei non-gender, si potrebbe parlare, invece, di genitorialità in senso più neutrale perché sarebbero prevalentemente figure accudenti e la differenza erotica i figli la dovrebbero cercare nella vita.”
Annarosa Buttarelli: “I non-gender rifiutano un’identificazione sessuale, anche se la biologia gliela suggerisce. Due genitori non-gender possono provocare confusione nella mente e nella psiche di chi è spinto dal proprio corpo a cercare un’identificazione sessuale che sostenga il desiderio di altro da sé. Molto diverso è il caso di due madri. Quanti bambini e quante bambine sono stati cresciuti bene da due donne, madre più nonna, madre più zia, madre più la figlia più grande in assenza di padri, quando i maschi si sono impegnati in ben altro, guerre, lavoro, vita esclusivamente pubblica? In ogni caso, sarebbe importante sottoporre a riflessione come avviene la costruzione simbolica e sociale della paternità e il complicato rapporto uomini-procreazione.”
Vorrei scrivere un bel
Vorrei scrivere un bel trattato sulla vostra genitorialità, così sicura, presuntuosa e CASTRANTE…
No perché ovviamente voi come genitori di figli no-gender (COSA CAVOLO SONO?) , transessuali ed omosessuali, sicuramente vi trovereste nel dubbio… Avere ed amare da loro un nipote? Oppure CASTARLI ===??
Ecco voi avete scelto e pertanto siete PESSIMI GENITORI…
Anche se i vostri figli sono eterosessuali, perché evidentemente…
Sulla questione materna… Il vostro essere CASTRANTE è addirittura violenza verso tutti gli orfani. Un Pregiudizio Violento! Senza parlare dei separati, divorziati, riconiugati… chissà… Tre madri due padri… quattro o cinque genitori… Troppi non trovate? CASTRIAMO CASTRIAMO…
Allegramente….Castriamo…