NOVEMBRE 1998- URBINO
“Via della morte” è una delle prime viuzze che potrebbero incontrare i “forestieri” salendo in Urbino, ridente cittadina studentesca, situata a 700 metri sul livello del mare, in provincia Pesaro. Nota come “culla” del Rinascimento, Urbino spicca per la presenza del Palazzo Ducale, la casa natia di Raffaello Sanzio, l’omonimo teatro che costeggia le mura del palazzo e le opere di Piero della Francesca tra cui la famosissima “Città ideale”. Urbino era una città ideale fino al 1998, almeno per gli studenti provenienti da tutt’Italia, i quali ne hanno fatte, se così si può dire, di cotte e di crude, lasciando tuttavia, nei propri cuori, preziosissimi e indelebili ricordi. Il 1998 è l’anno della mia immatricolazione presso la facoltà di Psicologia. Scherzo spesso dicendo che " chi entra in Urbino sa quando entra ma non sa quando esce", nel senso che, a mio avviso, è facile perdersi nel “paese dei balocchi” anche perché si studiava molto e non era affatto vero che era facile passare gli esami, tuttavia, devo ammettere dopo 22 anni che, forse,questa etichetta non è poi così inesatta. Fortunatamente sono riuscita a non perdermi e a laurearmi. Oggi,però,vi scrivo in veste psicologa forense e consulente in alcuni procedimenti penali per omicidio insieme alle colleghe del CRIME ANALYSTS TEAM. Quello che sto per raccontarvi è un caso di omicidio avvenuto nella bellissima Urbino, rimasto ancora irrisolto, un cold case insomma. Appresi la notizia nel Novembre 1998, a distanza di qualche giorno dall’omicidio, in un albergo del centro storico dove alloggiavo in attesa di trasferirmi presso i collegi. E così divenni una delle ospiti delle suore “Pie Venerine” in Via Mazzini, avendomi proibito i miei di andare ai collegi, suggestionati anche dall’imponente e labirintica struttura. Si tratta di un enorme complesso, costruito tra il 1962 e il 1983 dal celebre architetto Giancarlo De Carlo, che copre circa 62.000 metri quadrati e che ospita oltre 1000 studenti ad ogni anno accademico. Si tratta di 5 strutture (Colle, Tridente, Vela, Serpentine, Aquilone) tutte connesse tra loro; dal loro interno noi studenti passavamo ogni giorno per accedere alle aule per fare lezione. Inutile dirvi che l’assassino doveva conoscere obbligatoriamente quella struttura per poter garantirsi una veloce via di fuga.
LA VITTIMA
Floride Cesaretti, 47 anni, portinaia ai collegi di Urbino. Truccata con garbo, gentile, sempre col sorriso, era la zia di tutti li a “Il colle”. Questo racconta di lei chi la conosceva, non vi erano ombre nella sua vita ed era effettivamente così, stando a quanto emerse dalle indagini. Sposata all’età di 20 anni, Floride ebbe il primo figlio a 21 anni. Ebbe un maschio e una femmina. Il 27 novembre del 1998, alle 6,00 del mattino avrebbe dovuto darle il cambio il suo collega Riccardo il quale notò da subito che qualcosa non andava: una poltroncina era stata sposata a ridosso del bancone della reception – probabilmente per poter scavalcare lo stesso- e mancava la cassettina da dove Riccardo avrebbe dovuto prendere il suo tesserino. Di solito quella cassettina conteneva pochi spiccioli utilizzati per le macchinette del caffè, solo che quella sera vi era anche la retta di un professore per un totale di 200.000. In quel furto fu individuato, in un primo momento, il movente. Stando alle notizie diffuse dai procuratori dell’epoca, Floride fu scoperta nel piano di sotto, prona, con le braccia flesse in avanti in direzione della ghiacciaia, la camicetta e il maglioncino sollevati in direzione del capo, scalza e in una pozza di sangue. Sullascena criminissono state rinvenute diverse tracce ematiche come quelle da proiezione – dovute probabilmente all’ uso di un badile come arma occasionale, utilizzato dal personale per spalare la neve – , tracce da gocciolamento e da trascinamento. Fuori nel cortile, a ridosso della porta che dava sullo scantinato, è’ stato ritrovato, altresì, un asciugamano intriso di sangue con cui l’assassino avrebbe ripulito l’arma del delitto che non è mai stata ritrovata. Stando alle interviste dell’epoca, è possibile che la scena sia iniziata sugli ultimi gradini, è continuata nel centro della stanza – ove l’assassino (o gli assassini) potrebbe aver ruotato il corpo di 180 gradi – ed è terminata di fronte la ghiacciaia. L’ipotesi di più assassini trova il suo possibile riscontro nel ritrovamento una traccia: una suola di scarpa 38. Una calzatura 38 fa pensare, verosimilmente, alla presenza di una donna oltretutto, dalla scena sono stati portati via alcuni oggetti come la borsa e il beauty di Floride, oltre alla cassettina dei soldi. Come avrebbe potuto l’assassino da solo occuparsi di tutto ciò e assicurarsi nel frattempo la morte della povera donna? Gli inquirenti pensano che tra un colpo e l’altro – 22 stando all’autopsia – l’assassino abbia fatto delle pause “come a volerne vedere gli effetti” altrimenti – dice il Procuratore in una delle interviste dell’epoca – avrebbero dovuto rinvenire tracce di proiezione più alte vista la forza cinetica con cui i colpi sono stati inferti. Secondo Claudio Coassin, ex Procuratore di Urbino“l’omicidio è stato condotto con una ferocia, con una violenza irrefrenabile, cioè deve essere una persona secondo me che ce l’aveva con la vittima ma ce l’aveva in maniera feroce, inesorabile. Chi l’ha uccisa doveva possedere un odio, una carica di violenza contro questa donna mostruosa”.
GLI INDAGATI
Furono ascoltati tantissimi studenti e professori, messe sotto intercettazione le cabine telefoniche nei pressi di collegi, eseguiti centinaia e centinaia test del DNA ma senza alcun risultato. Tra i vari sospettati spiccava la figura del collega e amico della Floride, Mauro Rumori il quale possedeva un’auto simile a quella che fu vista sfrecciare ad alta velocità dai collegi. L’uomo, inoltre, morì durante il funerale di Floride per un infarto, probabilmente a causa di una emotività che, secondo gli inquirenti, andava approfondita. Il pover uomo fu indagato anche da morto ma venne escluso dalla lista degli indagati grazie alla deposizione della fidanzata che gli fornì un alibi per quella sera. Nel frattempo fu disegnato un identikit del ragazzo visto parlare con Floride quella sera verso le 3,00. L’uomo ricercato era di altezza media, di circa 26 anni, con capelli neri e pizzetto. Fu visto dietro la vetrata dell’ingresso principale da 3 ragazzi rientrati al Colle dopo una passeggiata in piazza. Non l’avevano mai visto prima di allora. Nel Dicembre 2007 i magistrati interrogarono a Bari un uomo che all’epoca dell’omicidio frequentava il collegio universitario di Urbino e che assomigliava molto al ragazzo dell’identikit. La fidanzata raccontò che in quei giorni dell’omicidio tornò tutto sporco di sangue; il ragazzo raccontò agli inquirenti che quella notte aveva avuto una colluttazione con delle persone. Il ragazzo venne scagionato dopo 9 anni grazie all’analisi del DNA.
LE INDAGINI SUL DNA
La Procura aveva deciso di non mollare. Qualche anno fa il nuovo Procuratore Capo di Urbino Alessandro Cannevale rimise mano alle carte confidando nell’avanzamento della ricerca e nelle nuove tecniche di indagine scientifica. Il DNA trovato nei capelli rinvenuti sotto le unghie di Floride e un altro elemento trovato sulla gamba di Floride (probabilmente un’impronta), condusse gli inquirenti persino in Argentina; infatti, la comunità Argentina possiede lo stesso DNA mutato geneticamente dell’assassino di Floride! Finalmente una svolta nel caso. La polizia tornò negli archivi dell’Università di Urbino per vedere se nel 1998 vi fossero stati studenti argentini. Furono tutti trovati in Italia, convocati e sottoposti al test del DNA. Purtroppo l’entusiasmo per questa scoperta fu destinato a spegnersi nel momento in cui lo stesso test del DNA scagionò tutti gli studenti argentini. Nell’Agosto 2012 la Procura di Urbino apprende che un 38 enne di Gela, Fabio Greco, laureato in Urbino in scienze della comunicazione, aveva ucciso la madre adottiva con una statuetta sacra infierendo sul volto della donna con svariati colpi. Un omicidio molto simile a quello di Floride. Anche lui, sottoposto a DNA nel carcere di Caltanisetta, venne escluso dalla lista dei sospettati. In un’intervista del Gennaio 2012 il Dott. Vilberto Stocchi del “Centro Biochimica Università Urbino” dichiarò: “Il metodo che abbiamo sviluppato permette una amplificazione del DNA a partire da quantità minime anche quando ci si trova in condizioni non ottimali la metodologia sviluppata permette una amplificazione ampia, a 360 gradi, in ambito diagnostico, in ambito di ricerca e quindi di avanzamento nella conoscenza”.
LA RICERCA SCIENTIFICA OGGI
Eugenio D’Orio, biologo forense, direttore generale del Bioforensic Research Center chiarifica: “Nel caso di specie, da quanto appreso, sembra che del DNA appartenente a persona non ancora identificata sia stato rinvenuto sul cadavere della vittima. Ad oggi, anzi da pochi anni a questa parte, sono a disposizione nuove tecnologie per la ricerca e l’identificazione di un soggetto ignoto che ha rilasciato tracce biologiche di sé in un luogo di interesse investigativo. Tali tecniche sono dette “genealogia forense”; il principio di questa innovativa metodica consiste nel produrre un esame “ad ampio spettro” dell’albero genealogico del profilo del soggetto ignoto. Se, nella fase di screening/indagine, si incontra un parente fino al terzo grado del soggetto ignoto ricercato, l’identificazione sarà possibile, anche grazie al supporto di software bio-informatici opportunamente sviluppati e validati. Inoltre, le nuove tecnologie del DNA sono anche utili per avere informazioni fenotipiche del soggetto ignoto che si sta ricercando (come, colore della pelle, degli occhi, dei capelli, età approssimativa, etc.).
Visto il caso di specie, e visti i precedenti successi, soprattutto in America, raggiunti grazie all’uso di tale metodologia, si invitano gli inquirenti all’utilizzo della metodica della genealogia forense. Sul punto è bene osservare che molteplici “cold case” sono stati risolti proprio grazie all’uso di questa metodologia investigativa”.
CRIMINAL PROFILING
La dott.ssa Mary Petrillo, psicologa e criminologa, docente di materie criminologiche per l’Università Niccolò Cusano e Università Federicianaipotizza che “Molto probabile questa donna è stata vittima di ferocia da parte di qualcuno che la conosceva, che conosceva anche le sue abitudini, di cui lei molto probabilmente si fidava o quanto meno aveva un minimo di rapporto e sicuramente l’ha colta di sprovvista, forse avranno avuto da ridire a proposito di qualcosa e lei non si aspettava una reazione cosi violenta, molto probabilmente. Questo è il solito classico caso in cui si dovrebbe scavare nella vita di una persona, cercare di capire quali sono stato i rapporti con gli altri negli ultimi mesi prima di morire e cercare di fare poi approfondimenti di tipo investigativo che vanno fatte anche alla lucé delle nuove tecnologie, per cui potrebbero venire fuori dei risultati interessanti, analisi di vario genere insomma”.
“Via della morte” è una delle prime viuzze che potrebbero incontrare i “forestieri” salendo in Urbino, ridente cittadina studentesca, situata a 700 metri sul livello del mare, in provincia Pesaro. Nota come “culla” del Rinascimento, Urbino spicca per la presenza del Palazzo Ducale, la casa natia di Raffaello Sanzio, l’omonimo teatro che costeggia le mura del palazzo e le opere di Piero della Francesca tra cui la famosissima “Città ideale”. Urbino era una città ideale fino al 1998, almeno per gli studenti provenienti da tutt’Italia, i quali ne hanno fatte, se così si può dire, di cotte e di crude, lasciando tuttavia, nei propri cuori, preziosissimi e indelebili ricordi. Il 1998 è l’anno della mia immatricolazione presso la facoltà di Psicologia. Scherzo spesso dicendo che " chi entra in Urbino sa quando entra ma non sa quando esce", nel senso che, a mio avviso, è facile perdersi nel “paese dei balocchi” anche perché si studiava molto e non era affatto vero che era facile passare gli esami, tuttavia, devo ammettere dopo 22 anni che, forse,questa etichetta non è poi così inesatta. Fortunatamente sono riuscita a non perdermi e a laurearmi. Oggi,però,vi scrivo in veste psicologa forense e consulente in alcuni procedimenti penali per omicidio insieme alle colleghe del CRIME ANALYSTS TEAM. Quello che sto per raccontarvi è un caso di omicidio avvenuto nella bellissima Urbino, rimasto ancora irrisolto, un cold case insomma. Appresi la notizia nel Novembre 1998, a distanza di qualche giorno dall’omicidio, in un albergo del centro storico dove alloggiavo in attesa di trasferirmi presso i collegi. E così divenni una delle ospiti delle suore “Pie Venerine” in Via Mazzini, avendomi proibito i miei di andare ai collegi, suggestionati anche dall’imponente e labirintica struttura. Si tratta di un enorme complesso, costruito tra il 1962 e il 1983 dal celebre architetto Giancarlo De Carlo, che copre circa 62.000 metri quadrati e che ospita oltre 1000 studenti ad ogni anno accademico. Si tratta di 5 strutture (Colle, Tridente, Vela, Serpentine, Aquilone) tutte connesse tra loro; dal loro interno noi studenti passavamo ogni giorno per accedere alle aule per fare lezione. Inutile dirvi che l’assassino doveva conoscere obbligatoriamente quella struttura per poter garantirsi una veloce via di fuga.
LA VITTIMA
Floride Cesaretti, 47 anni, portinaia ai collegi di Urbino. Truccata con garbo, gentile, sempre col sorriso, era la zia di tutti li a “Il colle”. Questo racconta di lei chi la conosceva, non vi erano ombre nella sua vita ed era effettivamente così, stando a quanto emerse dalle indagini. Sposata all’età di 20 anni, Floride ebbe il primo figlio a 21 anni. Ebbe un maschio e una femmina. Il 27 novembre del 1998, alle 6,00 del mattino avrebbe dovuto darle il cambio il suo collega Riccardo il quale notò da subito che qualcosa non andava: una poltroncina era stata sposata a ridosso del bancone della reception – probabilmente per poter scavalcare lo stesso- e mancava la cassettina da dove Riccardo avrebbe dovuto prendere il suo tesserino. Di solito quella cassettina conteneva pochi spiccioli utilizzati per le macchinette del caffè, solo che quella sera vi era anche la retta di un professore per un totale di 200.000. In quel furto fu individuato, in un primo momento, il movente. Stando alle notizie diffuse dai procuratori dell’epoca, Floride fu scoperta nel piano di sotto, prona, con le braccia flesse in avanti in direzione della ghiacciaia, la camicetta e il maglioncino sollevati in direzione del capo, scalza e in una pozza di sangue. Sullascena criminissono state rinvenute diverse tracce ematiche come quelle da proiezione – dovute probabilmente all’ uso di un badile come arma occasionale, utilizzato dal personale per spalare la neve – , tracce da gocciolamento e da trascinamento. Fuori nel cortile, a ridosso della porta che dava sullo scantinato, è’ stato ritrovato, altresì, un asciugamano intriso di sangue con cui l’assassino avrebbe ripulito l’arma del delitto che non è mai stata ritrovata. Stando alle interviste dell’epoca, è possibile che la scena sia iniziata sugli ultimi gradini, è continuata nel centro della stanza – ove l’assassino (o gli assassini) potrebbe aver ruotato il corpo di 180 gradi – ed è terminata di fronte la ghiacciaia. L’ipotesi di più assassini trova il suo possibile riscontro nel ritrovamento una traccia: una suola di scarpa 38. Una calzatura 38 fa pensare, verosimilmente, alla presenza di una donna oltretutto, dalla scena sono stati portati via alcuni oggetti come la borsa e il beauty di Floride, oltre alla cassettina dei soldi. Come avrebbe potuto l’assassino da solo occuparsi di tutto ciò e assicurarsi nel frattempo la morte della povera donna? Gli inquirenti pensano che tra un colpo e l’altro – 22 stando all’autopsia – l’assassino abbia fatto delle pause “come a volerne vedere gli effetti” altrimenti – dice il Procuratore in una delle interviste dell’epoca – avrebbero dovuto rinvenire tracce di proiezione più alte vista la forza cinetica con cui i colpi sono stati inferti. Secondo Claudio Coassin, ex Procuratore di Urbino“l’omicidio è stato condotto con una ferocia, con una violenza irrefrenabile, cioè deve essere una persona secondo me che ce l’aveva con la vittima ma ce l’aveva in maniera feroce, inesorabile. Chi l’ha uccisa doveva possedere un odio, una carica di violenza contro questa donna mostruosa”.
GLI INDAGATI
Furono ascoltati tantissimi studenti e professori, messe sotto intercettazione le cabine telefoniche nei pressi di collegi, eseguiti centinaia e centinaia test del DNA ma senza alcun risultato. Tra i vari sospettati spiccava la figura del collega e amico della Floride, Mauro Rumori il quale possedeva un’auto simile a quella che fu vista sfrecciare ad alta velocità dai collegi. L’uomo, inoltre, morì durante il funerale di Floride per un infarto, probabilmente a causa di una emotività che, secondo gli inquirenti, andava approfondita. Il pover uomo fu indagato anche da morto ma venne escluso dalla lista degli indagati grazie alla deposizione della fidanzata che gli fornì un alibi per quella sera. Nel frattempo fu disegnato un identikit del ragazzo visto parlare con Floride quella sera verso le 3,00. L’uomo ricercato era di altezza media, di circa 26 anni, con capelli neri e pizzetto. Fu visto dietro la vetrata dell’ingresso principale da 3 ragazzi rientrati al Colle dopo una passeggiata in piazza. Non l’avevano mai visto prima di allora. Nel Dicembre 2007 i magistrati interrogarono a Bari un uomo che all’epoca dell’omicidio frequentava il collegio universitario di Urbino e che assomigliava molto al ragazzo dell’identikit. La fidanzata raccontò che in quei giorni dell’omicidio tornò tutto sporco di sangue; il ragazzo raccontò agli inquirenti che quella notte aveva avuto una colluttazione con delle persone. Il ragazzo venne scagionato dopo 9 anni grazie all’analisi del DNA.
LE INDAGINI SUL DNA
La Procura aveva deciso di non mollare. Qualche anno fa il nuovo Procuratore Capo di Urbino Alessandro Cannevale rimise mano alle carte confidando nell’avanzamento della ricerca e nelle nuove tecniche di indagine scientifica. Il DNA trovato nei capelli rinvenuti sotto le unghie di Floride e un altro elemento trovato sulla gamba di Floride (probabilmente un’impronta), condusse gli inquirenti persino in Argentina; infatti, la comunità Argentina possiede lo stesso DNA mutato geneticamente dell’assassino di Floride! Finalmente una svolta nel caso. La polizia tornò negli archivi dell’Università di Urbino per vedere se nel 1998 vi fossero stati studenti argentini. Furono tutti trovati in Italia, convocati e sottoposti al test del DNA. Purtroppo l’entusiasmo per questa scoperta fu destinato a spegnersi nel momento in cui lo stesso test del DNA scagionò tutti gli studenti argentini. Nell’Agosto 2012 la Procura di Urbino apprende che un 38 enne di Gela, Fabio Greco, laureato in Urbino in scienze della comunicazione, aveva ucciso la madre adottiva con una statuetta sacra infierendo sul volto della donna con svariati colpi. Un omicidio molto simile a quello di Floride. Anche lui, sottoposto a DNA nel carcere di Caltanisetta, venne escluso dalla lista dei sospettati. In un’intervista del Gennaio 2012 il Dott. Vilberto Stocchi del “Centro Biochimica Università Urbino” dichiarò: “Il metodo che abbiamo sviluppato permette una amplificazione del DNA a partire da quantità minime anche quando ci si trova in condizioni non ottimali la metodologia sviluppata permette una amplificazione ampia, a 360 gradi, in ambito diagnostico, in ambito di ricerca e quindi di avanzamento nella conoscenza”.
LA RICERCA SCIENTIFICA OGGI
Eugenio D’Orio, biologo forense, direttore generale del Bioforensic Research Center chiarifica: “Nel caso di specie, da quanto appreso, sembra che del DNA appartenente a persona non ancora identificata sia stato rinvenuto sul cadavere della vittima. Ad oggi, anzi da pochi anni a questa parte, sono a disposizione nuove tecnologie per la ricerca e l’identificazione di un soggetto ignoto che ha rilasciato tracce biologiche di sé in un luogo di interesse investigativo. Tali tecniche sono dette “genealogia forense”; il principio di questa innovativa metodica consiste nel produrre un esame “ad ampio spettro” dell’albero genealogico del profilo del soggetto ignoto. Se, nella fase di screening/indagine, si incontra un parente fino al terzo grado del soggetto ignoto ricercato, l’identificazione sarà possibile, anche grazie al supporto di software bio-informatici opportunamente sviluppati e validati. Inoltre, le nuove tecnologie del DNA sono anche utili per avere informazioni fenotipiche del soggetto ignoto che si sta ricercando (come, colore della pelle, degli occhi, dei capelli, età approssimativa, etc.).
Visto il caso di specie, e visti i precedenti successi, soprattutto in America, raggiunti grazie all’uso di tale metodologia, si invitano gli inquirenti all’utilizzo della metodica della genealogia forense. Sul punto è bene osservare che molteplici “cold case” sono stati risolti proprio grazie all’uso di questa metodologia investigativa”.
CRIMINAL PROFILING
La dott.ssa Mary Petrillo, psicologa e criminologa, docente di materie criminologiche per l’Università Niccolò Cusano e Università Federicianaipotizza che “Molto probabile questa donna è stata vittima di ferocia da parte di qualcuno che la conosceva, che conosceva anche le sue abitudini, di cui lei molto probabilmente si fidava o quanto meno aveva un minimo di rapporto e sicuramente l’ha colta di sprovvista, forse avranno avuto da ridire a proposito di qualcosa e lei non si aspettava una reazione cosi violenta, molto probabilmente. Questo è il solito classico caso in cui si dovrebbe scavare nella vita di una persona, cercare di capire quali sono stato i rapporti con gli altri negli ultimi mesi prima di morire e cercare di fare poi approfondimenti di tipo investigativo che vanno fatte anche alla lucé delle nuove tecnologie, per cui potrebbero venire fuori dei risultati interessanti, analisi di vario genere insomma”.
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