IL ROMANZO DELLA PSICHIATRIA
Dalla Letteratura a Internet 2.0
di Gerardo Favaretto

Per Mario Galzigna

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27 ottobre, 2020 - 00:58
di Gerardo Favaretto
NDR: Mario Galzigna è stato tra i fondatori di Psychiatry on line Italia, ha curato per anni la Sezione delle recensioni librarie e ha regalato alla rivista e ai suoi lettori "pillole di sapienza vera" che potete trovare nei nostri archivi. Mi pare, come Editor, che il modo migliore di ricordarlo sia invitare i lettori a leggere o rileggere il suo libro più bello, quella "MALATTIA MORALE" che ha voluto anni fa regalare alla Rivista per una pubblicazione anastatica di libero accesso che potete trovare seguendo il link. La psichiatria italiana ha perso una voce critica importante, la cultura una voce competente fuori dal coro, io un amico indimenticabile.
Sono vicino a Maddalena e all'amatissimo figlio Matteo nel piangere questa perdita.
FRANCESCO BOLLORINO, EDITOR DI POL.it

Oggi è mancato Mario Galzigna, "un  epistemologo" , come amava definirsi; un appassionato all’archeologia del sapere e di quello  psichiatrico in particolare.
Fu promotore , nell’allora fondazione San Servolo,  della nascita del museo dell’isola che ospita l’ex manicomio di Venezia .
Scrisse "L’archivio della follia" con H. Terzian nel 1980 , all’alba della chiusura dei manicomi,   cui seguirono  "La follia, la norma, l'archivio" nel 1984 e "La malattia morale. Alle origini della psichiatria moderna" nel 1992 e molti altri testi  e lavori come la cura della collana “Il corpo e l’anima” per Marsilio che introdusse in Italia gli straordinari testi che hanno segnato la storia della psichiatria e che hanno permesso a molti di avvicinarsi ad autori come Pinel , Esquirol , Burton e molti altri.
Scrisse, poi  libri , articoli , interventi , compresi i molti che si possono trovare su POL IT. Curò nel 2011 la nuova edizione di “Storia della follia” di Foucault.
Queste cose scrisse mentre insegnava all’università di Venezia, senza mai perdere di vista il contatto con i servizi psichiatrici e con il fare salute mentale  mantenendo contatti con operatori di ogni tipologia professionale. Ed è così che lo conobbi, davvero molti anni fa.
A San Servolo organizzava seminari, momenti di studio che attraversavano, negli anni 90 i temi emergenti della cultura psichiatrica ; si parlava,per esempio, di etno psichiatria con Devereux o di melanconia con Yive Hersant.
Non si può non essergli grati per aver saputo creare queste occasioni , per  avere dato luoghi a un dibattito culturale che le università non avevano né avevano saputo costruire.
Ci siamo conosciuti meglio nella seconda metà degli anni 90 per un interesse condiviso per il nascente mondo della rete , e dei problemi psicologici e filosofici connessi alla nascente realtà virtuale. Condividemmo il lavoro del primo gruppo redazionale di Pol it e la sua presenza di stimolo e di mediazione fu preziosa nel permettere dentro la rivista l’espressione di un dibattito poi cresciuto ed espanso.




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Curioso e vivace ,  amava raccontare e raccontarsi, come per esempio successe con la sua esperienza Brasiliana al ritorno della quale aggiunse "Guaranì" al suo nome,  ma era anche un ironico amante dei soprannomi (chissà se ne aveva uno per sé) ma anche dotato di una determinazione inesaurita.
Non aveva mai smesso di interessarsi al lavoro dei servizi di salute mentale, anche in questi ultimi anni, di porre questioni di fare critiche a quelle che considerava delle degenerazioni culturali.
L’ultima cosa fatta, insieme, fu la presenza ad un congresso , a Volterra. Tornavamo, in macchina, più o meno in questo periodo dell’anno scorso. Gli chiesi di parlarmi di Foucault dei suoi ricordi , del suo soggiorno francese.  I ricordi fluivano lievi e piacevoli all’ascolto: quell’incontro e quel periodo avevano segnato la sua vita  culturale e professionale. Continuava ad essere preoccupato per quel che sentiva un degrado nella cultura psichiatrica. Arrivati a Padova mentre lo portavo a casa era inquietatato dal traffico : un inutile affollarsi di auto che si bloccano a vicenda ottenendo i contrario del senso del loro esistere. Chissà , forse un’allegoria.
Ciao Mario.
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