Più incerti e frammentati di come siamo in questo momento storico non potremmo essere. O forse sì giacché anche questa dopotutto è un’affermazione incerta: la storia guardata ad ampio raggio è lì a dimostrare che di epoche di disordine e di incertezza ce ne sono state tante e anche più tremende di quella attuale. Siamo sempre andati avanti tuttavia, uscendo dalle catastrofi un po’ cambiati e un po’ identici a noi stessi. Un po’ migliorati, un po’ peggiorati. Non possiamo essere certi nemmeno dell’esito umano delle catastrofi e la storia tutta è lì a dimostrarlo. Di certo in questo momento c’è lo spaesamento e le sue disastrose ricadute sia sul piano personale che collettivo.
Ma ogni fenomeno è complesso e serba in sé un sovrappiù,un perturbante che a dispetto dell’evidenza può anche evolvere in senso positivo.
Di certo per ora c’è che dobbiamo di necessità abitare il mondo mascherati, difesi e sospettosi, lontani l’uno dall’altro, radicalmente incerti e frastornati dal sussegguirsi di notizie e contronotizie che fanno “perdere la bussola”. Sì, noi che non facciamo altro che parlare di socialità, di incontro, di relazione, di vicinanza e abbattimento delle barriere, di fatto dobbiamo inventarci strategie di sopravvivenza che a volte sfiorano il grottesco: un caleidoscopico e tutt’altro che artistico movimento di colori fa da sfondo alle nostre incerte e faticose giornate. E chi con varie motivazioni più o meno plausibili, ignora questa realtà o la mistifica, magari mobilitando l’aureolato concetto di libertà da regole imposte, di certo diffonde il contagio sull’altare di un idea demagogica di normalità. Ovviamente la vogliamo tutti questa “normalità”, come negarlo? Aneliamo ad essa! se non fosse per il non trascurabile dettaglio che per ora a negarla è l’evidenza dei fatti. Al di là del sacrosanto desiderio di normalità, dobbiamo ammettere che il nostro è un tempo di incertezza e con essa volenti o nolenti dobbiamo fare i conti, dobbiamo imparare ad abitarla, non smettendo mai di orientarci verso la speranza certo, verso la trasformazione e il divenire. Dislocarsi spiritualmente dal presente pur vivendolo appassionatamente e prendendo atto della sua realtà, è la preziosa risorsa umana che ha sempre fatto girare la ruota della storia. Il pensiero di una realtà possibile che si verifica oltre la mera contingenza, dà forma e sostanza ad un inalienabile bisogno di immaginazione attraversata da istanze etiche, politiche e spirituali. E poiché come si suole dire “il bisogno aguzza l’ingegno”, proprio ora, nel bel mezzo dell’incertezza che ci sgomenta e confonde, siamo paradossalmente nelle condizioni perfette per inventarci nuovi e più umani parametri di pensiero e di sensibilità. La cronaca ( beninteso quella positiva) ne sta già dando testimonianza: l’ondata di volontariato e le ricerche di strumenti per sopperire ai danni, al di là dei possibili effetti collaterali sui quali qui non intendo soffermarmi, stupisce e conforta perché fa affiorare l’umano in quanto tale, il gratuito come categoria dello spirito, la bellezza che come diceva il principe Mishkin nell’ “I’idiota” di Dostoevskij “salverà il mondo”. Fa affiorare la cura e l’amore, l’ intelligenza operante sempre viva nell’anima degli individui per quanto oppressi e sofferenti possano essere. L’incertezza ha una sua “essenza trainante” capace di prefigurare il meglio e di declinare la straordinaria complessità del suo portato e dei suoi multiformi linguaggi proprio a partire dal suo stesso “cuore di tenebra”. Saremo all’altezza di questa promessa? La risposta è ancora una volta incerta e oltremodo complessa. Complessa come la vita e le sue infinite variabili, complessa come la psiche umana. Certo è che ci conviene orientarci nella sua direzione, seguendo le impronte che ha lasciato lungo la storia e imprimendone di nuove. Se non lo facessimo saremmo sconfitti e senza riscatto. Lontani dunque da ingenui e patetici “andrà tutto bene” ma ugualmente lontani da plumbei catastrofismi, che ci piaccia o no siamo costretti a improvvisarci equilibristi, funamboli che volteggiano su un filo teso fra i poli opposti dei fenomeni. Fra i poli opposti della vita e della morte. C’è qualcosa di tragico in questa immagine, come negarlo? Tuttavia c’è anche qualcosa di bello, persino di poetico, purché certo, includa una qualche rete di salvataggio!
E quale può essere la rete di salvataggio se non il nostro inalienabile desiderio di parlarci, vederci, ascoltarci ancora e ancora, sia pure mediante la rete internet, questa ambigua “creatura” del nostro tempo della quale si è già detto tutto il bene e tutto il male possibili e immaginabili e della quale non possiamo ignorare le inquietanti trasformazioni della forma mentis che produce, ma della quale del resto non possiamo più fare a meno, pena la caduta nel vuoto dell’isolamento?
E dunque con l’unica paradossale certezza possibile, ovvero la realtà dell’incertezza e della complessità dei fenomeni quale intelaiatura spirituale e sociale del mondo che raccoglie fra le proprie maglie il meglio e il peggio dell’umano, mossi dalla necessità di costante ricerca di un senso che non finisce con la fine della coscienza, abbiamo pensato di raccogliere in rete le riflessioni (qualche riflessione) di chi non presumendo di avere certezze esaustive non rinuncia per questo a cercarne e a forgiarne di relative, pescandole dentro il fiume in piena della storia del pensiero e dell’immaginazione. Soprattutto non rinuncia a porsi domande e a tessere qualche filo in più di riflessione e di visione, sia essa politica, sociologica, estetica o spirituale, all’unica rete che può salvarci dalla vertigine della caduta nel vuoto dell’insulso e frastornante chiacchericcio.
Trent’anni di casa editrice e “mille e un titolo pubblicati” ci aiutano a intercettare parole e idee ancora vive dentro il mondo interiore ed esteriore che riuniti in un’unica, rotonda, benché multisfacettata al suo interno, figura, ci restituiscono la voce dell’anima, questa esclusa e mortificata funzione della psiche che continuando inesausta a dibattere sulle idee, a immaginare, a rappresentare e a raccontare storie, insomma continuando a sognare una visione e una chiarificazione che non arriveranno mai nella loro accezione di certezza definitiva, nel frattempo proprio come la Scherazade delle Mille e una notte, proprio mediante la narrazione salva la vita a se stessa, alle tante donne del regno e, cosa quanto mai importante e urgente in questo tempo di orrori e di prepotenze, redime il malvagio sultano. Bella la sintesi di Piero Citati in La luce della notte: Appena la piccola regina comincia a raccontare, come non cedere a quella voce mite e quieta, inalterabile, alta sui fatti, che continua a narrare sino alla fine del mondo, quando l’ultimo uccello avrà beccato l’ultimo granello di senape” . Non è dir poco: si tratta di scegliere di andare avanti con speranza sino alla fine. Qualche vaga traccia rimarrà nel complesso intreccio di voci, parole, A:idee e gesti che sono la matrice del mondo. Utopia? Certo che sì. E’ alla sua forza femminea e trainante che ci affidiamo , alla sua intrinseca bellezza, alle parole ancora vive che genera il suo anelito, a quella sua luce obliqua che malgrado tutto arde nel cuore oscuro del tempo, nonché – e questo è uno snodo caldo e trasversale, al suo sofferto dissenso dalle ingiustizie e dalle brutture di ora e di sempre. Perché sia chiaro, lo slancio utopico lungi dal coincidere con paradisi terrestri, consegna l’anima alla fatica e al disincanto, ma non a quello che approda al cinismo, bensì a quello che approda alla cognizione del dolore quale condizione umana condivisa. Tuttavia poiché ogni fenomeno è doppio e complesso, approda anche alla gioia e alla percezione di un piano di interezza.
L’iniziativa è promossa dalla casa editrice Moretti e Vitali e da Psychiatry on line col sostegno di:
Amata (Amici del museo d’arte di Telaviv):
Anterem edizioni;
Arpa (associazione ricerca psicologia analitica);
Associazione culturale Imaginalis;
Caffè filosofico di Torino;
Cura e cultura;
La casa delle donne di Milano;
Sfera (Società Filosofica Europea e Alti studi);
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