IL “PRINCIPIO DI NON CONTRADDIZIONE” NELLA FORMA GIURIDICA DELLE SCRIMINANTI NELL’ATTIVITÀ MEDICO- PSICHIATRICA: LA RESPONSABILITÀ PENALE DELLO PSICHIATRA
Il “principio di non contraddizione”, quale fondamento dell’ordinamento giuridico, e non solo della sua branca penalistica, sebbene in essa trovi estrinsecazione attraverso l’istituto delle “cause di giustificazione”, in realtà, o meglio “per necessità”, presenta una natura logica, prima ancora che prettamente giuridica, traendo origine dalla sapere filosofico platonico-aristotelico.
Esso, nel diritto penale, ed in particolare relativamente ad una delle cause di giustificazione che permeano il tessuto codicistico, risponde all’esigenza, tuttavia generale, cioè propria dell’ordinamento complessivamente ed unitariamente considerato, di impedire che il legislatore, nel formulare quelle regole volte a costituire un ordine “sovrano” e “assoluto”, possa contraddirsi, facoltizzando alcuni comportamenti in determinate branche per poi riprovarli in altre, svilendo così la funzione stessa del sistema “diritto”.
Proprio la scriminante del “consenso dell’avente diritto”, ex art. 50 c.p., è venuta in rilievo, nel dibattito dottrinale e giurisprudenziale, relativamente all’attività della figura, sanitaria, del “medico-psichiatra”, ove quest’ultimo, con il suo agere, sia chiamato a rispondere, penalmente, di un illecito: si è discusso della natura del c.d. “consenso informato”, quale presupposto dell’instaurarsi del rapporto tra lo psichiatra ed il “suo” paziente, prospettandosi la possibilità della riconducibilità alla scriminante della disposizione succitata, senza poter, tuttavia, rinvenire una risposta univoca e definitiva, così come poco chiari sembrano essere i contorni della veste del “garante-psichiatra”, forse troppo stretta, al punto tale da condurre il quest’ultimo, ossia il “sano”, verso quasi una condizione di “follia”, in bilico tra il “fare troppo poco” e “il non fare mai abbastanza”, tipico della sua professione.
THE "PRINCIPLE OF NON CONTRADICTION" IN THE LEGAL FORM OF CAUSES OF JUSTIFICATION IN PSYCHIATRIC ACTIVITY: THE CRIMINAL RESPONSIBILITY OF THE PSYCHIATRIST
The "principle of non contradiction", as the foundation of the legal order, and not only of its penal branch, although in it is extricated through the institution of "causes of justification", in reality, or rather "out of necessity", presents a logical nature, even before purely legal, originating from the Platonic-Aristotelian philosophical knowledge.
It, in criminal law, and in particular with regard to one of the causes of justification that permeate the codicystic fabric, responds to the need, however general, that is, typical of the legal system as a whole and considered together, to prevent the legislator, in formulating those rules aimed at constituting a "sovereign" and "absolute" order, it can contradict itself, facolting some behaviors in certain branches and then try them again in others, thus weakening the very function of the "right" system.
Precisely the discriminating of the "consent of the right holder", ex art. 50 c.p., has come in relief, in the doctrinal and jurisprudential debate, relatively to the activity of the figure, sanitary, of the "physician-psychiatrist", where the latter, with its agency, is called to answer, penally, of an illicit: it has been discussed the nature of the c.d. "informed consent" as a prerequisite for the establishment of the relationship between the psychiatrist and "his" patient, looking at the possibility of traceability to the discriminating provision mentioned above, without being able, however, to find an unambiguous and definitive answer, just as unclear seem to be the outlines of the garment of the "guarantor-psychiatrist", perhaps too narrow, to the point of leading the latter, that is, the "healthy", towards almost a condition of "madness", poised between "doing too little" and "never doing enough"typical of his profession.
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