I film sull'autismo sono numerosissimi. Ricordiamo ad esempio Rain Man, che anche se non è cronologicamente il primo film con un protagonista autistico, è comunque quello più famoso pur rappresentando questa problematica in un'ottica attoriale (i protagonisti essendo Dustin Hoffman e Tom Cruise). Sullo stesso registro troviamo l’altro memorabile film Forrest Gump, con la indimenticabile interpretazione di Tom Hanks. L'elenco può proseguire ricordando film come Buon Compleanno Mr. Grape con Leonardo Di Caprio, Mi chiamo Sam con Sean Penn, Tutto il mio folle amore, film italiano tratto dal romanzo "Se ti abbraccio non avere paura" di Fulvio Ervas, e ancora Il ragazzo che sapeva volare, Tim – Un uomo da odiare, Un amore speciale e altri film ancora. Nella gran parte di questi film il tema dell'autismo è sviluppato osservando le relazioni tra soggetto autistico e i familiari o le persone attorno a lui. A volte il tema è la scoperta progressiva di una umanità del soggetto autistico e spesso vi è rappresentata una crescita progressiva di legami di affetto, talvolta anche con la scoperta di talenti speciali collegati all’essere autistico.
Che cosa offre il film israeliano Noi Due di nuovo sull'autismo? Forse non aggiunge nulla o poco a quanto già abbiamo visto, ma certamente è un film delicato e complesso quanto basta per produrre sensazioni piacevoli e riflessioni sul tema. Innanzitutto bisogna dire che Noi Due è un pluripremiato film drammatico israeliano del 2020, finanziato in Italia e diretto da Nir Bergman, un regista con alle spalle una solida esperienza e una grande notorietà in patria. Nel film, ambientato in Israele, Aharon è un padre che si prende cura da sempre di Uri, il proprio figlio autistico ormai adolescente. Aharon è separato da Tamara, la madre di Uri che non ha smesso di pensare a quale futuro dare al proprio figlio. Il legame tra padre e figlio è molto stretto ed esclusivo. Uri fa riferimento solo al proprio padre e gli chiede continuamente conferme sulle proprie scelte e capacità. Quando non capisce qualcosa, gli chiede se è uno scherzo e il padre invariabilmente lo rassicura dicendo che sì, è uno scherzo. Uri è perennemente immerso nel proprio smartphone dove guarda unicamente i film muti di Charlie Chaplin e in particolare il film Il monello, che riproduce la storia del piccolo trovatello che è accudito paternamente da Charlot. La madre è peraltro determinata a dare a Uri una prospettiva più solida di quella che può dare il padre, il quale tra l'altro si è licenziato dal lavoro per stare accanto al proprio figlio e quindi non ha una vera e propria fonte di guadagno. Tamara è preoccupata per questo e cerca di inserire il figlio in una struttura specializzata. Aharon, che per alcuni versi mostra note di comportamento autistico tipo Asperger (è un isolato, pare spesso assorto in pensieri personali non condivisi con altri, ha un pensiero piuttosto rigido, agisce piuttosto che dialogare, non ascolta le ragioni degli altri), è assolutamente contrario a lasciare il proprio figlio ad una istituzione. Poiché Uri ascolta solo il padre e ha solamente lui come riferimento, sviluppa a propria volta un atteggiamento di opposizione a questa soluzione. Di questo Tamara accusa il suo ex marito. Nel corso del viaggio di accompagnamento del figlio all'istituzione, così come è stato deciso dal tribunale, Aharon trae spunto da un plateale opposizione del figlio per deviare dal percorso e cercare di sfuggire all’imposizione giudiziaria. Tamara, che è decisa a far giungere il figlio all'istituzione, mette il proprio ex marito nelle condizioni di non poter reggere sul piano economico. A questo punto Aharon si deve arrendere e Uri viene accompagnato all’istituzione.
Da questo punto in poi, la vicenda si fa più interessante perché la soluzione finale per Uri, che qui non svelo, si delinea attraverso il mutare del rapporto tra i due genitori. Entrambi vogliono bene a Uri, ma hanno una visione diversa sul suo futuro. Dopo che Uri ha mimato il comportamento del “monello” di Charlie Chaplin per esprimere il proprio pensiero, i due si rendono conto che è necessario andare incontro ai desideri del figlio, uscendo da un’ottica personalistica, Aharon dalla sua possessività e Tamara dalla propria razionalità. Ed entrambi, in momenti diversi, fanno un passo indietro riconoscendo reciprocamente le ragioni dell'altro. La scelta finale di Uri beneficia fortemente della capacità dei genitori di sciogliere le proprie rigidità.
Ho trovato che questo aspetto caratterizzi in modo originale Noi due, perché sottolinea come per una persona fragile il fatto che i genitori riescano a dialogare è di forte aiuto per produrre quello spazio mentale che serve per operare alcune piccole scelte personali, sapendo di poter contare sul loro aiuto. E allora Noi due offre uno sguardo ancora diverso rispetto ai tanti film che si sono occupati di autismo perché mette in rilievo proprio questo aspetto: la necessità di un contesto di dialogo privo dei contrasti dovuti a idee differenti sul trattamento di una condizione estremamente difficile. Insomma, il "noi due" diventa il "noi tre".
Che cosa offre il film israeliano Noi Due di nuovo sull'autismo? Forse non aggiunge nulla o poco a quanto già abbiamo visto, ma certamente è un film delicato e complesso quanto basta per produrre sensazioni piacevoli e riflessioni sul tema. Innanzitutto bisogna dire che Noi Due è un pluripremiato film drammatico israeliano del 2020, finanziato in Italia e diretto da Nir Bergman, un regista con alle spalle una solida esperienza e una grande notorietà in patria. Nel film, ambientato in Israele, Aharon è un padre che si prende cura da sempre di Uri, il proprio figlio autistico ormai adolescente. Aharon è separato da Tamara, la madre di Uri che non ha smesso di pensare a quale futuro dare al proprio figlio. Il legame tra padre e figlio è molto stretto ed esclusivo. Uri fa riferimento solo al proprio padre e gli chiede continuamente conferme sulle proprie scelte e capacità. Quando non capisce qualcosa, gli chiede se è uno scherzo e il padre invariabilmente lo rassicura dicendo che sì, è uno scherzo. Uri è perennemente immerso nel proprio smartphone dove guarda unicamente i film muti di Charlie Chaplin e in particolare il film Il monello, che riproduce la storia del piccolo trovatello che è accudito paternamente da Charlot. La madre è peraltro determinata a dare a Uri una prospettiva più solida di quella che può dare il padre, il quale tra l'altro si è licenziato dal lavoro per stare accanto al proprio figlio e quindi non ha una vera e propria fonte di guadagno. Tamara è preoccupata per questo e cerca di inserire il figlio in una struttura specializzata. Aharon, che per alcuni versi mostra note di comportamento autistico tipo Asperger (è un isolato, pare spesso assorto in pensieri personali non condivisi con altri, ha un pensiero piuttosto rigido, agisce piuttosto che dialogare, non ascolta le ragioni degli altri), è assolutamente contrario a lasciare il proprio figlio ad una istituzione. Poiché Uri ascolta solo il padre e ha solamente lui come riferimento, sviluppa a propria volta un atteggiamento di opposizione a questa soluzione. Di questo Tamara accusa il suo ex marito. Nel corso del viaggio di accompagnamento del figlio all'istituzione, così come è stato deciso dal tribunale, Aharon trae spunto da un plateale opposizione del figlio per deviare dal percorso e cercare di sfuggire all’imposizione giudiziaria. Tamara, che è decisa a far giungere il figlio all'istituzione, mette il proprio ex marito nelle condizioni di non poter reggere sul piano economico. A questo punto Aharon si deve arrendere e Uri viene accompagnato all’istituzione.
Da questo punto in poi, la vicenda si fa più interessante perché la soluzione finale per Uri, che qui non svelo, si delinea attraverso il mutare del rapporto tra i due genitori. Entrambi vogliono bene a Uri, ma hanno una visione diversa sul suo futuro. Dopo che Uri ha mimato il comportamento del “monello” di Charlie Chaplin per esprimere il proprio pensiero, i due si rendono conto che è necessario andare incontro ai desideri del figlio, uscendo da un’ottica personalistica, Aharon dalla sua possessività e Tamara dalla propria razionalità. Ed entrambi, in momenti diversi, fanno un passo indietro riconoscendo reciprocamente le ragioni dell'altro. La scelta finale di Uri beneficia fortemente della capacità dei genitori di sciogliere le proprie rigidità.
Ho trovato che questo aspetto caratterizzi in modo originale Noi due, perché sottolinea come per una persona fragile il fatto che i genitori riescano a dialogare è di forte aiuto per produrre quello spazio mentale che serve per operare alcune piccole scelte personali, sapendo di poter contare sul loro aiuto. E allora Noi due offre uno sguardo ancora diverso rispetto ai tanti film che si sono occupati di autismo perché mette in rilievo proprio questo aspetto: la necessità di un contesto di dialogo privo dei contrasti dovuti a idee differenti sul trattamento di una condizione estremamente difficile. Insomma, il "noi due" diventa il "noi tre".
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