Ho letto con attenzione e interesse (con notevole attenzione poiché molto interessato) il dibattito che si è alimentato in questa sede su Massimo Recalcati e la sua trasmissione…amorosa. Sono lettore assiduo di Recalcati (del Recalcati psicoanalista, del Recalcati studioso di Lacan, non del teorico renziano) e lo reputo uno straordinario divulgatore. Mi sono occupato dei suoi libri in più d’una occasione, anche dell’ultimo, A libro aperto. Una vita è i suoi libri, libro sui libri da me scritto nel 2012 (L’inestricabile intreccio: Vita & Morte: passaggi), libro ancor più intenso e interessante del suo. Ergo, nessuna invidia. Anzi, la storiella dell’invidia è antipatica e ingenerosa. Pensate se Freud e Lacan tornassero in vita e, dopo aver letto alcune critiche sui loro scritti, facessero riferimento alla salivazione dei cani di Pavlov! Non sarebbe una caduta di stile. Sarebbe l’annullamento della loro grandezza.
Già, della loro, in quanto i grandi non abitano più tra noi. Tra noi abitano la popolarità, la luce dei riflettori, l’applausometro, la spettacolarizzazione, i like. Accade con la filosofia, accade con la psicoanalisi. Il rischio è che il filosofo diventi star, che lo psicoanalista diventi personaggio più per come appare, più per come dice che per ciò che dice. Ma non dipende dal mondo cattivo, dipende dal professionista. Basterebbe sottrarsi. Non per rinchiudersi nella torre d’avorio (non esistono torri e non esiste avorio), ma per senso di responsabilità, per restituire alla filosofia e alla psicoanalisi il silenzio che meritano, lo studio lento, faticoso e rigoroso di discipline che scavano nel profondo della nostra interiorità.
Il prossimo 7 marzo, vigilia della Festa della donna (pazienza!), edito da Feltrinelli, esce il nuovo libro di Recalcati: Mantieni il bacio. Lezioni brevi sull’amore. Esce sulla carta, non in tv. Bisogna leggerlo, non guardarlo. Bisogna riflettere, non applaudire. Senza fumogeni. E la copertina s’annuncia fantastica. Continuerò a leggere i libri di Recalcati, continuerò a non vedere le trasmissioni di Recalcati. Continuerò a leggerlo con la solita passione e ne scriverò, perché preferisco il libro al video, la pagina bianca ai riflettori, perché so che scrivere non è una gioia, come non lo è la filosofia, come non lo è la psicoanalisi. Ce lo ricorda Oriana Fallaci che cosa sia scrivere. Dove? In Insciallah, tramite il Professore, il personaggio che nel romanzo, secondo Piero Ostellino incarna più di ogni altro le passioni intellettuali dell’autrice: «Colonnello, crede seriamente che scrivere sia una gioia? Glielo spieghiamo noi cos’è. È la solitudine atroce di una stanza che a poco a poco si trasforma in una prigione, una cella di tortura. È la paura del foglio bianco che ti scruta vuoto, beffardo! È il supplizio del vocabolo che non trovi e se lo trovi fa rima col vocabolo accanto. È il martirio della frase che zoppica, della metrica che non tiene, della struttura che non regge, della pagina che non funziona, del capitolo che devi smantellare e rifare rifare rifare finché le parole ti sembrano cibo che sfugge alla bocca affamata di Tantalo […]. Colonnello, c’è gente che è finita o finisce nelle cliniche psichiatriche o al cimitero per via dello scrivere. Alcolizzata, drogata, impazzita, suicida. Scrivere ammala, signor mio, rovina. Uccide più delle bombe». La celebre scrittrice, leggendo quel brano ai librai, aggiunse: «Cazzo, se uccide!».
Mentre fare televisione non uccide affatto e ciò che non uccide sfuma, non resta, non lascia segno.
Evapora.
Come evaporano i padri.
Già, della loro, in quanto i grandi non abitano più tra noi. Tra noi abitano la popolarità, la luce dei riflettori, l’applausometro, la spettacolarizzazione, i like. Accade con la filosofia, accade con la psicoanalisi. Il rischio è che il filosofo diventi star, che lo psicoanalista diventi personaggio più per come appare, più per come dice che per ciò che dice. Ma non dipende dal mondo cattivo, dipende dal professionista. Basterebbe sottrarsi. Non per rinchiudersi nella torre d’avorio (non esistono torri e non esiste avorio), ma per senso di responsabilità, per restituire alla filosofia e alla psicoanalisi il silenzio che meritano, lo studio lento, faticoso e rigoroso di discipline che scavano nel profondo della nostra interiorità.
Il prossimo 7 marzo, vigilia della Festa della donna (pazienza!), edito da Feltrinelli, esce il nuovo libro di Recalcati: Mantieni il bacio. Lezioni brevi sull’amore. Esce sulla carta, non in tv. Bisogna leggerlo, non guardarlo. Bisogna riflettere, non applaudire. Senza fumogeni. E la copertina s’annuncia fantastica. Continuerò a leggere i libri di Recalcati, continuerò a non vedere le trasmissioni di Recalcati. Continuerò a leggerlo con la solita passione e ne scriverò, perché preferisco il libro al video, la pagina bianca ai riflettori, perché so che scrivere non è una gioia, come non lo è la filosofia, come non lo è la psicoanalisi. Ce lo ricorda Oriana Fallaci che cosa sia scrivere. Dove? In Insciallah, tramite il Professore, il personaggio che nel romanzo, secondo Piero Ostellino incarna più di ogni altro le passioni intellettuali dell’autrice: «Colonnello, crede seriamente che scrivere sia una gioia? Glielo spieghiamo noi cos’è. È la solitudine atroce di una stanza che a poco a poco si trasforma in una prigione, una cella di tortura. È la paura del foglio bianco che ti scruta vuoto, beffardo! È il supplizio del vocabolo che non trovi e se lo trovi fa rima col vocabolo accanto. È il martirio della frase che zoppica, della metrica che non tiene, della struttura che non regge, della pagina che non funziona, del capitolo che devi smantellare e rifare rifare rifare finché le parole ti sembrano cibo che sfugge alla bocca affamata di Tantalo […]. Colonnello, c’è gente che è finita o finisce nelle cliniche psichiatriche o al cimitero per via dello scrivere. Alcolizzata, drogata, impazzita, suicida. Scrivere ammala, signor mio, rovina. Uccide più delle bombe». La celebre scrittrice, leggendo quel brano ai librai, aggiunse: «Cazzo, se uccide!».
Mentre fare televisione non uccide affatto e ciò che non uccide sfuma, non resta, non lascia segno.
Evapora.
Come evaporano i padri.
WINNICOTT BBC TAPES:
le
WINNICOTT BBC TAPES:
le conversazioni alla Radio di un Maestro della Psicoanalisi.
IMPERDIBILI
Segui il link:
http://www.oxfordclinicalpsych.com/page/608/the-ordinary-devoted-mother-and-her-baby
Allora intanto grazie per
Allora intanto grazie per avere letto il dibattito con interesse, e grazie per avere steso un velo pietoso sulla vomitevole storia della salivazione dei cani di Pavlov e soprattutto sull’invidia. Curioso davvero, come se un musicista che critichi tipo Fedez debba essere per forza invidioso di lui. E comunque le interpretazioni (sul senso soprattutto) non si fanno nemmeno in seduta, figuriamoci fuori.
Sulla tivvù, arma finale del Dottor Goebbels di Sturmtruppen, cattiva maestra, oppio dei popoli. Ma non è una buona scusa, secondo me. Le interviste di Pasolini, Carmelo Bene, Corrado Guzzanti, la tivvù delle ragazze, perfino Lacan l’ho visto per la prima volta in tivvù (d’accordo, alle 3 di notte) ma non per questo sono visioni che addormentano, navigano il reale si servono d’arte emanano attraverso lo schermo, e nonostante lo schermo, cultura sapere e degna sovversione.
Sui libri, sui tanti libri del nostro eroe, cosa posso dire? Sono sulla stessa linea dei programmi, a mio parere, con le differenze che tuttavia ci sono. Ho letto solo un testo, quello sull’evaporazione del padre, e l’introduzione all’imbarazzante libro della Millot su Lacan; l’effetto, anche se Recalcati non è affatto l’unico a peccare in questo senso, è sempre lo stesso: appiattimento della tripartizione strutturale (psicosi-nevrosi-perversione), della pulsione di morte, degli ossi duri di seppia di cui la psicoanalisi è figlia e custode su un ricettacolo che allude un po’ troppo alla posizione del maestro che domina la sua pulsione. Ma quando mai?!? Mi risale un grido, lo stesso che mi ha fatto innamorare di Lacan: “ma quali bisogni? I bisogni di tutti amico mio…” Sfotteva gli psicoanalisti dell’io che credevano di averci l’io forte, più forte dei pazienti. Lacan è nato da lì, ha gridato, riprendiamo Freud, e poi è andato avanti… Quindi sul buon divulgatore a questo punto cominciano a sorgermi dei dubbi. Anche perché su cosa divulga non si può mettere becco che si viene trasformati subito in cani di Pavlov, piccioni di Skinner… insomma: zitto e mangia!
Ho letto il commento di
Ho letto il commento di Annalisa Piergallini. Avrei evitato un eccesso di foga che potrebbe far pensare, i malpensanti, a una sorta di pregiudizio, di partito preso. Non possiamo buttare via il bambino e l’acqua sporca. Le qualità di Recalcati sono evidenti, i mezzi per esprimerle suscitano, com’è giusto, ampia discussione. Resta, però, sempre fondamentale, doveroso, la serenità del giudizio. Il distacco. Evitando l’eccessivo coinvolgimento. E tornando a leggere i libri di Recalcati, soprattutto i due tomi dedicati a Lacan. Per apprezzarli, per criticarli, per metterne in rilievo alcuni limiti. Mai per abbatterli.
Mi dispiace non volevo dare
Mi dispiace non volevo dare l’idea di volere abbattere, volevo discutere dei contenuti; ancora non vedo lo scandalo del discutere di. L’eccesso dei toni era tutt’altro che voluto, credo sia un tratto di scrittura mia che non può certo piacere a tutti, ma deve seguire il suo stile (conto poco anch’io lì, com’è giusto che sia). I due tomi mi hanno detto colleghi che sono ben fatti, mi fa piacere. Come insegnante Massimo mi piaceva lo ribadisco, ho preferito altre letture di Lacan, Di Ciaccia-Miller e sono rimasta fedele alla loro scuola. Sul taglio del nostro divulgatore mi sarà lecito il dubbio, forse più per i suoi seguaci che per lui, quando scambiano concetti di Freud per inventati dal nostro o quando se la prendono per una critica, così le mie perplessità aumentano…
Poi ognuno impiega il tempo che gli è concesso come vuole, mi sono sentita in dovere di dire la mia; curioso che o si fanno interpretazioni o si critica lo stile, ma difficilmente si entra nel merito. Non mi frega niente di Recalcati o chicchessia mi frega che Freud non venga schiacciato dall’ortopedia. Sarà lecito discuterne?
Nella prima puntata che ho visto (l’unica) mi sembra che il focus non fosse lo scacco del rapporto sessuale, solo per fare un esempio, senza il quale il concetto stesso di psicoanalisi ha poco senso. Tutto questo senza alcuna offesa a Massimo & fans, si possono discutere i concetti o è troppa foga? (con ammirazione caro Davide 🙂
Però, sai bene Annalisa che
Però, sai bene Annalisa che lo stile è l’uomo (e anche la donna). Tutti i concetti si possono discutere ma l’eccesso di foga fa scattare il cartellino rosso e si rischia l’espulsione. Mi dispiace che sui due tomi della Raffaello Cortina ti abbiano dovuto dire i colleghi. Ti invito a leggerli. Anzi, ti dirò di più: a seguito di questo dibattito andrò a vederli anch’io i video e non soltanto uno, ma tutti. Poi ne tornerò a scrivere. Ho passione e curiosità per mettere in gioco la mia idea di fondo (filosofia e psicoanalisi sulla pagina bianca e non in video) e verificare se sarà confermata o meno. Mi sembra corretto.
A questo punto posso
A questo punto posso prenderlo come un complimento, l’eccesso di foga nel parlare intorno alla psicoanalisi (era ora, dopo tanto tentennare)! E tu sei gentile, almeno educato, il che non guasta. Peccato che non possa accettare di seguirti nel confronto tv-scritti di M. R., la vita è maledettamente breve per non leggere ciò che appassiona. Facciamo così tu ti leggi i due tomi del Recalcati, io continuo al solito a rompermi la testa su Lacan e Di Ciaccia poi, se t’interessa, parliamo di Lacan. (Ah i video di Di Ciaccia su Lacan li trovi qua “Lezioni su Lacan” (http://www.psychiatryonline.it/lezioni-su-lacan) casomai volessi sconfinare hihihi ).
http://www.google.com/amp/s/www.ilfo
http://www.google.com/amp/s/www.ilfoglio.it/filosofeggio-dunque-sono/2018/09/10/news/antonio-di-ciaccia-passione-lacaniana-212965/amp/
https://www.ilfoglio.it/filosofeggio-dunque-sono/2019/01/30/news/jacques-lacan-uno-nessuno-e-centomila-235423/